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Autore: SirioR98    23/03/2018    0 recensioni
Qualcuno d’importante ha detto che non ha senso vivere la vita se non si ha modo di raccontarla. O forse non lo ha detto nessuno, e a dire il vero non è un gran che di aforismo. Però penso contenga un fondo di verità: se non la si organizza in maniera logica, la nostra esistenza è solo un susseguirsi di episodi più o meno casuali. O forse la casualità è un qualcosa che, in qualche modo, è già scritta da qualche parte e che demolisce la logica? O ancora, è forse meglio vivere la vita per quello che dà? E se... scusate, sto divagando. Ricominciamo.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 18
 
Finito di mangiare, metto le posate sul piatto e poggio la schiena alla spalliera della sedia.
Contento del cibo, mi batto una mano sulla pancia per mostrare la mia soddisfazione.
“Ragazzi, non ho idea di cosa c’era in quello che ho mangiato, ma era buono. Sono sazio e contento.” Affermo.
Mio padre ride di una risata bonaria.
“Sazio? Ma se quello era solo il primo!” Ribatte, tornando a ridere.
Mi chino di scatto in avanti.
“Il primo? Ma io non riesco più a mangiare…” Rispondo sbigottito.
“A chi lo dici…” Concorda Kyle, accanto a me.
“Penso che mi fermerò qui.” Aggiunge.
Mio padre ci guarda di sottecchi.
“Siete seri? Oh, mi dispiace, per caso i vostri stomachini non riescono a reggere cibo per adulti?” Ci prende in giro.
Gli lancio un’occhiataccia, mentre Kyle alza gli occhi al cielo.
“Meglio che mi fermi qui, preferirei non riproporre la cena al pubblico mentre suono.” Commenta Kyle, allontanando il piatto.
Nicholas apre la bocca per tornare alla carica, ma Kyra lo interrompe prima che possa dire altro e irritarmi.
“E quindi, vogliamo ricominciare quello stupido gioco di prima?” Chiede, alzando leggermente il tono.
Mi giro con tutto il busto verso di lei, alzando un dito.
“Prima di tutto è un gioco intelligente, non lo odiare solo perché tu non dai risposte belle come le mie.” Dico, schioccando le dita.
Kyra alza un sopracciglio. Ci guardiamo in silenzio per un minuto.
“Va bene, riprendiamo.” Suggerisco alla fine, lasciando cadere la questione.
Incrocio le braccia, cercando di pensare a una domanda adatta.
“Cosa vi ha fatto ricredere nell’umanità?” Chiedo dopo un’attenta riflessione.
 Alla mia destra, Kyle ride sarcasticamente.
“Ricredere nell’umanità?” Chiede con ironia.
Lo guardo perplesso.
“Che c’è che non va con la domanda?” Ribatto.
Come sua sorella, alza un sopracciglio.
“Scusa, ma dopo che la mia famiglia è stata sterminata quando avevo 10 anni, dopo essere stato rapito, torturato, direttamente per un paio di mesi e indirettamente per sette anni, dal potere dello stregone più malvagio dei tempi moderni e dopo essere stato nuovamente rapito – dalle stesse persone, tra l’altro – puoi ben intuire il mio cinismo.” Mi spiega con il tono più neutro possibile.
“Non dimentichiamoci del fatto che ti hanno costretto a mantenere segreti con la tua unica sorella, la sola persona con cui di solito ti confidi e in cui cerchi conforto nel momento del bisogno, facendoti quindi soffrire in silenzio.” Aggiunge Kyra, prendendo un sorso d’acqua come se avesse chiesto cosa ci fosse per dessert. Kyle la indica annuendo.
Mi lasciano senza parole.
E chi può biasimarli? Non è facile sopravvivere a tutto quello che hanno passato i gemelli e, soprattutto, avere una parvenza di sanità mentale per poterlo raccontare con una maschera di tranquillità.
Nel giro di qualche secondo, su quel tavolo, cala l’attimo di imbarazzante silenzio, classico delle discussioni scomode.
Decido di interromperlo, prendendo la parola.
“Be’, anche io non dovrei avere più fiducia nell’umanità, se dovessi andare a riguardare la mia vita. Non sono rimasto da solo a piangermi addosso per ciò che ho passato. Ho sempre fatto esperienza di tutto e sono ripartito. Diciamoci la verità: si dice ‘Ciò che non uccide, ti fortifica’, no? Per quanto in basso si possa andare, c’è e ci sarà sempre un modo per risalire. Per ogni persona cattiva nel mondo, ce ne sarà un’altra buona a riequilibrare la situazione. Per ogni morte, ci sarà una nascita. E così via. Non bisogna buttare via il bambino con l’acqua sporca e fare di tutta l’erba un fascio. Cioè: noi siamo qui insieme in amicizia! Qualcosa vorrà pur dire, no? Sapere che ci sarà qualcuno a sostenermi e aiutarmi, questo mi fa ricredere nell’umanità. L’amicizia; quella che dura fino alla fine, magari non eternamente, perché nulla lo è.”
Mi riappoggio spossato allo schienale della sedia, come se avessi compiuto uno sforzo immane.
Credo di aver dato fondo al mio subconscio per questa domanda, magari risponderò più normalmente alle prossime domande.
Kyle sta in silenzio ad ascoltare le mie parole. Quando finisco, vedo che si morde il labbro quasi a sangue, non so se sia per rimanere calmo e non commuoversi, o per non urlarmi contro.
“Hai ragione, ci sarà sempre un modo per risalire. Ma, a volte, ho solo bisogno che qualcuno me lo ricordi, perché io tendo a dimenticarlo.” Dice sommessamente, alzando lo sguardo verso di me.
