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Autore: Utrem    18/03/2018    1 recensioni
Il Primo Ordine ha cessato di esistere. Hux è sorvegliato in una cella, e a trovarlo verrà qualcuno che conosce con lo stesso cognome. Qualcosa verrà chiarito, qualcosa verrà confuso, come in ogni conversazione difficile: le sicurezze si disperdono.
"A-avevo tutto..." sussurrò con terrore "Tutto."
Nanim fece di nuovo segno di andarsene, ma lui alzò con fatica il palmo per fermarla.
"Non mi interessa ascoltare i tuoi lamenti" rispose Nanim, con finta indifferenza.
Rimase con la mano sospesa, facendo tintinnare il capo per lo sforzo.
Il suo viso si stava spegnendo. Pareva rattristato dalle sue parole.
"Come sta il bambino? Dos, come sta?" chiese poi, con tono lacrimoso.
Nanim ne fu sorpresa. Davvero non stava pensando a sé stesso? O era solo una tecnica per farla rimanere?
"Sta bene" rispose fra i denti, con acre sincerità.
Hux parve rasserenato. Poi si perse di nuovo nel pavimento, come ricordando qualcosa, e sibilò, senza voce per le urla di prima:
"Otto anni fa, dopo che siete fuggiti... io vi avevo rintracciato..."

(Parte della backstory per un progetto più ampio che avrà come protagonista Dos Sinde, qui nominato)
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Generale Hux, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I controlli erano tanti; così tanti che, pur essendo abituata, le iniziavano a dare noia.
Un cancello si apriva, una coppia di alti droidi la scannerizzava, poi un carceriere vivo corazzato, e si apriva il nuovo cancello.
Ognuno di questi era parte di una rete che conduceva a centinaia di celle  di alta sicurezza diverse. In ogni stanza, un'insegna segnava i nomi dei prigionieri e la tratta necessaria ancora da percorrere: serviva agli addetti, i visitatori non erano previsti.
Così la vita degli ex imperiali, e ora anche degli ex membri del Primo Ordine, finiva in totale solitudine.
Dopo aver ripetuto lo stesso rito venti volte, Nanim si fermò. Lasciò scivolare gli occhi sul pulsante, pensando a troppe cose. Si accarezzò i fianchi, tirò in dentro il labbro. Infine, entrò nell'ultima stanza.
Andò verso la parete di sinistra e cliccò su un interruttore: la spessa barriera di metallo davanti a lei si aprì in due, e gli intervalli fra le sbarre poligonali lo esposero.
Lui.
Seduto su un basso sgabello d'acciaio, buttò subito gli occhi nella sua direzione. Si vedevano appena, perché la frangia rossiccia lasciava solo fessure.
Nanim ricambiò lo sguardo; senza dir niente, si avvicinò a un piccolo sistema di montacarichi a lato, aprì lo sportello e vi mise una busta. Dopo pochi secondi, una spia iniziò a lampeggiare alle spalle dell'uomo.
Nanim alzò le sopracciglia, come per spronarlo. Tuttavia, lui continuò a non muoversi, e a guardarla.
Allora la donna indietreggiò di un passo, e fece cenno di voltarsi.
"Che succede?"
Emise tutto in un solo fiato e le parole si percepivano appena, ma Nanim capì.
"La Repubblica è sorta di nuovo, ma stavolta è diverso. Parlano di un ristabilito Equilibrio nella Forza. Kylo Ren non è più qui, ma fuori di prigione con quella ragazza, Rey."
Gli occhi di Hux divennero lucidi sotto la frangia; le sue gambe si aggranchiarono e chiuse i pugni malfermi, mentre capolgeva la bocca fino ad esibire un ringhio bavoso, ma debole.
Nanim rimase impassibile. In lontananza, il vago rimbombo dei cancelli che si aprivano e si chiudevano.
Subito l'ex generale si gettò in avanti, ma l'impeto lo fece cadere a terra in ginocchio.
La donna si guardò alle spalle, con preoccupazione, e girandosi di nuovo lo vide strisciare in avanti e urlare.
"QUEL CRETINO! QUEL MISERABILE!"
"IO QUI, IO QUI! E LUI!"
"E LUIII!"
 "ARMITAGE! Farai entrare le guardie!" esclamò Nanim alzando le mani, sfrecciandogli incontro. Ma non la ascoltava.
"DEVE MORIREEE!" 
La saliva gli cadeva dal labbro, mentre gli occhi splendevano di furia e s'aggrappava al pavimento con le unghie, gridando al suolo: 
"IL BASSSTARDO... DEVE MORIREEE!"
