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Autore: La Polly    22/03/2018    4 recensioni
Momenti quotidiani di una psicologa alle prese con gli eroi più forti della Terra.
[Raccolta di one-shots collegata a "And then I met you"]
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'E poi ho incontrato te'
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Prompt: Wanda ha un incubo su Pietro e bussa alla porta di Denise in piena notte.
 


Le persone piangono non perché sono deboli, ma perché sono state forti per troppo tempo.
 
 
 
«Non lasciarmi, ti prego! Ho bisogno di te! Pietro! Pie-»
Wanda si svegliò di soprassalto, scossa da quell'incubo che l’aveva fatta agitare e piangere nel sonno.
C'era un silenzio quasi innaturale nella stanza, un silenzio rotto solo dai suoi respiri colmi d'affanno e dal battito furioso del suo cuore.
Era solo un incubo – pensò, stringendo il lenzuolo, ma quel lampo di realizzazione non la tranquillizzò affatto e nel giro di pochi secondi le lacrime ripresero a scorrere lungo il suo viso delicato, confondendosi con il sudore che le imperlava la pelle.
La ragazza portò le mani fra i capelli, prima di stringerli con forza.
Erano passati diversi mesi dalla morte di Pietro, eppure quel dolore non voleva saperne di lasciarla in pace – provocandole sensi di colpa che a volte le avevano fatto desiderare di essere morta al posto del fratello.
Le immagini di quell’incubo la fecero piangere ancora di più – perché lui era morto davanti ai suoi occhi, in una pozza di sangue che si era espansa a macchia d'olio sul pavimento e sotto i suoi piedi.

Era soltanto un brutto sogno.

Avrebbe tanto voluto che fosse così – che fosse soltanto un brutto sogno – invece quella era la triste realtà: Pietro era morto davvero e lei non avrebbe mai più potuto abbracciarlo.

Se solo non ci fossimo alleati con quel mostro…

Ma ormai i “se” non contavano più – e forse non avevano mai contato, in fondo.
Allora perché non riusciva a smettere di pensare a quell’eventualità? Perché non riusciva a darsi pace?

Perché non vuoi darti pace. Perché sai che in un certo senso Pietro è morto anche per colpa tua.

Quel pensiero le mozzò il fiato – un groppo alla gola sempre più stretto e fastidioso che la fece annaspare.
Il cuore prese a batterle ancora di più, con così tanta forza che per un attimo la portò a credere che le sarebbe scoppiato nel petto.
Quello era il principio di un attacco di panico – lo sapeva perché non era la prima volta che le succedeva. Ma in quel momento non c'era Pietro e nemmeno Clint – che con le sue parole fredde, ma non per questo meno incoraggianti, l'avevano fatta reagire come mai nessun'altro.
Wanda provò a calmarsi, cercando di riprendere il controllo del suo respiro. Era in un bagno di sudore freddo che la faceva rabbrividire, ma non si arrese – lei era più forte.
Solo un manciata di minuti dopo riuscì nel suo intento, tuttavia non si sentì affatto meglio – la testa le faceva ancora male e una sensazione di spiacevole torpore si era impossessata del suo corpo.
Un’idea le attraversò il cervello e senza attendere oltre scese dal letto, incamminandosi poi in direzione della porta.
Una volta fuori, si diresse con passo leggero verso la stanza dell’unica persona con cui – ne era più che sicura – avrebbe potuto parlare anche a quell'ora della notte.