“So che suonerà sdolcinato, ma è vero: io non mi sono mai ricreduto sull’umanità. Ma credo nei miei amici. Forse, un giorno, chi lo sa, mi farete cambiare idea.” Conclude, alzando le spalle e facendo vagare lo sguardo nella sala.
Quanto cinismo, ma quanta verità. Tutta nella stessa frase. Sarà che io sono un eterno sognatore, ma quella frase non mi ha scalfito nel profondo allo stesso modo di tutti i presenti attorno a me. Eppure, nonostante lui sia cinico, non disprezzo Kyle per ciò che pensa. Magari non lo condivido, però riesco a capire ciò che lo muove a dire certe cose.
Con un colpo di tosse, attiro l’attenzione.
“Padre? Hai qualcosa da aggiungere?”
Mio padre sgrana gli occhi. “Che è questa storia del padre adesso? Da quant’è che mi chiam-“
“O per il cavallo di Warlord, è da tre giorni che ti chiamo padre ormai, no? Abituati! Ora rispondo a questa cavolo di domanda, che il mio stomaco ha appena aperto una scuola di giga, per quanto ho fame!”
“…Ehm, credo di pensarla più o meno al tuo stesso modo, Greg, però la vedo anche come i gemelli. Non c’è nero senza bianco, non c’è sole senza luna! Tutto è equilibrato nella natura, ma non per questo bisogna essere eccessivamente ottimisti…come bisogna non essere troppo pessimisti, Kyle.”
A un certo punto, Kyle alza la mano, come uno studente durante la lezione.
“Uh, uh! Posso cambiare la mia risposta?” Chiede diventando tutto serio in faccia.
Ci giriamo a cambiarlo.
“Perché?” Domando.
“Ho trovato un motivo per ricredere nell’umanità!” Dice sorridendo a mezza bocca.
Lo guardo sospettoso.
“Ovvero?”
“Cibo. Chiunque sappia cucinare, ha la mia più profonda stima e gratitudine!” Afferma convinto, indicando il piatto.
Scherzosamente, Kyra gli dà uno scappellotto sulla nuca, mentre ci viene servito il secondo.
Dopo aver trangugiato di gusto la bistecca di cervo, mi stendo sulla sedia per rilassare la pancia, appoggiandovi le mani sopra soddisfatto.
“Questa bistecca era ottima, peccato non possa fare il bis!” Commento, passandomi l’unghia del mignolo destro tra i denti per levare un pezzo di carne incastrato.
Kyra mi guarda inorridita. Vorrebbe dirmi qualcosa, ma si limita a osservare la mia rozza mascolinità.
Mi stringo nelle spalle.
“Che guardi? Come se tu non lo avessi mai fatto!” Ribatto alla sua critica silenziosa, continuando il mio scavo.
Sbuffa.
“A differenza tua, Greg, io e mio fratello siamo stati educati per bene, soprattutto a tavola!”
Un rutto incredibile la interrompe, facendola voltare spaventata verso Kyle, che intanto mi imita nella posizione. Sempre con la stessa faccia inorridita, Kyra guarda suo fratello tamponarsi delicatamente la bocca con un tovagliolo.
“Kyle?!” Sbotta disgustata.
Il gemello si blocca.
“Che c’è? È un gesto di apprezzamento verso la cuoca o il cuoco.” Si giustifica, cercando il nostro supporto.
“In quale paese?” Chiede Kyra, incrociando le braccia.
“Nel mondo, Kyra. Nel mondo.” Rispondo, poggiando una mano sulla sua spalla.
“Toccami un’altra volta, Gregory Carter, e giuro che ti servirà l’assistenza per mangiare!” Mi minaccia lei.
“E comunque Kyle, questo è un rutto.” Ne butto uno dei più potenti che uomo o troll abbia mai fatto.
Veniamo interrotti da Nicholas.
“Giovincelli, siete solo dei dilettanti: QUESTO è un rutto!” Non pensavo che un essere umano potesse emettere tale suono. Dalla sua bocca esce una tromba d’aria di quelle che ti fanno diventare biondo platino. La sala si gira verso di noi, per l’ennesima volta. Mio padre non si rende conto della situazione, visto che non nota nemmeno i nostri occhi spalancati per l’imbarazzo.
“AH, adesso sì che mi sento in pace con me stesso!” Urla esaltato con soddisfazione.
Il silenzio piomba nella sala, più pesante di un macigno che rotola giù verso un dirupo.
Lentamente, a uno a uno, i nostri commensali si mettono ad applaudire. È un applauso scioccato, a giudicare dalle facce che ci circondano.
Kyra tossicchia per spostare l’attenzione a qualcosa di diverso.
“E quindi, continuiamo con le domande?” Chiede, rossa in viso.
Io e il fratello annuiamo, ancora senza parole. Riesco a ricompormi e a pensare a una domanda, che in teoria dovrebbe essere abbastanza semplice, ma non così immediata da rispondere subito. Insomma, qualcosa che faccia riflettere mio padre e che ci eviti ulteriore imbarazzo.
“Dove trovate la pace?” Chiedo, soddisfatto della mia scelta.
Come speravo, i miei compagni d’avventura si fermano a riflettere. Sarà solo impressione mia, ma per un momento il volto di mio padre si rabbuia. Eppure, quando sbatto le palpebre, quell’ombra è scomparsa.
Ripeto, sarà solo una mia impressione.
Il primo a parlare, stranamente, è mio padre.
“Sinceramente? Nella solitudine. Adoro stare con le persone che amo, ma dopo tutti questi anni, devo dire che un po’ la solitudine mi manca…” Conclude mormorando fra sé e sé.
