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Autore: Shainareth    21/03/2018    8 recensioni
*** Attenzione! La presente storia si collega direttamente alla shot Verità. Vi consiglio perciò di leggere prima quest'ultima, per comprendere appieno le vicende di ciò che verrà narrato qui di seguito. ***
«A cosa servono, questi poteri, se non possiamo evitare che accadano certe tragedie?» La voce di Ladybug era cupa e rotta dal pianto represso. Era ormai l’alba e i soccorritori avevano lavorato per tutta la notte, sgombrando la zona da ciò che era andato distrutto – o ucciso. I due salvatori di Parigi erano rimasti lì fino a che era stato necessario, ingoiando tutta la sofferenza che i loro occhi e le loro orecchie erano stati capaci di catturare, loro malgrado. E ora, con le membra doloranti e il cuore in pezzi, si erano rifugiati insieme fra i gargoyles di Notre Dame, che con il loro tetro aspetto sembravano riflettere l’umore di entrambi.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Verità'
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EPILOGO




Richiuse la porta della camera alle proprie spalle e si lasciò andare ad un sospiro profondo, rassegnato, mentre Plagg faceva capolino dal taschino della sua camicia e si librava a mezz’aria per fissarlo in volto. «Un bel guaio, eh?»
   Adrien non rispose, ma ricambiò il suo sguardo con espressione pensierosa. Quindi, si mosse verso l’ampia finestra in fondo alla stanza e si soffermò a guardare il cielo scuro della sera. Erano passati sei mesi da quando uno dei terroristi era stato arrestato, ma le autorità non erano riuscite a cavare un ragno dal buco perché quello si era chiuso in un inviolabile silenzio di tomba; prima per pura ostinazione, poi perché un bel giorno aveva deciso di farsi trovare appeso al soffitto della propria cella. E tutto era tornato al punto di partenza. Si stava ancora scavando sul suo passato, sulle sue frequentazioni, sui luoghi in cui era stato, ma allo stato attuale delle cose i progressi fatti non erano sufficienti alla risoluzione del caso. Di buono, tuttavia, c’era che gli attentati sembravano solo un brutto ricordo, come se quell’arresto fosse stato il punto finale di una scia di sangue rimasta ancora senza motivazione – sbagliata che fosse.
   Parigi era dunque tornata a respirare, benché l’allerta cittadina non fosse rientrata del tutto, e la routine quotidiana sembrava essere ripresa per la maggior parte delle persone. Persino i programmi televisivi erano di nuovo più spensierati, nessun’edizione straordinaria del notiziario, nessuna diretta con terribili immagini da dimenticare. Nadja Chamack appoggiava ancora il sindaco, ma da quando l’intera Francia aveva deciso di prendere in mano la situazione, lei era tornata a dedicarsi anche al resto dei suoi interessi. Per questa ragione, non appena le era stato dato il via, non aveva perso tempo a riproporre il suo show in prima serata, quel Faccia a faccia che stava di nuovo creando non pochi problemi e imbarazzi ai due eroi parigini.
   Dopo aver concordato con lei domande e risposte circa l’intervento che Adrien avrebbe fatto in trasmissione come ospite, Gabriel Agreste aveva dato il suo consenso a quell’apparizione televisiva. E tutto era anche andato per il meglio, perché madame Chamack si era davvero limitata al copione, senza indagare a fondo sulla vita privata del giovane, senza fare minimamente cenno a quelle curiosità morbose che affliggevano invece i suoi fan. Il nome di Marinette non era stato fatto anche per rispetto alla privacy della ragazza e per l’affetto che la donna provava per lei. Adrien aveva apprezzato la cosa non poco, ma quando era stato sul punto di tirare il fiato sul finale della trasmissione, l’indole della giornalista aveva avuto la meglio e proprio sui titoli di coda, mentre sul grande schermo alle sue spalle compariva un fermo immagine di Ladybug e Chat Noir avvinghiati in un abbraccio inequivocabile, Nadja aveva annunciato uno scoop sensazionale che riguardava gli eroi cittadini per la prossima puntata di Faccia a faccia.
   «Non oso immaginare come stia Marinette…» mormorò fra sé Adrien, seriamente dispiaciuto per la cosa. Spostò lo sguardo verso il suo kwami, accucciato sul tavolino di vetro a mangiucchiare un pezzo di formaggio in santa pace. «Beato te che non hai di queste preoccupazioni», aggiunse poi il giovane con un pizzico di sana invidia, mentre si avvicinava a lui e gli sfregava affettuosamente il polpastrello di un dito sulla testolina scura.
   «Questo perché mi dedico a cose più importanti», ebbe la faccia tosta di rispondere Plagg, la bocca ancora piena di soffice pasta salata.
   Adrien scosse il capo, ma si lasciò sfuggire un sorriso divertito. «Se ritieni il formaggio più importante di una compagna… beh, abbiamo davvero priorità diverse, noi due.»
   Non era esattamente ciò che lui aveva detto, pensò la creatura, fissandolo da sotto in su senza però ribattere a quella sua convinzione. Anche perché il suo sguardo fu attirato da qualcosa che sembrava precipitare contro i vetri alle spalle del suo portatore e lui spalancò le fauci in un’espressione allarmata. «Apri le finestre, sbrigati!» lo avvertì subito, sputacchiando parte del bolo tutt’intorno. Ma poiché l’altro non fu abbastanza lesto da capire quello che stava accadendo e, per fortuna, il telecomando per eseguire l’azione era proprio lì accanto, Plagg pigiò il pulsante prima che fosse troppo tardi, evitando ad entrambi una pioggia di vetri in frantumi.
   Un attimo dopo, un fulmine rosso fece irruzione nella stanza, travolgendo il povero Adrien e rotolando con lui sul pavimento. Steso supino e stordito dalla botta ricevuta, il giovane avvertì qualcosa premergli sul petto e poi il peso che lo schiacciava spostarsi sull’addome. Solo quando fu in grado di guardarla negli occhi comprese cosa diamine era successo e il suo cervello smise di funzionare quando realizzò che Ladybug, il dolce sogno proibito che per mesi lo aveva tenuto sveglio di notte, era lì, seduta a cavalcioni sul suo stomaco. Si portò i palmi delle mani sulle palpebre chiuse, sforzandosi di rimanere lucido. «Dobbiamo impedirle di mandare in onda quel filmato», fu la prima cosa che lei disse, senza neanche pensare per un istante a scusarsi per quanto aveva appena combinato.
