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Autore: Enchalott    24/03/2018    3 recensioni
Vegeta la fissò, socchiudendo gli occhi, quasi ammirato dalla sua testardaggine, che tuttavia aveva superato la misura concessa. Lei era incosciente tanto quanto lui, ma non aveva le sue stesse doti fisiche, gli stessi incredibili poteri nel ki. Perché, allora? Perché non era terrorizzata?
“Detesto ripetermi” le disse, spostandosi lentamente nella sua direzione. La guardò come se fosse una sfortunata preda.
Lei seguì il movimento con una certa apprensione, ma rispose con altrettanta sufficienza: “Credi che abbia paura di te?”
“No” ammise lui. Le indirizzò un sorriso freddo: “Ma ne avrai”.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Secondo giorno
 
Bulma aprì gli occhi, nella penombra delle luci artificiali, senza capire in quale momento della giornata si trovasse. La capsula stava proseguendo verso il pianeta Isuyo, presto sarebbero giunti a destinazione, secondo i calcoli del computer.
Vegeta era accanto a lei, ancora immerso nel sonno. Era la spossatezza, dovuta all’allenamento del giorno prima e alla ferita, a farlo dormire così profondamente; di solito restava vigile più a lungo. Si era girato sulla schiena, i lucidi capelli neri sparsi sul cuscino, le labbra appena socchiuse, il naso all’insù che proiettava una leggera ombra sulla carnagione ambrata del viso, la mano abbandonata sul corpo atletico. Era di un fascino sconvolgente, ma non era solo il suo aspetto fisico ad attirarla, era il suo carattere. La sua mente agile e sicura, il suo orgoglio, il suo atteggiamento regale, la sua determinazione, perfino i suoi momenti di rabbia e i suoi silenzi. Sentiva da tempo che il principe dei Saiyan era l’uomo per lei: non aveva mai amato nessuno come amava lui. Non era uno stupido, probabilmente aveva compreso perfettamente quei sentimenti inespressi. Ma era caparbiamente inaccessibile. Il suo primo bacio era giunto così inaspettato, che lei non era stata in grado di coglierne il significato. Il secondo, altrettanto imprevisto e totalizzante, le aveva fatto capire quanto lo desiderasse. Che se lui le avesse davvero strappato i vestiti, non sarebbe stata una violenza, perché lei sarebbe stata sua con piena coscienza e lo avrebbe confessato apertamente. Si assopì con il cuore in tumulto.
 
L’astronave ebbe un vuoto e Vegeta si mise a sedere sul letto. Il sistema non segnalava anomalie, quindi nulla di grave: era abituato a viaggiare e ai fenomeni dello spazio. Mancavano poche ore alla destinazione programmata.
La ragazza dormiva ancora, voltata su un fianco. Il suo sguardo assorto si posò su di lei. Osservò le lunghe ciglia, che disegnavano un chiaroscuro leggerissimo sul viso perfetto, i capelli sciolti, che ricadevano sulle spalle candide, la bocca delicata, le forme morbide celate dal lenzuolo, il respiro regolare, scandito dal sollevarsi del seno florido, le mani affusolate e rilassate nel sonno. Era di una bellezza folgorante, ma non era la sua esteriorità a impedirgli di staccare i pensieri da lei. Era ciò che aveva dentro. Era combattiva e indomita, intelligente, ostinata all’eccesso, coraggiosa e temeraria, ma anche gentile e accogliente. L’unica donna che avrebbe mai potuto amare, che avrebbe potuto ricambiarlo. Si era tolto tutti i forse su di sé al momento del loro primo bacio, che gli era venuto tanto spontaneo da sconcertarlo. Al secondo, dettato da una gelosia tanto folle quanto ingiustificata, si erano volatilizzate le incertezze su di lei, quando non aveva reagito prendendolo a ceffoni, come l’aveva vista fare con chi le mancava di rispetto. Nonostante l’inesperienza, si riconosceva innamorato di lei ed era certo che la terrestre lo avrebbe intuito. La voleva con tanta forza da doverle stare a distanza di sicurezza, per non cedere all’impulso, perché non le avrebbe mai fatto del male. Nonostante questo, non avrebbe permesso che le emozioni interferissero con i suoi progetti, a costo di non vederla mai più.
 
