CAPITOLO 4
Jane
tornò, come promesso, a Buckingham Palace la mattina
seguente. Le fecero bere
la malia della verità e la interrogarono nuovamente.
Henry
Bennett, che da quanto aveva capito era il medico ufficiale del
consiglio, la
portò nel laboratorio.
A
differenza del laboratorio da stregone dove di solito Will trascorreva
il suo
tempo, il laboratorio medico somigliava più a quello di un
chimico. Le pareti
erano completamente bianche, una di esse era ricoperta da scaffali
piene di
boccette di vetro variopinte (Jane intuì fossero malie), al
centro del
pavimento piastrellato c’era una sedia imbottita che
somigliava
straordinariamente ad una poltrona da dentisti. Vicino alla scrivania
c’era un
computer che aveva l’aria d’essere molto complicato.
-Come
stai, Jane? - le chiese Henry cercando di metterla a suo agio.
-Al
momento, signor Bennett, non so risponderle- gli confessò
Jane. Era vero, non
avrebbe saputo rispondere, provava uno strano miscuglio di emozioni
dalla sera
precedente, tanto che, una volta tornata a casa e andata a letto, non
era
riuscita a chiudere occhio, neanche le gocce di biancospino di Mike
l’avevano
aiutata.
Henry
rise.
-Beh,
credo sia piuttosto normale considerato tutto- Henry prese un ago
sterilizzato
dal cassetto. -Siediti, per favore- le disse indicandole la poltrona da
dentista.
-Cosa mi
farà? - chiese Jane.
-Ho
bisogno di un campione del tuo sangue, nulla di terrificante,
tranquilla- le
rispose Henry.
Jane si
sedette mettendosi più comoda possibile, Henry le prese il
braccio e posizionò
la sua mano sulla vena. Jane percepì un calore confortevole
attraversarle la
pelle per poi dissolversi.
-Che
cos’era? - gli chiese Jane.
-Ti ho
anestetizzato la zona- le rispose Henry mentre le prelevava il sangue.
Jane non
si accorse neppure dell’ago.
Henry,
con la siringa piena, si avvicinò al computer ed
inserì il sangue in un
contenitore ad esso collegato, apparvero dei dati sullo schermo.
Henry
diventò di ghiaccio. Non si muoveva, non parlava,
l’unica cosa che faceva era
continuare a fissare il monitor.
Jane,
notando quello strano comportamento, iniziò a sudare freddo.
C’era qualcosa che
non andava?
-Signor
Bennett? - trovò il coraggio di chiamarlo.
Henry si
girò verso di lei risvegliandosi dallo stato di trance in
cui era caduto. Jane
notò che era sbiancato.
-Va
tutto bene? - chiese preoccupata.
-Sì,
è
tutto a posto, permettimi di controllare un’ultima cosa-
disse prendendo due
fili collegati al computer.
Avevano
una ventosa all’estremità che Henry
posizionò sulle tempie di Jane.
-Chiudi
gli occhi e cerca di rilassarti- le disse sorridendole.
Rilassarsi
non è facile quando si hanno dei fili colorati collegati
alla testa. Nonostante
ciò cercò di fare quello che il signor Bennett le
aveva consigliato, anzi,
ordinato.
Henry
tornò a guardare lo schermo del computer e, ancora una
volta, rimase di sasso.
Non poteva essere vero, i dati sullo schermo non avevano alcun senso,
com’era
possibile una cosa del genere? Com’era possibile un essere
del genere?
Dei
rumori provenivano dalla sala d’addestramento, Tamira
entrò trovando Dante ad
allenarsi con l’uomo di legno, uno strumento per perfezionare
le tecniche di
combattimento orientali. Stava mettendo troppa forza nei movimenti, se
avesse
continuato a colpirlo così forte lo avrebbe di certo rotto,
nonostante ciò, non
si fermò.
Solo una
volta lo aveva visto allenarsi con altrettanta foga, durante la prima
missione
di Will.
-Stressato?
- Gli chiese facendolo girare verso di lei.
Dante le
sorrise voltandosi per prendere l’asciugamano sulla panca.
-Tu che
ne dici? - le chiese sarcastico.
-È
per
la nuova ragazza? - azzardò Tamira.
-Jane-
la corresse Dante. Tamira sorrise beffarda -Sì- ammise lui.
-Credevo
ti piacesse- disse Tamira.
-Beh, a
differenza di quanto si può credere, non mi fido di lei- le
spiegò Dante.
-Sei
stato te a portarla qui o sbaglio? - gli fece notare Tamira con una
punta di
rimprovero nella voce.
-Non
sbagli, ma l’ho fatto solo perché possano tenerla
sotto controllo- disse Dante
saccente.