   «Marinette…» esalò invece il giovane, ripetendosi come un mantra che l’ultima cosa che voleva era turbare la propria innamorata.
   «Aveva promesso che non l’avrebbe fatto!»
   «Aveva detto che ci avrebbe pensato su, non che non l’avrebbe mandato in onda…»
   «Rubiamole il materiale!»
   «Siamo degli eroi, non dei ladri.»
   «La prima ladra è lei! Ci ha rubato l’intimità del momento!»
   Ripensare a quanto successo quella volta costrinse Adrien a puntellarsi sui gomiti e a fissare di nuovo Ladybug negli occhi. «Possiamo parlarne dopo che ti sarai alzata?» le domandò in tono supplice.
   Solo in quel momento lei parve accorgersi della cosa e, portandosi le mani davanti alla bocca con aria imbarazzata, si rimise subito in piedi. «Perdonami, devo essere pesante…» L’altro le lanciò uno sguardo a metà fra il rimprovero e lo sconcerto: era seria o lo stava prendendo in giro? Fu quello il campanello d’allarme che finalmente indusse Marinette a realizzare quale fosse il vero problema e, arrossendo più di prima e farfugliando delle scuse incomprensibili, si allontanò da lui per andare a sedersi compostamente sul divano, proprio davanti a Plagg, che si stava godendo lo spettacolo senza smettere di mangiare.
   «Siete decisamente più divertenti voi delle telenovelas», constatò soltanto, riuscendo a strappare una risatina nervosa alla ragazza.
   «Guardi ancora quella robaccia?»
   «Nah», rispose, prendendo un altro gustoso morso dal suo pezzo di camembert. «Non so come, Adrien mi ha scovato un documentario sulla produzione artigianale del formaggio», spiegò in tono appassionato. «Dovrebbe prendere seriamente in considerazione l’idea di lasciare la città e di trasferirsi in campagna, quando sarà maggiorenne. Puoi venire con noi, se ti va.»
   Marinette inarcò le sopracciglia scure e si morse il labbro inferiore. «Grazie per la concessione», rispose, cercando di non cedere al divertimento. Uno sbuffo alle sue spalle la indusse a sbirciare in quella direzione, dove finalmente Adrien pareva essersi calmato ed era tornato ritto sulle gambe. «Meglio?» si azzardò a chiedergli con un filo di voce.
   «Più o meno», bofonchiò lui, passandosi stancamente la mano sul volto.
   «Scusa», balbettò ancora l’altra con seria mortificazione. «Ho visto l’intera puntata dello show col fiato sospeso per paura che madame Chamack ti facesse domande indiscrete, e proprio quando stavo per rilassarmi, ecco che ha tirato fuori dal cilindro quel filmato», prese a raccontare subito dopo, con quella solita enfasi che lasciava trasparire tutta la sua ansia. «Sono entrata nel panico e mi sono precipitata qui.»
   «Capisco perfettamente come ti senti, credimi…» la rassicurò Adrien, cercando di essere comprensivo, nonostante tutto. «Però… la prossima volta evita.»
   «Perché?»

«Signore?»
   «Lo so già.»
   «Vuole che vada a vedere?»
   La voce di Nathalie arrivò come un sottofondo alle orecchie di Gabriel che, gli occhi fissi sul monitor, guardava e riguardava la ripresa appena effettuata da una delle telecamere di sorveglianza poste all’esterno della villa. Ladybug si era introdotta in casa sua, diretta in camera di Adrien. Questo avrebbe dovuto allarmarlo? Forse.
   Lasciò ricadere lungo il fianco la mano che fino a quel momento aveva tenuto premuta sulla bocca con fare pensieroso e, senza dire una sola parola, raggiunse l’uscita del proprio studio, subito tallonato da Nathalie. «Signore, cosa pensa…» La donna tacque quando si rese conto che lui non l’avrebbe ascoltata, preferendo piuttosto proseguire verso l’ampia scalinata che lo avrebbe condotto al piano di sopra. Si limitò perciò a seguirlo fino a metà strada e arrestò il passo quando lo vide fermarsi davanti alla porta della stanza di suo figlio. Nathalie strinse fra loro le labbra sottili, tremando al pensiero di quello che sarebbe potuto accadere se le cose fossero precipitate.
   Gabriel bussò. «Adrien?»
   Dall’altra parte della porta avvertì un tramestio sommesso, sussurri concitati e, dopo qualche attimo, l’uscio si aprì, mostrando un giovane che si esibiva in un sorriso in apparenza innocente. Non ingannò neanche per un secondo suo padre, ma questi non lo diede a vedere. Si limitò a constatare soltanto quanto, in quei lunghi mesi, suo figlio fosse diventato alto, arrivando quasi a guardarlo direttamente in faccia senza sforzo. Eppure, lo si capiva a colpo d’occhio, Adrien non era cresciuto soltanto in statura. Quelle spalle diventate più ampie e robuste sembravano portare il peso di qualcosa di molto diverso rispetto agli altri suoi coetanei, e Gabriel non poté fare a meno di chiedersi se, al di là delle tragedie vissute a causa dei terroristi, non fosse stato lui stesso il primo colpevole.
   «Volevi qualcosa?» Anche la voce di Adrien si era fatta più matura, più bassa e posata. A soli quindici anni, sembrava ormai diventato un uomo, soprattutto nello sguardo. Se solo sua madre avesse potuto vederlo ora, ne sarebbe rimasta estasiata e preoccupata a un tempo.
   Fu questo il pensiero che spinse Gabriel a rilassare i muscoli del corpo e a dirsi che, a dispetto della ragione che lo aveva condotto fin lì, forse non era ancora arrivato il momento di scoprire le carte – se ancora c’erano carte da scoprire. Schiuse le labbra per parlare, ma un tonfo proveniente dal bagno li indusse a voltarsi di scatto verso la porta chiusa, la stessa oltre la quale, in fretta e furia, Adrien aveva spinto Marinette e Plagg per nasconderli alla vista paterna.
