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Autore: Feles 85    21/03/2018    7 recensioni
Il povero Signor Colasanti si troverà ad affrontare una terribile veglia funebre: la sua.
[...]Cosa sta succedendo?
  Tento di strizzare le palpebre, ma non succede nulla. Provo a girare il collo, ad alzare la mano destra, ad animare il mio alluce ma nessun muscolo accenna a muoversi e rimango così, rigido come un bastone lanciato per terra. Un sottile senso di angoscia comincia a salirmi in gola: non posso muovermi! Cosa mi è successo? Sono prigioniero delle mie vecchie ossa e della mia pelle, ormai avvizzita dai miei ottantacinque anni suonati. Nemmeno le palpebre posso muovere, che rimangono spalancate e rigide, nemmeno le pupille, che rimangono fisse a guardare avanti [...]
Genere: Comico, Commedia, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È davvero così buio che per un po', non saprei dire quanto, credo di essere ancora svenuto. Poi, piano piano, mi sovviene che le persone prive di sensi non hanno la percezione di movimento nel buio, accompagnate da uno scricchiolio sottile, ritmico, che può essere solo il cigolio del legno. Fiuto un aroma dolciastro, come di rose troppo aperte, di quelle stanno quasi per appassire. Non è incoscienza: c'è qualcosa di troppo... troppo razionale in queste sensazioni perchè siano un sogno. Sento un' eco di passi che procedono sul mio pavimento di marmo e si avvicinano rapidamente. Poi, ancora un irritabile cigolio, di una porta dai cardini poco oliati ed ecco che erompe addosso a me una luce bianca, luce accecante, come il sole che buca le nuvole d'inverno.

Cosa sta succedendo?

Tento di strizzare le palpebre, ma non succede nulla. Provo a girare il collo, ad alzare la mano destra, ad animare il mio alluce ma nessun muscolo accenna a muoversi e rimango così, rigido come un bastone lanciato per terra. Un sottile senso di angoscia comincia a salirmi in gola: non posso muovermi! Cosa mi è successo? Sono prigioniero delle mie vecchie ossa e della mia pelle, ormai avvizzita dai miei ottantacinque anni suonati. Nemmeno le palpebre posso muovere, che rimangono spalancate e rigide, nemmeno le pupille, che rimangono fisse a guardare avanti.

Se sono morto perché sono inchiodato qui? Che ne sarà delle mie belle maioliche, del mio vasellame pregiato? Vorrei muovermi, uscire da qui! Uscire? Uscire sì, ma da dove?

A questa domanda, il silenzio si fa strada nella mia mente. Mi sforzo di capire, di vedere dove diamine sono disteso. Posso solo guardare fisso davanti a me e adesso mi rendo conto che quella luce abbacinante, che era comparsa poco fa, si è attenuata. Ora posso distinguere qualcosa.
Con la vista laterale, l’unica cosa concessa ai miei occhi fissi, mi accorgo di essere circondato da tre piccole pareti scure che incombono sulla mia testa. È come se fossi riposto in uno scatolone e ci potrei anche credere se non fosse che queste pareti sono imbottite, gonfiate da cuscinetti di raso.

Dio del cielo! Sono in una bara! Sono morto, dunque?

I rumori aumentano, sento un chiacchiericcio sempre più presente. Attorno alla mia bara distinguo ora le voci di tre persone. Due di queste le conosco, oh se le conosco! Carmelina e Antonella, le mie care nipotine! Due vecchie, acide e zitelle, arpie di circa sessant'anni ciascuna, ma sempre di nipotine si tratta. Sono sempre state simili, sebbene non siano gemelle, ed ora il loro tondi faccioni incombono lapidari su di me. Ora che ci penso era un po' che non si facevano vive... mesi, anni! Ed ora eccole qui ad avventarsi come avvoltoi sul fero pasto!

Maledette! Vogliono l’eredità, le due streghe! Concupiscono la mia pregiata tappezzeria del’700! Provo con un supremo sforzo di muovere i piedi e le mani ma nulla!

C’è qualcosa di beffardo in tutto ciò! Sono morto e non posso fare nulla, né controllare il mio corpo né infestare la mia casa. Non potete capire quanto sua frustrante essere morti e non poter nemmeno fare il fantasma, specie se ti tocca assistere all'indecente saccheggio della tua roba, accumulata indefessamente in decenni! Non mi sono persino spostato per conservare intatte le mie sostanze! Ed ora mi tocca assistere impotente a questo scempio! Aiuto!

Chi si prenderà cura della mia maestosa villa liberty? Queste due sciagurate sperpereranno tutti i miei averi in vestitini, barboncini e sale da té, ne sono sicuro!