-Solo
per questo? - gli chiese alzando un sopracciglio.
-Non
fare quella faccia- la avvertì.
-Quale
faccia? - chiese lei.
-la
faccia da “Io sono Tamira Collins e so tutto”-
disse imitandola.
-È
così?
- lo stuzzicò sorridendo beffarda.
-Ah, sta
zitta! - le disse ridendo e lanciandole l’asciugamano.
Tamira
lo afferrò prima che le finisse in faccia.
-Voglio
sentirtelo dire, avanti- lo sfidò appallottolando
l’asciugamano per poi lanciarglielo
indietro.
Dante lo
prese, guardò Tamira per un po’, aveva la
determinazione di un leone quella
ragazza.
-L’ho
portata qui perché non avevo alcuna intenzione di tornare a
mani vuote- ammise
sospirando.
-Ah, il
dolce suono della verità.
Henry si
avvicinò a Jane togliendole i cavi dalla testa. Jane,
sentendo il signor
Bennett così vicino aprì gli occhi, la prima cosa
che vide fu proprio il volto
diafano del medico, la sua pelle aveva assunto uno strano colore
grigiastro e
aveva gli occhi vigili spalancati, respirava pesantemente anche se
stava
cercando di nasconderlo. Era spaventato? Era Jane quella che doveva
esserlo,
era a lei che era stato prelevato del sangue, era lei quella che era
stata
collegata al computer. Che cosa aveva letto su quello schermo che lo
turbava
tanto?
-Puoi
aspettarmi un attimo qui, Jane? - Le chiese lui in tono gentile.
Lei
annuì.
Henry le
sorrise ed uscì dal laboratorio.
Jane
aspettò che fu abbastanza lontano per scendere dalla sedia e
scappare via. Se
il signor Bennett credeva che non si fosse accorta del suo strano
atteggiamento
si sbagliava, se credeva di averla incantata con le parole gentili si
sbagliava, se credeva che non avesse provato a scappare…beh,
non poteva essere
più in errore.
Si
ritrovò a camminare per un lungo corridoio della sera prima,
la porta d’uscita
non era troppo lontana, certo sarebbe stato strano per le guardie
trovare una
perfetta sconosciuta in mezzo all’ingresso di Buckingham
Palace ora che la
malia celante aveva esaurito il suo effetto. Jane frugò
nella tasca del
giacchetto di Jeans tirando fuori la fiala in vetro che Dante le aveva
dato la
sera prima, era vuota, l’aveva utilizzata tutta per entrare a
palazzo.
-Magnifico-
disse tra sé e sé.
Percepì
una strana sensazione al polso, un pizzicore, si ricordò
della catenina dorata
con cui Dante le aveva gentilmente sottratto la libertà di
andarsene. Alzò gli
occhi al cielo, come mai l’effetto della catena non si
esauriva e quello della
malia celante sì?
Jane
sentì delle voci poco lontane.
-È
per
la nuova ragazza?
-Jane,
sì.
Sentendo
il suo nome decise di avvicinarsi arrivando all’ingresso di
una specie di
palestra, non entrò, rimase nascosta dietro la porta.
Erano
Dante e Tamira a parlare, perché stavano parlando di lei?
Domanda stupida, era
ovvio che parlassero di lei! Era quella nuova, il nuovo giocattolino,
chissà
quanto doveva essere eccitante per loro avere questo mistero tra le
mani.
-Beh, a
differenza di quanto si può credere, non mi fido di lei-
disse Dante.
Jane non
aveva alcun dubbio su questo, non ne rimase sorpresa la cosa che la
fece
arrabbiare fu sentirlo dire che l’aveva portata qui solo per
non tornare a mani
vuote, cos’era lei? Un osso per cani da riportare al
padroncino?
-Che
cosa fai qui fuori?
Henry
entrò nell’ufficio di Donna, era un ufficio
abbastanza grande e luminoso, i
mobili erano in legno di rosa ed il colore predominante era il blu
delle
pareti, Henry sapeva, come tutti i consiglieri, che quel blu grigiastro
era il
colore preferito da Donna.
-Spero
che tu sia qui per darmi delle risposte, Henry.
-Ho
effettuato i test sulla ragazza- disse Henry con voce spezzata.
-Ebbene?
- chiese severamente Donna.
-Non ho
mai visto niente del genere- confessò Henry, la sua fronte
era imperlata di
sudore freddo, solo ora Donna sembrava averci fatto caso.
-Parla
Henry, non mi piace essere tenuta sulle spine- chiese, quindi,
impaziente.
-Dai
risultati emerge che ha sangue di elementale nelle vene…-
disse Henry prima di
venire interrotto.