“Ho bisogno di una doccia!” affermò Bulma, stiracchiandosi. “Intanto che sono in bagno, puoi scaldare l’acqua per il caffè, per favore?”.
Vegeta, ancora steso sul letto, aggrottò la fronte, le braccia incrociate dietro la testa, squadrandola obliquo e oppositivo.
“E’ un no?” domandò lei, alzandosi in piedi “Ieri l’ho preparato io, sei tu quello abituato ai turni o sbaglio?”.
“Sono anche abituato ad una maggiore deferenza!” ribatté lui irato. I turni li facevano i suoi sudditi, non lui e ci sarebbe mancato altro.
“Nessun problema!” fece lei strizzandogli l’occhio “Potresti fare il caffè, principe dei Saiyan?”
Chi!” sbuffò lui, irritato dall’uso del suo titolo come arma di ricatto.
“Allora non dire più che non sei come Goku” continuò lei pungente “Lui non sa fare una O con un bicchiere, nella vita di tutti i giorni. Si vede che non sei capace neanche tu”.
“Donna, non sfidarmi…” proferì tra i denti.
Ma lei era già sparita oltre la porta. Vegeta fu preso dall’idea di sfondarla a calci con tutte le conseguenze del caso, ma poi rinunciò. Si alzò e controllò la rotta: erano quasi arrivati, il che significava che si trovava circa a metà della forzata e stretta convivenza con la terrestre. Sarebbero stati sufficienti per decidere se tornare alla Capsule Corporation o se andarsene, spegnendo per sempre i suoi sentimenti.
Iniziò a fissare con astio il pacchetto del caffè.
 
Bulma rientrò, indossando la tuta da lavoro che aveva trovato nel comparto degli attrezzi, decisamente più comoda e appropriata al viaggio. Vegeta portava ancora la dogi blu macchiata di sangue e le bende del giorno prima. Aveva scaldato l’acqua. Con il ki.
“Mi dispiace” gli disse con un sorriso “Ho trovato solo questa tuta e non è della tua taglia”.
“Non l’avrei messa comunque” rispose il principe con sufficienza, notando il vistoso marchio della Capsule Corporation sulla manica.
Lei gli passò la scatola dei biscotti, appoggiandosi alla console dei comandi, accanto a lui.
“Come va quella ferita? Dovresti cambiare la medicazione”.
“Sono finite le garze”.
“Possiamo strappare il lenzuolo…”
“Poi non ti lamentare che hai freddo” rispose lui “Stanotte ti ci sei seppellita”.
Quelle parole scatenarono in lei un assurdo senso di familiarità. Ripensò al fatto che avevano dormito insieme, stentando ancora a crederci, e che stavano facendo colazione fianco a fianco, come se fossero compagni per la vita. Terminò di mangiare la sua razione, pensierosa.
Vegeta si sfilò la maglietta, per andarsi a lavare a sua volta. Sarebbe stato un problema bagnare la lesione in quelle condizioni precarie e senza forniture mediche.
“Ho una soluzione” disse lei.
“Sarebbe?”
“Quando atterreremo, chiamerò di nuovo mio padre e gli dirò di contattare Son Goku”.
Il principe si adombrò visibilmente, iniziando a intuire dove lei volesse arrivare.
“Tu dovrai espandere più che puoi il ki, così lui sarà in grado di percepirlo a distanza e potrà raggiungerci con il teletrasporto. Dopodiché, ci darà un passaggio per la Terra. Non importa per l’astronave, ne posso costruire un’altra. Mi preoccupa di più la tua ferita”.
Vegeta si girò e le puntò addosso uno sguardo cupo e adirato.
“Io non ho bisogno di Kakarott!” ruggì “Preferisco crepare dissanguato, piuttosto che ricevere un favore da lui!!”.
“Sei un testone!” gridò lei, parimenti alterata “Metti a rischio la vita per il tuo stupido orgoglio! La chiedo io la cortesia, non tu, se è questo il problema!”
“Il discorso è chiuso!!”
“E se dovessimo avere qualche avaria!? Questa capsula continua a piroettare! A te non importa, ma io non sono un Saiyan! Non ho la vostra resistenza! A me non ci pensi!?”
Il principe iniziò a fremere di collera. E come no, per tutte le galassie! Era lei che continuava a nominare Kakarott come la perfezione assoluta, come ancora di salvezza, come destinatario di incondizionata fiducia, paragonandolo più o meno esplicitamente a lui, che tutte le volte finiva sul piatto più basso della bilancia!
“Se lo contatti…” ringhiò minaccioso e gelido “… io ti ammazzo”.
Sparì dietro la porta del bagno. Qualcosa nei suoi occhi aveva trattenuto Bulma dal rispondergli per le rime, ma non era stata l’intimidazione assassina. Le era sembrato offeso con lei, più che fuori di sé per l’umiliante idea di farsi aiutare dal nemico. Fu a sua volta tentata di aprire quel dannato uscio per fargli sputare il problema, ma pensò che non ce ne fosse bisogno.
“Se stai pensando che io sia innamorata di Goku, sei un idiota!!” gli urlò dietro.
Nonostante le fitte provenienti dalla fasciatura stretta che stava effettuando, Vegeta sorrise.
 