   «Oh…» balbettò il giovane, cercando di ignorare il guaito che aveva fatto seguito al rumore. «Ho lasciato la finestra del bagno aperta… Sarà entrato il solito gatto.»
   Era bravo a mentire, ma non avrebbe mai potuto sperare di competere con suo padre. «A quest’altezza?»
   Adrien si strinse nelle spalle. «Lo sai come sono… agilissimi, saltano dappertutto…»
   «E combinano guai», concluse Gabriel, riportando lo sguardo su di lui, quasi volesse accusarlo di essere il primo a farne. E beh, non che avesse tutti i torti, dovette riconoscere l’altro, abbozzando un sorriso che, pur bellissimo, non poteva in alcun modo raggirare l’uomo che lo aveva messo al mondo.
   I lineamenti del suo volto rimasero impassibili, eppure i suoi occhi lo trapassarono da parte a parte. Fu allora che il cuore del giovane tremò: aveva visto Ladybug dalle telecamere di sorveglianza? Se sì, perché non dirlo apertamente? L’unica spiegazione che si diede Adrien fu che suo padre aveva capito. Ogni cosa. Era per questo che negli ultimi mesi Papillon sembrava sparito nel nulla? Perché lui, Gabriel, non sapeva come affrontare la cosa? Oppure si trattava di una mera coincidenza? Ciò fece nascere comunque in Adrien il fondato sospetto che nell’ultimo periodo suo padre lo avesse marcato stretto anche per un’altra ragione, che con gli attentati non c’entrava nulla: coglierlo in fallo e scoprire se davvero era lui il giovane dalla maschera nera con cui si era confrontato durante i soccorsi congiunti all’istituto Françoise Dupont. Dopotutto, lo aveva sorpreso più di una volta a guardare il suo anello e a scrutare Marinette come se avesse voluto studiarla non soltanto per capire se fosse o meno alla sua altezza.
   «Papà…» mormorò Adrien, cercando di mantenere un tono fermo.
   «Non fate troppo tardi», disse soltanto l’uomo, sibillino, abbassando infine lo sguardo e facendo un passo indietro. L’ennesimo.
   Voltò le spalle e discese di nuovo le scale, dove Nathalie lo stava aspettando, silenziosa, le unghie delle dita nei palmi delle mani a causa di quel nervosismo che non avrebbe manifestato in altra maniera davanti al proprio principale. I suoi occhi azzurri non riuscirono ad intercettare quelli grigi di Gabriel, che la superò e continuò verso il piano di sotto; né incrociarono quelli verdi di Adrien che, più in alto, seguiva suo padre con lo sguardo ed un evidente rammarico nell’espressione del viso. Nathalie si domandò quanto ancora sarebbe passato prima che quei due uomini cocciuti, pur amandosi con tutta l’anima, decidessero di abbassare le armi e di parlare apertamente di ciò che avevano nel cuore. L’uscio dello studio del padrone di casa venne richiuso e poco dopo anche quello della camera di suo figlio la lasciò ancora una volta fuori dalla loro vita. Toccò allora a lei calare le ciglia sul viso con la consapevolezza che l’unica cosa che avrebbe potuto fare era aspettare.

Trovò Marinette ferma davanti allo specchio del lavabo, intenta a rimirare il proprio riflesso con fare tutt’altro che vanesio. Con una mano si era scostata la frangia scura dagli occhi e con l’altra si tamponava la fronte con un fazzoletto bagnato. «Che è successo?» domandò allarmato Adrien, quasi non facendo caso alla presenza di Tikki accanto a lei.
   Vide la ragazza accennare un sorriso non troppo convinto. «Sono inciampata e ho battuto la testa contro uno spigolo», spiegò cercando di minimizzare l’accaduto. L’altro la raggiunse in poche falcate, sovrastandola con la sua altezza e prendendole il viso fra le mani grandi e gentili per accertarsi che non si fosse rotta nulla. Se Adrien era cresciuto parecchio, in quei mesi, Marinette era rimasta pressoché uguale, piccola e minuta. Aveva ereditato il fisico da sua madre, pertanto era impensabile che potesse diventare una spilungona. Forse era anche per questo che aveva sperato di passare inosservata mentre si introduceva – non proprio – di soppiatto in casa dell’amato, ma aveva dovuto arrendersi all’evidenza e ora, mentre lui si prendeva cura di lei, lo fissava da sotto in su con aria mortificata. «Mi… ha vista?»
   Gli occhi di Adrien scivolarono sui suoi, regalandole un fremito caldo. Era ormai da un po’ che avvertiva quel genere di sensazioni quando lui le era così vicino, e Marinette stava lentamente capitolando davanti all’idea che non avrebbero retto ancora a lungo nel loro ruolo di ragazzi ingenui. «Credo che sappia. Di te, di me, di loro», aggiunse, facendo cenno verso i piccoli kwami che si scambiarono uno sguardo senza emettere fiato.
   «Se le cose stanno così…» mormorò Marinette, senza però concludere la frase. Non era necessario: se Gabriel aveva capito, significava che era davvero Papillon.
   Ciò nonostante, Adrien sorrise e le baciò il viso, lì dove le lentiggini erano più evidenti. «Magari ha deciso di gettare la spugna, magari no, non mi importa», disse poi, sciacquando il fazzoletto sotto l’acqua fredda per tornare a tamponare lui stesso il piccolo bernoccolo dell’amata. «Penso solo che, se avesse voluto fare la sua mossa per impossessarsi dei nostri miraculous, sarebbe già successo.»
   «E se invece stesse aspettando per coglierci di sorpresa?»
   «Marinette… è Papillon», rise quasi con divertimento. Stava dando di matto davanti a quella non troppo remota possibilità? «Potrebbe soggiogarci con una delle sue akuma, nel bene o nel male, ma non lo fa. Non vuole. O forse non può.» O forse era lui che si stava illudendo, riconobbe con se stesso. Poteva davvero fidarsi di suo padre? Sì, perché quell’uomo teneva a lui più di ogni altra cosa al mondo. E, di conseguenza, Gabriel non poteva non tenere anche a Marinette, perché se solo avesse provato a portargliela via, avrebbe perso anche suo figlio. «Mio padre potrebbe anche essere distrutto dalla scomparsa di mia madre, ma non è stupido.»
