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Autore: steffirah    22/03/2018    3 recensioni
Sakura va avanti con la sua quotidianità, convinta di avere già tutto ciò di cui ha bisogno, nonostante sembri esserci un piccolo vuoto da riempire nella sua vita. Prova a farlo acquistando un libro per bambini, cercandovi una risposta, ed effettivamente sarà proprio esso a dargliela, facendole conoscere l’amore. Così nel corso di un anno, a partire da un incontro avvenuto casualmente in un treno, capirà di aver finalmente trovato quel pezzo che le mancava.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Un po' tutti | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Finally that day

 
La convivenza con Kero-chan si è dimostrata più ardua di quanto avessi immaginato. Non per mio padre – lui ne è parso entusiasta, anche perché questo sarebbe il nostro primo animale domestico (escludendo un passerotto di cui si occupava la mamma) –, ma per il quanto mangia! C'è il rischio di finire in bancarotta!
Questo piccolino si ingozza quanto una persona e non sono sicura che ciò possa fargli bene!
Sebbene abbia spiegato le mie preoccupazioni a mio padre, lui m'ha risposto che l'unica cosa che potrebbe accadere è che diventi talmente grasso da non riuscire a muoversi. E se diventasse grande e grosso come il gattobus di Totoro?!
Ahimè, purtroppo non ho alcun controllo sulla quantità di cibo che ingurgita. Un micio goloso era proprio ciò che ci mancava. La cosa peggiore è che sembra particolarmente attratto dai dolci e sono convinta che quelli non possono giovargli alla salute.
Dall'altro lato il suo arrivo in famiglia è stato utile a rallegrare gli spiriti, portando anche a numerose visite. Soprattutto di Chiharu-chan, la quale ha approfittato delle ripetizioni per poter giocare con lui – sì, abbiamo la conferma che si tratta di un maschietto!
Grazie a ciò Chiharu-chan è migliorata molto, quindi è una presenza del tutto positiva. Tutte le mie amiche più care sono venute a casa per conoscerlo e una sera in videochiamata l'abbiamo introdotto anche ai membri lontani della famiglia. Touya ha storto un po' il naso, guardandolo con diffidenza, ma sono sicura che quando si troverà a venire lo troverà simpatico. È un giocherellone dormiglione.
In effetti, mangia, gioca e dorme. Ogni tanto miagola lagnoso, soprattutto quando tardiamo a dargli la pappa. Altre volte lo fa in maniera stridula, affrettata, e allora capiamo che desidera uscire per fare i suoi bisogni. È un gatto abbastanza pulito, la lettiera gliel'abbiamo messa all’esterno, vicino al muro laterale della casa, e viene pulita regolarmente da papà. Potrei farlo anche io, ma a quanto pare si tiene impegnato col gatto. Fa praticamente tutto lui.
Oh, inoltre Kero-chan è già diventato una star! Ogni volta che ci vediamo Tomoyo-chan gli fa indossare un fiocchetto colorato con una piccola medaglia dorata in cui è incastonata una pietruzza rossa. E lo riprende con la videocamera qualunque cosa faccia: fusa, dormire, rotolarsi sul tappeto, schizzare come un razzo da una zona all'altra del salone, saltare sui mobili, farsi le unghie sul legno (questo è un vizio orribile che deve togliersi), srotolare la lana, inseguire cose invisibili, giocare con me, leccarmi e così via. Ovviamente tutto ciò è intervallato da prove, tante, tantissime prove... Fino al giungere del giorno tanto atteso.
Ed ora eccomi qui, a gustarmi questo momento. Oggi sono una sposa, una sposa colorata come un dipinto espressionista.
Tomoyo-chan mi ha fatto indossare prima l'abito che richiede più tempo, quello più lungo, ampio e vaporoso. È difficile descrivere una simile meraviglia.
Sullo stile di un jūnihitoe di epoca Heian si compone di vari strati, in ordine dall'interno: rosso ciliegia, verde lime, giallo buccia di limone, rosa acceso, rosso carminio con decorazioni astratte d'una tonalità più chiara e infine violetto. La fusciacca che funge da obi è della stessa tonalità di rosa con al centro un nastro magenta e stringe sulla vita altri due pezzi di stoffa che dalle ascelle mi si aprono sui fianchi, fino a metà coscia, creando due piccoli ventagli arricciati della stessa stoffa rosso cremisi, ma con ricami floreali, bordi dorati e cuciture verdi. Inoltre, la parte superiore non è come la ci si potrebbe aspettare, in quanto lo scollo è a barca e si compone di questa stessa stoffa rossa, con il lato che parte da sinistra incrociato sopra il petto a destra, mentre all'altezza della spalla sinistra c'è un tipico nodo cinese legato da un cordone d'oro.
