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Autore: StephEnKing1985    20/03/2018    0 recensioni
Brian è fidanzato da dieci anni insieme a Corrado. La loro sembrerebbe un'unione felice, almeno dal lato di Corrado: ha un lavoro che gli piace, vive in un bell'appartamento e ama il suo ragazzo. Purtroppo da parte di Brian invece, qualcosa non va: da troppo tempo egli avverte la mancanza di rapporti fisici con Corrado, per questo comincia a chiedersi se lo desideri e lo ami ancora.
Alla ricerca di conferme e di una risposta, durante una serata in discoteca Brian s'imbatte in Riccardo, affascinante quanto misterioso artista, con cui incomincerà un rapporto clandestino.
Durante i loro incontri, Brian finirà per innamorarsi del tenebroso Riccardo, con ciò mettendo in discussione la sua relazione decennale con Corrado. Tormentato dai dubbi, il povero Brian dovrà prendere una decisione: continuare la sua relazione con Corrado e abbandonare Riccardo, o proseguire quest'ultima, con tutto ciò che ne conseguirebbe...?
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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23.

 

 

 

 

 

I pacchetti di sigarette acquistati aumentarono con l’andare dei giorni. Riccardo sembrava non accorgersi di quello che stava succedendo al suo nuovo coinquilino (Brian non era sicuro che Riccardo lo considerasse suo fidanzato, per via di tanti segnali che recepiva), perciò tutto quello che faceva era limitarsi a un semplice Credo che tu stia fumando un po’ troppo in questi giorni.

Dalla conversazione con Carlo passarono alcuni giorni, durante i quali il rapporto con Riccardo continuò a essere altalenante: c’erano giorni in cui lo ricopriva di attenzioni, facendolo partecipe di nuove mostre e altri incassi (in una seconda mostra era stato più prodigo di attenzioni nei suoi confronti) e facendogli anche dei regali. L’ultimo che gli aveva fatto era un vestito nuovo, molto elegante. Brian di solito non indossava abiti così formali, non essendovi mai stato abituato. Le poche volte in cui si era vestito “bene”, erano circoscritte a delle occasioni speciali: qualche matrimonio, un battesimo, la laurea di suo fratello Alex. Tuttavia Riccardo si era fatto promettere che l’avrebbe indossato qualche volta, ma ovviamente Brian non l’aveva mai fatto. Oltre ai regali materiali, c’erano anche le occasioni in cui dopo aver fatto l’amore gli riservava le sue attenzioni riempiendolo di coccole e complimenti, così che Brian tornava a stare tranquillo ed a convincersi che non ci fosse nulla che non andasse.

Ma poi Riccardo riprendeva ad essere freddo e distaccato, a rispondergli tardi o a non rispondergli per niente quando era fuori casa (Brian si chiedeva che cosa facesse fuori così tanto tempo, ma non gli veniva in mente nient’altro che il suo lavoro). Tutte cose che, messe insieme, stavano incominciando a fargli male.

 

Una mattina uscì dalla doccia con l’accappatoio indosso, in preda ai prodromi di un’emicrania. Si asciugò i capelli in fretta, credendo si fossero un po’ scoloriti, tornando al loro colore rossiccio naturale, seppur chiazzato da qualche filo bianco.

Nonostante tutto, erano ancora tutti al loro posto, ben saldi sul cuoio capelluto. Si rallegrò di ciò, ma al tempo stesso si fermò a guardarsi nel grande specchio del bagno.

Tra due mesi avrebbe compiuto ventotto anni. Era ancora bellissimo e desiderabile, e inoltre era stato così fortunato a cambiare vita dopo dieci anni d’immobilismo. Si complimentò con sé stesso, ma ciò non servì a far passare la sensazione di cui aveva parlato a Carlo: si sentiva disorientato, smarrito.

Disorientamento. Smarrimento.

Erano quelli gli unici nomi con cui chiamava quella sensazione di tensione che si accompagnava all’infelicità…

Ancora una volta si ritrovò a darsi dello scemo, perché questa era la vita che voleva e non quella di prima, fatta di noia.

Si toccò la testa, sentendo che il mal di testa cominciava a martellare. Era giunta l’ora di prendere una bella dose di analgesico.

Uscì dal bagno e andò a vestirsi.

 

*****

 

Tra le altre cose, l’unico consiglio che era riuscito a dargli Carlo era stato quello di provare a parlargli.

Un pomeriggio, approfittando del fatto che Riccardo fosse a casa, ci provò. Riccardo stava lavorando nel suo studiolo sottostante il soppalco, con la porta scorrevole aperta. Ciò suggerì a Brian che fosse disposto ad ascoltarlo, al che si fece avanti.

