Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Corydona    18/03/2018    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

(Capitolo revisionato)

Appena uscì dalle stanze della madre, Nicola congedò le due dame spiegando loro che la regina necessitava di ulteriore tempo per elaborare il lutto. Dunque le donne si allontanarono, lasciando soli lui e Luciana. I giovani nobili si scambiarono una rapida occhiata complice: parlare era della massima urgenza.

«Non qui» sussurrò lei, con gli occhi vivaci che lasciavano trasparire la sua fretta.

Il principe annuì, comprendendo che quello non fosse il luogo più sicuro per la loro conversazione, e mormorò di dirigersi ai giardini della reggia: lì c'era una zona privata in cui i cortigiani non li avrebbero disturbati.

Oltrepassarono il lungo corridoio che collegava il resto del palazzo alle stanze della regina, i due scesero una maestosa rampa di scale che abbracciava l'atrio sue due lati. A fiancheggiare la loro discesa, delle grandi vetrate che affacciavano su uno dei cortili interni.

Non appena i cortigiani all'interno dell'atrio si accorsero della presenza di Nicola, tacquero e si allontanarono a piccoli gruppi, come se complottassero qualcosa. Qualcuno abbassò la testa e si mostrò crucciato, ma il principe non seppe interpretare quel gesto: forse era finta empatia nei suoi confronti, forse erano davvero dolenti per la scomparsa del re.

Il Lotnevi fece cenno con solennità alla Lugupe di proseguire verso un ampio corridoio che conduceva fino al cortile esterno.

Vi sbucarono quando il sole era alto a sud e illuminava i prati ben curati e le aiuole di tulipani, bagnati da esperti giardinieri. La luce del tardo mattino non feriva i loro occhi, ma sembrava accompagnarli lungo i viali acciottolati e vegliare sul loro silenzio. Varcarono un piccolo cancello in ferro, che delimitava una zona privata dei giardini e si ritrovarono in un piccolo spazio rialzato, al cui centro era piantato un salice, con attorno delle panche in ferro battuto con delle rifiniture in oro. I rami del salice, vecchio di ormai molti anni, scendevano come formando una cupola per riparare dalla calura estiva, mentre l'edera era cresciuta arrampicandosi sul metallo che chiudeva quel piccolo angolo di paradiso, che Guglielmo e Felicita utilizzavano per nascondersi dalla corte quando erano più giovani.

Nicola sospirò, ricordando il racconto di un vecchio servo, che non aveva avuto nessuno scrupolo nel riferirgli quello scorcio di passato quando era ancora un bambino. Poi posò lo sguardo su Luciana e la vide scura in volto.

«Che cosa succede?» le chiese, fissando dritto innanzi a sé il tronco ombreggiato dell'albero.

«La scadenza per poter trattare con gli Autunno scadeva ieri» mormorò la principessa di Dzsaco. «Ma Melissa mi ha scritto che potevamo ritenerci al sicuro, perché non ci avrebbero attaccati. La lettera è arrivata ieri sera. Non so cosa abbia in mente Raissa, ma non vuole attaccare lo Cmune da due fronti, altrimenti sarebbe già arrivata la dichiarazione di guerra a noi.»

Il suo tono di voce agitato mostrava la stessa agitazione che traspariva dal volto di Nicola, che indirizzò il suo sguardo verso occidente. Sebbene non potesse vederlo, sapeva che in quella direzione si trovava il regno di Dzsaco e che al di là di questo, il Ruxuna era una minaccia di cui non poteva non tenere conto. Un doppio attacco da nord e da ovest era la mossa più intelligente da fare, soprattutto con il gran numero di soldati che componeva l'esercito degli Autunno, al cui confronto le armate che Dzsaco e Cmune potevano schierare impallidivano.