Sento che stanno chiacchierando con un uomo che non conosco. Chissà chi è... spero che non sia l'ennesimo parente lontano venuto a mangiarsi la mia roba!
Un’ombra si stende sopra la mia faccia, come una nuvola peregrina copre il sole estivo: si china un volto che annulla parte delle mie domande. Appartiene ad un pingue giovanotto sulla trentina di anni, con un ciuffo color carota, due occhi piccoli, scuri, un po' porcini, abbigliato con un camice bianco. È il conciamorti! Mi poggia qualcosa sulla fronte, una sorta di crema, piutosto solida e fresca, che comincia a spalmare portandola poi sulle mie guance incavate e poi sul viso intero.
«È un bellissimo cadavere!» commenta ilare il giovanotto, mentre sfrega energicamente le sue dita grassocce su tutta la mia faccia.
Un momento... sento distintamente le sue mani guantate sfregare sopra la mia pelle molliccia! Sento la freschezza e la consistenza del cerone che mi sta applicando sulla faccia! Sento persino l’olezzo di borotalco che proviene dalle sue dita! Questo significa che sono vivo!
Urlo, o meglio tento di farlo, invano: le mie labbra non si muovono e dalla mia gola non esce nessun suono. Mi sforzo, quasi torturo la mia gola, ma niente. lo sprovveduto ragazzone rifinisce poi il tutto spolverandomi della cipria sugli zigomi, per colorire il mio incarnato, commentando allegramente che non sarà necessaria l'applicazione di una grande quantità di trucco, perché, ribadisce, questo è un bellissimo cadavere. Ossia io sarei un bellissimo cadavere!

SONO VIVOOOOO, provo ad urlare, ma niente.

«Si sbrighi, signor Caruso, che manca poco alla veglia del nostro caro vecchio zio.» cinguetta mielosa Carmelina.

Sordida sanguisuga! E tu, screanzato, vattene!

Cerco di levarmelo di dosso, spingendolo via da me con le braccia, ma queste non si muovono, restano immobili, non posso fare nulla. Sento una porta spalancarsi e una voce di donna riprendere il ragazzone pel di carota, avvertendolo che, sì, adesso è giunta l’ora della veglia, mentre questo mi sta pizzicando una guancia, divertito dal fatto che la pelle è elastica e compatta. Vorrei urlare a questo scostumato che non sono morto, che non voglio essere murato vivo a marcire al cimitero.
Il solo pensiero di essere sepolto vivo mi fa raggelare e così raccolgo tutte le mie forze per urlare «SONO VIVOOOOO».Questa volta però, qualcosa accade: dalla mia gola esce un ronzio soffocato. Al sentire questo, il pel di carota sobbalza, si guarda attorno come a cercare una zanzara o un insetto. Poi mi lancia un’occhiata perplessa e, per un istante, m'illudo che abbia capito la mia condizione e mi salvi dal mio fato. Ma con mio sommo sgomento, decide di uscire dalla stanza lasciandomi solo, impotente nei confronti del mio stesso corpo. Tutto il mio sforzo sovrumano è stato vanificato.

Passa un po' di tempo in cui l’unico rumore che sento è il trillo dei grilli dalla campagna su cui sta calando il buio. Devono aver lasciato la finestra aperta, perché ogni tanto sento l’odore del grano tagliato di fresco, nell’aria umida. Mi sovviene che è giugno inoltrato e che qui in Salento il caldo estivo non scherza. Per fortuna che è sera e la calura del giorno si è attenuata, sennò così immobilizzato in mezzo al raso, annegherei nel mio sudore!
Finalmente la porta si spalanca di nuovo e il rumore di una trentina di piedi invade il vano, che presumo essere la mia stanza, e si dirige attorno a me. I proprietari dei piedi si dispongono intorno al mio feretro di raso. Ai due lati riesco ad intravedere le mie due nipoti, Carmela ed Antonella, vestire di nero, con la veletta, che come due sfingi a guardia del feretro mi tengono gli occhi addosso. E poi, cercando di simulare un’espressione compìta, cominciano a disporre attorno alla bara corone di crisantemi bianchi. Mia sorella Pina accende i rossi ceri votivi, illuminando la sala adombrata con un lugubre lucore. Chissà se verrrà il prete stasera, si chiede la mia vecchia cugina Maria Pia.
Sul lato sinistro, invece riesco a visualizzare mio fratello e il mio vicino di casa, Cesare, un rudere più vecchio di me che di mestiere faceva il medico.
Maria Pia, dopo avermi fissato in silenzio, ad un certo punto chiede a Cesare il perché non mi avessero fatto l’autopsia. Quasi non mi viene un colpo!

