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Autore: Shireith    17/03/2018    4 recensioni
A quel punto, Marinette era nella confusione più totale. Si puntellò sul gomito sinistro e si sistemò meglio sul letto, allungando il collo oltre i ciuffi biondi del ragazzo per fare un po’ di chiarezza nella sua mente: che cosa stava combinando, Adrien?
«Ma per favore!» esclamò lui proprio in quel momento, cogliendola di sorpresa e facendola sussultare.
«Adrien…?»
Anche il giovane, allora, si issò sulle sue braccia per sistemarsi meglio sul letto, decidendo a quel punto di sedersi a gambe incrociate. Osservò Marinette e, inarcando un sopracciglio con fare contrariato, le braccia allacciate al petto, esclamò: «Ti sembro per caso Ares?!»

{Adrien/Marinette | 16!Adrien, 16!Marinette}
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Galeotta fu la Grecia

  «Non essere così tragico, non è poi così male.»
  Adrien inarcò un sopracciglio: era davvero l’unico, lui, a trovare nauseabondo l’odore emanato da quella tipologia di formaggio che il suo kwami adorava tanto? «Dici sul serio?»
  «Non dico che mi piaccia,» rispose lei, calma, mentre il suo ragazzo continuava a guardarla con aria sconvolta, come se avesse appena confessato un tradimento, «solo che, da come ne parli, la fai sembrare la fine del mondo.»
  Adrien liberò un leggero sbuffo, tirandosi a sedere più in alto sul letto della sua stanza, che lui e Marinette stavano condividendo in occasione di un pomeriggio di studio. «Se ti piace che il tuo ragazzo puzzi come un negozio di formaggi…»
  La conoscenza di Tikki era stata, per Marinette, un’esperienza indubbiamente positiva: non solo l’esserino le donava poteri con cui poteva difendere Parigi dalla minaccia di Papillon, ma costituiva ormai per lei un’importante fonte di riferimento. Tikki era sua collaboratrice, sua amica, sua consigliera, sua confidente. Era bello avere qualcuno con cui poter parlare di tutto, dall’amore ai suoi doveri di eroina nei confronti dei suoi concittadini. Aveva imparato a fare totale affidamento su di lei e la sua vita non sarebbe mai più stata la stessa, se mai si fossero separate.
  Alcune volte, quando l’identità di Chat Noir era per lei ancora un’incognita, si era chiesta se anche per lui e il suo kwami fosse la stessa cosa. Be’, non proprio. Aveva imparato che Adrien e Plagg erano come cane e gatto – ironia della sorte, perché in un certo senso erano entrambi un gatto. Tikki e Marinette, però, erano concorde su una cosa, un giudizio da cui erano irremovibili: quei due erano molto più simili di quanto volessero ammettere.
  Innanzitutto, non facevano che lamentarsi. Si lamentavano l’uno dell’altro, sempre e comunque. Adrien si lamentava di come Plagg lo costringesse a giocare il ruolo di venditore ambulante di formaggio con sequenziale odore sgradevole, Plagg di come gli fosse capitato un portatore testardo, irriconoscente e in preda agli ormoni adolescenziali.
  Come poteva, Tikki, non ricordargli che la testardaggine era anche una delle sue, di caratteristiche? Senza contare che ne avevano avuti tanti, di portatori giovani.
  «Perché ci devono cascare sempre?» bofonchiò il kwami nero, gettando un’occhiata veloce alle effusioni che si stavano scambiando in quel momento i due eroi parigini. Era tanto chiedere di potersi gustare quel pezzo di camembert in pace?
  Il kwami della Coccinella, a sostegno di tutti i secoli trascorsi assieme, era abituato alla poca tolleranza che Plagg dimostrava nelle situazioni che involvevano una certa dose di romanticismo – anche se, sotto sotto, sapeva che anche lui faceva il tifo per i loro portatori. Borbottava come un vecchio burbero e Tikki non poteva che ridersela di gusto, senza preoccuparsi troppo che lui la vedesse.