Kyle stringe le labbra, guardandolo in modo strano.
“In che senso ti manca un po’ la solitudine?” Chiede il ragazzino con diffidenza.
Nick guarda altrove. Apre la bocca per rispondere, ma non fa in tempo. Apparentemente dal nulla spunta la professoressa di spada di cui non ricordo il nome.
Insomma, l’idolo di Kyra.
Posa una mano sulla mia spalla, l’altra su quella della sua pupilla.
“Nicholas, immaginavo fossi seduto qui, ho sentito il tuo richiamo dall’altro lato della sala!” Afferma con una risata.
Mio padre sorride, poggiandosi una mano sul petto.
“Umilmente, ammetto i miei prodigi!”
Sento la spalla stringermi in una morsa, mentre la sento ridere alle mie spalle per la battuta.
“Oh Nicholas, quanto sei spiritoso!” Risponde, portandosi una mano alla bocca per nascondere parzialmente il sorriso.
Mi raccomando, più evidente, che se no si capisce che civetti.
Sposto lo sguardo su Kyra, sembra stia schiumando dalla bocca.
“Kyra, tutto bene?” Le chiedo, ricevendo in cambio un sorriso a denti stretti.
“Sto benissimo.” Risponde fredda.
Qua c’è qualcosa che non quadra. Mentre la professoressa gira dall’altro lato del tavolo, giro tra l’altro non semplice vista la lunghezza della tavolata, mi chino verso Kyra, tirandola per un braccio per avvicinarla.
“Kyra, che è questa storia? Sei per caso gelosa?” Le chiedo senza girarci attorno.
La ragazzina sbianca, scuotendo la testa.
“Io? Gelosa? Ma assolutamente no.” Risponde a voce forse un po’ troppo alta.
La guardo sospettoso, aspettando una risposta. Lei alza gli occhi al cielo.
“Greg, ti stai immaginando cose. Torna a mangiare, va’.” Dice alla fine, cercando di liquidare la questione.
Eh già, perché la cena non è ancora finita. Davanti a me trovo una vista angelica: un piatto di un dolce alla crema di cui, puntualmente, non ricordo il nome.
Mi sfrego le mani, impugnando la forchetta.
“E con il dolce, concludiamo il gioco, che ne dite? Greg?” Mi interrompe Kyle mentre ho ancora il boccone a mezz’aria.
Riluttante, riappoggio la forchetta sul piatto.
“Certo… ma voi non avete risposto all’altra domanda.” Faccio notare, invitandoli a dire la loro sull’argomento.
I gemelli scuotono la testa contemporaneamente. A volte è inquietante quanto siano sincronizzati.
“Non volete rispondere? Va bene. Allora che ne dite di porre l’ultima domanda?” Propongo, girandomi verso Kyle.
Il ragazzino ricambia inespressivo il mio sguardo
“Oh no, proprio adesso che mi stavo divertendo. Non possiamo continuare dopo? Ti prego, non voglio che finisca.” Finge di implorarmi senza alcun tono nella voce.
Ci guardiamo un secondo senza dire una parola.
“Ti senti simpatico?” Chiedo alla fine, imitando il suo modo di fare.
“Assolutamente” Risponde Kyle, sfoggiando uno dei suoi sorrisetti.
Sospiro il più lentamente possibile, cercando di calmarmi.
“Sai Kyle? Visto che questo gioco ti è piaciuto così tanto, ho deciso di lasciarti l’onore dell’ultima domanda.” Gli propongo, assumendo un tono più pimpante.
Il mezz’elfo sgrana gli occhi.
“Io? Sei sicuro?” Mi domanda indicandosi.
Annuisco con decisione.
“Sì, Kyle, sicurissimo. Su, forza! Fai una domanda.” Lo incito, dandogli un colpetto con il gomito.
Il ragazzino si gratta la fronte, è evidentemente a disagio.
“Beh, non è semplice. Fammi pensare un attimo…” Si ferma per concentrarsi.
“Ok, ce l’ho. Quand’è stata l’ultima volta che hai mentito?” Domanda al gruppo.
Immediatamente, sua sorella si allontana con una spinta dal tavolo.
“Ah no! Io non rispondo.” Afferma, incrociando le braccia al petto.
Ci voltiamo tutti verso di lei.
“Kyra, ti stai proponendo per caso?” Le chiedo divertito.
La ragazza scuote la testa energicamente.
“Io per stasera ho finito con questi ‘giochi intellettuali per gente disadattata’!” Continua, guardando da tutt’altra parte. Ha l’aria di una bambina che fa i capricci.
Trasalisco drammaticamente, portandomi una mano alla bocca per un effetto più drammatico.
“Kyra, ma ti sembra modo? Greg potrebbe offendersi, eh? Non è che per caso mi stai, e ci stai, nascondendo qualcosa?” Chiede il gemello, chinandosi verso di lei… quindi davanti a me.
Ma chi me l’ha fatto fare a sedermi al centro?
“Ehm… scusate, ma ho un urgente bisogno di andare nella stanza delle signorine a incipriarmi il naso!” Ci informa alzandosi.
“E da quando saresti una signorina?” Le urla dietro il fratello. Kyra, dal canto suo, risponde con un gesto non propriamente consono a una signorina.
Io e Kyle ci guardiamo insospettiti, ma decidiamo di lasciar cadere la questione.
“Signor Nicholas! Vuole rispondere lei alla domanda?” Chiede il ragazzino a mio padre, cercando di ravvivare la situazione.
L’interpellato tossicchia, tornando fra i presenti. Aveva fissato il vuoto durante tutta l’interazione con la ragazza.