   «Dovremmo comunque indagare», gli fece presente la ragazza, in tono gentile. «Che forma ha il miraculous della Farfalla?»
   «È una spilla», rispose prontamente Tikki. «Ma non mi pare di avergliela mai vista addosso.» Rivolse la propria attenzione a Plagg per interpellarlo al riguardo, ma lui scosse la testolina nera. «Certo potrebbe portarla sotto la giacca… o nasconderla da qualche altra parte.»
   «Comunque stiano le cose», riprese Marinette, cercando di trovare il lato positivo della faccenda, «sembra che per il momento Papillon non costituisca più un problema.»
   «Non ho intenzione di abbassare la guardia, in ogni caso», le assicurò Adrien, passandole un braccio attorno alle spalle e portandola di nuovo in camera. «Voglio aiutare mio padre, in un modo o nell’altro.»
   «Voglio aiutarlo anch’io», affermò decisa lei, andando a sedere sul suo letto.
   «Dovrai farlo per forza», le fece presente il giovane, rimanendo in piedi e curvandosi per guardarla di nuovo negli occhi. «Non valgo niente, senza di te.» Contrariata da quella dichiarazione ingiusta, Marinette aprì la bocca per ribattere, ma lui l’anticipò con un bacio, zittendola all’istante. «Vado a prenderti del ghiaccio», disse poi in tono più dolce, avviandosi verso l’uscita. «Stenditi e non pensarci più. Non stasera.»
   La faceva facile, lui. La ragazza premette la punta di un piede sul tallone opposto e si sfilò una scarpa, poi l’altra, e infine gattonò sull’enorme letto per mettersi più comoda. La fronte le pulsava per il dolore della botta presa, ma questo non le impediva di continuare a ripensare al danno fatto da Nadja Chamack con quell’immagine mostrata alla fine della sua trasmissione: non aveva idea del come e del perché il padre di Adrien si fosse convinto che loro due erano Chat Noir e Ladybug, ma era assai probabile che anche l’annuncio della loro relazione amorosa poteva aver alimentato ulteriormente i sospetti dell’uomo. «Che cosa dovremmo fare, secondo voi?»
   I piccoli kwami la raggiunsero e si adagiarono sul suo petto, ragionando con lei della cosa. «Forse Adrien ha ragione, Papillon potrebbe aver rinunciato ai suoi progetti originari», ipotizzò Plagg, sia pure non del tutto convinto. «C’è da dire, però, che quell’uomo è testardo proprio quanto suo figlio.»
   «Non abbassare la guardia è la prima cosa da fare», stabilì Tikki, d’accordo con il suo compagno. «Ma non preoccuparti per Adrien», aggiunse poi, guardando l’amica con affetto. «Sono certa che è sincero quando dice che non gli importa della cosa.»
   Di quello ne era convinta anche lei. Sebbene lui non glielo avesse detto, Marinette aveva il più che giustificato sospetto che quegli ultimi mesi erano serviti al giovane per realizzare appieno la possibilità che suo padre fosse davvero il nemico contro cui avevano combattuto in passato, e questo doveva aver fatto nascere e crescere in lui la ferma convinzione di volerlo proteggere da se stesso, nel caso Gabriel avesse cercato di tornare sui propri passi e servirsi di nuovo del miraculous della Farfalla per il proprio tornaconto personale.
   Quando Adrien tornò in camera, si stese accanto a lei e le pose il ghiaccio sulla fronte, facendole stringere i denti e serrare gli occhi per il freddo. «Che ti serva di lezione contro la tua goffaggine», la rimproverò bonariamente, circondandole il corpo sottile con il braccio libero per stringerla a sé. «Resti con me, stanotte?» le domandò poi in un sussurro, baciandole l’orecchio.
   «Demone tentatore…» si lagnò Marinette, aggrappandosi alla sua camicia con entrambe le mani e facendolo ridere.
   «Farò il bravo, promesso.»
   «Sei più falso di Volpina.»
   «Ce l’hai ancora con lei?»
   «Ce l’avrò sempre con lei, per averti messo gli occhi addosso.»
   «Allora temo dovresti avercela con una buona metà delle adolescenti francesi.»
   «Non ricordarmelo…»
   «Sei stata tu ad insistere affinché non facessi il tuo nome dalla Chamack.»
   Marinette tacque per un istante, dimenticandosi di colpo dei loro giochi. «Cosa dovremmo fare, con lei?»
   Sentì l’amato inspirare a fondo prima di rispondere: «Beh, potremmo sempre presentarci a casa sua, stanotte, e minacciarla di farle trovare una testa equina nel letto se non la pianta di importunarci.» Lei scoppiò a ridere. «Dici che non è in linea con il nostro essere supereroi?»
   «Più che altro, mi dispiacerebbe per il cavallo», obiettò sincera. «Potremmo però ovviare con la testa di Volpina.»
   Fu la volta di Adrien di lasciarsi andare ad una risata. «Ecco la prima cosa che rinfacceremo a mio padre, quando verrà fuori che è davvero lui, Papillon», stabilì allora. «Nel frattempo, come mi hai consigliato tu stessa qualche mese fa, concentriamoci sul presente», aggiunse poi in tono rilassato, baciando Marinette sul capo con tenerezza e deciso a tenerla stretta a sé per tutta la notte.

Madame Chamack si rigirò nel letto. Era già molto tardi, ma lei non riusciva a prendere sonno nella maniera più assoluta. L’eccitazione che la pervadeva era tale da farle battere il cuore come se fosse stata alle prese con il primo amore: se già il suo programma in prima serata si era conquistato una fetta di pubblico non indifferente, con lo scoop che aveva lanciato appena poche ore prima, e che avrebbe approfondito nel corso della puntata successiva, era certa che avrebbe sbaragliato ogni pallido tentativo di concorrenza.