  Intanto, Marinette era sdraiata su un fianco alla sinistra di Adrien, il quale, mentre la ragazza gli massaggiava la nuca con ritmo lento e regolare, aveva cominciato a cercare su internet informazioni a proposito dell’antica Grecia. «Secondo me esageri un po’» mormorò, sia per non rovinare l’atmosfera del momento, sia per evitare che Plagg li sentisse e iniziasse così l’ennesimo battibecco tra lui e Adrien. Seriamente, quei due erano entrambi impulsivi e cocciuti come un mulo, eppure rivendicavano di continuo la loro diversità. Marinette e Tikki erano giunte alla conclusione di avere a che fare con due teste calde. A dispetto di tutto, si volevano molto bene, ma guai a dirglielo. «Cerca di lasciare andare un po’ la presa, ogni tanto.»
  «Mmh,» sussurrò lui di rimando, «forse hai ragione tu.»
  «Togli il forse.» Adrien rise sommessamente. Stettero in silenzio per un po’, beandosi l’uno della presenza dell’altro mentre Marinette, chiusi gli occhi per rilassarsi, portava avanti un lento e ritmato massaggio alla nuca dell’amato. «Allora,» riprese dopo un po’, «trovato qualcosa?»
  «Solo un attimo.» Passarono alcuni istanti, durante i quali Marinette non capiva che cosa lui stesse facendo. «Non lo so, forse Roma.» E poi: «Ma che cosa vuol dire?» O ancora: «L’opzione “I soldi ce li ho già” no, eh?»
  A quel punto, Marinette era nella confusione più totale. Si puntellò sul gomito sinistro e si sistemò meglio sul letto, allungando il collo oltre i ciuffi biondi del ragazzo per fare un po’ di chiarezza nella sua mente: che cosa stava combinando, Adrien?
  «Ma per favore!» esclamò lui proprio in quel momento, cogliendola di sorpresa e facendola sussultare.
  «Adrien...?»
  Anche il giovane, allora, si issò sulle sue braccia per sistemarsi meglio sul letto, decidendo a quel punto di sedersi a gambe incrociate. Osservò Marinette e, inarcando un sopracciglio con fare contrariato, le braccia allacciate al petto, esclamò: «Ti sembro per caso Ares?!»
  «Non credo di seguirti.»
  Con uno sbuffo, Adrien indicò lo schermo del PC. «Secondo questo stupido test, il dio greco che mi rispecchia di più è Ares.»
  Marinette inarcò un sopracciglio, incredula. «È questa l’importante ricerca che stavi svolgendo per il nostro compito?»
  Il ragazzo fece spallucce. «Be’, abbiamo tempo. Comunque, seriamente: ti sembro Ares, io?» Era quello il suo concetto di serietà? «Andiamo, io non sono così bellicoso.»
  «Prova a rifare il test.»
  «L’ho fatto. È stupido.»
  «Facciamone un altro, allora.» Ciò detto Marinette prese possesso del computer e aprì un secondo link. Va bene, l’idea del ragazzo era decisamente fuori luogo, ma era riuscita comunque a distrarla da tutti i suoi buoni propositi. Per quanto seria e dedita allo studio cercasse di rimanere, in compagnia di Adrien finiva sempre per assecondarlo in quelle sue trovate che gli avrebbero soltanto fatto perdere tempo. «Ok, è davvero molto stupido» commentò dopo aver dato uno sguardo veloce alla prima domanda.
  «Dai, leggi.»
  «Prima domanda. Qual è, secondo te, l’età migliore per un essere umano? A: La giovinezza: si è nel fiore degli anni e tutto può succedere. B: L’età adulta: oltre ad aver acquisito credibilità, l’esperienza permette di reagire con efficacia alle situazioni. C: Ogni stagione della vita ha i suoi lati positivi. Mmh, direi A.»
  «Sì, decisamente.»
  «Domanda numero due: quando, secondo te, è opportuno mentire? A: Quando c’è una buona ragione. B: Solo a fin di bene. C: Mai.»
  «A.»
  Marinette inarcò un sopracciglio, lanciandogli un’occhiata di sfida. «Stai ammettendo che mentiresti anche a me?»
  «A tutti tranne che a te, insettina.»