“Io?” Chiede, preso in contropiede.
“Ma tutti una risposta date? Dai, alla fine, è solo una domanda in amicizia. E poi, non nasconderai mica qualcosa a tuo figlio, vero?” Chiede Kyle, alzando un sopracciglio.
Vedo scendere una goccia di sudore sulla fronte di mio padre, sta sudando freddo. Inizia ad agitarsi e, per sbaglio, urta una forchetta facendola cadere a terra.
Si china per coglierla, quando si rialza sbatte la testa contro il tavolo. Il colpo fa muovere i bicchieri. Io e Kyle li fermiamo poggiandovi una mano sopra. Alla fine vedo il volto di mio padre, adesso stranamente rosso, tornare in superficie, stringendo vittorioso la forchetta nel pugno destro.
“La forchetta… era caduta… dovevo prenderla, no? Che fa, la lasciavo a terra? Tua nonna non ha cresciuto buzzurri.” Afferma sulla difensiva.
Lo guardo sorpreso.
“Avevo una nonna?” Domando basito.
Kyle sbuffa.
“No, guarda. Certamente tuo padre è nato per mitosi!” Commenta sarcastico Kyle.
Sia io che mio padre lo guardiamo straniti.
“Per cosa?” Chiedo, visto che nessuno dei tre ha ripreso a parlare.
Kyle scuote la testa alzando gli occhi al cielo e si gira nuovamente verso mio padre.
“Allora, la risposta?” Domanda nuovamente cambiando argomento.
Mio padre si guarda un attimo intorno, alzandosi improvvisamente dal tavolo.
“Guarda, credo che mi stiano chiamando da un’altra parte” Dice sovrappensiero.
“Ma io non sento nulla…” Cerco di controbattere, ma mio padre mi zittisce con un gesto della mano.
“Sì, non senti?” Continua lui. Si gira leggermente verso destra, così da non farsi vedere da noi.
”Nicholas!” Fa lui con una vocina stridula, nascondendosi per non farsi notare. Si gira nuovamente verso di noi allargando le braccia.
“Che dire, quando il dovere chiama! Mi assento per un momento, ma torno subito, eh?” Dice gesticolando animosamente. Per allontanarsi, urta il tavolo e gli cade addosso una caraffa di vino e si sporca.
“Oh accidenti, quanto vino sprecato… e la mia uniforme nuova!” Borbotta, cercando di tamponare la macchia con un fazzoletto. Dopo un po’ rinuncia, buttando il tovagliolo sul tavolo.
“Niente, devo andarmi a cambiare per forza… il vino non si toglie con un po’ d’acqua, soprattutto su questi tessuti!” Commenta, allontanandosi.
Lo vediamo spostare gente e insinuarsi fra i gruppi, finché non raggiunge la porta ed esce dal nostro campo visivo.
Mi giro verso Kyle, ha la fronte corrucciata.
“Tutto bene?” Gli chiedo, chinandomi verso di lui.
“Non ti è sembrato un po’ strano?” Mi domanda di rimando, stringendo le labbra.
“In che senso?” Ribatto smarrito.
Kyle si ferma un attimo, toccandosi la bocca pensieroso.
“Non lo so… lascia perdere.” Dice, sedendosi dritto sulla sedia e schiarendosi la gola.
“Che fa, almeno tu mi vuoi rispondere?” Mi chiede, cambiando nuovamente argomento.
Scuoto la testa, lasciando le posate sul piatto.
“No, non mi va. Questo gioco mi ha stancato, sembra aver provocato più scompiglio che altro…” Commento, abbassando il tono.
Tossicchio, per riempire il vuoto che ha creato il silenzio sceso fra noi.
“Sai cosa? Vado a vedere se sono finite le pietanze. Ho ancora un certo languorino.” Commento alzandomi da tavola.
Kyle apre le braccia.
“Davvero? È da una serata che chiedi solo tu e quando io pongo una sola domanda… nessuno mi risponde?” Mi domanda irritato. Non lo ascolto e inizio ad allontanarmi.
“E mi pianti così?” Mi urla dietro.
Ancora una volta, lo ignoro.
“Sei una grandissima e indecorosa faccia di-“ Non riesco a sentire la fine, mi sono allontanato troppo.
 
Pov Kyle
Ma tu guarda questi qua, non posso crederci. Davvero, è incredibile. Io, come un povero disgraziato, cerco di mettere via il mio carattere da orso e ogni istinto di riservatezza per passare una serata tranquilla con i suoi amici e cosa fanno i miei amici? Mi abbandonano da solo al tavolo. Non so più cosa dire a proposito, adesso ci manca solamente che venga a disturbarmi quel vecchio zotico di Yesmallion con quel nano verde di Pancrazio al suo seguito per chiedermi chissà che cosa.
E ovviamente, chi spunta dal nulla manco fosse stato evocato con qualche rito satanico?
“Kyle, vedo che sei in buona compagnia.” Mi dice, temo ironicamente, una vecchia voce, mentre una mano mi si poggia in maniera più o meno delicata sulla spalla sinistra.
Ricambio con uno sguardo trucido.
“Che vuole?” Gli chiedo freddamente.
Mi porge un violino.
“Ricordi quello di cui abbiamo parlato a inizio serata?” Continua.
“No e non mi interessa” Ribatto, tornando a guardare il piatto.
 “Vuoi avere problemi?” Mi domanda Pancrazio.
Rido sarcasticamente.
“Più di quelli che già ho?”
“Su, signorino Kyle, non può ritrattare la parola data. Deve suonare per noi.” Mi esorta l’aiutante.
Alzo un sopracciglio, girandomi verso di lui.