«Aveva ragione» riprese Luciana con un soffio di voce, come se nessuno all'infuori di Nicola dovesse udirla. «Dal confine ci hanno detto che non c'è neanche l'ombra di un soldato. L'unica cosa che Melissa ha ribadito è che Raissa voleva che tuo padre morisse, anche se non ne sappiamo il motivo.»

Nicola scosse la testa, non perché non credesse alle parole della Lugupe, ma perché non riusciva a trovare un senso alle azioni e alle intenzioni di Raissa Autunno, principessa di Ruxuna. «Quindi tu pensi che il suo scopo fosse quello di dichiararci guerra sperando di poterlo uccidere in battaglia? È follia!»

Luciana alzò gli occhi al cielo. «Certo che è follia, stiamo parlando di Raissa! Altrimenti avrebbe fatto la cosa più sensata per qualsiasi stratega, cioè attaccarti su due lati. E invece non l'ha fatto! Perché? Rifletti!»

Raissa, colei che a detta di tutti sarebbe diventata regina del Ruxuna alla morte dei sovrani, non era di certo la più diplomatica tra le sorelle Autunno. La sua sete di conquista infatti era conosciuta anche fuori dai confini del suo regno: giungevano voci sulle torture che impartiva ai prigionieri da far drizzare i capelli anche al più coraggioso combattente. Qualcuno mormorava persino che lei fosse in grado di padroneggiare la magia, arte caduta in disuso da secoli e la cui unica reliquia erano antiche pergamene contenenti profezie; esse risalivano a tempi così remoti che nessuno aveva mai saputo fornire una datazione precisa della loro scrittura.

Ciò che di lei spaventava maggiormente Nicola era l'organizzazione dell'esercito, perché si diceva che fosse stata proprio Raissa a riassettarlo fino a renderlo invincibile in ogni tipo di battaglia. Era riuscita a escogitare un modo per far passare l'armata inosservata attraverso un piccolo varco tra le montagne e a conquistare i regni a nord di Ruxuna, Dzsaco e Cmune, senza che questi potessero organizzare le difese. Tre regni in un mese! L'invasione di Dzsaco e Cmune era ormai imminente, senza ombra di dubbio; il solo pensiero spaventava il principe, che tuttavia riuscì a ragionare a mente lucida.

«Lei voleva dichiararci guerra sperando che mio padre si sarebbe posto a capo dell'esercito, oppure avrebbe trovato un modo per entrare di nascosto nel regno, approfittando della confusione e ucciderlo» ricapitolò Nicola ad alta voce. «Ma lei non poteva e non può permettersi in nessun modo di venire collegata all'omicidio di un re, altrimenti perderebbe credito nella sua scalata verso il trono. Io non credo che, comunque, incontrerà molti ostacoli: Deianira è troppo docile, Melissa troppo ribelle. Amelia e Ruggero preferiranno lei, è la più adatta ad un ruolo di potere.»

Era sicuro che a Raissa sarebbe spettata la corona. Oltre a essere la più determinata nel volere il trono, era quella il cui temperamento si mostrava più in linea con quello della madre, già severa e spietata nel mantere l'ordine all'interno del regno. Deianira non aveva un carattere dominante, almeno da quanto si poteva capire senza frequentare la corte del Ruxuna: accettava passivamente ogni decisione che le veniva imposta. Si sapeva poco di lei e circolava la voce che fosse di salute così cagionevole da non lasciare mai la reggia nel Ruxuna, se non molto di rado, quando i sovrani raggiungevano le loro terre nell'isola di Pecama e la conducevano con loro. Melissa, d'altro canto, sembrava propendere per far sviluppare il Ruxuna sotto l'aspetto produttivo, per incrementare le entrate del regno e della corte. Per quanto riguardava le relazioni con i paesi confinanti, invece, sembrava che si fosse opposta alla politica aggressiva e conquistatrice della sorella minore. Il re e la regina le avevano lasciate discutere, ma infine avevano appoggiato la linea di Raissa.