   E mentre lei si perdeva in queste fantasie, un suono iniziò a propagarsi per la stanza buia, facendola irrigidire e sbiancare di colpo. Si trattava di un fischio, una melodia sommessa che lei riconobbe come uno dei temi principali di un celebre film degli anni Settanta. Qualcuno era entrato di soppiatto in casa sua. Era lì con lei. Il fischio proveniva da un angolo della camera e lei ora stava morendo di paura: era un tentativo di rapina? Di estorsione? Un rapimento? La sua mente viaggiò rapida alla piccola Manon che dormiva nella stanza accanto e il suo istinto materno ebbe la meglio: cercando di non fare alcun rumore, allungò un braccio fuori dal letto e cercò il cellulare lasciato sul comodino. Non lo trovò.
   La melodia si interruppe. «Cerchi questo?»
   La donna si lasciò scappare un grido strozzato, mentre la piantana posta accanto alla finestra veniva accesa, rivelandole l’identità dell’intruso: comodamente seduto in poltrona, le lunghe gambe accavallate, Chat Noir le rivolse un sorriso da schiaffi, mostrandole lo smartphone che le aveva sottratto per precauzione.
   «Che diavolo ci fai, qui?!» gracchiò Nadja, tirando un sospiro di sollievo, nonostante tutto.
   «Abbiamo bisogno di parlare con te», rispose una voce femminile, inattesa al punto che la povera giornalista sobbalzò di nuovo e scattò a sedere sul letto. Ladybug venne fuori dal cono d’ombra in cui si era rifugiata e lei si passò una mano sul viso stravolto da quella sorpresa da infarto.
   «Lo sapete che potrei denunciarvi per irruzio…»
   La voce, provata dallo spavento, le venne meno quando l’eroina in tuta a pois le si fece vicina, porgendole un bicchiere d’acqua con fare premuroso. «Ti chiediamo scusa, ma abbiamo davvero qualcosa di importante da dirti.»
   Madame Chamack li fissò stralunata, ma accettò di buon grado ciò che lei le stava offrendo. «Lasciatemi indovinare… si tratta dello scoop che vi riguarda.» Chat Noir emise un verso che ricordò molto il suono di uno di quei quiz a premi d’altri tempi, lo stesso che annunciava una risposta esatta da parte di un concorrente. «Beh, ormai l’ho annunciato», continuò la donna, come a dire che non avrebbe potuto fare nulla neanche se avesse voluto.
   «Ti faremo un’offerta che non potrai rifiutare», ribatté il giovane, con un marcato accento del sud Italia che fece sospirare la sua collega.
   «Non siete dei criminali, non mi farete un bel niente», lo smentì Nadja, tranquilla, mentre metteva via il bicchiere d’acqua sul comodino. Che avessero o meno fatto irruzione in casa sua, rimanevano sempre i due supereroi di Parigi, pertanto era certa di poter dormire fra due guanciali. «Non vi si vede spesso, ultimamente.»
   «Papillon sembra essere andato in pensione… o almeno è quello che ci auguriamo», le spiegò ancora Chat Noir, dandoci finalmente un taglio con le citazioni cinematografiche. «E grazie al cielo Parigi è tornata tranquilla. Beh, per gli standard di una capitale europea, si intende.»
   «L’ultima volta che siete intervenuti è stato tre giorni fa, quando avete salvato quelle persone intrappolate nella metropolitana a causa di un principio di incendio.»
   «Siamo venuti qui per altro, non per rilasciare un’intervista», volle chiarire Ladybug, portandosi i pugni sulle anche. «E dal momento che sai già il perché, andiamo subito al sodo.»
   Nadja annuì, trovandosi d’accordo con lei. «Tornate a Faccia a faccia», propose allora, pregustando una puntata capace di battere ogni record di ascolti.
   «Sii seria», la pregò Chat Noir, un sorriso paziente sulle labbra. A quella trasmissione lui ci era stato appena poche ore prima, sia pure in abiti civili, ed era anche per questa ragione che continuava a rimanere seduto dov’era: durante la diretta conclusa da poco, Nadja non aveva potuto fare a meno di sottolineare quanto Adrien fosse cresciuto nel giro di una manciata di mesi; non era davvero il caso di farle notare che anche Chat Noir era diventato più alto nello stesso lasso di tempo. Anche perché questo sarebbe andato a confermare che si trattava soltanto di un ragazzino in fase di crescita e ciò avrebbe potuto restringere il campo circa la sua vera identità. «Dopo lo scherzo dell’ultima volta, e con le premesse con cui hai annunciato la prossima puntata…»
   La donna non demorse. «Almeno rispondete a questa domanda: perché mi avete mentito? È chiaro che siete amanti.»
   Marinette arrossì. Molto. Ringraziò la presenza della maschera sul viso e anche la penombra della stanza che l’aiutò a nascondere il suo reale stato d’animo. «Non era una bugia», ribatté subito, sforzandosi di mantenere un tono di voce fermo. «Non siamo amanti.» Ed era vero, dal momento che lei e Adrien non erano ancora arrivati a compiere il grande passo. Entrambi erano consapevoli che sarebbe stata solo questione di tempo, ma a madame Chamack o a chicchessia non doveva interessare.
   «E il video in cui vi lasciate andare a quelle effusioni sulla Tour Eiffel?» volle sapere Nadja, intrecciando le braccia al petto con sguardo indagatore. Era chiaro che non si bevesse quella che a suo avviso era una frottola bella e buona. «E non dite che non eravate voi, siete gli unici in grado di scalarla dall’esterno. In piena notte.»
   Fu Chat Noir, allora, a prendere parola – con grande scorno della sua collega, che andò ad accomodarsi sul bracciolo della poltrona, proprio accanto a lui. «No, dico, ma l’hai vista?» ci tenne a chiedere l’eroe con fare ovvio, squadrandola da capo a piedi. «Solo un pazzo resisterebbe a questa meraviglia.» Ladybug gli pose una mano sulla testa e lo costrinse a ruotarla di nuovo verso la padrona di casa. «E se proprio ci tieni a saperlo, Nadja», continuò lui, come se nulla fosse, «anch’io non sono affatto male», concluse con un occhiolino.
