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Autore: nephaelibatha    23/03/2018    0 recensioni
Cosa c'è di veramente perduto in Lost? Io ho pensato alle parole, a tutti quei dialoghi che sarebbero potuti sussistere tra i personaggi ma che per varie ragioni non hanno visto la luce. Questa raccolta nasce dal desiderio di dare uno spazio a quelle parole, di riempire con l'immaginazione e la passione i vuoti lasciati inevitabilmente dagli episodi originali. E perché no, magari in questo viaggio di scrittura e lettura, fra le parole perdute dei sopravvissuti del volo 815, ognuno ritroverà anche le proprie.
N.B.: Gli scambi da me inventati in questa raccolta non si pongono in sostituzione, ma in aggiunta a quelli esistenti nella serie tv stessa. Tutte le divergenze con la trama o con i dialoghi effettivamente avvenuti negli episodi sono coscienti e voluti, in quanto trattasi appunto di momenti "perduti", perciò tagliati, omessi o semplicemente non immaginati dagli autori. Possono essere anche pensati, sempre nell'ambito della finzione letteraria, come "bozze" degli autori stessi poi scartate e andate appunto perdute.
Spoiler Alert: potranno esserci episodi tratti anche dalle ultime stagioni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ben, Jack, Locke
Note: Missing Moments, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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closer to the edge Jack/Locke, Episodio “Orientamento, 2x03.


01. Closer to the edge/Do or die




Can you imagine a time when the truth ran free
A birth of a song, a death of a dream
Closer to the edge
This never ending story, hate four wheel driving fate
We all fall short of glory, lost in ourself

No I'm not saying I'm sorry
One day, maybe we'll meet again
No I'm not saying I'm sorry
One day, maybe we'll meet again
No, no, no, no