I capelli mi sono stati raccolti ad eccezione della frangetta e nascondono una treccia al di sotto di lunghe ciocche colorate.
Per quanto riguarda il make-up, Tomoyo-chan mi ha semplicemente incipriato il viso rendendomelo più chiaro, ha allungato gli occhi con il kajal, fatto un doppio passaggio di mascara e dipinto le labbra di rosso, a forma di bocciolo di rosa. Poi è fuggita via per aiutare anche Syaoran-kun e ora sono dietro alle altre ragazze, in attesa di salire in passerella. Sono tutte bellissime e nei loro abiti sto ritrovando tutti gli stili possibili e immaginabili, di varie epoche e nazioni. Devo riconoscere che gli stilisti hanno una fantasia senza limite.
Parlo per un po' con le altre ragazze, sottovoce perché intanto l’evento è cominciato e alcuni modelli già sono saliti in passerella. Questa volta ci troviamo in una sala in cui si tengono molte sfilate importanti, per cui quando siamo arrivati era già tutto bell'e pronto e non hanno neppure voluto che facessimo delle prove, sicuri al cento per cento che il risultato sarebbe stato in ogni caso buono. In sala i posti a sedere, ovviamente, sono il triplo di quelli che abbiamo visto finora, ci sono bagni su due piani e cinque uscite di emergenza. Tra l'altro, stavolta sono presenti fotografi professionisti, giornalisti e probabilmente telecamere di un canale di moda. Almeno queste sono le voci eccitate che girano dietro le quinte. Il che non fa che alimentare il mio nervosismo. Ma d'altro canto, ciò significa che Tomoyo-chan sta diventando sempre più famosa! Devo fare del mio meglio per non deluderla e non farle fare brutta figura.
Quando tocca quasi a me salgo le scale per entrare dalla quinta di destra. Syaoran-kun farà lo stesso da quella di sinistra. Anche quando la ragazza davanti a me entra nella luce non riesco a vederlo bene, visto che siamo entrambi in ombra. Prendo dei lunghi respiri, ripetendo mentalmente: “Stai tranquilla. Sii naturale. Sii felice. Non mostrarti sorpresa. Non sorridere. Stai calma. Cammina dritta, a testa alta. Stai al passo con Syaoran-kun. Asseconda ogni suo movimento, e ricorda che questa sera siete sposati.”
Deglutisco a fatica nel momento in cui la coppia “araba fenice” (l'ho denominata così non in onore del leggendario uccello, ma perché indossano abiti dal taglio arabo con tantissime piume colorate) esce. Muovo un passo avanti, ascoltando la musica soltanto (questo pezzo lo conosco, si chiama come me, “sakura”), tenendo lo sguardo fisso sul mio partner.
Provate ad immaginare come ci si può sentire a dover fingere che sia tutto normale, che ciò a cui assisto sia cosa di tutti i giorni, quando vedo Syaoran-kun abbigliato in una maniera tanto eccentrica, classica e contemporaneamente moderna, che lo rende così... poco convenzionale.
Ho pochissimi secondi per squadrarlo senza farmi notare né da lui né dal pubblico, ma bastano per fotografarlo nella mia mente: indossa un kimono violetto dai bordi neri e un hakama d’una sfumatura indefinibile, tipo grigio/verde acqua, con sopra un haori blu elettrico coi miei stessi motivi floreali più chiari e dal taglio squadrato, irregolare (più corto sul davanti), bordato da lembi di stoffa nera di pelle, coi lati congiunti sul davanti da una cintura blu-viola e tra le spalle e le maniche sono intrecciati sottili laccetti neri. Sul fianco sinistro ha un nodo cinese identico al mio, ma di cordone rosso, del quale due estremità corte si concludono con piccoli campanelli, mentre le altre due continuano in una curva, annodandosi sulla stoffa blu dell’haori all'altezza del suo ginocchio destro. I suoi capelli sono innaturalmente spettinati, con le punte alzate in tutte le direzioni – probabilmente si tengono con molto gel e lacca –, il  suo viso sembra più pallido sotto la luce e anche i suoi occhi sono allungati da uno strato di matita.