   «Chaton…» sospirò la sua partner, rivolgendogli uno sguardo di bonario rimprovero.
   «Quindi state ammettendo la cosa?» domandò madame Chamack, elettrizzata all’idea di aver avuto ragione sin dall’inizio.
   «Un momento di debolezza sarebbe più che giustificato, visto anche il difficile periodo in cui tutti noi ci siamo ritrovati mesi fa», cercò di farla ragionare ancora il giovane. «Ma… no, non si trattava certo di questo.»
   L’altra corrucciò la fronte, perplessa e si umettò le labbra con la lingua. «E allora cosa diamine stavate facendo? Non mi pare foste alle prese con una partita a carte.»
   «Non possiamo togliere i nostri costumi», tornò a dire Chat Noir, mostrandole come, pur volendo, non poteva sfilare via il guanto dalla mano. «Sarebbe stato comunque inutile provarci, se è questo che stai insinuando.»
   «E quindi? Stavate recitando una commedia?»
   «Era una bieca illusione», sparò d’un fiato Ladybug, anticipando la risposta che senza dubbio avrebbe dato il suo compagno: non erano amanti e quello non poteva essere definito un momento di debolezza per il semplice motivo che loro erano innamorati. Udì Adrien sbuffare sommessamente, ma non se ne curò e proseguì: «Sospettiamo che Volpina sia tornata alla carica.»
   Chat Noir fu costretto a portarsi una mano davanti alla bocca per nascondere la risatina dovuta a quell’affermazione. La trovata di Marinette, in effetti, poteva salvare il fondoschiena di entrambi, ma per lui, che conosceva i retroscena, era piuttosto ovvio che nascondeva del risentimento nei confronti di Lila – forse c’entrava anche il fatto che quest’ultima non avesse accettato le scuse che Ladybug le aveva porto una volta sciolta l’akumizzazione. Possibile che a Marinette ancora non fosse passata? Adrien pregò che alla povera Lila non arrivasse mai alle orecchie quella storia.
   «Mi state dicendo che si tratta di un inganno?» Gli occhi di Nadja adesso erano accesi d’ira, a testimonianza di quanto quella versione dei fatti non soltanto le sembrava una presa in giro, ma soprattutto le bruciava non poco l’orgoglio.
   Ladybug scosse le spalle con noncuranza. «Credi davvero che siamo così stupidi da correre certi rischi, esponendo così pubblicamente la nostra vita privata?»
   «Non commetteremmo mai un’imprudenza del genere», concordò Chat Noir, con una faccia tosta che faceva il paio con quella dell’amata. «Non siamo certo due ragazzini.»
   «Siamo ben consapevoli che i luoghi più importanti della città sono disseminati di telecamere di sorveglianza», insistette lei. «E crediamo che Volpina contasse proprio su questo, per crearci problemi e distrarci da cose più importanti.»
   «E cioè?» domandò ancora Nadja, con evidente scetticismo.
   «È quello che stiamo cercando di capire», riprese Chat Noir, deciso a dar corda alla propria innamorata nella speranza che lei finalmente si rilassasse riguardo a tutta quella faccenda. Sì, perché in realtà a lui non importava se il mondo intero fosse venuto a conoscenza della loro storia d’amore, ma Marinette asseriva che non poteva sopportare che tutti li vedessero amoreggiare in quel modo – soprattutto i loro genitori. «Ma se diffondi quel video, darai risonanza mediatica agli inganni di quella…» Lanciò uno sguardo alla compagna, che tese le labbra e si rifiutò di cadere nel suo tranello, pronunciando l’esatto epiteto con cui soleva definire Lila fra sé e sé. «…bugiarda», risolse di concludere allora il giovane, divertito e ammirato dallo stoicismo di lei, «e questo attirerà l’attenzione generale su di noi, che invece abbiamo bisogno di calma e lucidità per investigare e andare a fondo alla questione.»
   Tacquero, in attesa che madame Chamack dicesse la sua. La videro sistemarsi i cuscini dietro la schiena, contro i quali si adagiò comodamente, e tornare a rivolgere loro la propria attenzione, mentre la sua espressione meditabonda rifletteva il suo rimuginare sulle informazioni appena ricevute. Ladybug e Chat Noir non le avevano mai mentito, questo era un dato di fatto. Perché iniziare a farlo adesso? Senza contare che la storia di Volpina avrebbe anche potuto reggere… se non fosse stato per un piccolo, enorme particolare. «Non dicevate che Papillon aveva smesso di akumizzare le persone?»
   «È proprio quello che ci perplime», rispose prontamente Ladybug.
   «Hai il calendario con le parole del giorno?» s’incuriosì Chat Noir, sottovoce.
   Lei lo ignorò a bella posta. «Per questo abbiamo bisogno di lavorare sul caso senza distrazioni di sorta.»
   «Quel video risale a più di sei mesi fa», insistette la donna, ancora non del tutto convinta.
   «Nadja, sei una giornalista!» tornò alla carica l’eroe in nero, pronto ad imbastire un discorso degno di un foro romano, nel caso fosse servito. «Lo sai che certi piani elaborati richiedono mesi, se non addirittura anni di preparazione! Di sicuro è questo che hanno fatto gli attentatori che hanno devastato la città.»
   «Diffamando la vostra immagine per agire indisturbati?» lo provocò lei, sospettosa. «Anche se volessi credervi, e non è detto che lo faccia, ormai ho lanciato la bomba. Cosa dovrei fare, tirarmi indietro? Ne verrebbe meno la mia credibilità.»
   Anche questo era vero, ragionarono i due ragazzi, scambiandosi uno sguardo vagamente preoccupato. «E… non sarebbe lo stesso, se tu diffondessi delle menzogne?» ci riprovò Ladybug, aggrappandosi a qualunque appiglio le venisse in mente.
   «Allora permettetemi di diffonderle, raccontando quel che mi avete appena detto. Sempre ammesso che sia la verità.»