Gli si avvicinò con quella solita circospezione inconscia, come di chi si avvicina a una belva feroce pronta ad attaccare, e si fermò a guardarlo.

Lui non lo degnò di uno sguardo fino a che Brian non si schiarì la voce. In quel momento Riccardo si voltò e sorrise, come se fosse stato sorpreso di vederlo lì.

- Ciao, Bri – lo salutò, sorridendogli.

- Ciao Ricky. Cosa stai dipingendo? –

- Un nuovo lavoro. Di cos’hai bisogno? – rispose lui, telegraficamente, mentre ancora dava pennellate.

- Avrei bisogno di parlarti. –

Brian restò lì ad aspettare una sua risposta, che però non arrivò. Come faceva di solito.

- Riccardo…? Ci sei? -

- Perdonami, ma adesso proprio non posso. –

Ignorando totalmente la sua richiesta, Brian cominciò a parlare. – Ho bisogno di parlarti di una cosa. Vorrei chiederti se va tutto bene. Va tutto bene, tra di noi? –

- Brian, per favore – disse, in tono assertivo Riccardo – Sono concentrato. –

- Io credo che tra di noi vada tutto bene, ma vorrei averne la conferma da te, perché, vedi, ho bisogno di comunicarti delle cose che mi lasciano perplesso. –

Non era sicuro che Riccardo avesse ascoltato tutta quella frase, dal momento che continuava a lavorare come se nulla fosse.

- Riccardo? Ho bisogno che tu mi ascolti. –

A quell’ultima frase, Riccardo s’interruppe bruscamente, lo guardò con i denti stretti dietro la bocca e prese un gran respiro. Poi alzò la tavolozza coi colori e la sbatté via alla sua sinistra, tanto che Brian dovette scansarsi per non beccarla diritta sui piedi nudi. Brian fece per aprire bocca, ma Riccardo soppresse sul nascere il tentativo.

- Ti ho detto che sono concentrato, cazzo! Quando ti dico che sono concentrato, non devi rompermi i coglioni! Capito? Non-devi-rompermi-i-coglioni!!! Adesso mi hai fatto sbagliare un particolare, dovrò correggerlo e mi ci vorrà un casino di tempo per rifarlo come lo volevo. E non sarà mai come doveva essere! Cazzo! Cazzo! Cazzo!!! – urlò, pestando i piedi e incominciando ad andare avanti e indietro per la stanza.

- Cosa sei, un paranoico? Hai bisogno di conferme per sapere che va tutto bene? sì, cazzo, va tutto bene! Ecco! Adesso sei contento? Rompicoglioni di un bambino viziato! –

Mentre camminava, si alzò per andare in bagno, e lì sbatté la porta con fragore, chiudendocisi dentro. Rimasto solo, Brian osservò impietrito la porta del bagno, spaventato dall’eventualità che potesse riaprirsi e che lui potesse uscirne. Rimase lì un bel po’ di minuti, fino a che non abbassò lo sguardo, vedendo il suo piede sinistro sporcato da una quantità di macchie gialle, arancioni e rosse. Si allontanò lentamente, andando verso il mobile della cucina per prendere uno straccio, quindi raccolse la tavolozza e pulì i colori sparsi per il pavimento, cercando di trattenersi dall’incominciare a piangere.

 

*****

 

Si era seduto sul divano, coprendosi con una coperta per combattere la sensazione di freddo che l’aveva improvvisamente ghermito. Senza accorgersene, aveva incominciato a rannicchiarsi sempre più in sé stesso, cercando di raccogliere quanto più calore possibile dalla coperta che lo avvolgeva, finché non si era addormentato. Come al solito aveva sognato, e ciò che aveva visto non era stata una bella visione: aveva sognato che Riccardo lo cacciava di casa e lo abbandonava per averlo disturbato mentre lui cercava di chiedergli scusa ma senza risultato. Stava ancora sognando quando Riccardo gli fece una carezza sulla guancia e gli diede un bacio sulla fronte per svegliarlo.

Trovandosi davanti il suo faccione, Brian gli rispose con un mezzo sorriso, essendogli grato per averlo svegliato da quel sogno così terribile. Era ancora lì con lui, non l’aveva cacciato da casa sua.

- Ben svegliato, dormiglione – disse, dolcemente. Il suo viso sembrava essere tornato quello di prima, non c’era più traccia della rabbia che fino a poco fa l’aveva alterato.