"ARMITAGE! Ora sono in allerta! IDIOTA!" gridò in risposta Nanim, un attimo prima che due guardie entrassero dal cancello. 
Proteso a terra, l'ex generale li guardò bieco, mostrando le mani umide per la bava e luride.
Nanim si lasciò perlustrare con l'ennesimo scanner.  
"Tutto a posto" si dissero i carcerieri, e la porta si richiuse con un suono sordo.
Hux sospirava con pesantezza, lasciando alzare e scendere il torace sotto la divisa lacerata. Le sue gambe tese erano immerse nei pantaloni, un tempo stretti.
Emise un lungo gemito, con la bocca ancora aperta; teneva la testa china per non vedere la smorfia distante della donna, che guardava da un'altra parte.
Pian piano, spinse in avanti le ginocchia, vicino alle braccia dritte, e poggiò un piede a terra.
Soffiò via un po' di tensione, trattenendo un singhiozzo per vergogna.
Alzò di nuovo il viso sporco e scavato, con le unghie che iniziavano a sanguinare.
"A-avevo tutto..." sussurrò con terrore "Tutto." 
Nanim fece di nuovo segno di andarsene, ma lui alzò con fatica il palmo per fermarla.
"Non mi interessa ascoltare i tuoi lamenti" rispose Nanim, con finta indifferenza.
Rimase con la mano sospesa, facendo tintinnare il capo per lo sforzo.
Il suo viso si stava spegnendo. Pareva rattristato dalle sue parole.
"Come sta il bambino? Dos, come sta?" chiese poi, con tono lacrimoso.
Nanim ne fu sorpresa. Davvero non stava pensando a sé stesso? O era solo una tecnica per farla rimanere?
"Sta bene" rispose fra i denti, con acre sincerità.
Hux parve rasserenato. Poi si perse di nuovo nel pavimento, come ricordando qualcosa, e sibilò, senza voce per le urla di prima:
"Otto anni fa, dopo che siete fuggiti... io vi avevo rintracciato..." 
Nanim perse il respiro. 
"Cosa?"
Per un attimo si sentì male: poi rivide Hux davanti a sé, dietro le sbarre.
Non aveva nulla da temere.
Sopraggiunse lo stupore per la sua onestà, e le conseguenze di quello che stava dicendo. 
"Che stai dicendo? Non ci hai segnalato a nessuno?"
"Vi ho dato per dispersi" spiegò lui, con coinvolgimento, e senza disprezzo.
Era ancora malfermo a terra, i capelli rossi che penzolavano, e la fissava con la testa storta. 
Era esterrefatta.
Si avvicinò piano alle sbarre, lasciandosi impietosire. Dal suo sudore, la sua magrezza, la sua vita.
Ma fu poco tempo. Le brutte memorie del passato placarono la sua compassione.
Poi ricominciò a parlare.
"Ho pensato a tuo figlio in questi anni. Avrei voluto che diventasse uno Stormtrooper, entrasse nei miei ranghi, rafforzasse il Primo Ordine... ma lo hai portato via da me. Anche tu sei scappata da me, Nanim."
La donna sussultò. Sentire pronunciare sia il nome di suo figlio che il suo da Armitage era troppo.
"E quando vi ho rintracciato, ero furioso! Ero fuori di me! Ma poi mi sono augurato che saresti tornata, prima o poi. Che quelle cene sarebbero servite a qualcosa. Che avresti capito che io non sono Brendol, nostro padre. Io ho degli ideali! Avrei potuto insegnarli a mio nipote. Lo avrei trattato bene, ma no! Hai pensato bene di andartene!"
Nanim sospirò, scuotendo i capelli. Aveva troppe cose da dire, ma doveva in qualche modo riuscire a condensarle. 
Lo guardò. Il suo viso era sempre quello, dopotutto. Armitage, suo fratello minore. A suo modo non era cambiato, come era normale che nessuno cambiasse, o almeno non totalmente.
"Lo ripeto per l'ennesima volta: ascolta. Io non sono scappata via a causa di nostro padre. L'ho fatto perché odiavo l'Impero."
Vide subito la delusione sulla faccia del fratello.
"Che intendi dire, odiavi l'Impero? Nanim?! NANIM?!" 
"Non è finita qui"
Si stava di nuovo infervorando d'ira, ma, dopo quello che aveva detto prima, Nanim confidava che avrebbe ascoltato anche il resto.