-È
un
invisibile dunque, e io che credevo…
-…e
di
stregone- finì Henry interrompendo Donna.
Quest’ultima
aveva gli occhi chiari spalancati e le labbra socchiuse, forse non
aveva capito
bene.
-Che
cosa hai detto? - chiese Donna con un filo di voce.
-Possiede
sangue di elementale e, di stregone- ripeté Henry con
più convinzione.
Com’era
possibile una cosa del genere? In tutta la loro storia non si era mai
sentito
di un essere dalla doppia natura, persino i mutaforma più
temibili ed esperti
non erano in grado di esercitare due diversi poteri nello stesso corpo.
Se
quella ragazza fosse finita nelle mani sbagliate… no, non
doveva succedere e
non sarebbe successo, non lo avrebbe permesso.
-Henry,
chiama i rappresentanti e porta la ragazza nella sala del consiglio.
-Che
cosa vuole farne? Di Jane, intendo- chiese con un filo di
preoccupazione.
-Non
c’è
da preoccuparsi.
Il
ragazzo alle sue spalle la colse di sorpresa, con le mani nel sacco,
spaventandola, dannazione! Poteva andare peggio?
Jane si
voltò riconoscendo la figura del giovane dai capelli rossi.
-Will,
era Will, vero? - chiese imbarazzata.
Will
annuì appena.
-Stai
spiando? - le chiese.
-No! -
esclamò Jane indignata.
-A me
sembra proprio di sì, invece- insistette lui.
-Ho
sentito che parlavano di me e mi sono avvicinata, ecco tutto-
spiegò lei.
-Quindi
stai spiando.
-Cosa?
No, io…ah! Pensa quello che ti pare! - Jane
diventò rossa in viso per la
vergogna, sentiva una voragine nel petto.
-D’accordo,
d’accordo- disse Will liquidando la faccenda,
guardò all’interno della sala
d’addestramento, Dante e Tamira stavano ancora discutendo
ignari della loro
presenza.
-Non dice
sul serio- disse a Jane.
-Di chi
parli? - chiese lei.
-Di
Dante, non ti ha portata qui solo perché non voleva tornare
a mani vuote, cioè,
in parte è così, ma portarti qui costituisce un
enorme rischio per lui, non ci
si può fidare di nessuno ultimamente- sospirò.
-Perché?
Che succede “ultimamente”? - chiese Jane
incuriosita.
-Ah no,
mi dispiace, ho detto anche troppo, sono affari del consiglio- si
difese Will.
Jane
alzò gli occhi al cielo, perché loro dovevano
sapere tutto di lei al punto di
esaminarla e lei non poteva sapere niente su di loro? E la chiamano
giustizia…
-Ah! -
Will si lamentò portandosi le dita alle tempie. Le fitte dei
messaggi telepatici
erano ancora troppo intense per uno stregone del suo livello.
-Ehi, va
tutto bene? - gli chiese Jane sinceramente preoccupata.
-Si, si,
non è niente- liquidò in fretta lui. -Dobbiamo
andare alla sala del consiglio-
le disse.
-E chi
lo dice? - gli chiese incrociando le braccia.
-Mio
padre, tra l’altro credono che tu sia scappata e se non vuoi
finire in guai
seri dobbiamo fare in fretta.
Jane si
chiese se le avessero inflitto qualche tipo di tortura come punizione,
al
pensiero le venne la pelle d’oca.
-Ehi,
ragazzi! - Will entrò nella sala chiamando Dante e Tamira,
Jane lo seguì senza
pensarci troppo, i due si voltarono verso Will, gli occhi di Dante si
posarono
severi su Jane.
-E lei
che fa qui? Non dovrebbe essere con Henry? - chiese.
-Sì,
a
questo proposito, siamo tutti convocati dal capo consigliere- disse
Will.
-Perché?
Che è successo? - chiese Tamira, confusa ed anche un
po’ preoccupata, non è mai
un buon segno quando si è convocati da Donna Hastings.
-Non ne
sono sicuro, ma credo abbiano scoperto qualcosa sulla nostra ospite-
suppose
Will.
-Potreste
non parlare come se non ci fossi- chiese irritata Jane.
-Allora
non c’è tempo da perdere- continuò
Dante ignorandola completamente.
-No,
credo anch’io- concordò Will.
Jane
sospirò.
I due
ragazzi si diressero a passo svelto verso il corridoio, seguiti dalla
figura
snella di Tamira che, poco dopo, si voltò verso Jane
sorridendole.
-Andiamo?