Trattengo il fiato per tutto il tempo, cercando di abituarmi a questa visione, ma tenendo tutto in me. Da fuori credo che nessuno abbia ancora capito cosa mi sta sconquassando le interiora.
Camminiamo l'uno di fianco all'altra, come durante le prove, guardando fisso davanti a noi. Percepisco la sua vicinanza, ogni minimo spostamento del suo corpo e so che ci stiamo muovendo perfettamente all'unisono. Ai miei timpani giungono esclamazioni di stupore insieme al suono del koto e il mio cuore si riempie di orgoglio. Ci rivolgiamo un breve sguardo poco prima di voltarci per tornare indietro.
Una volta fuori dalla portata dei riflettori non trattengo più il sorriso. Mi fiondo immediatamente nei camerini, ringraziando il fatto che siamo gli ultimi a dover salire sul palco, per cui ho tutto il tempo per liberarmi da questo groviglio di stoffe. Ad aiutarmi stavolta ci sono Mokeichi-san e Iroshiki-san, due delle sottoposte di Tomoyo-chan, mentre quest'ultima si occupa personalmente di Syaoran-kun.
Il vestito che devo indossare adesso, al contrario del precedente, è di stampo occidentale, di una calda tinta magenta, con un fiocco sul fondoschiena le cui estremità arrivano fino a terra. Esso è stretto in vita, seguendo la linea del mio busto e si conclude con uno scollo alla coreana, collegato al resto con stoffa di pizzo ricamato, di una sfumatura più color ciliegia, che avvolge tutta la parte superiore del mio corpo, lasciandomi però spalle e braccia scoperte. Nella gonna ci sono poi tre basi arricciate color rosa ciliegio, raggruppate nel complesso in un vortice cucito a partire dal fianco destro (che sembra essere così formato da tanti petali di otome tsubaki). L'abito procede quindi a balze ondulate, lasciandomi scoperte la gamba e il piede destro, in modo tale che si veda una delle décolleté bianche che Tomoyo-chan mi ha costretta ad indossare. Sono le scarpe più alte che io abbia mai calzato, con lacci di pizzo bianco che mi avvolgono le caviglie, su cui sono appuntate 5 roselline rosa, per cui non nego che uno dei miei più grandi timori è di inciampare e fare una figuraccia cadendo, visto che sui tacchi non duro a lungo.
In aggiunta a ciò, indosso dei guanti bianchi di pizzo lunghi fin sotto il gomito e orecchini con delle roselline simili a quelle delle scarpe. Mi viene tolto il rossetto e sostituito con un colore molto più leggero e naturale, così come mi viene dato un po' di colore alle guance. I capelli mi vengono sciolti e ravvivati, per conferirvi un po’ di volume – dopo aver tolto le extension in modo tale che potesse apparire la treccia, la quale viene attorcigliata su un lato e aperta, in modo tale da sembrare un fiore, intervallato da piccoli diamantini.
Iroshiki-san mi dà una mano per guidarmi fino alle quinte, sorreggendomi, tornando dalla sua collega soltanto quando tocca a noi.
Sono ancora un po' scombussolata dalla visione precedente, per cui inizialmente non faccio caso né alla musica così familiare né al nuovo abbigliamento di Syaoran-kun. Tuttavia quando mi si fa più vicino e mi porge una mano non posso più evitare di guardarlo. Nascondo la sorpresa dietro un sorriso misurato, posando le mie dita sul suo palmo, mentre il mio cuore si scioglie nel realizzare quanto meravigliosamente gli doni il verde.
Il vestito che indossa adesso non è complicato quanto il precedente, visto che consiste in un pantalone e una giacca che mi ricordano una sorta di divisa militare. Ma il colore è così perfetto, fa risaltare in maniera impensabile il suo volto. È d'un verde smeraldo poco appariscente, ma reso più brillante da due file di 5 bottoni dorati sul petto e sui risvolti delle maniche più chiare della camicia. Nel taschino sul cuore porta un tulipano giallo, vero, con un fiocchetto realizzato da un nastrino di raso verde chiaro. E infine scarpe nere eleganti.