   «No-no-no-no-no», la fermò subito Chat Noir, sporgendosi in avanti con il busto, i gomiti sulle ginocchia e un sorriso sghembo sulle labbra. Se quella storia fosse diventata di dominio pubblico, allora sì che Lila li avrebbe odiati a vita. Sarebbe stato decisamente meglio non coinvolgerla sin dall’inizio, poverina, e Adrien si ripromise di strigliare Marinette non appena si fossero liberati di Nadja. «Non puoi farlo, salterebbe tutto il piano e le nostre indagini andrebbero a farsi benedire.»
   «Devono rimanere segrete», lo appoggiò Ladybug.
   «Supersegrete.»
   «Segretissime.»
   Madame Chamack li fissò a metà fra indignazione e divertimento. Dovevano essere davvero disperati per ricorrere a quel genere di messinscena. Non era abbastanza palese che quei due fossero una coppia a tutti gli effetti? Bastava osservare il modo in cui Chat Noir guardava la sua collega o quello in cui lei gli sorrideva. Lo aveva già capito durante la prima puntata della sua trasmissione, quando erano andati ospiti in studio e avevano flirtato per tutto il tempo davanti a lei e alle telecamere, pur negando apertamente qualcosa che, di fatto, era piuttosto ovvio. E se pure Alya Césaire, che gestiva il Ladyblog ed era ritenuta la più grande esperta degli eroi parigini, aveva confermato che fra i due non ci fosse nulla più che una collaborazione ed una bella amicizia, Nadja non ci aveva creduto. Dopotutto, cosa poteva saperne una ragazzina, sia pure sveglia come Alya, di come funzionava l’alchimia fisica fra due persone?
   «Datemi un piano B, allora», si arrese comunque a venir loro incontro. Non lo aveva fatto anche per Adrien e Marinette, rimanendo muta come una tomba riguardo alla loro relazione? Beh, sarebbe stato il suo modo di ringraziare Chat Noir e Ladybug per tutto quello che avevano sempre fatto per gli abitanti di Parigi.
   «Potresti dire che si tratta di una trovata di due cosplayer», buttò lì il giovane, spolverando via la questione con un gesto rapido della mano.
   «E su cosa monterei l’intera puntata? Su un gruppo di fan che nemmeno esistono?»
   «Chloé!» esclamò Ladybug, così d’improvviso che Chat Noir sobbalzò e per poco non si mise a soffiare come un gatto vero. «Lei e la sua amica Sabrina sono nostre grandi ammiratrici, lo sai anche tu, visto che una volta le hai sorprese mentre indossavano dei costumi uguali ai nostri…» iniziò a dire la ragazza, esponendo il piano man mano che lo elaborava e non facendo caso al fatto che il suo collega si era portato una zampa alla fronte con aria sconsolata: perché Marinette doveva continuare a complicare la cosa?! Non sarebbe stato più semplice ammettere che si amavano senza dover coinvolgere altre persone?! «Potresti chiedere loro di intervenire in trasmissione per far venire a galla la differenza che c’è tra i fan autentici e i discreditori
   «Buginette, il tuo calendario con le parole del giorno… credo sia tarocco», si limitò a sospirare Adrien, portando pazienza.
   «E dovrei scomodare la figlia del sindaco per questo?» chiese Nadja, l’unica a concordare con lui.
   «Sarebbe una buona occasione per dare un’ulteriore lezione ai diffamatori», insistette Ladybug, ormai lanciata come un treno in corsa. «Mentre Parigi è sotto assedio, questi incoscienti se ne vanno in giro in luoghi pericolosi per gettare fango sulla reputazione di chi invece cerca di proteggerli.»
   Gli occhi di madame Chamack cercarono quelli di Chat Noir, che comprese e, sospirando per l’ennesima volta, annuì. «Buginette», cominciò in un sussurro, ghermendo affettuosamente la mano della compagna ed intrecciando le dita alle sue. Lei cercò di sottrarsi per timore che Nadja potesse capire, ma lui rese salda la presa, costringendola a guardarlo. «Non si è bevuta una sola delle nostre frottole.» La vide irrigidirsi e schiudere le labbra con orrore. «Lasciamo perdere e chiediamole semplicemente la cortesia di non mandare in onda quel dannato filmato, d’accordo?» la esortò il giovane in tono persuasivo. Marinette abbassò lo sguardo e annuì, mortificata come una bambina, e ad Adrien venne voglia di mangiarla di baci.
   «Mi inventerò qualcosa», la rassicurò madame Chamack, comprensiva. Se Ladybug ci teneva tanto a mantenere segreta la loro relazione, un motivo doveva pur esserci. Glielo doveva: quei due avevano salvato sia lei che Manon dalle akuma di Papillon. «Ma voi, per favore», li implorò sollevando gli occhi al soffitto e muovendo le mani in un gesto esasperato, «non fatemi più prendere infarti del genere!»
   «Ancora scusa», mormorò la ragazza, sempre più dispiaciuta e delusa dal fatto che il suo malefico piano fosse andato in frantumi.
   «Grazie, Nadja. La prossima volta verremo a parlarti a quattr’occhi», promise Chat Noir, rimettendosi in piedi e, al contempo, sollevando l’amata fra le braccia per evitare che madame Chamack si accorgesse del divario d’altezza che era sorto di colpo fra loro. Ladybug si aggrappò al suo collo con fare goffo, tremendamente in imbarazzo per quella dimostrazione d’affetto davanti alla donna. «Togliamo subito il disturbo», aggiunse il giovane, prima di lasciarsi andare all’ennesima citazione. «Baciamo le mani.»
   «Oh, siete così adorabili…» cinguettò la giornalista, seguendoli con lo sguardo mentre attraversavano la stanza. Avrebbe voluto far loro una fotografia, benché sapesse di non poterla mostrare ad anima viva, perciò cercò spasmodicamente il cellulare e si ricordò che lo aveva preso Chat Noir. Spostò a propria attenzione sulla poltrona, dove lo smartphone  era stato abbandonato, e subito saltò giù dal letto per recuperarlo. Non fece in tempo a girarsi di nuovo verso il resto della camera che i due eroi erano scomparsi. Sbuffò, portandosi le mani sui fianchi. «Mi hanno tenuta sveglia fino a quest’ora, e mi hanno pure lasciata senza scoop…»

Chat Noir la mise giù solo quando furono al riparo sul tetto di un palazzo anonimo, lontano da occhi, telecamere e orecchie indiscrete. «Tutto bene?» volle sincerarsi, carezzandole il viso. Ladybug gli regalò un’espressione incerta, a riprova che non fosse del tutto soddisfatta di come era andata a finire: non voleva che madame Chamack sapesse, perché la sua indole da giornalista la faceva sembrare ai suoi occhi una mina vagante. Lui le sorrise. «Ha detto che ci coprirà, quindi non fare quel faccino o dovrò davvero ricorrere al mio repertorio per tirarti su il morale.»