- Grazie… che ore sono? –

- Le sette passate. –

- Oh… ho dormito tanto, allora. –

- Quasi tre ore. –

- Già… vuoi che ti prepari qualcosa per cena? –

- A dire il vero… pensavo che… - Riccardo abbassò lo sguardo - …pensavo che potremmo andare a cena fuori. Scusami se prima ti ho trattato così, è che quando sono concentrato, non rispondo di me. –

- Non fa niente – rispose Brian, contravvenendo a quanto gli aveva detto il suo amico Carlo, che sicuramente, fosse stato al suo posto gli avrebbe ficcato una ciabatta in bocca e risposto di sbattersi la sua cena fuori dove non batte il sole e, ancor prima di tutto ciò, non si sarebbe certo addormentato sul divano di uno stronzo del genere.

- Pizza o ristorante? Si potrebbe fare una pizza, magari… conosco un bel locale, molto rustico. Si chiama Il Muretto. Lo conosci? –

A quel nome, Brian avvertì i capelli drizzarglisi sulla testa. Voleva davvero portarlo lì, nel ristorante dove s’incontrava con Corrado i primi tempi? Si toccò la testa, fingendo un capogiro, quindi si mise a sedere.

- Bri, tesoro. Cos’hai? –

- No… no, niente. Non preoccuparti. A dire il vero stasera non ho voglia di pizza. Potremmo andare ad un cinese, che ne dici? –

- Dico che va bene – rispose Riccardo, sorridendo. Brian gli sorrise, tirando mentalmente un sospiro di sollievo. Non sapeva nemmeno lui perché, ma non voleva farsi portare da Riccardo nel locale di Corrado. Forse perché non voleva rivivere i bei tempi passati insieme a lui, o più probabilmente perché voleva preservare un luogo così felice e significativo dalla sua persona.

- Mi cambio e andiamo subito – disse Brian, alzandosi dal divano e dirigendosi verso il soppalco.

 

*****

 

Non era vero che per Brian non era successo niente. Le scene dell’episodio avvenuto nel pomeriggio continuavano a ricorrergli nella mente, sebbene Riccardo quella sera stesse facendo di tutto per dimostrarsi amabile e gentile. Per un po’ riuscì, ma inevitabilmente Brian continuava a ricordare ciò che aveva detto e fatto prima, e manteneva le distanze. In più, sentiva di nuovo i prodromi di un’emicrania. Si domandò se anche quando era insieme a Corrado ne soffriva così tanto, ma scacciò quel pensiero dalla mente: la risposta, purtroppo, era no.

Per tutta la serata Riccardo aveva parlato dei progetti che aveva in mente di fare insieme a lui: cambiare casa e trasferirsi in un appartamento più signorile, o magari addirittura una villa (i soldi non stanno facendo fatica ad entrarmi, aveva detto), insieme a lui formalmente vincolati da un’unione civile. Brian aveva annuito e sorriso di tanto in tanto, ma la domanda di fondo era se voleva davvero seguire Riccardo nei suoi progetti. Qualcosa gli diceva di sì, che lo voleva con tutto sé stesso perché era il ragazzo dei suoi sogni ed era disposto al piccolo sacrificio di evitare di seccarlo quando era concentrato e di non cucinargli pancakes a colazione; un'altra parte di sé invece gli diceva che un fidanzato non doveva essere così violento nei confronti del suo partner, invece doveva essere aperto al dialogo e più accomodante… e apprezzare gli sforzi che venivano fatti per amore. Cose che Riccardo (almeno per il momento) non era sembrato in grado di fare.

- Riccardo, io … - lo interruppe, sul più bello mentre parlava della cerimonia post-unione civile. Riccardo gli lanciò un’occhiata neutra ma carica di rimprovero perché l’aveva interrotto, quindi Brian si affrettò a scusarsi e a dirgli di andare avanti, che tanto si era dimenticato ciò che voleva dirgli.

In realtà avrebbe voluto dirgli che forse stava correndo un po’ troppo. Se Corrado non gli aveva mai proposto nulla per dieci anni, un motivo c’era: era stato più discreto? No. Credeva piuttosto che Corrado volesse prima vedere se potevano essere compatibili (…e lo siamo stati; per dieci anni, lo siamo stati, pensò Brian), prima di fargli una proposta così impegnativa come una formale unione civile… Perché Corrado avrebbe voluto solo il bene per il suo ragazzo.

Invece Riccardo già stava costruendo montagne di castelli in aria. Per la prima volta nella sua storia con Riccardo, si sentì sfinito da una conversazione insieme a lui.

 

Terminata la cena, si avvicinarono all’auto. Brian fece per aprire il suo sportello, ma Riccardo lo prese da dietro e provò a baciarlo. Brian si oppose, fermandolo.