“E pensi che un coso verde sottosviluppato come te possa dirmi quello che devo fare o meno?”
“Io no, ma il grande, GRANDE Yesmallion, che tutto può e tutto muove, sì!”
Rido e scuoto la testa.
“…e poi non vorrai mica che lo dicessimo a tua sorella, vero?” Aggiunge Pancrazio, con fare, oserei dire, malvagio.
“Come se lei mi potesse obbligare…” Mormoro fra me e me.
Ma non ci crede nessuno.
“…va bene, va bene. Dammi questo stramaledetto violino!” Dico alla fine, afferrando malvolentieri lo strumento.
Mi dirigo controvoglia verso il palco, o meglio quello che un architetto pagato poco e male definirebbe tale, dove ci sono gli altri musicisti, che si preparano per l’esibizione.
Velocemente, ci accordiamo sui pezzi da suonare e controllo che il violino sia accordato. Con piacere noto che almeno questo favore Yesmallion me l’ha concesso.
Mi posiziono sul palco. Davanti a noi si stanno raggruppando i nostri compagni.
Posiziono il violino sotto il mento e preparo l’archetto.
Prendo un respiro profondo.
 
POV. Greg
Un cameriere mi si accosta e mi avverte di rientrare in sala per l’apertura delle danze.
“Danze? Ci metteremo a danzare, intendo seriamente?” chiede Kyra.
“Beh, mi pare ovvio.” Borbotto.
La ragazzina fa un’espressione non proprio compiaciuta.
La prendo per un braccio e la trascino verso la folla.
Su, andiamo. Non esiste che mi lasci da solo adesso, inutile che ti lamenti… e poi c’è tuo fratello che suona, vorrà un minimo di sostegno, no? Almeno da sua sorella.” Le dico per convincerla, ma ottengo uno sbuffo come risposta.
“Non puoi sempre usare mio fratello come ‘pedina’ per muovermi a fare cose che non voglio!” Si lamenta.
Con uno strattone si libera dalla mia presa.
“E va bene… andiamo dentro.” Afferma precedendomi.
Che senso ha precedermi se stiamo andando nello stesso identico posto?
Lasciamo perdere…
 
Entrati in sala, la tavolata è completamente vuota. Si sono accalcate tutti verso il palchetto leggermente rialzato, costruito apposta dall’altro lato della sala.
Le luci sono state spente, rimangono accese solo quelle del palchetto, dal quale proviene la musica di un violino solitario. Non si riesce a vedere chi stia suonando, la folla è troppo fitta.
Il brano che sta suonando inizia lento, ma più prosegue, più si trasforma in giga.
Io e Kyra, dopo uno sguardo d’intesa, avanziamo nella massa di gente, scostando persone per farci strada.
Quando arriviamo in prima fila, vediamo Kyle al centro del palco. Sta suonando a occhi chiusi, completamente immerso nella musica e in un suo mondo, mentre muove l’archetto con maestria sulle corde. La sua espressione cambia accordandosi alle emozioni espresse dalla canzone.
Gli altri musicisti sono seduti dietro di lui in semicerchio, anche loro osservano con trasporto l’esibizione, appoggiati sui propri strumenti.
Nella sala è calato il silenzio, sono tutti presi dallo spettacolo.
Kyle suona l’ultima nota e riapre lentamente gli occhi. Sembra accorgersi per la prima volta della folla.
Rimane spiazzato.
Il silenzio viene interrotto dall’applauso di Yesmallion, lento e assordante nella calma generale, accompagnato da un commento sprezzante di Pancrazio.
“Io lo so suonare meglio…” Borbotta l’assistente, abbastanza forte da essere sentito.
Il rettore fa apparire un violino da solo Warlord sa dove e lo porge e Pancrazio, per poi indicare il palco.
“Su allora, mostraci le tue abilità.” Lo incita bonariamente.
Pancrazio accetta l’offerta. Prende il violino e pizzica alcune corde. Poggia l’archetto, lo muove per produrre la prima nota e… i crini dell’archetto si sganciano, lasciando il povero diavolo a occhi sgranati.
Nella sala scoppia l’applauso generale, mentre Pancrazio mortificato restituisce il violino a Yesmallion e esce dalla folla.
Cala di nuovo il silenzio, mentre il resto degli invitati, in trepidante attesa di un qualcosa, si gira verso il palco.
Kyle non sa che fare. È immobile con il violino sulla spalla e l’arco in mano a osservare la scena che gli si para davanti.
Dei colpi di tosse provenienti dal pubblico lo fanno tornare alla realtà. Sbatte velocemente le palpebre e si gira spaesato verso i musicisti.
Alla fine, decide che fare. Agita l’archetto del violino in aria e conta fino a quattro, al quale segue un’esplosione di melodia.
Senza preavviso, vengo letteralmente preso sottobraccio, alzato di peso e trascinato dalla folla in un giro sfrenato.
“Che sta succedendo?” Urlo a Kyra, a qualche persona di distanza da me.
“Non lo so!” Mi urla di rimando. “Tu segui il flusso!” Aggiunge.
Beh, ci sarà un motivo se si dice ‘Se sei nel ballo, inizia a ballare’.
Ma qui, il detto non regge, perché di sicuro questo non è ballare!
L’unica cosa che sto sentendo, oltre la musica, è un dolore lancinante in tutto il corpo.
Ho preso solo spallate e strattoni a destra e a manca, in un turbinio di persone per il quale sarei sicuramente caduto per terra, ma questo non succede perché prima che il mio corpo possa cedere alla forza di gravità, il ciclone di spallate e strattoni mi fa inevitabilmente spostare verso un’altra persona, che mi farà spostare un’altra volta ancora e poi ancora... e ancora... e ancora.
