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Autore: Smeralda Elesar    22/03/2018    2 recensioni
Héctor Rivera è stato ufficialmente riabilitato dopo che il suo pro-pro-pronipote ha scoperto la verità sul perché non sia tornato a casa dalla sua famiglia.
Adesso il musicista fa di nuovo parte della familia Rivera nel mondo dei vivi come in quello dei morti, ma se nel mondo dei vivi basta raccontare la sua storia, nella Terra delle Anime le cose sono un po' più complicate.
Specialmente tra lui e sua moglie Imelda.
Genere: Comico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hector Rivera
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dìa de muertos



-Héctor-

Il tono di Imelda basta a farti scattare sull'attenti.

Non sai ancora bene come comportarti con lei. Neanche con il resto della familia, a dirla tutta, ma con lei in particolare.

Lei ha vissuto una vita che l'ha cambiata, tu sei rimasto... bé... più o meno il ragazzo di venticinque anni che eri quando sei morto.

L'età non cambia nella terra delle anime, e nemmeno il carattere.

E di certo lei non ti aiuta. Non potrebbe farlo nemmeno se volesse, perché per più di metà della sua vita si è sentita ed abbandonata da te, e adesso le ci vorrà tempo per tornare ad ascoltare la parte della sua anima che ti ha sempre amato.

Per questo alterna momenti in cui sembra sia ancora la ragazza di vent'anni che hai sposato ed altri momenti in cui ti riduce in cenere con uno sguardo.

E siccome non sai quale momento sia, tenti un "Sì, Imelda?" molto timido.

Lei ti scruta con aria severa. Se fosse viva, probabilmente avrebbe una ruga tra le sopracciglia aggrottate.

Per causa tua.

-Pare che tu adesso faccia di nuovo parte della famiglia-

Ti guarda male. Molto male. E non ti ci vuole molto per sentirti in colpa.

-Tra qualche mese verrai al Dìa de los muertos con noi. So che Coco tiene quella stupida foto conservata, l'ho vista gli anni passati, sai?-

Muy bien, è uno di quei momenti in cui è arrabiata.

Le serve tempo e tu le darai tutto quello che le serve, perchè lei a te ha dato una vita aspettando il tuo ritorno.

-Quest'anno la esporranno e tu verrai con noi-

Lo dice arrabbiata, con un pugno piantato sul fiancho ossuto e l'altro a picchiare forte dritto sul tuo sterno, come tu le avessi appena detto che non vuoi andarci.

Come se dovesse ancora convincerti e trascinarti con la forza dalla tua famiglia, come se fosse ancora convinta che tu non volessi stare con loro.

-Certo che verrò con voi, Imelda-

-Lo spero per te. E quindi, se vuoi davvero fare parte di questa famiglia, ti devi dare una sistemata- accenna ai tuoi vestiti stracciati.

Vorresti dirle che non è colpa tua, che in tutti quegli anni i vestiti si sono rovinati perché non hai potuto attraversare il ponte e che in ogni caso nessuno avrebbe lasciato vestiti nuovi per te sull'ofrenda oppure al cimitero; ti guardi bene dal farlo; sai che la farebbe solo infuriare; e sai che avrebbe ragione.

-Non ho mai tollerato che nella mia famiglia ci fosse qualcuno sciatto, e certo non permetterò a mio marito di andare in giro come un desgracìado-

A quello non sai come reagire. Davvero non lo sai.

Ma ci pensa lei, prendendoti per un braccio e staccandolo di netto.

-Allora? Vieni o dovrò trascinarti osso per osso, Héctor Rivera?-

Ti affretti a raggiungere l'omero e tutto il resto, ma lei non ti molla. Continua a trascinarti tra un vicolo e l'altro, fino a casa sua.

Solo i morti che sono stati seppelliti hanno una casa nella terra delle anime, e purtroppo il tuo cadavere non è mai stato ritrovato, quindi sei ancora un vagabondo in un certo senso.

Tranne le volte in cui lei ti ospita e ti offre ancora una volta una casa.

