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Autore: sakichan24    18/03/2018    1 recensioni
Tutti ad Unima sanno che Mirton si è trasferito ad Alola, ma nessuno a parte lui sa il perché. Quello che Mirton non sa, invece, è che ad Alola troverà proprio quello che non voleva trovare.
La causa del suo aspetto malato non era certamente la troppa ansia o la monotonia della sua vita, come cercava di far credere. Era qualcosa di molto più complesso e profondo, che doveva essere tenuto nascosto a tutti i costi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Antemia/Shauntal, Mirton, Moon
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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- Svegliati, tesoro! Tra poco atterriamo.

La donna scosse la figlia seduta nel posto accanto.

Moon si stiracchiò, sbadigliando. Aveva cercato di rimanere sveglia durante il viaggio per vedere dall’alto il paesaggio che scorreva, ma dopo poco si era addormentata: faceva molta fatica a svegliarsi presto e ancora più fatica a stare sveglia mentre aveva sonno.

Appena ebbe preso coscienza di dove si trovasse e cosa stesse facendo, però, si allacciò la cintura e appiccicò il naso al finestrino dell’aereo. Vide a poca distanza una grande isola montuosa in mezzo ad un vastissimo oceano azzurro che pareva piatto come una tovaglia appena stirata dalla sua mamma.
- Guarda, mamma! Quella deve essere Akala. Secondo te da qui si vede Mele Mele? - chiese, eccitata.
L’atterraggio avvenne senza particolari problemi e le due si recarono al nastro trasportatore da dove avrebbero preso i loro bagagli. Moon si era ormai svegliata del tutto e stava osservando qualsiasi cosa: Alola sembrava così diversa da Kanto.
Imbarcatesi sul traghetto che le avrebbe portate a Mele Mele, la ragazza tirò fuori la sua macchina fotografica alla ricerca di qualche soggetto interessante. Fotografò l’acqua azzurrissima del mare, i Pokémon che ogni tanto nuotavano vicino alla barca nella speranza di ricevere qualche bocconcino e le coste dell’isola di Akala che si allontanavano.
Sua madre, osservando quei comportamenti, non poté fare a meno di mettersi a ridere.
- Cosa c’è, Moon? Hai paura di dimenticarti tutto quanto appena sposti lo sguardo?
La ragazzina arricciò il naso, fingendo di essere offesa.
- Ma no! Lo so che posso rivedere questo paesaggio tutte le volte che voglio, soprattutto quando comincerò il mio giro delle isole. Volevo solo… Raccogliere foto per mostrarle a papà la prossima volta che lo vediamo. Sai quando sarà?
La donna non smise di sorridere. Moon era molto legata a suo padre, nonostante non si vedessero molto spesso. Appena ne aveva l’occasione, gli telefonava e gli faceva un resoconto dettagliato delle avventure vissute fino a quel momento e lui le ascoltava con pazienza e attenzione.
Fisicamente si assomigliavano anche un pochino: avevano gli occhi dello stesso colore. Inoltre, Moon stava crescendo parecchio: un’altezza del genere non poteva averla presa che da suo padre.
- Non so quando lo vedremo, piccola. Sai che è molto impegnato… Comunque, sei sicura di non volergli dire nulla?
La ragazzina rifletté un attimo prima di rispondere. Aveva sempre detto tutto a suo padre e si sentiva un po’ in colpa a tenergli nascosto un evento così importante.
- Sì. Voglio completare il giro delle isole e fargli una sorpresa. Pensa alla faccia che farà quando lo scoprirà!
In realtà, avrebbe preferito raccontargli del viaggio e fargli vedere i suoi progressi mano a mano che li otteneva. Ma lui aveva una posizione importante in un’altra regione e sperava con quella sorpresa di renderlo fiero di lei.

***

Mirton strinse tra le mani il fazzoletto macchiato di sangue, respirando pesantemente. Aveva appena avuto un terribile eccesso di tosse e, come se non bastasse, aveva tossito sangue.
Non era la prima volta che gli capitava.
Purtroppo l’atmosfera di Alola, per quanto fosse piacevole, non l’aveva aiutato minimamente. Aveva provato ancora a smettere con la cocaina, ma non ci era riuscito. E aveva cominciato a pensare seriamente che non sarebbe riuscito a smettere mai.
Si sedette lentamente con la schiena contro le piastrelle del bagno della sua casetta a Malie, disperato. La sua vita, prima tranquilla e piena di soddisfazioni, si stava sgretolando tra le sue dita e  non riusciva a fare niente per metterla a posto. Si sentì gli occhi lucidi e si rannicchiò ulteriormente, appoggiando il volto contro le ginocchia e scoppiando a piangere. Si sentiva malissimo: la gola e il naso gli bruciavano e sentiva ancora in bocca il sapore del sangue, ma soprattutto non riusciva a non odiarsi per quello che si era fatto. Non era stato capace né di controllarsi prima né di chiedere aiuto poi. Spesso pensava che ad Unima non sarebbe tornato mai: non voleva farsi vedere dai suoi amici in quello stato pietoso.
All’improvviso avvertì una piccola pressione: Liepard era arrivata e gli aveva poggiato una zampa sulla spalla.
A suo modo, era preoccupata: il suo Allenatore ultimamente stava parecchio male e lei non sapeva esattamente come comportarsi. L’unica cosa che riusciva a fare era stargli vicino, fare le fusa e tentare di consolarlo quando aveva i momenti peggiori.
Mirton le poggiò una mano sulla testa e la accarezzò dietro le orecchie, tirando su col naso. Non riusciva a riprendersi nemmeno pensando ai suoi Pokémon: cosa sarebbe successo a loro se lui fosse morto? Per quello che stava succedendo, non era un’ipotesi così lontana dalla realtà.
All’improvviso il suo cellulare si mise a squillare: si alzò in fretta e raggiunse la camera, dove l’aveva lasciato una volta rientrato dalla sua passeggiata. Rispose: era Antemia.
- Ciao, Mirton! - esordì la Superquattro con voce squillante - Come stai? Era da un po’ che non ci sentivamo, vero?
- Ehi, Antemia - balbettò lui - Io… Sto abbastanza bene, dai.
Non era convincente per nulla. Aveva ancora il respiro affannoso, e la voce roca e rotta dai singhiozzi.
Dall’altro capo, Antemia, a sentirlo così, si spaventò non poco.
Lo chiamava spesso, ma le sembrava che il suo amico non migliorasse mai. Anzi, forse stava continuando a peggiorare. Si morse il labbro, senza sapere bene come continuare la conversazione.
- Sei sicuro? - rispose poi. Mirton non disse nulla.
- Senti, Mirton… Io lo capisco che c’è qualcosa che non va. Non so perché non ce l’hai detto, ma… sappi che sono tua amica, ok? E che puoi dirmi tutto. Io ti posso aiutare, se vuoi…
- Antemia. - la fermò Mirton. - Io… Lo so che siamo amici, davvero. Ma veramente, non c’è niente sotto. È solo una malattia particolarmente brutta, tutto qua.
Si lasciò cadere seduto sul divano. Più di una volta aveva pensato di confidarsi almeno con lei, ma aveva troppa paura del suo giudizio. Non voleva mostrarsi debole e inetto, soprattutto davanti a lei. Si passò una mano sugli occhi, asciugandosi le lacrime.
Antemia rimase in silenzio. Avrebbe voluto prendere il primo aereo per Alola e raggiungerlo, ma non poteva abbandonare così la Lega Pokémon. Già avevano faticato a trovare un sostituto per Mirton, trovarne uno per lei sarebbe stato impossibile. Fece un respiro profondo.

   
 
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