Dopo cinque minuti di questo delirio, alla trentaquattresima spallata e al ventiquattresimo strattone, finisco, giustamente e con un certo gaudio nell’animo (e nelle mie ossa), con il sedere per terra.
Warlord sia lodato, sempre!
Mi rialzo, con un po’ di fatica, da terra e mi sistemo il vestito, che in questo momento sta puzzando peggio dell’ascella di un troll sudato.
Cerco con lo sguardo Kyle, il ‘responsabile’ di questa orda barbara che si è venuta a creare, ma lo vedo intento ancora a suonare. Sembra felice lassù sul palco, come se fosse isolato da tutto il resto, ma penso non si renda conto di quello che sta succedendo quaggiù, tra i comuni mortali.
In attesa di una musica un po’ più alla portata dei miei piedi (ho dimenticato di menzionare i pestoni che ho preso nel mucchio selvaggio di anime ‘danzanti’), cerco un posto a sedere.
Noto in lontananza, seduta un po’ in disparte, Kyra. In quel marasma l’ho persa di vista dopo qualche minuto.
Mi avvicino verso di lei, la vedo e non mi sembra a suo agio.
Perché le donne, anche quelle non umane, hanno tutte questo senso di... come dire... estraniamento e di non ‘sentirsi parte attiva di qualcosa’?
Ogni volta con il broncio, ogni volta con lo sguardo pensieroso, ogni volta sospiranti, ogni volta c’è un problema.
Perché sembrate - e fate - sempre le difficili?
Ma forse sono io che penso troppo superficialmente e semplicisticamente.
Mi asciugo via i pensieri e il sudore dalla fronte, tirandomi il ciuffo via dalla faccia, mentre prendo una sedia per sedermi accanto a lei.
Non credo si sia accorta di me, la vedo concentrata verso un punto indefinito della sala.
Faccio un colpo di tosse per attirare la sua attenzione.
Nessuna reazione. Forse la musica e la folla coprono ogni minimo rumore.
Ne faccio un altro, un po’ più forte.
Niente.
Ne provo un terzo, ma ancora nulla.
Un quarto. Un quinto. Nessuna minima reazione.
Sarei tentato di pestarle un piede, ma il dolore ai muscoli e alle ossa, il fatto che lei sia, per quanto non possa sembrare, una donna e, soprattutto, perché è Kyra (e ci tengo alla mia vita), mi fanno optare oper qualcosa di più consono. Le busso, quindi, alla sua spalla.
Sembra ridestarsi da quei suoi pensieri, vedendomi.
“Sei riuscito a uscire da lì?” Mi chiede, indicando la folla, con un po’ di sorpresa.
“Sì, sembrava impossibile… ma ce l’ho fatta!” Le rispondo, sforzando la voce per assomigliare a qualcuno di più grosso e barbuto.
Ride, facendomi scorgere in lei quel minimo di sensibilità femminile, quel senso di ingenuità, che ho sempre visto nelle ragazze.
Ma in lei, questa ‘normalità’, mi sembra eccezionale e unica.
Cerco di scacciare via questi pensieri. Riprendo il discorso.
“Beh, anche tu ne sei uscita fortunatamente illesa, no?” le faccio notare, indicando i miei piedi doloranti.
“Io? Io ne sono uscita appena è iniziata. Non credo sia qualcosa che faccia per me.” Mi informa, tornando a guardare il vuoto.
La guardo stranito.
“In che senso non fa per te? Non ti piace ballare?” Le chiedo con curiosità.
Mi torna a guardare, ma in maniera vuota, come se si fosse dimenticata della mia presenza.
“Per quanto tu possa considerare questo groviglio umano ‘ballo’, no.” Mi risponde, con cinico sarcasmo. “Più o meno.” Aggiunge, con dubbiosa indecisione.
Cerco di entrare nei suoi contorti pensieri, non me la racconta giusta.
Da una parte le do ragione, dall’altra ho il sentore quasi certo che non mi stia raccontando tutta la verità.
“Descrivi ‘più o meno’.” Affondo il coltello della curiosità un po’ più a fondo.
“Così. Non c’è un motivo preciso.” Si mette sulla difensiva.
Faccio un leggero cenno di disapprovazione con la testa. Il dubbio comincia a fomentare.
“Sento puzza di bruciato… sai che con me puoi aprirti.” Affondo il coltello ancora un po’ più a fondo, ma con cautela.
“Credi che ci sia sempre qualcosa sotto, Greg? Non può essere che qualcosa sia in una certa maniera perché è così e basta? No? Ci deve essere sempre qualcosa.” La vedo agitarsi un po’, questo atteggiamento difensivo mi porta a pensare che, sì, c’è qualcosa in più.
“Perché stai alzando la voce?” Le faccio notare.
“Perché c’è rumore e penso che tu non mi senta!” Risponde con una vena di sarcasmo.
“Ma ti sentivo benissimo già prima.” Le faccio di nuovo notare.
“E allora te lo ripeto: io non ballo.” Ribatte categoricamente.
“A me sembra che tu non voglia farlo.” Incalzo, non contento.
“Infatti. Non ballo perché non voglio. E poi, non mi piace.” Appunta.
“Hai mai provato a farlo?” Rincaro.
Esita un attimo.
“Veramente, no.” Risponde, scoperta.
“E allora come fai a sapere che non ti piace, se non hai mai provato a farlo?” Incalzo ulteriormente.
“Credimi, lo so e basta.” Conclude infastidita.
Decido di alzarmi e di mettermi davanti a lei.