Fino al prossimo malumore, insomma, quando qualcun altro dei parenti ti darà asilo per non farti tornare dove abitano i morti quasi dimenticati.

Appena entrati in casa ti piazza dietro un paravento senza degnarti di una spiegazione.

Dal rumore sembra che stia manovrando qualcosa di metallico, ma tu non osi muoverti senza un suo ordine, nemmeno per sbirciare cosa sta facendo.

L'ordine arriva poco dopo, per la precisione dopo parecchio sferragliare e dopo parecchie imprecazioni.

-Dammi i vestiti-

-Cosa?!-

Questo non te lo aspettavi!

-Sei diventato sordo? Ti ho detto di consegnarmi quei quattro stracci che indossi, e sarà meglio per te che tu lo faccia immediatamente perché se no io...-

Ti spogli più veloce che puoi, risciando di staccarti di nuovo le braccia per la fretta, e lanci per prima cosa la giacca sdrucita oltre il paravento.

-Humpf! Era ora!-

La giacca sparisce, ed in compenso inizia un ronzare ed un ticchettare strano ma familiare.

Stavolta, anche a rischio di affrontare la collera di Imelda, ti arrischi ad affcciare la testa ed a dare una sbirciata.

E poi devi essere veloce ad acchiappare al volo gli occhi e a nasconderti per non farti scoprire.

Rimetti a posto i bulbi oculari senza poter credere a quello che hai appena visto: Imelda sta cucendo!

Sta sistemando la giacca, e conoscendola come la conosci, sei sicuro che la renderà qualcosa di dignitoso.

Ti sfili anche i pantaloni e li fai passare sopra il legno.

Il fazzoletto puoi tenerlo al collo (forse), il cappello è finito chissà dove mentre tua moglie ti strattonava per le vie.

Resti in silenzio, appoggiato al muro ad ascoltare il fruscio delle forbici ed il ticchettio della macchina da cucire.

Vorresti ringraziarla ma non sai come fare senza farla arrabbiare.

Meglio il silenzio allora.

Ad occhi chiusi puoi fare finta che il tempo non sia mai passato e che quella sia ancora la tua vita: tua moglie al lavoro in casa, la piccola Coco che da un momento all'altro entrerà dalla stanza accanto e ti chiederà di cantare per lei e mamà...

-Ay, de mi llorona... llorona de azùl, celéste...-

Apri gli occhi di scatto quando senti la voce di Imelda.

È bella. Non è venata di vero dolore come quando ha cantato sul palco.

È di nuovo la sua voce di ragazza, quando cantava della llorona come di qualcosa lontano da lei, un dolore che non l'avrebbe mai toccata.

Piano, pianissimo, ti affacci da dietro il legno e la guardi.

È bellissima. È malinconica ma sorride.

Sta lavorando al pantalone strappato, e quella accanto a lei sembra una gonna da cui ha tagliato un rettangolo di stoffa per realizzare un rammendo di un colore simile all'originale.

Ha sacrificato un dono dei suoi parenti per darti la possibilità di farti vedere in giro con la tua famiglia senza sembrare un desgracìado.

Se avessi ancora un cuore si sarebbe stretto in una morsa.

La tenerezza che provi è troppa per delle sole ossa, e per la prima volta senti davvero la mancanza di un corpo per poterla stringere ed abbracciare, ed avere lacrime da piangere tra i suoi capelli.

-Oh, Imelda...- mormori pianissimo.

È questione di un attimo: lei ti sente, si volta a guardarti, ed un attimo dopo il suo stivaletto ti ha staccato di netto il cranio e qualche vertebra cervicale.

***

Finalmente è el Dìa de los muertos.

Non sei mai stato tanto impaziente ed allo stesso tempo spaventato da qualcosa. Pobre Héctor! Se avessi uno stomaco sarebbe tutto contorto!

Ma per fortuna almeno Imelda è di buon umore. Dopo tutti quei mesi passati ad alternare lo staccarti gli arti al comportarsi da ragazzina timida, sembra avere accettato.

Anche il resto della famiglia.

Finalmente. Tu familia, Héctor!