****

Denise aveva da poco chiuso gli occhi, complice l'ennesimo libro, quando sentì bussare alla porta della sua camera. All'inizio pensò che fosse solo frutto della sua immaginazione – chi avrebbe mai potuto presentarsi a quell'ora della notte? – ma dovette ricredersi, quando quei colpi leggeri non cessarono.
La donna, sempre più stranita, accese la lampada del comodino, poi posò i piedi scalzi sul pavimento freddo – che la fece per un attimo rabbrividire.
Quando fu a un passo dalla porta, l'aprì senza esitazione e in quell'istante il viso sconvolto di Wanda entrò nel suo campo visivo.
La ragazza però non disse nulla – anche se i suoi occhi arrossati dal pianto parlavano chiaro.
«Tesoro, che succede?» le chiese, con una dolcezza che nascose per un attimo la sua preoccupazione.
«Io… non…» pronunciò con fatica quelle poche parole – la voce impastata dall'angoscia e dalla paura. Conosceva benissimo quelle due sensazioni, ma Wanda non lo sapeva – non ancora.
«Scusa, non dovrei nemmeno essere qui. Ti avrò sicuramente svegliata. Mi dispiace» disse, abbassando lo sguardo.
«Non ti preoccupare. Dimmi cosa c'è che non va» la rassicurò lei, sfiorandole il viso in un carezza colma di conforto.
Wanda, a quel contatto, sussultò – ma contro ogni aspettativa non si allontanò da lei.
«Ho sognato Pietro.»
Denise non ne rimase affatto sorpresa, perché durante le loro sedute spesso le aveva confidato di aver sognato suo fratello – ma mai prima d'ora si era presentata davanti alla porta della sua stanza in piena notte per parlargliene, quindi doveva esserci dell'altro.
«Entra, tesoro.»
La ragazza la seguì senza dire nulla e una volta ai pressi del letto, la donna le fece cenno di accomodarsi.
«Allora, raccontami tutto» la incitò, dopo essersi seduta al suo fianco.
Wanda parve esitare per un secondo, poi iniziò a parlare: «Ero nella nostra vecchia casa – la casa dove abbiamo vissuto fino alla morte dei nostri genitori».
La ragazza si fermò per un attimo in cui iniziò a torturarsi le mani. Denise sapeva quanto il ricordo di quella casa le facesse ancora male – gliene aveva parlato spesso e ogni volta aveva trattenuto a forza le lacrime.
«Hai notato qualcosa di diverso? C'era un dettaglio che ti ha fatto capire che era soltanto un sogno?» le chiese con cautela.
Wanda scosse la testa, guardandola, per la prima volta da quando era entrata nella stanza, dritta negli occhi.
«No, nulla, era esattamente come la ricordavo – forse anche troppo. Però c’era qualcosa di strano nell'atmosfera, non so come spiegarlo…»
«Non importa, tranquilla. Dopo cos'è successo?» le domandò ancora, posando la mano destra su quella della ragazza.
«Ho sentito come una folata di vento più forte delle altre. Proveniva da quella voragine nel pavimento in cui sono morti i miei genitori. All’inizio non volevo avvicinarmi, ma era come se non possedessi più il controllo del mio corpo, così nel giro di pochi secondi ero a qualche passo dal bordo, poi ho gettato un'occhiata all'interno. A un certo punto ho perso l’equilibrio e ci sarei caduta dentro, se-»
Denise la vide chiaramente sussultare, nel momento in cui s'interruppe di colpo. Aveva intuito cosa stava per dire, e non solo perché i suoi occhi si erano di nuovo riempiti di lacrime.
«Se…?» la incitò la donna, stringendole con delicatezza la mano per trasmetterle quanto più conforto possibile.
«Se Pietro non mi avesse afferrata.»
 
****

Non fu affatto facile per lei dirlo, perché il ricordo di quel brutto sogno era ancora vivido nella sua mente e faceva male.
La mano della dottoressa Cooper era ancora stretta alla sua. Mai prima d'ora – a parte i suoi genitori e Pietro – qualcuno aveva azzardato un contatto fisico così spontaneo con lei, ma Denise era diversa, perché non la temeva, non la guardava con sospetto. Neanche gli altri lo facevano, ma con loro era tutta un'altra storia, perché era stata dalla parte del nemico, quindi per conquistare la loro piena fiducia avrebbe dovuto lavorarci sopra ancora un po'.
«Poi cos'è successo? Cos'hai provato quando lo hai visto?»
La ragazza prese un altro bel respiro, cercando con tutta se stessa di non mettersi di nuovo a piangere – odiava mostrarsi debole e indifesa di fronte agli altri.
Cos'aveva provato quando aveva visto il suo amato fratello? Difficile capirlo, ancora più difficile esternarlo – nonostante fosse andata lì di sua spontanea volontà.
«Quando ho percepito quella stretta ho subito capito che si trattava di lui, così mi sono girata e l'ho visto. Come sai non è la prima volta che mi capita di sognarlo, però era tutto molto più reale, come se fosse stato davvero lì davanti a me, infatti sono balzata all’indietro, spaventata, e lui mi ha sorriso…»

«Che c'è, sorellina? Hai forse visto un fantasma?»