  «Sesta domanda. Vinci un bel po’ di denaro: cosa fai?»
  «Uff, questa domanda c’era anche prima… Cosa devo rispondere, se ho già tutti i soldi che voglio?»
  Marinette liberò una lieve risata. «A: In parte lo investi, in parte lo devolvi in beneficenza. B: Cambi vita. C: Un viaggio intorno al mondo.»
  «Carina l’idea di viaggiare per il mondo, ma andrei per la A.»

  «Ottava domanda. Se avessi la possibilità di trasformarti, chi vorresti diventare?»
  «Quel gran figo che è Chat Noir.»
  Marinette scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. Il prezzo da pagare da quando aveva scoperto che l’amore della sua vita altri non era se non il suo partner in azione? Doversi sorbire le sue uscite poco originali per il resto della vita. «A: Il mio personaggio (del cinema, musica, televisione) preferito. B: Napoleone. C: Il Presidente degli Stati Uniti.»
  «No, grazie, ci tengo ai miei capelli.»
  «Adrien.»
  «E poi Napoleone, sul serio? Non voglio morire a cinquant’anni.»
  «Vada per A, allora. A proposito, chi è il tuo personaggio preferito?»
  «Chat Noir. Ma quell’attore non mi faceva giustizia: sono molto più affascinante e divertente di lui.»
  «Avrei da ridire sulla seconda.»
  Sorrise con fare subdolo. «E sulla prima?»

  «Nona domanda. Come ti poni di fronte alle difficoltà e alle ingiustizie? A: Faccio di tutto per superarle. B: Mi affido al buon senso. C: Mi affido al caso.»
  «B.»
  «Sono d’accordo, C.»
  Adrien le rivolse una smorfia.

  «Decima domanda. Quale, tra questi, è il tuo animale preferito? A: Tigre. B: Cavallo. C: Cane.»
  «Se scegli il cane,» s’intromise Plagg, «giuro che faccio le valigie e me ne torno a vivere nella scatoletta del Maestro Fu.»
  «E quindi direi A» commentò Marinette: la tigre, anch’essa un felino, era quella che più si avvicinava al gatto. Inserì l’opzione e cliccò su “Rispondi”. «Ti è uscito Apollo.»
  «Che cosa dice la descrizione?»
  «Ami la musica e la poesia, hai cura del tuo corpo ma anche del tuo spirito. Sei una persona molto solare, ti piace vivere la vita in tutte le sue sfumature, ma diventi intrattabile se le cose non vanno come vorresti: immediatamente, però, riesci a trasformarti nel più gentile e adorabile del mondo» lesse Marinette.
  «Ci può stare, a parte per quel fatto dell’intrattabilità.» Plagg tossicchiò. Adrien lo guardò storto. Marinette s’intromise al fine di evitare che la quiete vissuta fino ad allora avesse fine.
  «Adesso dobbiamo proprio studiare, però» sentenziò poi la ragazza.
  «Non vuoi sapere quale divinità sei?»
  «No, grazie tante.»
  «Oh, andiamo, ci vorranno solo cinque minuti.» Non ci fu modo di dissuaderlo, poiché Adrien aveva già preso possesso del computer e aveva deciso di cambiare test. «Vediamo che cosa propongono gli altri. Uhm, questo inizia con una domanda molto simile a quella di prima, ma ce ne sono solo sei, non dieci.»
  «Vediamo com’è» s’arrese Marinette, sistemandosi meglio sul letto mentre Adrien già leggeva la prima domanda.
  «Qual è, per te, l’età d’oro? A: La maturità, quando si è conquistato un certo credito. B: La giovinezza, quando si è nel fiore degli anni. C: L’età adulta, quando l’esperienza e il vigore garantiscono reazioni pronte ed efficaci. D: Ogni stagione della vita ha i suoi lati positivi, basta non voler strafare. E: L’adolescenza, quando tutto può avvenire.»
  Marinette si prese un attimo per riflettere, poi rispose: «D.» Stava amando gli anni della sua giovinezza, ed era sicura che un giorno, guardandosi alle spalle, li avrebbe nostalgicamente ricordati come gli anni in cui aveva incontrato l’amore della sua vita. Tuttavia, era sicura che anche il futuro avesse in serbo per lei molte sorprese – alcune anche spiacevoli, certo, ma la vita aveva un sapore agrodolce, dove i piaceri e i dispiaceri si miscelavano fino a controbilanciarsi. Alla fine dei suoi giorni, avrebbe ripercorso tutti i suoi ricordi e avrebbe trovato conforto in quelli più belli, a prescindere dal periodo della sua vita a cui essi appartenevano.