Ed adesso che la giacca strappata è diventata un gilet e che il pantalone è stato rattoppato a dovere, non sembri più un desgracìado.

-Héctor. È quasi ora, andiamo- ti chiama Imelda. Fortuna che non hai bisogno di respirare, perché non ci saresti riuscito.

-E se non dovesse andare bene? Se non potessi passare nemmeno quest'anno?-

Di nuovo lo sguardo di Imelda si indurisce, e ti acchiappa dal nodo del fazzoletto per tirarti alla sua altezza e guardarti negli occhi.

-Stammi bene a sentire, Héctor Rivera! Tu attraverserai il ponte e farai visita alla terra dei vivi perché la tua foto è sull'ofrenda! Mi hai capito?-

-Sì... sì, certo, Imelda...-

Guai a contraddirla. Poi le tue ossa finirebbero sparse per tutto il regno delle anime e non ti basterebbe un altro anno per rimetterti insieme.

-E comunque prima di andartene c'è una cosa che dobbiamo sistemare. Vieni con me-

Imelda non ti trascina più quando vuole che tu la segua, ma si guarda spesso indietro per controllare, e tu fai sempre in modo che ti trovi.

Il resto della familia è già uscito. Oscar e Felìpe sono già usciti, e tu proprio non riesci a capire perché lei ti stia portando verso casa loro.

-Ti manca una cosa, non puoi certo andare a fare visita alla tua famiglia senza scarpe. Non sei un povero desgracìado-

Se avessi un cuore si sarebbe fermato: sul tavolo c'è un paio di scarpe nuove.

Sai benissimo da dove vengono: le ha fatte la familia.

Dato che le anime possiedono solo ciò che viene lasciato loro dai parenti in vita come offerta, qualcosa, per passare di proprietà deve essere ceduto.

Ma un paio di scarpe sono difficili da trovare. Sono una cosa personale.

E quindi per ottenere il materiale per fabbricarne un paio nuove tutta la famiglia aveva dovuto sacrificare qualcosa di proprio.

La tomaya di uno, la suola di qualcun altro, la pelle per il corpo della scarpa ottenuta unendo la pelle di due paia per arrivare alla sua misura.

Tutto questo ti è chiarissimo.

Non ci sono parole per spiegare come ti senti.

-Io... io... Imelda... grazie!-

Solo allora la abbracci.

Perché anche se lei dovesse tornare di malumore e staccarti tutte le costole per lanciarle ai quattro angoli del regno delle anime, stavolta lo devi fare.

La sollevi in aria e la fai volteggiare come quando era ragazza e vi eravate appena sposati e...

e lei ride.

Per la prima volta da quando siete tornati insieme, la senti ridere veramente, per pura gioia.

Le vostre ossa fanno un suono secco quando si scontrano, ma è come il suono allegro di centinaia di campanelle.

-Ti amo, Imelda-

Riesci a dirle quando finalmente la posi a terra.

Fortuna che non hai una lingua, o lei portebbe staccartela. O forse no.

La sua mano sfiora i disegni sul tuo zigomo invece di schiaffeggiarti e staccarti la testa come al solito.

I suoi occhi non sono mai stati così vivi come adesso che ti sorride.

-Anche io ti amo, desgracìado-

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Cantuccio dell'Autore


Buon giorno!

Avete visto "Coco"? Se siete qui immagino di sì.

Dunque, il film mi ispira tonnellate di angst, e questa è la cosa meno deprimente che sono riuscita a scrivere.

Ho visto un sacco di volte la clip di "Proud Corazon" e mi sono accorta che i vestiti di Héctor erano sistemati, non sbrindellati come durante tutto il film. E che indosava delle scarpe.

Ed allora mi sono chiesta "Che è successo?". Ed ecco queste tre pagine e mezzo.

Detto per inciso, mi sono divertita un sacco a scrivere le scene in cui Imelda maltratta Héctor o minaccia di farlo, perchè, dai, un fidanzato da poter smontare e che si rimonta da solo è il top!

Grazie per aver letto, un saluto a tutti


Makochan




   
 
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