L’astronave atterrò senza problemi sul pianeta Isuyo. Non erano segnalate forme di vita complesse. Il principe controllò i valori di ossigeno, atmosfera e gravità e poi aprì il portellone, facendo scendere la scaletta. Volò giù, appoggiando con circospezione i piedi per terra, esplorando la zona con lo sguardo, ma soprattutto con il ki, come un guerriero suo pari era uso a fare.
Ooi, donna! Muoviti! È tutto tranquillo quaggiù!”.
“Prima mi dici di non uscire e poi mi metti fretta!” borbottò lei, scendendo i gradini con cautela. “Beh, almeno è un bel posto…” commentò guardandosi intorno.
La zona in cui si trovavano era verdissima, con una flora lussureggiante che ricordava la foresta tropicale terrestre. Avevano attraccato in una piccola radura, concludendo la prima parte del test di navigazione e lasciando in standby il sistema, pronti a ripartire al minimo cenno di pericolo.
La ragazza osservò gli strani alberi azzurri, dalle foglie lucide e lanceolate, carichi di frutti rossi dall’aria succulenta. Lunghe liane rampicanti pendevano dai rami, ma non erano così fitte da non permettere il passaggio: avrebbero potuto attraversare comodamente la vegetazione per cercare cibo e, soprattutto, acqua. C’erano anche dei cespugli color zafferano, che creavano un sottobosco altrettanto piacevole alla vista, dotati di un intenso profumo di erbe aromatiche. Anch’essi erano rigogliosi e offrivano ghiotte bacche violacee. Bulma pensò che, dopo due giorni di orrendo caffè solubile e biscotti secchi, era proprio quello che desiderava.
“Ehi, Vegeta, ritengo che siano commestibili” disse, tirando fuori la strumentazione di verifica dalla capsula hoi-poi che si era portata dietro.
Il principe, tuttavia, guardava in alto e sulla sua fronte c’era la ruga verticale che compariva quando era particolarmente concentrato o quando qualcosa non gli quadrava.
“Che ti prende?”
“Le lune” rispose lui indicando il cielo sopra di loro.
“Non ti facevo così romantico!” ironizzò lei.
“Piantala!” ringhiò lui “Ti va bene che non ho più la coda o sarei già diventato un oozaru, facendoti finalmente tacere!”
Bulma ridacchiò e indirizzò lo sguardo verso i due grandi globi perlacei che sovrastavano l’atmosfera. La scienziata che era in lei notò subito la particolarità.
“Hanno una posizione molto strana e sono troppo vicine alla superficie del pianeta” continuò lui “Non mi piace. Prendiamo quel che serve e andiamocene”.
“Sei più bravo di me” commentò la ragazza “Hai impiegato pochi secondi per avere la visione completa della situazione. Ammirevole”.
Vegeta arrossì leggermente al complimento, ma rispose secco: “Sono un guerriero Saiyan! Sono abituato a scendere su pianeti che non mi sono familiari. Comprendere al volo, significa sopravvivere. Per me, ovviamente. Per gli altri designa morte”.
Lei sospirò: “Mi piacerebbe sapere cos’hai pensato quando sei giunto sulla Terra…”
“Che non era male” rispose lui, voltandosi di tre quarti e fissandola beffardo “E che l’avrei rivenduta a buon prezzo!”.
“Perché l’ho chiesto?” brontolò Bulma rassegnata “Tieni, aiutami a raccogliere un po’ di frutta e poi andiamo a cercare l’acqua” fece, porgendogli un contenitore.
Chi!” soffiò lui “Ragioni come una terrestre…Porta qui quell’affare”.
Si diresse verso il primo albero e lei lo seguì con la voglia di strangolarlo, come tutte le volte in cui lui la trattava con malcelata superiorità. Il principe appoggiò una mano sulla corteccia grinzosa ed espanse il ki, trasmettendo la vibrazione energetica al tronco: tutti i frutti piovvero dai rami, riempiendo il contenitore all’istante e sparpagliandosi sull’erba. Bulma ne sistemò la quantità necessaria al viaggio nel pesante container e lo richiuse nella capsula, riducendolo a pochi centimetri trasportabili.
Vegeta la osservò a braccia incrociate: “Certo che quelle hoi-poi sono un’invenzione geniale. Avrebbero fatto comodo anche a noi guerrieri…”
“Ma non le avete ideate, perché ragionate come Saiyan!” rispose lei, pareggiando i conti.
Uno a uno. Il principe incassò la frecciata senza ribattere, anzi, si sentì addirittura divertito dal fatto che la terrestre riuscisse ad avere quasi sempre l’ultima parola. Pensò, senza mentirsi, che gli sarebbe mancata, se avesse deciso di andarsene.
“Di qua, donna” le disse sogghignando.
   
 
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