Così le aveva detto, con quel suo tono di voce ironico, lo stesso che aveva usato spesso per prenderla in giro – ma non lo disse a Denise.
«Ti ha detto qualcosa in particolare?» le chiese la donna, senza smettere di guardarla negli occhi.
Sì, lo aveva fatto – ma se solo pensava a quelle parole si sentiva male.
Wanda abbassò di nuovo lo sguardo e sentì chiaramente gli occhi riempirsi di lacrime – sapeva benissimo che non sarebbe più riuscita a trattenerle.
«Tesoro, so che non è facile e di certo non posso e nemmeno voglio forzarti a parlare. La decisione spetta a te. Sei una ragazza molto forte, l'ho capito subito, sai? Come ti ho già detto durante la nostra prima seduta, non devi vergognarti con me, perché non sono qui per giudicarti. Quindi piangi, urla – anche se forse a quest'ora non è il caso – sfogati se e come vuoi. Io sono qui con te.»
Wanda la guardò sorpresa. Nessuno le aveva mai detto una cosa simile, nessuno che la conoscesse da così poco tempo, e non era solo perché lei stava facendo il suo lavoro, no – lo aveva capito fin da subito – ma perché voleva aiutarla davvero, indipendentemente da quello.
Quelle parole e il suo sorriso incoraggiante la spronarono, così, dopo averle rivolto un'occhiata colma di gratitudine, parlò: «Mi ha detto che gli manco e che non devo sentirmi in colpa per la sua morte. Mi ha anche detto che lui sarà sempre con me, nel mio cuore».
Era stato tutto così dolorosamente bello in quel momento, perché si era sentita un po' più serena. Se solo quell'incubo fosse finito lì…
«Però non è tutto...» aggiunse, prendendo un bel respiro, poi proseguì: «Lui mi ha detto di abbracciarlo e io non me lo sono fatto ripetere due volte. Stavo per farlo, quando all'improvviso… io me ne sono accorta troppo tardi, non-»
Il dolore la colpì di nuovo dritta al cuore e crebbe dentro di lei come un fiume in piena. Si coprì gli occhi con entrambe le mani e le lacrime ricominciarono a scorrere sul suo volto – bruciavano come lava incandescente.
Nel momento in cui le mani di Denise si posarono sui suoi polsi e le scoprirono il viso, Wanda sussultò, colta alla sprovvista.
All'improvviso le parole uscirono dalle sue labbra senza il suo più totale consenso – ma forse era meglio così, forse era quello che sarebbe dovuto succedere fin da subito.
«Stavo per abbracciarlo, quando dei colpi di mitragliatrice hanno interrotto quel momento e Pietro è caduto a terra davanti ai miei occhi, in un lago di sangue. Morto, come se non lo fosse già stato. Assurdo, vero?»
Quella fu l'ultima cosa che disse, prima che la donna l'attirò a sé e la strinse fra le sue braccia.

****

Denise l'aveva abbracciata, non aveva potuto farne a meno. Perché? La risposta era soltanto una: sapeva cosa si provava, sapeva cosa significava fare un incubo simile – lei ne aveva fatti tanti in quei ventotto anni. Il cuore le si era stretto in una morsa dolorosa quando le aveva raccontato quel triste e orribile epilogo. Non sapeva come la ragazza avrebbe potuto reagire a quel gesto, ma lei aveva deciso di rischiare. Wanda non ricambiò quell'abbraccio, era ancora troppo presto, però posò il viso sulla sua spalla e quando Denise la sentì distintamente singhiozzare, le accarezzò lentamente i lunghi capelli.
«Era soltanto un brutto sogno, tesoro. Nulla di più. Non lasciarti abbattere, tu sei più forte» le disse, con una dolcezza quasi materna.
«Grazie, Denise.»
Quelle due semplici parole le scaldarono il cuore.

Da quel momento – quella notte – il loro legame si rafforzò ancora di più.
   
 
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