Stringo l'interno di una guancia tra i denti per non tradirmi, mentre procediamo lungo la passerella, fino ad arrivare proprio davanti ai flash, dove essa si allarga. Qui si abbassa in un inchino e io mi chiedo per un istante se il ballo sia accettabile secondo regolamento. Le note de “La bella e la bestia” risuonano nelle mie orecchie, offuscando la mia mente, e faccio una lieve riverenza accettando l’invito. Danzo con lui per poco, seguendo quella coreografia che oramai conosciamo a memoria, fissando i miei occhi nei suoi, totalmente incantata. Non devo dimenticare i nostri ruoli, lui rappresenta “mio marito”, per cui devo essere disinvolta e tranquilla. Devo far capire che ho fiducia in lui e che non c'è nulla di strano a farmi stringere fra le sue braccia, o a ricambiare quello sguardo così innamorato. E, stranamente, sento che ci riesco.
Sono talmente immersa nella parte da dimenticare che la canzone sta quasi finendo e che a questo punto dovremmo congedarci; tuttavia non riesco a staccarmi da lui e probabilmente per lui vale lo stesso perché l'unica cosa che fa è prendermi in braccio, come se fossi una principessa.
Da qui in poi tutto accade in pochissimi istanti e mi sento come se stessimo vivendo un film, piuttosto che la realtà.
Fa un giro su se stesso, un telo scende dall'alto circondandoci, le luci si spengono mentre quelle del palco circolare illuminano le nostre figure e chicchi di riso insieme a lustrini e petali finti di rose esplodono da una sfera appesa al soffitto, ricoprendoci come neve. Lui mi guarda con gli occhi brillanti, le labbra dischiuse, le guance arrossate, il fiato corto, avvicina il suo viso al mio, mi gira la testa, il cuore mi martella nelle orecchie, sfioro le sue labbra con le mie e nell'istante in cui sto per chiudere gli occhi per abbandonarmi del tutto a quella sensazione ci ritroviamo nel buio più totale e il suolo scompare da sotto i nostri piedi.
Precipitiamo e, sentendomi cadere nel vuoto, mi aggrappo maggiormente a lui, quasi urlando di riflesso, ma lui prontamente mi posa una mano sulle labbra per impedirmelo. Dura sì e no tre secondi, dopodiché lui atterra nuovamente sul pavimento. Posa anche l'altra mano sul mio fianco per posarmi coi piedi per terra, e io alzo la testa cercando il suo viso. Non si vede ad un palmo dal naso. Che cos'è successo? Dove siamo finiti? Perché è così buio, l'aria è polverosa, sa di chiuso, e le voci sembrano tanto lontane?
Stringo le dita sulla sua giacca, chiamando il suo nome.
«Syaoran-kun?» Sono così confusa.
«Sakura, scusami per prima. È un'idea di Daidōji-san, non credevo di sorprenderti. Ero convinto ne avesse parlato anche con te.»
Alzo un sopracciglio, pensando che Tomoyo-chan mi deve molte spiegazioni.
«No, non ne sapevo niente. Ma è stato divertente!»
«Meno male, temevo potessi arrabbiarti.»
Ha appena sospirato?
«E perché mai avrei dovuto?»
«Beh, perché -»
«Li-san, Sakura-chan, sbrigatevi ad uscire! Dobbiamo tornare di sopra!!»
Un fascio di luce ci acceca, costringendoci a proteggerci gli occhi, e contro di esso appare la figura di Tomoyo-chan. La seguiamo attraversando un breve corridoio per salire su delle scale, mentre lei risponde ai miei interrogativi spiegandomi che eravamo finiti nel sottopalco attraverso una botola. Ancora mi chiedo come sia riuscito Syaoran-kun a reggermi soltanto con un braccio. Dopotutto non sono certo un peso piuma.
Una volta su entriamo per gli inchini in ordine di apparizione; Tomoyo-chan e i suoi modelli vengono acclamati a lungo per la loro grazia, bellezza e ingegnosità, e dopo quasi un'ora possiamo cambiarci e uscire finalmente all'aperto.