“Finché non mi dirai la verità non mi smuoverò da qui davanti.” Le do un ultimatum.
Mi guarda neutralmente.
Decido di fare un qualcosa di inaspettato.
Le porgo una mano.
“Alzati, vieni a ballare con me.” Le propongo, in maniera forse troppo impositiva.
“Ancora? Sei insistente. Comunque, no.”
Sì, decisamente troppo impositivo.
“Signorina Greywood, mi concederebbe questo ballo?” le chiedo smielato, ma di solito alle donne questo piace.
“La ringrazio dell’invito, signor Carter, ma temo di non essere incline a ottemperare alla sua richiesta.”
Ok, o mi sta prendendo in giro con uno scioglilingua o sono io troppo ignorante per capirla.
“Che?” Le chiedo.
“…vuol dire no” Spiega, deludendomi.
“E dai, Kyra! Cosa devo fare per convincerti?” Le chiedo ormai spossato.
“Nulla, potresti anche evitare di essere così insistente, per esempio. Magari mi ammorbidisco.” Mi liquida.
Ok, adesso sono stanco.
Braccia incrociate davanti a lei, sguardo serio nei suoi confronti, e riesco per virtù divina ad alzare il mio maledetto sopracciglio sinistro, come ormai sanno fare tutti in questo dannatissimo mondo.
“Dimmi la verità, Kyra.” La incito gravemente.
“Cosa?” Mi risponde seccata.
Le pongo davanti il dito accusatore.
“Si vede che stai fremendo per alzarti e ballare, ma qualcosa ti blocca. So che dentro di te c’è qualcosa che può smuoverti da quella sedia. So che puoi ballare!”
“Ma io non so b-“ Farfuglia Kyra.
“Cosa?” Chiedo.
“Io non so ballare!” Urla, non rendendosi conto del volume della sua voce.
Quelli seduti vicino a noi, si girano incuriositi.
Li guardo male, come a dire loro che non sono fatti che li riguardano.
“Come sarebbe a dire che non sai ballare? Voi elfi avete la musica nel sangue!” Ribatto.
“Mezz’elfo, non dimenticare. Mai ballato, mai piaciuto e poi…mi vergogno, non so come si fa.” Mi fa, prima a mo’ di appunto, e poi in confidenza.
“Ti vergogni o non sai come fare? Sono due cose diverse…” Le chiedo, facendole notare la differenza.
“Non lo so, so solo che non ho voglia di ballare.” Ribadisce.
Decido di fare la mia mossa.
“Dai Kyra! Ballare… è tra le cose più semplici che si possono fare nella vita, e poi… qui hai un maestro di ballo d’eccezione!” Mi mostro in tutta la mia grazia e leggiadria, mettendomi in posa.
Alza il sopracciglio destro. Lo odio, è più forte di me.
“Saresti tu? Posso immaginare…” Dice ridendo.
“Quanto sei cinica a volte…” Rispondo amareggiato.
“Sai, potrei anche accettare. Ma la musica non me lo permette. Magari qualcosa di un po’ più calmo, potrebbe farmi cambiare idea.”
In quel momento, la musica si ferma, tra gli applausi di tutti.
 
P.O.V. Kyle
Finito.
Altri 5 minuti così e svenivo sul palco.
O magari avrei continuato anche senza violino, come se avessi un tic nervoso.
Quello che ho potuto sudare adesso, potrebbe essere contenuto in 10 botti usate per il vino, non scherzo.
Forse ci vuole un bel minuto e mezzo di pausa, no?
Sguardo d’intesa con i musicisti e decidiamo di andare a rifocillarci al buffet, ma veniamo fermati dal vecchio e dal suo aiutante, tornato alla ribalta, dopo i suoi 3 secondi di fiasco.
“Signori, siete stati incredibili. La gente saltava a destra e sinistra, spintoni, strattoni, sembrava una folla inferocita!”
I ringraziamenti si sprecano tra i musicisti.
“Anche tu, Kyle. Non male per un ragazzino, suoni il violino con la maestria di un adulto. È proprio vero che voi elfi avete la musica nel sangue.” Si congratula Yesmallion.
“Mezz’elfo. La ringrazio per i complimenti, ma adesso avrei proprio bisogno di un bel bicchiere d’acqua. Ho la bocca secca. Arida. Ho sete, insomma. Abbiamo sete.” Dico indicando il gruppo alle mie spalle.
“Beh, sicuramente vi rifocillerete a fine concerto.” Risponde il vecchio con un sorriso a trentadue denti.
“A fine concerto? Non abbiamo ancora finito?” Domando preso alla sprovvista.
“Ragazzi, vi siete dimenticati del bis?” Chiede a sua volta, serio.
No. Assolutamente no. Niente bis.
E la disinvoltezza con cui ce lo impone mi fa fumare le orecchie. Letteralmente.
Va bene, non le orecchie, ma le mani.
Insomma... volevo passare solo una serata tranquilla con i miei amici, a rilassarmi dopo che questo vecchio decrepito ci ha mandati a morire nella foresta.
È chiedere tanto?
“Ma sai dove puoi infilartelo il bis?” Mormoro a denti stretti, cercando di calmarmi.
“Come osi rivolgerti così al grande, GRANDE…” Inizia Pancrazio.
“Tu zitto, fungo!”
“Fungo a chi?”
Il vecchio tenta di riportare l’ordine.
“Non dico tanto, ma almeno una canzone sola. E poi avrete quello che vi spetta.”
Tende la mano verso di me, che ormai rappresento il gruppo musicale.
Mi massaggio la fronte, ad altezza sopracciglio, ma alla fine gliela stringo.