Brutte stregacce zozze! Avete fretta di seppellirmi ed ingozzarvi dei miei averi! provo a urlar loro, ma le mie labbra non si muovono. Solo le mie corde vocali emettono un vago ronzio, ma nessuno sente perché sono troppo impegnati in questa assurda conversazione. Povero me... Sento che sto per toccare l’esasperazione!
Qualcuno chiede anche chi mi abbia dichiarato morto. Ed è stata mia sorella a rispondere a queste domande, dichiarando che era stato proprio Cesare, il mio vecchio vicino di casa e medico; morte per infarto, aveva sentenziato, un infarto dovuto, probabilmente, al fatto che fumassi come una ciminiera. Poi apprendo che erano state Antonella e Carmela a non voler attuare un’ autopsia...

Carogne!

Vedo il loro ghigno mal celato! Hanno proprio fretta di sigillarmi nel mausoleo di famiglia!
In questo momento è arrivato il prete, intenzionato a prendere parte a questa grottesca veglia. La veglia di un vivo, intrappolato nel suo corpo.
«Dove l’avete trovato, oggi pomeriggio?»chiede con rispettoso ossequio il religioso.
«Sotto il sole, vicino al vaso dell’agave. Povero, povero zio! L’ha colpito un infarto fulminante... del resto, uscire con il sole di mezzogiorno, alla sua età, è pericoloso.» risponde Carmelina, perfida.

Ora ricordo... stavo innaffiando le piante, quando tra le foglie spinose dell’agave ho visto lei! 'a taranta! Lei, che è più leggenda che realtà! Più mito che Storia! Non l’avevo mai vista in tutta la mia vita, e sì che in gioventù ne ho viste di donne che ballavano indiavolate per giorni, dopo essere state morse da < i>lei. Come un sonnambulo, ho allungato le mie vecchie dita verso il ragno e poi, il buio.
Mi ha morso la tarantola!
Al primo “De Profundis” comincio ad agitarmi sul serio.

Non mi avrete mai!

Sento uno strano formicolio alle dita, intrecciate sul petto. Forse la paralisi si sta allentando. Concentro tutte le mie forze sui muscoli del collo, del busto. Che fatica! Ma qualcosa si muove, non sono più un pezzo di legno.
Ecco che inizia il rosario, con le vecchiacce intente a sgranare le loro coroncine.

Oddio, no! La veglia no!

Sforzo tutti i mei muscoli per sentire il sangue che mi scorre dentro le vene. Comincio a sudare: tutti quei ceri vicini mi stanno facendo avvampare... del resto si chiamerà camera ardente per un motivo, no?
«Perché lo zio ha la fronte bagnata?»chiede Antonella, accorgendosi del mio sudore.
Il brusio delle preghiere s’interrompe e tutti cominciano a dire che nessuno ha bagnato la fronte dello zio.
«Non scherzate!» soggiunge scomposta Carnelina «Non vorrete farmi credere che gli si è bagnata da sola, la fronte!»
Una sensazione di sadico trionfo comincia a farsi largo nel mio animo... ah, come vorrei sghignazzar loro in faccia! Allora, concentro gli sforzi nella gola ed emetto un sibilo po’ più deciso.
Ora la platea è impietrita. Sarà un effetto del post mortem, prova a dire Cesare.
Adesso sì che il mio respiro è evidente... vedo abbassarsi e alzarsi il petto. Tutti hanno gli occhi fissi su di me.
Un altro sforzo, un altro ancora e un formicolio mi solletica le guance, il collo e le mani.
Ed ecco, dirigo tutti i miei sforzi nel girare la testa verso quelle due arpie e, come se si fosse spezzato un incantesimo, riesco a farlo, puntando lo sguardo verso le donne con uno scatto repentino. Le due streghe rimangono impietrite, il loro volto passa dallo sgomento ad un immenso, genuino, orrore.
So che un ghigno saturnino si sta disegnando sulla mia faccia; un altro sforzo titanico e la mia bocca raggrinzita si apre come un quadrato nero e ora «AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHH» urlo come uno spettro nel vento.
Tutti cominciano ad urlare a loro volta, le sedie cadono, alcuni ceri si ribaltano e i convitati, cozzando gli uni contro gli altri, si danno alla fuga per la porta d'ingresso della camera ardente.
In un battito di ciglia, tutti sono scomparsi dalla stanza, tutti tranne Cesare che mi fissa ammutolito.
Poi si batte la fronte ed esclama «Ecco cosa avevi! Paralisi momentanea! Perdonami, Luigi, alla mia età, la memoria gioca brutti scherzi.»

Gli lancio addosso la corona funebre.
   
 
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