Adiacente all’edificio c'è un piccolo parco con qualche altalena, per cui approfitto della calma e del silenzio notturno per rilassarmi, dondolandomi su una di esse. Chiudo gli occhi, lasciandomi rinfrescare dalla brezza serale. A causa di quella musica altissima mi sbattono le tempie. Ignoro le pulsazioni, concentrandomi sul rumore scricchiolante del ferro dell'altalena ad ogni oscillazione.
Ripenso alla giornata appena giunta a conclusione, rievoco la visione di Syaoran-kun in quei vestiti e immediatamente percepisco il viso accaldarsi. Lascio le catene per portarmi una mano alla guancia, sospirando, appoggiando la testa contro una di esse. Ho un sonno...
Probabilmente dovrò essermi appisolata visto che non ho sentito più nulla finché, aprendo gli occhi, non mi ritrovo il volto di Syaoran-kun a pochi centimetri dal mio. Sbatto le palpebre per metterlo a fuoco, frastornata. Lui sospira e solo quando si tira indietro mi rendo conto che mi stava scrollando per le spalle.
«Ti sembra un posto adatto a dormire?», mi rimprovera, abbassandosi alla mia altezza.
Mi stiracchio, sbadigliando, per poi guardarmi intorno. Oltre noi non c'è nessuno e ormai sarà notte fonda. Non è stato, effettivamente, prudente da parte mia.
«Mi dispiace, ero stanchissima.», mi faccio piccola piccola, mortificata, ma lui mi poggia una mano in testa, carezzandomi i capelli.
«Non devi scusarti. La prossima volta però stai più attenta. Poteva arrivare chiunque. Bastava che me lo dicessi e ti avrei lasciata riposare un po' in macchina. Se volevi ti avrei riaccompagnata a casa.»
Che cosa curiosa, il suo tono sembra così gentile e preoccupato, e al contempo offeso. O è forse la mia mente dormiente a riceverlo così? In effetti, perché non gliel'ho detto? Perché non ci siamo più rivolti la parola dopo la sfilata? Perché non l'ho più visto?
Mi sporgo in avanti, appoggiandomi con la testa sulla sua spalla.
«D'accordo.», acconsento, rilassandomi tra le sue braccia ora che le sue mani scivolano su e giù sulla mia schiena, carezzandomi con fare terapeutico. Stringo le dita attorno alla sua giacca a vento, voltando il viso verso di lui. Mi torna in mente la pensata di Tomoyo-chan, e mi domando se non lo sto infastidendo. Dopotutto, quella era soltanto recitazione. Osservo il profilo del suo volto, le sue labbra rilassate, i suoi occhi chiusi. Mi avvicino un altro po’, fino ad arrivare col naso all'incavo del suo collo. Ha un odore così buono....
«Sakura, sono tutto sudato.»
La sua voce imbarazzata accompagnata dalle sue mani che mi allontanano mi fa tornare coi piedi per terra. Cosa sto facendo? Mi inumidisco le labbra, abbassando lo sguardo.
«Mi dispiace, devo essere ancora mezza addormentata.»
«Ti porto in braccio?»
Scuoto la testa, mettendomi in piedi. Lui fa altrettanto pronto a mantenermi nel caso in cui potessi vacillare, ma io mi mostro stabile e allargo le braccia, lasciando che l'aria fredda mi sfiori la pelle per destarmi. Ecco, così va meglio.
Lo fronteggio, sorridendogli contenta.
«Arigatou.»
«Per cosa?»
«Per aver partecipato con me alla sfilata e per esserti preoccupato per me.»
«Lo farei altre mille volte.»
Mi chiedo a cosa si riferisca tra le due cose, ma non ho il tempo di porgergli la domanda che trasale, sgranando gli occhi.
«Che giorno è oggi?»
Prendo il telefono dalla tasca, notando con sorpresa che mancano circa due minuti a mezzanotte. Pensavo fosse molto più tardi.
«Ancora il 14.»
«Non muoverti di qui.»
Sfreccia via, allontanandosi in un lampo, lasciandomi effettivamente lì inebetita. Cosa gli è preso all'improvviso?
Nell'attesa mi risiedo sull'altalena, alzando lo sguardo sul cielo. Purtroppo a causa delle luci e delle nuvole non si riesce a vedere molto del firmamento. Ciononostante c'è un'unica stella lassù, così grande e brillante. Il suo splendore baluginante mi colpisce, attraendo il mio sguardo tanto a lungo da dimenticare cosa stavo pensando, fino al momento in cui una mano mi copre gli occhi. Non mi sorprendo, riconoscendola immediatamente. Sorrido soltanto, mentre lui si china accanto al mio orecchio, ordinando gentilmente: «Apri le mani.»