"Odiavo anche i Ribelli. Non capivo come ci potessero essere solo due scelte: ne volevo una che fosse mia. E il primo punto di questa mia, scelta era non essere un soldato: e allora me ne sono andata, e volevo dare questa scelta anche a te... ma tu non volevi. Quindi sei rimasto, e ti hanno insegnato ad amare prima solo l'Impero, poi solo il Primo Ordine"
"Ma... come ti permetti?! Queste affermazioni sono ridicole! Pensi forse che io non sia capace di un pensiero indipendente?!" nell'impeto del parlare, Armitage le sputava in faccia "Io sono stato il generale del Primo Ordine, a capo dell'esercito più potente della Galassia! Io ho aiutato a fondarlo e l'ho governato per decenni! Sei stata tu a non aver mai compreso l'altezza del sacrificio necessario per partecipare a un'opera così grande!"
"Ti penti di non avermi ucciso, allora?"
A quelle parole la guardò storto e serrò la bocca, sbuffando col naso per riprendere fiato.
"Hai sempre saputo perché me ne sono andata... e non l'hai fatto comunque."
L'uomo era scioccato. Nanim ne trasse più compiacimento di quello che avrebbe creduto.
"Ti stai approfittando della mia debolezza..!" la apostrofò con rabbia.
"Sto dicendo la verità"
Allora lo vide placarsi. Gli tremava la mascella, e gli occhi chiari erano lucidi. Infine ammise, con fatica:
"Be', be'... forse, forse, forse è così. Anche se non ci ho mai pensato in questi termini"
 Per Nanim era sconvolgente. Pur vedendo che lo diceva perché non aveva più nulla da perdere, condannato ad una vita di stenti, per tutte le volte che si era presa cura di lui... aveva ricevuto una risposta, anche se tardiva. Inconsciamente, e con un gesto minimo confrontato a tanto egoismo, ma lo aveva fatto.
"Cosa... cosa fa Dos di preciso adesso?" proseguì Hux, deglutendo "Mi ricordo di quando eravamo su Starkiller Base e giocava a tiro al bersaglio con l'E-11: aveva un talento, bisogna dirlo..."
 "Oh" Nanim sapeva che stava per toccare un argomento scottante, ma decise di affrontarlo con noncuranza "E' cresciuto, adesso. Ti somiglia molto in viso. Ora come ora, vuole diventare un maestro Jedi"
La fugace serenità nella nostalgia abbandonò il volto dell'ex generale, e tornò il tumulto della sua furia.
"Un... che? Dos? Un Jedi?! Cosa sono queste sciocchezze?! Com'è possibile una cosa del genere?! Ha incontrato Ren! Lo avrebbe sentito!"
"Lo deve aver risparmiato anche lui..."
Ma Hux non stava prestando molta attenzione a quest'ultimo dettaglio, mentre le intenzioni di Dos stavano abbattendo la sua soglia di sopportazione.
"No! Devi farlo venire da me! Non possiamo lasciar passare questa atrocità! Un Jedi... assurdo! Se solo lo avessi cresciuto io nei miei corpi speciali... bisogna rimediare! Deve conoscere la vera disciplina!"
Allora la donna, rischiarata dalle costanti attenzioni che il fratello , pur nell'ira, stava ancora riservando al nipote, decise che era arrivato il momento d'andarsene.
"Discutere della sua educazione con te  non mi è molto d'aiuto, purtroppo. Addio, Armitage. Ricorda la busta."
Nanim allora si decise ad abbandonare l'anticamera della cella. Raccolse le sue energie, e il suo spirito ottuso da tutte le parole urlate o sussurrate, e si voltò per l'ultima volta, per cliccare di nuovo l'interruttore.
Allora Hux infilò la bocca quasi fra le sbarre, indicandola col dito:
"Ti pentirai di non avermi dato ascolto! Io so quello di cui ha bisogno, diversamente da te! Cosa può insegnargli una madre che sopravvive vendendo soprammobili e collane?! Non sai cosa vuol dire, vivere per qualcosa, e quindi lui è stato a sentire i primi venuti a proporgli stupidaggini!"
Aveva appena finito, quando la barriera spessa si richiuse con un tonfo pesante, coprendo le sbarre.
Nanim cercò di raccapezzarsi. 
Lo aveva screditato un momento prima, ma c'era del vero in quello che aveva detto. Era ancora una delle tante volte in cui si ritrovava, a suo discapito, ad ammirare Armitage, e si chiedeva come sarebbe stato avere quella sicurezza che serviva a guidare eserciti. Quelli che, in potenza dalla nascita, avrebbe potuto guidare a fianco a lui. 
Ma d'altro canto, se fosse stata abbastanza decisa da portarlo via con sé, forse non si sarebbe trovato in quella prigione. 
Porsi quegli interrogativi era inutile, perché non erano andate così, le cose. E sì, non era stata abbastanza responsabile con suo fratello, ma avrebbe cercato di non fare lo stesso errore col figlio.
     
   
 
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