“Va bene, ma la prossima volta non mi venga a cercare. O comunque, almeno avverta un po’ prima. E con un po’, intendo almeno una settimana prima, un mese, un anno, e non 1 ora prima, va bene?” Impongo le condizioni guardandolo dritto negli occhi.
“Parola di mago.”
“Per quanto possa valere…” Aggiungo sottovoce.
Risatina del vecchio, con il fungo verde che mi fissa male, come a volermi mandare un maleficio contro.
A malincuore, con una sete da matti e una stanchezza incredibile, riprendo posto sul palco con il violino e gli altri membri fanno lo stesso.
E mi chiedo: ma perché invece di riprendere in maniera scalmanata come prima, non facciamo qualcosa di più rilassante? Più calma.
Un bel lento.
Deciso.
So anche da dove prenderlo.
Faccio un cenno ai musicisti.
Archetto in su.
E un-due-trè, un-due-trè…
 
P.O.V. Greg
La musica riprende, ma con ritmi e melodie molto diversi da prima.
Sembra quasi una ninna-nanna.
Vedo Kyra cambiare in viso, forse ha riconosciuto la canzone.
È il momento. Le tendo, di nuovo, la mano.
Lei l’accetta e la tiro delicatamente su dalla sedia.
L’accompagno verso il centro della sala, sotto gli occhi di tutti.
Non so se vergognarmi nel sentirmi osservato, oppure non dare conto degli sguardi, che magari giudicano, magari no.
Per il momento non sembra importarmi di tutto il resto, voglio lasciarlo fuori.
Per tutto il tempo che servirà.
“Conosco questa canzone: è una vecchia ninna-nanna elfica, ce la suonavano sempre i nostri genitori prima di andare a dormire. La ballavo con mio padre, in punta di piedi sulle sue scarpe.” Dice Kyra, con un velo di malinconia nel tono della voce e negli occhi.
“Allora hai ballato almeno una volta…” Ribatto con una risatina.
“Per quanto lo si possa definire tale.”
Io annuisco, non penso che servano parole al momento.
O almeno, non servono le mie di parole.
Giungiamo in un punto vicino al centro della sala.
“Ok, Kyra. Adesso ti insegnerò a ballare.” Le dico, dall’alto della mia (poca) esperienza.
“…va bene” Risponde lei, un po’ titubante.
Beh, non è che sappia proprio ballare. Ma è da anni che osservo le persone mentre ballano, quanto mai sarà difficile?
“Bene, ehm, innanzitutto credo che le mani debbano stare così”.
Con la mano destra, prendo la sua e la porto su, all’altezza delle nostre spalle, mentre poggio la mano sinistra sul suo fianco e la sua mano si pobbia sulla mia spalla.
“E adesso?” Mi chiede Kyra.
“Adesso, seguimi.”
Un passo a destra, uno indietro, uno a sinistra e uno avanti.
Destra.
Indietro.
Sinistra.
Avanti.
Così, ogni tre battiti, all’infinito.
Quanto spero che duri.
Sotto il suono di un violino, che colora quell’aria di verde, di qualcosa che posso chiamare casa.
Cominciamo a girare su noi stessi.
Un poco alla volta, sempre un po’ più stretti tra di noi.
Non ho il coraggio di guardarla negli occhi, più per imbarazzo che per altro.
Non abbiamo la stessa età, siamo semplici amici, tutto quello che faccio o penso, sembra così sbagliato.
Però, la sua compagnia mi fa piacere, in questo momento.
Per quanto non sembri, la Kyra di questo ballo non è la Kyra che conosco.
È come se avessi riconosciuto qualcun altro in quegli occhi.
Qualcuno di familiare.
Qualcuno che faceva tremare le mura della mia anima.
Melody?
No, non può essere.
Non posso pensare a qualcosa del genere.
Lentamente, ci fermiamo in mezzo alla sala.
Ho bisogno di uscire da lì, troppa gente fa male ai pensieri, non fluiscono.
Ma non posso lasciare Kyra in questo modo.
La vedo: sembra sognante, felice, le spezzerei il cuore.
“Senti Kyra…”
“Sì, Greg?”
“Io…”
Mi guarda, come mai ha fatto prima. Devo resistere.
“Sì?”
“Io…devo uscire di qui.”
“Va bene, andiamo fuori.” Mi risponde, tirandomi per la mano.
“No, Kyra. Devo, io, prima persona singolare.” Le rispondo, lasciandole andare la mano.
Si blocca. Forse ha capito. Forse no.
“Ah, ok. Va bene. Vai a prendere una boccata d’aria.” Dice, più o meno atona. Forse è delusa e non vuole farmelo capire.
“Sicura? Non vorrei offenderti, è l’ultimo dei miei pensieri.”
“No, tranquillo. Aspetterò qui, posso capirti.” Ok, adesso è decisamente delusa.
Lei sa quello che sto pensando, ne sono sicuro.
“Credimi, non è perché non voglia la tua compagnia, o che non mi piaccia la tua compagnia. Anzi, mi piaci eccome… ehm, volevo dire, mi piace molto la tua compagnia, ma non in quel senso, cioè… devo uscire.”
Scappo.
Come il più codardo tra i codardi, esco fuori da quella sala.
La musica, dolcemente, conclude il suo corso, così dolce nel suo proseguire e così spietata nel suo arrestarsi, bloccarsi e riportarti alla realtà delle cose che non sono mai come tu puoi immaginartele.
Qualcuno lo diceva, tempo addietro: “Non si può vivere nei sogni, per quanto siano belli. Prima o poi, devi svegliarti.”
Acqua. Ho bisogno di sciacquarmi la faccia.
Decisamente.
  
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