  Alla terza domanda, Adrien si esibì in un ampio sorriso, un misto tra divertimento e compiacimento.
  Marinette aveva quasi paura di chiedere perché. «Che cosa dice?»
  «Per avere una buona intesa sessuale con il/la partner, è importante: A: Non tradire le aspettative. B: Creare la giusta atmosfera. C: Seguire l’impulso del momento. D: Essere regolari. E: Provare cose nuove.»
  Nel giro di una manciata di secondi, Marinette era prima sbiancata come un lenzuolo e poi arrossita fino alla punta delle orecchie, maledicendo mentalmente quel dannato quiz.
  «Allora?»
  Adrien era, indubbiamente, un ragazzo d’oro: era educato, gentile e a modo, il sogno di ogni ragazza e di ogni genitore per la propria figlia – non la sorprendeva che ai suoi piacesse moltissimo. Conoscendolo solo e soltanto come Adrien, Marinette aveva sempre avuto l’impressione che fosse anche una persona riservata e pacata. Be’, non proprio: se Adrien era tutte quelle cose, era anche lo Chat Noir che le stordiva i timpani a suon di freddure (“Dove vanno i gatti quando muoiono? Al purrrgatorio.”) e non si lasciava sfuggire occasione per flirtare – non aveva ancora dimenticato quando il partner, in preda agli effetti allucinogeni di un akumizzato di Papillon, ci aveva provato con un palo che credeva essere Ladybug. Ogni qualvolta si ripresentavano situazioni di quel tipo, Adrien chiamava all’appello il proprio lato malizioso e lo faceva giocare con quello più pudico di Marinette.
  La giovane alzò lo sguardo su di lui, che la guardava divertito in attesa di una risposta. «Andiamo, Marinette, l’abbiamo già fatto» le rammentò con ritrovato affetto, tornando con la memoria alla loro prima volta di un mese prima e alle altre che c’erano state.
  Marinette tossicchiò, ricomponendosi. «Se proprio devo sceglierne una, allora la C.» Per anni si era interrogata su come sarebbe stata la sua prima volta: sentiva che per lei era una cosa importante, perciò era fermamente convinta che avrebbe aspettato il ragazzo giusto. Non voleva che fosse una cosa da niente: non era da lei.
  E il ragazzo giusto non aveva tardato ad arrivare. Con Adrien era stato tutto molto naturale e piacevole, niente di forzato, la prima volta così come tutte le altre: il momento giusto non dovevano crearlo loro, arrivava e basta.
  Proprio in quell’istante, Marinette credette di sentirlo arrivare.
  Adrien sembrò essere della stessa opinione, poiché mise da parte il PC, poggiandolo sul comodino, e si diresse carponi in direzione di Marinette. Senza che questa opponesse resistenza, le catturò il volto tra le sue mani gentili e beò le loro labbra di quel contatto che entrambi stavano bramando. Senza interrompere quell’unione così familiare, Adrien la fece distendere sul letto e le fu subito sopra.
  Plagg alzò gli occhi al cielo. «E questo è il nostro segnale» disse, svolazzando via dove non avrebbe dovuto né vederli né sentirli. Tikki liberò una sua risatina per la solita reazione esagerata di Plagg e si apprestò a seguirlo: era stata ovunque e aveva visto di tutto, ma di certi eventi non si vuole essere testimoni nemmeno dopo più di duemila anni di vita. 
   
 
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