«Lascia perdere queste considerazioni, vai al sodo» gli intimò Luciana, voltandosi per vedere se qualcuno si fosse avvicinato a origliare: un paio di donne li spiavano sospettose, ma da troppo lontano per udire distintamente le loro parole.

«Ci arrivo, fammi pensare. Se Raissa sa, come è vero che sa, di non poter essere implicata in un omicidio, soprattutto di questa importanza, allora deve farlo qualcun altr...» Nicola si interruppe. Guardò in alto il cielo, divenuto grigio: strati di nubi si muovevano spinti dal vento, coprendo la luce del sole. Il principe desiderò esserne al di là, per nascondere l'improvvisa vergogna che provò. Arrossì violentemente e sussurrò: «Per questo lo aveva chiesto a me.»

Lei lo guardò sbigottita. «Ti ha chiesto cosa?» esclamò alzando la voce.

Il principe si coprì il volto con entrambe le mani, come un bambino disperato e bisognoso di aiuto. «Io non sono stato, lo giuro, non sono stato io!»

Luciana non disse nulla per un po', facendo sua la confessione di Nicola, poi decise di aspettare che l'imbarazzo abbandonasse l'amico. Quindi si alzò dalla panchina e passeggiò sola per il giardino, sorridendo con i suoi occhi vispi e innocenti ai dignitari e alle dame di corte. Era convinta di dimostrare in tal modo di non aver nulla da nascondere; anche se la sua intimità con il principe avrebbe potuto dare a molti materia per false dicerie.

I nobili cedevano il passo e la salutavano con grande rispetto, profondendosi in numerosi inchini. Qualcuno le rivolse la parola e lei, gentilmente, rispose alle cortesie con cui quella corte mostrava di avere fiducia in lei e nelle sue azioni, nonostante il suo legame con l'odiato principe.

Quando ritornò da Nicola, lo ritrovò ancora seduto con il viso tra le mani. Si sedette di nuovo al posto in cui era prima, ma rivolta verso di lui, mentre prima lo era verso il salice.

«Nicola» lo chiamò, riprendendo il discorso dopo diversi minuti. «Io ti credo. Credo fermamente che non sia stato tu. Ti conosco molto bene, non avresti potuto. E se...»

«Tu non capisci» la interruppe lui, allontanandosi le mani dal viso e guardandola spazientito, senza tuttavia alzare la voce. «Qualcuno lo ha fatto al posto mio, e se Raissa non ha mandato le truppe al confine con lo Dzsaco, questo significa che lei lo sapeva! Lei lo sapeva! Ora troverà un modo per ricattarmi o per far credere di essere stato io! D'accordo, io non gli volevo bene, neanche un po', e se lo avessi ucciso avrei evitato una guerra che avremmo di certo perso, quindi avrei salvato la vita del mio popolo, ma...»

«Ma lei non sa che non sei stato tu» obiettò Luciana, con grande lucidità. «Potevano essere errate le nostre informazioni: Melissa può essersi sbagliata, Raissa può averle mentito... Ci sono troppe variabili, non credo che ora qui ci sia qualcuno disposto a puntare il dito contro di te e, se lo faranno, io sarò la prima a difenderti!»

Nicola scosse il capo: lei non capiva, non si era accorta della maniera in cui lo squadravano, tutti quanti, di come o quanto lo detestassero... Si alzò in piedi e iniziò a passeggiare innervosito sotto il salice, mentre la principessa lo fissava, in attesa di una replica alle sue parole. Lei era pronta a proteggere l'altro da chiacchiere delatrici, perché era sicura di essere nel giusto.

«Sì» momorò Nicola, dopo essersi fermato. Si appoggiò al tronco del salice, tenendo la mano stretta in un pugno. «Sì, invece: loro non aspettano altro che vedermi fuori dai giochi, anche accusarmi ingiustamente può essere un pretesto valido per non farmi diventare re. Lo vedo nei loro occhi. Già ieri sera erano tutti disposti ad obbedire ad Erik, mentre stamattina mugugnavano nell'ascoltare me!»