Le apro a coppa sulle mie gambe e sento posarvisi sopra qualcosa di fresco, ruvido e leggero. Toglie la mano e sento i suoi passi mentre fa il giro per mettersi davanti a me.
«Puoi anche guardare, adesso.»
Incuriosita, abbasso immediatamente lo sguardo su ciò che ha posato. Porto il fragile ramoscello di pruno all’altezza degli occhi per analizzarlo più da vicino, stupita. Non mi sbaglio! Accanto ai petali ci sono piccoli cristalli di ghiaccio non ancora sciolti! Com'è riuscito a raccoglierlo senza che si spezzasse o la brina cadesse? E dove l'ha preso? Attorno a noi ci sono solo pochi alberi spogli, per la maggior parte sfioriti! E poi, perché? Lo avvicino accanto al viso, inspirando il suo profumo. È così tenue e delicato.
«Grazie.», sussurro accorata.
Lui stende le labbra, grattandosi una guancia, guardando altrove.
«L'avevo completamente dimenticato.»
Mi metto in piedi evitando movimenti bruschi, domandandogli: «Dimenticato cosa?»
«Che oggi è il White Day.»
Oh! Quindi è per ricambiare la cioccolata!
«Syaoran-kun, non dovevi fartene pensiero! Mi è bastata la tua presenza oggi!»
«Quella mi è sembrata più un regalo per Daidōji-san.»
Non gli nego una risata. «Ma ha reso felice anche me.»
Guardo nuovamente i fiori per qualche secondo prima di rialzare gli occhi su di lui. Mi metto sulle punte dei piedi, dandogli un bacio su una guancia, mostrandogli ancora una volta la mia gratitudine. Stavolta però, in cuor mio, mi riferisco a tutto ciò che lui ha fatto per me, dal momento in cui ci siamo conosciuti.




 
Angolino autrice:
Buongiorno! Non potete immaginare il batticuore, visto che questo, insieme alla cena e ad altri che lo hanno preceduto, rientra tra i miei capitoli preferiti.
Qui ci sono parecchie cose da spiegare, e per fortuna ho tempo a disposizione, per cui cercherò di essere il più chiara e dettagliata possibile.
Il gattobus è quel pullman a forma di gatto (o "gatto con funzione di pullman") nel film d'animazione "Totoro". Chi l'ha visto capirà sicuramente.
Il 
jūnihitoe è una tipologia di kimono elegante e complessa indossato dalle donne di corte del periodo Heian (ca. VIII-XII secolo). Esso si compone di ben dodici strati di seta sovrapposti e si dice che fosse pesantissimo (pure 20 kg), ma ovviamente Tomoyo doveva fare in modo da renderlo comodo per non impedire i movimenti di Sakura, per cui ne ha ridotto il numero di stoffe. Syaoran invece indossa insieme al kimono un hakama (che somiglia ad una gonna-pantalone a pieghe, è legato alla vita e continua fino alla caviglia) e un haori (un soprabito che in genere arriva fino all'anca o alla coscia). Il brano eseguito durante questa prima parte della sfilata si chiama "sakura" o anche "sakura sakura": si tratta di una canzone popolare per bambini che risale al periodo Tokugawa (o Edo, XVII-XIX secolo), in cui lo strumento principale è il koto, che è simile all'arpa ma posto in orizzontale su un sostegno, suonato con tre plettri fissati al pollice, indice e medio della mano destra (quasi come se fossero delle unghie).
Otome tsubaki è il nome di una delle tipologie della camelia giapponese - a mio parere, è una delle più belle e perfette. Non potrei mai riuscire a descrivervela a parole, quindi vi consiglio di cercare un'immagine e lasciarvi affascinare da cotanta bellezza.
Ancora una volta, i nomi delle persone al servizio di Tomoyo sono inventati e, come avrete capito o già saprete, il White Day (14 marzo) è il giorno in cui si ricambia quel che si riceve a San Valentino, mentre l'unica parola giapponese è arigatou = grazie.
Sperando che vi sia piaciuto, vi mando un dolce saluto.
A presto!

 
  
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