 «Non riesco a credere che tu ci abbia trascinati qui sotto, con un pazzo che parla di salvare il mondo digitando dei numeri sulla tastiera di un computer soltanto perché qualcun altro gli ha detto di farlo. Tutto questo è ridicolo».
 Jack camminava avanti e indietro, dando le spalle alla libreria in cui si nascondeva il filmato citato da Desmond, il tale che occupava il bunker. Mentre il compagno parlava, John non riusciva a evitare di lanciare occhiate nervose a un piccolo tomo che spiccava in mezzo agli altri. Guarda dietro a Giro di vite, aveva detto Desmond con sguardo febbricitante. E Locke voleva guardare, più di chiunque altro. Era stato lui a insistere per scendere nella botola e scoprire cosa contenesse, ma da quando vi si era calato, le domande, invece che risolversi con delle risposte, erano aumentate di numero, sovrapponendosi le une alle altre. Un solo briciolo di risposta ora gli si presentava come una sorta di miraggio nascosto dietro a quel libro dal titolo accattivante, apparentemente vicino ma in realtà tenuto lontano dalla cocciutaggine di Jack, che invece si rifiutava di vedere. In quel momento John si rese conto che per raggiungerlo doveva prima confrontarsi con il compagno. Distolse quindi lo sguardo dal libro, nonostante esso richiamasse la sua attenzione con forza magnetica, e si concentrò sul dottore.
 Quest'ultimo intanto si era fermato per fissare con cieca incredulità l'altro.
 «Io non vi ho affatto trascinati. Kate ha seguito me e tu hai seguito lei, perciò tecnicamente siete venuti qui di vostra spontanea volontà tutti e due» disse John con semplicità, indirizzando al dottore uno sguardo calmo.
 Di fronte alla risposta dell'uomo, Jack riprese a camminare, come se la determinazione del compagno, così profonda e radicata, lo spaventasse a tal punto da spingerlo a muoversi per poterla fronteggiare.
 «Eravamo rimasti d'accordo che saremmo scesi qui tutti insieme domani mattina, ma tu hai dovuto fare di testa tua» riprese il dottore. Aveva la fronte imperlata dal sudore e gli occhi lievemente arrossati per la mancanza di sonno.
 «Scendere qui domani avrebbe reso tutto questo meno ridicolo ai tuoi occhi, forse?» domandò retorico l’altro, esibendo un’alzata di spalle sarcastica.
 Jack si fermò di nuovo, serrando la mascella con forza e sbattendo le palpebre ripetutamente.
 «Ci sono cose che non possono aspettare, Jack» aggiunse John in tono serio.
 «Come le tue ispezioni clandestine nella giungla con Boone?».
 Jack aveva preparato la frecciatina con cura, scoccandola con un sopracciglio scettico. Locke aggrottò la fronte, evidentemente confuso e ferito da quel cambio d’argomento improvviso.
 «Non tirare in mezzo Boone proprio ora, Jack! Non c’è giorno che passa in cui io non mi senta responsabile per la morte di quel ragazzo, ma proprio perché lui è morto nel tentativo di saperne di più non mi voglio fermare adesso».
 Gli occhi di Jack si ridussero a due fessure nere.
 «E invece non ti è mai passato per la testa che proprio la morte di uno di noi potesse essere un campanello d’allarme, un invito a fare un passo indietro?».
 «Tu parli così perché non conosci l’isola, Jack».
 «Ah, certo, dimenticavo. Tu hai visto l’isola negli occhi, giusto, John?» lo schernì il dottore, lasciandosi andare a una risatina nervosa.
 «Già, è così».
 «E allora forse sei rimasto accecato, perché tutto questo non ha senso».
Lo sguardo limpido e intelligente di Locke si richiuse per un attimo su se stesso, rendendo buio l’intero volto.
 «Come fai a dirlo se nemmeno sai di cosa stiamo parlando? Cosa c’è, hai paura di scoprire che ti stai sbagliando, che dietro a quello che stiamo vivendo c’è un motivo che va al di là di tutti noi? Perché non riesci a fidarti e a credere anche per un solo istante che un senso ci possa essere?».
 Jack si inumidì nervosamente le labbra e prese a gesticolare.
 «Non parleresti così se avessi visto quello che ho visto io in una sola giornata di lavoro in ospedale. Non c’è alcun senso nel dolore delle persone malate, o in quella dei loro cari che li vedono soffrire impotenti. C’è solo la realtà. E la realtà non sempre è come vogliamo vederla noi».
 John si passò stancamente una mano sulla testa.
 «Se pensi che ci sia solo la realtà, allora perché sei diventato medico? Perché infondere nei pazienti delle false speranze se tanto poi siamo destinati tutti alla stessa fine?» gli chiese, facendo scivolare la mano sotto al mento con aria pensierosa.
 «Nella medicina è diverso» replicò Jack, ma il tono della sua voce cominciava a incrinarsi, «io mi sbilancio a infondere speranza solo quando mi posso basare su possibilità concrete».
Stavolta fu John ad alzare entrambe le sopracciglia con fare stupito.
 «Davvero? Allora perché ti sei accanito su Boone facendogli delle trasfusioni del tuo stesso sangue quando sapevi che stava morendo?».
La domanda di Locke fece centro, perché Jack serrò le labbra, evidentemente a disagio.
 «Mi sbagliavo. Mi sono illuso di poterlo salvare».
 «No! Tu credevi di poterlo salvare» mormorò Locke, incendiando il suo sguardo con un sorriso.
 «Ah, ecco che ci risiamo con il tuo discorso sulla fede. La fede non ha salvato Boone, né tutte le persone che ho visto sperare per poi morire in ospedale» sibilò il dottore, liberandosi la fronte dal sudore con un gesto brusco della mano.