«Erik è stato qui?» esclamò lei, sorpresa per non aver incontrato il principe di Defi.

Nicola annuì con la testa, riprendendo a camminare con la stessa andatura nervosa di poco prima. La giovane abbassò lo sguardo sull'erba, scura per la poca luminosità.

«Devi sposare Flora, allora» disse semplicemente. «Se lo farai, acquisterai autorevolezza, oltre a un concreto aiuto per difenderti da attacchi esterni. Flora è in grado di darti l'appoggio di cui hai bisogno qui, questa massa di vili cortigiani può anche aspettare che tu faccia una mossa falsa, ma con lei pronta a sostenerti non oseranno mai attaccarti apertamente. Nessuno si oppone a lei in nessuna occasione, eccetto Alcina e Tancredi.»

Nicola annuì ancora, ma rallentò il suo passo a sentir nominare i sovrani di Defi, a cui Luciana era molto devota e che la principessa dello Dzsaco teneva in altissima considerazione. Alcina Primavera e Tancredi Inverno: i loro nomi suonavano imperiosi come la promessa di matrimonio, una minaccia a cui lui sentiva di doversi opporre, sebbene contro ogni logicità.

Sposare Flora: glielo continuavano a ripetere tutti come se fosse la cosa più giusta e naturale da fare. Il principe di Cmune, tuttavia, riteneva che avrebbe dimostrato le proprie capacità di governante anche senza di lei. Ma non sapeva cosa dire per controbattere alle parole di Luciana, preoccupato ancora com'era dai cortigiani, dai piani che Raissa poteva avere in mente e che prevedevano la sua personale disfatta.

«Ho bisogno che qualcuno vada da Flora. Adesso è sola: Erik è partito per il Pecama e temo che Alcina possa diventare troppo severa con lei» mormorò appena.

«Ti aspetti che ci vada io?» esclamò lei, incredula. «Devo tornare immediatamente nello Dzsaco, non posso perdere tempo con queste cose. Manda una carrozza da lei, che la porti qui e così potrete celebrare il matrimonio, anche se in fretta e senza troppe cerimonie.»

Nicola arrestò il passo. La Lugupe non sapeva nulla della sua ferma intenzione di sabotare quel matrimonio ad ogni costo e non poteva parlargliene, visto che nessuno, se non i diretti interessati, ne era a conoscenza. Se Tancredi e Alcina lo avessero scoperto, gli intrighi di corte sarebbero diventati l'ultimo dei suoi pensieri: a quel punto avrebbe davvero perso ogni credibilità.

«Non posso» obiettò, sicuro delle proprie parole. «Quello di cui c'è bisogno per calmare le acque è proprio una bella cerimonia di nozze, che distolga le chiacchiere dalla morte di mio padre. Ci vorrà del tempo per prepararla, ma dovrebbe valerne la pena. Non posso permettere che loro insinuino che io lo abbia ucciso.»

Luciana annuì, comprensiva. «Hai ragione. Ma devi fare in modo che Flora venga qui. La sua sola presenza può fare molto per la tua posizione, quindi devi convincere Alcina a lasciarla partire.»

Nicola la guardò, smarrito: non aveva nessun mezzo per convincere la regina di Defi. Alcina non avrebbe mai consentito che Flora abitasse con lui a palazzo senza esserne la legittima moglie e lo avrebbe costretto a sposarla senza che lui potesse prendere tempo. Ma il Lotnevi non poteva permetterlo e non possedeva la necessaria abilità oratoria per farle cambiare idea.

Luciana dovette intravedere qualcosa nella sua espressione, perché si alzò dalla panchina e disse, risoluta: «Non preoccuparti, me ne occuperò io.»

 

Ultima revisione: 11/02/2020

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Corydona