- Aspetta – gli disse – Non adesso, c’è un po’ troppa gente. –

- Ma cosa te ne frega…? Lasciali che guardino, no? –

Per qualche strana ragione, dopo quella serata non aveva più tanta voglia di farsi baciare da lui. Non glielo disse direttamente, ma la sua reazione fu la stessa di come se gliel’avesse detto in faccia, sbattendoglielo chiaro e tondo: si svincolò dall’abbraccio, sbattendolo leggermente contro la portiera della sua Smart. Sorpreso Brian aprì la bocca nel tentativo di dire qualcosa, ma Riccardo era già montato e aveva addirittura acceso il motore (senza aspettare che salisse!!!). Brian fece appena in tempo a entrare nell’auto: aveva la netta sensazione che se non avesse fatto in fretta, l’avrebbe lasciato lì.

Per tutto il tragitto non si scambiarono una parola. Brian però pensò di riparare offrendogli la sua mano sinistra mentre guidava. Riccardo la prese e gliela strinse dolcemente.

 

Arrivati a casa, si tolsero i cappotti e lì Riccardo incominciò ad abbracciare e baciare Brian spingendolo verso il divano. Per un po’ Brian rispose, ma poi cercò di divincolarsi quando Riccardo incominciò a toccargli il sedere e a baciarlo con una foga degna di chi fosse stato in preda a un raptus di follia.

- Mmm… Brian… amore… - diceva Riccardo mentre lo baciava.

- R..Ricc… amore… non … Aspetta… -

- Voglio farmi perdonare. Dammi l’occasione di riparare. –

- Ho… ho mal di testa, Riccardo. S…scusami. –

Ignorandolo totalmente, Riccardo incominciò ad armeggiare con il bottone dei jeans di Brian, cercando di toglierglieli mentre era sul divano. Per la verità era più come se cercasse di strapparglieli, in preda ad un desiderio compulsivo di possederlo, che lo spaventò leggermente.

- Lasciami Riccardo, mi-mi stai facendo male! – esclamò, prendendo il coraggio per afferrargli i polsi e stringerglieli.

A quella dimostrazione di forza, Riccardo si fermò, guardandolo negli occhi e smontando velocemente da lui, come se avesse avuto qualche strana malattia.

E di nuovo, si rimise a urlare per la seconda volta quel giorno.

- Merda! Si può sapere che cazzo ti prende, tutto d’un tratto, Brian?! Che cazzo significa questo??? Se non volevi scopare potevi anche restartene insieme a quella scoreggia fritta del tuo ragazzo e non rompere i coglioni a me!!! – urlò, mollando un calcio al tavolino al centro dell’angolo salotto che fece volare alcune delle riviste che vi erano poggiate sopra.

Brian si tenne la testa con le mani, sentendo l’emicrania farsi sempre più forte date le sollecitazioni sonore. Forse intuendo che gli stava facendo più male che bene, Riccardo rincarò la dose di urla.

- Che cazzo vuoi da me, eh?! Che cosa cazzo ci sei venuto a fare qui? Sai cosa vuoi dalla vita o non lo sai e vieni a cercare aiuto da me? È ora che cresci, hai capito?!

A quel punto, finita la litania di insulti e parolacce, Riccardo si allontanò, salendo velocemente le scale che portavano al soppalco. Brian allora corse in bagno, prese due aspirine e bevve con le mani a coppa l’acqua del rubinetto per mandarle giù. Si sentì umiliato, offeso, dolorante. Avrebbe voluto piangere, ma si trattenne. Anziché piangere, si guardò allo specchio.

Lentamente, come un automa, incominciò a spogliarsi. Prima le scarpe, poi i calzini… i jeans… e tutto quanto. Uscì dal bagno nudo, quindi salì le scale. Riccardo era lì seduto sul letto, la testa bassa. Sembrava un barbone che chiedeva l’elemosina. Gli andò dietro, inginocchiandosi sul letto e toccandogli una spalla.

Lui non si mosse né disse nulla.

Brian riprovò, ma ancora Riccardo non fece nulla.

Sapendo che insistere con lui era controproducente, Brian si mise sotto la coperta. Forse per quella sera Riccardo avrebbe rinunciato al suo divertimento.

Ovviamente era una vana speranza: Alcune ore dopo che si erano messi a letto entrambi, Riccardo l’aveva svegliato entrando di prepotenza nel suo corpo, facendogli un male terribile. Brian mandò qualche gemito di dolore durante la penetrazione, che per fortuna durò poco, perché Riccardo smise dopo appena cinque minuti. Uscito dal suo corpo, gli diede le spalle e si addormentò.

Sull’altro lato, Brian era ancora sveglio. Avvertiva la sensazione di caldo umido in mezzo alle gambe, ma non soltanto lì: calde lacrime di disperazione avevano incominciato a rigargli il volto, e questa volta non si sarebbero asciugate tanto facilmente.

   
 
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