 «Magari non era da una malattia che la loro fede doveva salvarle. Magari erano già state salvate e sono morte solo perché è così che va la vita» replicò John con la genuinità di un bambino. Era questo di lui che più spaventava Jack: la sua onestà nel formulare i pensieri, a volte anche quelli più brutali. Niente uscito da quelle labbra sottili suonava come falso, malizioso o banale. Tutto ciò che diceva John Locke era vero, anche solo per il semplice fatto che lui ci credeva senza battere ciglio.
 «L’hai detto tu, John: io sono un medico, curo le persone, e se non ci riesco… beh, me ne faccio ben poco della fede».
 «Allora a te la medicina, a me la fede» dichiarò Locke, indicando con la mano la libreria alle spalle del dottore.
 Jack ruotò il capo di lato, quasi deciso a lasciare il campo libero al compagno, ma poi tornò a fissare gli occhi chiari che lampeggiavano davanti a lui su quel viso pieno di cicatrici.
 «Io ti capisco, John» disse, con tono calmo che rasentava il professionale, «è umano voler cercare una logica negli incidenti per razionalizzare il dolore e renderlo sopportabile. Ma non è rimanendo in questa botola a vedere filmati su dei pulsanti che troverai il senso che cerchi, perché non c’è niente qui. Questa è solo la maledetta isola su cui siamo precipitati a causa di un incidente aereo. Non c’è nessun grande piano dietro alla disgrazia che ci è capitata…».
 Di fronte a quelle parole, John indurì di colpo la propria espressione.
 «Gli incidenti non esistono, Jack. Non è stato un incidente a farmi rimanere paralizzato dal bacino in giù. È stato mio padre: mi ha buttato giù da uno degli ultimi piani di un grattacielo, costringendomi a vivere in eterno su una sedia a rotelle. Ma da quando siamo precipitati qui con l’aereo, io cammino. È stata l’isola! E non so tu, Jack, ma io questo lo chiamo un miracolo, e non ho intenzione di stare a sentire ancora i tuoi discorsi sulla casualità di quello che ci sta succedendo. Ancora non te ne rendi conto, ma l’isola ha chiamato tutti noi e se vuole che ce ne stiamo qui a guardare uno stupido filmato per poter poi premere dei maledetti tasti, beh voglio concederle il beneficio del dubbio che sia per delle buone ragioni».
 Gli occhi di Jack ora tremavano visibilmente e lui aveva smesso di sudare.
 «D’accordo, John» si arrese, dopo alcuni istanti di esitazione, «facciamo a modo tuo».
L’uomo di scienza scartò di lato per lasciare spazio all’uomo di fede. Quindi Locke si precipitò sulla libreria, tolse dallo scaffale il libro indicato da Desmond e finalmente si ritrovò a posare le mani sul nastro.  L’espressione che si dipinse su quel viso in cui rughe e cicatrici si confondevano sembrava simile a quella di un archeologo che si ritrova a maneggiare un tesoro inestimabile. Subito si diresse verso i pezzi che componevano il proiettore e iniziò a montarlo dopo aver posato il nastro sul tavolo accanto. Jack gli diede una mano in silenzio.
 Mentre finivano di sistemare lo strumento, il medico riprese di nuovo la parola.
 «Almeno abbiamo qualcosa in comune» commentò, guardando il compagno di sottecchi.
Locke si interruppe giusto il tempo per ricambiare l’occhiata.
 «Anche tu eri su una sedia a rotelle?».
 «Odiavo mio padre».
 «Mi dispiace» replicò John, tornando serio.
 «Sai, sono un chirurgo spinale, avrei potuto operarti se ci fossimo conosciuti prima dell’incidente aereo» disse Jack, srotolando il telo bianco sul quale avrebbero proiettato il filmato.
 «Buono a sapersi, ma noi ci siamo conosciuti qui» sorrise Locke, distendendo serenamente i muscoli della fronte.
 «E come la metti con il fatto che l’isola ti ha fatto incontrare un chirurgo spinale quando ormai non ne avevi più bisogno?».
 Locke alzò definitivamente lo sguardo dal compagno, lasciando a mezz’aria la mano che teneva fra le dita il nastro, pronto per essere inserito nel proiettore finalmente montato.
 Rimase qualche secondo a scrutare gli occhi scuri del medico, e alla fine fu contento di non leggervi nemmeno l’ombra di un’insinuazione. La sua sembrava una domanda dettata da sincera curiosità.
 «Confido che le altre sue doti siano buone quanto il suo senso dell’umorismo» rispose John, allargando il proprio sorriso. Jack ridacchiò a sua volta scuotendo la testa, poi tornò serio.
 «Mi dispiace per quello che ho detto prima sul tuo rapporto con gli ospedali. Immagino che ne avrai visti tanti».
 «Non devi essere dispiaciuto, Jack. Io non lo sono più. Prima ero perso perché pensavo di aver perduto tutto finendo su una sedia a rotelle. Ma la verità è che non mi sono mai sentito completo, nemmeno quando avevo la possibilità di camminare. E il dono dell’isola non si limita soltanto all’avermi restituito le gambe; ha ravvivato in me qualcosa che prima non riuscivo a sentire bene perché ero spezzato, qualcosa che invece adesso mi rende un tutt’uno con me stesso».
Locke aveva parlato con una passione talmente coinvolgente da far tremare anche la voce di Jack, quando egli parlò.
 «Cosa?».
 «La fede».


In the middle of the night
 When the angels scream
I don't want to live a lie, that I believe
Time to do or die […]
You and I will never die
It's a dark embrace
In the beginning was a light of a dawning age
Time to be alive […]
That's how the story goes
Fate is coming , that I know
Time is running, got to go
Fate is coming, that I know
Let it go
Here and now
Under the banner of heaven
We dream out loud


  
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