   «La tua idiozia è la soluzione per tutto?» domandò a quel punto la ragazza, abbozzando un sorriso.
   «È sempre al tuo servizio, my lady», le diede corda il giovane, esibendosi in un inchino affettato. «Piuttosto, che si fa ora?» domandò poi, tornando dritto con la schiena. «Domani non c’è scuola, perciò… ti va di andare da qualche parte?»
   Ladybug si strinse nelle spalle. «Beh… è già molto tardi…»
   «Se fosse dipeso da me, saremmo rimasti sul mio letto, anziché improvvisarci gangster da due soldi», le rinfacciò Chat Noir, che era stato praticamente costretto dall’amata a fare quell’incursione a casa di madame Chamack.
   Un guizzo negli occhi di Marinette ed il sorriso che lei gli rivolse lo fecero zittire di colpo. «Possiamo sempre tornarci…» mormorò, sollevandosi sulla punta dei piedi per sfiorargli le labbra con le proprie, senza toccarle davvero.
   Adrien rabbrividì, avvertendo un meraviglioso, inebriante calore percorrergli tutto il corpo, fino a concentrarsi in un unico punto. Subito si mosse per avvolgerla fra le braccia, ma la sua innamorata fu più lesta e gli sfuggì, lasciandolo con un pugno di mosche. «Ehi!»
   «Prima dovrai riuscire a prendermi, però!» lo sfidò Ladybug, ridendo e correndo via nella notte. Chat Noir non si tirò indietro e, ripromettendosi di fargliela pagare, subito si mise sulle sue tracce con un unico desiderio nel cuore: che quella complicità e quella passione non venissero mai meno.












Stavolta è finita sul serio. Dubito ci saranno eventuali sequel o semplici shot a chiusura della vicenda.
Ci tengo a precisare che l'ultima scena, quella che chiude l'epilogo e l'intera storia (dove Chat Noir si tuffa all'inseguimento di Ladybug), nasce da un'idea di Florence, che mi ha dato il permesso di usarla e riscriverla a mio piacimento. Per questo, e per essermi stata di grande aiuto per tutta la seconda parte della long con la sua amicizia e i suoi incoraggiamenti, la ringrazio dal più profondo del cuore.
Forse per questo finale vi aspettavate qualcosa di diverso, ma volevo occuparmi anche di Nadja e del suo rapporto con i due protagonisti, sia nelle vesti di Adrien e Marinette, sia in quelle di Chat Noir e Ladybug. Inoltre, parlandone con Florence, mi era venuta in mente questa cosa de Il Padrino e ci avevamo riso su insieme, senza però prenderla sul serio. Alla fine, nella mia infinita idiozia, non ho potuto resistere alla tentazione e, come ho detto anche a lei, se non ho messo un gatto in braccio a Chat Noir durante la scena in camera di Nadja è solo perché un gatto lo è già di suo, e non mi pareva il caso che si accarezzasse da solo davanti a madame Chamack e Ladybug - come minimo, sarebbe scattata una denuncia da parte della giornalista.
La prima parte dell'epilogo, invece, riprende il personaggio di Gabriel e il suo rapporto con Adrien. Giuro che l'ho scritto settimane prima della messa in onda dell'episodio Gorizilla (e d'altra parte avevo comunque già annunciato che non avevo ancora finito di parlare di lui), quindi eventuali similitudini non sono assolutamente volute (ma permettetemi comunque di gongolare all'idea di averci in parte preso, almeno nella caratterizzazione dei due). Forse Adrien potrebbe sembrare un po' troppo trallallero, riguardo alla possibilità che suo padre sia Papillon, ma in generale a me pare che per indole lo sia un po' di suo per buona parte della serie (ultimo esempio: non ha battuto quasi ciglio davanti alla prospettiva di scorrazzare in giro per la città con una Marinette in pigiama e/o di travestirsi con lei in modo più o meno assurdo pur di passare inosservato). E poi tocca ricordare anche che sono passati più di sei mesi, da quando è stato sfiorato per la prima volta dal sospetto di essere figlio di Papillon, quindi Adrien dovrebbe aver avuto tutto il tempo per far sua questa possibile verità.
Questione OoC e Rating. Mi avete detto che per il primo non avevo bisogno di preoccuparmi, tant'è che ho già tolto da tempo l'avvertimento. Ma del rating arancione cosa mi dite? Trovate sia esagerato o lo lascio lì dov'è? Non mi pare di essere mai scesa in particolari cruenti o in qualche modo disturbanti, ma resta il fatto che la sensibilità di uno non è uguale a quella di un altro. Sappiatemi dire se devo o meno abbassare il rating a giallo, per favore.
In conclusione, lasciatemi dire che il maggior merito di questa storia è vostro. Non credo sia nulla di eccezionale, ma per me lo è il fatto di essere riuscita a portarla a termine (sono una recidiva delle long lasciate in sospeso, purtroppo). Pertanto lasciate che ringrazi tutti voi che avete letto l'intera storia, chi in silenzio, chi manifestando o meno il proprio apprezzamento e/o eventuali critiche. Un grazie speciale va a chi ha avuto appunto la gentilezza di lasciarmi la propria opinione in uno o più capitoli: sappiate che siete stati preziosissimi e che se sono riuscita a credere di poter dare una conclusione a questa long è soprattutto merito vostro.
Detto questo, penso di potermi infine accomiatare da Limiti. Non da voi, però, perché sono già alle prese con una nuova storia (sì, è una minaccia).
Vi abbraccio tutti di vero cuore e, per l'ennesima volta, GRAZIE per essermi stati vicini.
Shainareth





  
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