Nella
sala del consiglio dominava un’atmosfera carica di tensione,
i quattro ragazzi
ne sentirono il peso sulle spalle da subito. Donna era al centro della
sala
spalleggiata dal padre di Dante, James ed una donna dai lineamenti
asiatici.
Poco distante da loro sedeva Henry, palesemente contrariato dal
comportamento
di Jane.
-Ci
siete tutti, bene- disse Donna.
-Perché
siamo qui? - le chiese Tamira.
-Per i
risultati dei test di Jane- rispose lei.
-Qualcosa
non va? - chiese Dante cercando di nascondere la tensione.
-Jane
è
un’invisibile- dichiarò Donna.
Tamira
sorrise, felice della notizia, se Jane era un’invisibile
voleva dire che
sarebbe dovuta restare, che avrebbe avuto un’amica, una
specie di sorella
magari.
-Come?
Io?
La voce
di Jane tremava, non riusciva a capire come si sentiva, percepiva il
sangue
pulsarle sino alla testa.
Tamira
smise di sorridere, dalla sua espressione si capiva che Jane non la
pensava
come lei.
-Hai
sangue di stregone nelle vene- continuò Donna.
-Lo dice
come se fosse una brutta cosa- disse Will nel vano tentativo di
alleggerire
l’atmosfera.
-Non
è
tutto…- gli occhi di tutti i presenti scattarono sulla capo
consigliera, sia
Lorenzo che James che la donna asiatica sembravano sapere che cosa
avrebbe
detto. -…sei anche un’elementale- concluse.
Jane
sentì i tre ragazzi accanto a lei trattenere il fiato
sconvolti dalle parole
appena sentite.
-Cosa?!
- chiese Dante sbigottito.
-Com’è
possibile? - si aggiunse Tamira.
-Non ne
abbiamo idea, ma una cosa è certa, può essere una
risorsa utile per il
consiglio- disse Donna.
Una
risorsa, cos’era? Una fonte di energia rinnovabile? Jane era
stufa di essere
trattata come un oggetto, da quando era arrivata non avevano fatto
altrimenti,
prima l’interrogatorio, poi i test e ora questo, avevano
superato il punto di
rottura.
-Io non
sono una risorsa, sono una persona! Ho il diritto di scegliere se
restare o
meno, non mi interessa che politica avete qui, non osate prendere
decisioni al
posto mio! - quasi urlò.
Nella
sala calò il silenzio, erano tutti stupiti dal tono con cui
le aveva risposto,
tutti tranne la stessa Donna, lei sembrava compiaciuta.
-Bene,
scegli dunque, vuoi restare o andar via? Sappi però che se
deciderai di
andartene la tua memoria verrà cancellata, sarai tenuta
d’occhio, sia te che le
persone che ti circondano, giorno e notte, i miei subordinati sono
stati addestrati
a spiare e pedinare criminali internazionali e ti do la mia parola che
verrai
trattata come tale- disse.
Jane
sentiva la rabbia salirle al petto fino a creare una voragine che
sarebbe stata
riempita solo dopo aver preso a schiaffi Donna, strinse il pugno fino a
farsi
male, le unghie nella carne pizzicavano.
Dante le
mise una mano sulla spalla, Jane sobbalzò a quel contatto,
si voltò verso di
lui, la sua espressione era indecifrabile.
-D’accordo-
si arrese alla fine.
-Ci
avrei giurato- commentò Donna -Sarai addestrata alle arti
magiche ed
elementali, lascerò che i miei rappresentanti nominino i
tuoi tutori- disse
rivolgendosi ai tre accanto a lei.
-Tamira
ti darà filo da torcere, ma non c’è
elementale migliore di lei in tutto il
mondo- disse James.
-Lavinia?
- Donna si rivolse alla ragazza asiatica.
-Dato
che sei qui, Will, sarai tu ad insegnarle la stregoneria-
decretò lei.
-Bene,
Dante- lo chiamò Donna. -Tu la addestrerai nel combattimento
e nella strategia
militare.
-Come?
Perché io? - protestò lui.
-Sei o
non sei il miglior soldato che abbiamo? - chiese Donna sarcastica.
Un’altra
faccenda che lo avrebbe tenuto lontano dalle missioni sul campo. Dante
sbuffò.
-Potete
andare.
I tre
ragazzi uscirono dalla stanza portando Jane con loro.
-Non
sono del tutto convinto della ragazza- disse Henry.
-No,
neanche io- concordò Lorenzo.
-La sua
duplice natura è a dir poco sospetta- disse Donna.
-Bisognerà
tenerla d’occhio- decretò Lavinia.
-Chiedo
il permesso di indagare più a fondo sul conto della ragazza-
chiese Henry a
Donna.
-Accordato.