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Autore: BrokenSmileSmoke    22/03/2018    0 recensioni
Marina Leonardi è una quattordicenne intelligente, ironica, un po' menefreghista e con pochissima voglia di studiare.
Vive la vita giorno per giorno e difficilmente da confidenza a persone diverse da lei nel carattere.
Una sera, dopo l'incontro insegnanti-genitori, viene investita da una tragica notizia.
Deve preparare le valigie e trasferirsi, mollando tutto e allontanandosi dalla sua migliore amica Elisa e dall'amore della sua vita, Maurizio, un ragazzo che a malapena ricorda la sua esistenza.
Il cambio di scuola non è traumatico come se lo aspettava, anzi.
Le nuove amicizie sembrano migliori da quelle passate, e la cosa più tragica della sua miserabile vita non è più ritrovarsi con il cellulare scarico lontano da casa.
E, come se non le bastasse, qualcuno la perseguita.
Qualcuno perseguita lei ed i suoi amici.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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La giornata non era iniziata nel migliore dei modi, mi ero svegliata tardi ed una volta a scuola mi ero ricordata del riassunto di un libro da portare come compito che aveva chiesto il professore… Che ovviamente io non avevo ricordato.
Una cosa positiva però era presente, non leggevo molto ma c’era un buon romanzo a farmi compagnia quei pomeriggi di febbraio. Ero a buon punto, quasi metà libro.
Scrissi un piccolo riassunto a due mani, fantasticando un po’ troppo sul finale. Ma in fondo non avevo terminato il libro, che colpa potevo mai averne?
E così, tra promesse di amore eterno e drammi famigliari, i protagonisti morirono per colpa di un alieno venuto da un altro universo.
Lo stesso professore ebbe tempo di correggere 20 compiti in un’ora, e questo non era un buon segno. O perlomeno non lo era per il mio.
«Mi complimento per la signorina Leonardi, il testo era molto leggero da leggere e di facile comprensione, se non le dispiace vorrei leggerlo ad alta voce»
Qualcun altro avrebbe esultato al fatto che il professore avesse deciso di rendere partecipe la classe a quel tema.
L’unico problema era che la signorina Leonardi ero io, e sapevo che il riassunto era molto lontano dall’essere comprensivo, di facile lettura e dall’avere un senso.
Non mi diede modo di replicare, ed iniziò a leggere il mio racconto davanti tutta la classe.
«”La protagonista del mio libro è una ragazza di nome Morena, che ha un carattere ribelle, ironico e per la maggior parte del tempo ha dei pensieri suicidi, proprio come me, inoltre è innamorata persa di un ragazzo, proprio come me”, ma ho da dire, cari ragazzi, che la parte migliore del testo è il finale, infatti..»
Speravo che almeno si risparmiasse la voglia di umiliarmi di fronte a tutti ma no, il professore continuava imperterrito.
«”Ma tutto finì perché vennero uccisi da un kranken, un piccolo alieno buono venuto da un universo parallelo”, un romanzo molto originale, devo ammettere»
Tutti si misero a ridere, ed io in compenso feci una figura di merda.
Ma la giornata era iniziata male già da prima.
La prima ora fu orrenda, l’interrogazione di scienze era sembrata più che altro una strage di ragazzi innocenti, sotto la supervisione di una professoressa che si comportava come il nuovo Rambo, specialmente con me!
«Leonardi!» la voce della prof era risuonata come una fucilata tra quei banchi, finita per colpirmi in pieno.
Sentivo i sospiri dei miei compagni di classe, contenti che non fosse capitato a loro e rilassati sulle loro sedie, mentre io non sapevo a quale Santo chiedere aiuto, tantomeno cosa dire alla professoressa.
«Dai ti suggerisco io!» mi sussurrò la mia compagna di banco e migliore amica, Elisa.
«Non suggerire!» gridò la prof.
Ad ogni modo era lo stesso, il suggerimento andava bene in un test del sì e no, ma non quando dovevi tenere in testa un millennio di teoremi e studi scientifici.
Cominciai a balbettare qualcosa, come per dare l’impressione di sapere, anche minimamente, ma era la peggior tattica in assoluto.
Oltre a ignorante sembravo anche balbuziente, ed il peggio era che avevo studiato per ore, eppure non ricordavo niente.
«Non lo sa» sentì dire da un altro, era vero ma non me ne importava nulla, mi rivolsi alla ragazza che aveva risposto al posto mio.
«Ma perché non te ne vai a fanculo? Pensi di essere migliore di me perché sai da quale lato è atterrata la famosa mela di Newton? Ma sai dove te la puoi ficcare la mela?»
Avrei dovuto mandarglielo per bigliettino piuttosto che urlarglielo davanti a tutti, magari facendo così mi sarei evitata le minacce del preside sulla presunta ripetizione dell’anno.
Ormai mi ero fatta riconoscere, specie dai professori.
Una volta feci addirittura scappare dalla classe uno di loro.

«Me ne vado da questa classe di psicopatici!» aveva urlato prima di oltrepassare la soglia che divideva la classe dal corridoio.
Non avevo capito il perché, quella volta mi ero comportata bene.
«Leonardi?» mi richiamò per cognome, la cosa che odiavo di più in assoluto.
Mi voltai svogliatamente.
«Ci racconti di cosa parlava!»
«Ti stavo dicendo, Eli, ieri ero andata a quel centro commerciale, e non immaginerai mai chi ho visto!»
«Ha finito? Vorrei riprendere la lezione»
«Mmh, sì» risposi neutra.
«Allora, mi dica chi era Alessandro Magno»
«Beh, probabilmente quello che avevo visto al centro commerciale»
«Risposta esatta, 4!»
«TOMBOLA!» gridò un altro ragazzo, nonché uno dei miei amici.
Era strano come nessuno avesse notato Marco che teneva le cartellette sul banco, mentre un altro estraeva i numeri dalla bustina.
«Cosa hai detto?» domandò il professore minaccioso.
Se con me era un’abitudine, non lo era con gli altri.
«Beh, ho fatto tombola, ho vinto!» disse Marco raccogliendo con la mano gli spiccioli che avevano prefissato come vincita.
Il professore aveva varcato la soglia della porta, ci furono due secondi di puro silenzio, poi il putiferio.
Gente che gridava, saltava o volava.

La mattina forse era stata brusca, orrenda. Ma il pomeriggio era ancora peggio.
C’era l’incontro scuola-famiglia, e mia madre aveva deciso che non poteva assolutamente mancare.

«Marina Leonardi! Vuoi spiegarmi questi voti?» mi chiese mia madre, con un’espressione che mi lasciava intuire che a casa, molto probabilmente, non sarei sopravvissuta.
«Quali voti? Aaah, questi» risposi pacata, come se la cosa non mi importasse affatto.
La mia pagella era piena di voti che non superavano la sufficienza.
«Mi spiace dirlo signora» aveva incalzato il professore.
A quel punto immaginai la solita tiritera, “sua figlia potrebbe avere voti eccellenti ma bla bla bla”.
«Sua figlia di questo passo non verrà ammessa agli esami»
Tornata a casa sembrò di entrare nel girone degli ignavi della Divina Commedia, ciò valeva a dire che qualcosa di letteratura l’avevo pur memorizzata.
Appena entrate in casa mia madre mi si era bloccata davanti.
«Prepara le valigie»
Quella frase mi colpì come un fulmine a ciel sereno.
Non capivo nulla, volevano forse mandarmi in un collegio?
   
 
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