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Autore: LadyGio99    25/03/2018    1 recensioni
"Il suo nome è Miguel. Miguel Rivera"(...)
"Diventerò un musicista come te Papa Héctor! Ovunque tu andrai io viaggerò insieme a te" (...)
Héctor amava Miguel.
L'amava così tanto che vederlo in quello stato, era peggio di una pugnalata al cuore (...)
Ma il destino di un uomo, è sempre luminoso come ci fanno credere?
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hector Rivera, Miguel Rivera
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ecco un capitolo dedicato completamente a Héctor e Miguel.
Con il prossimo arriveremo alla metà di questa storia.
Spero vi piaccia!.
LadyGio99


4

STELLE E SOGNI

(PRIMA PARTE)



Héctor amava la musica sin da bambino. 
Aveva ricevuto la prima chitarra al suo decimo compleanno e nel frattempo, suo padre si era preso il compito di istruirlo sulle nozioni base. 
Conosceva a memoria le note e quando componeva melodie, l'ispirazione veniva da se.
Héctor scriveva canzoni da quando era un ragazzo ma secondo lui, non erano ancora pronte per essere esposte al pubblico. Solo Imelda e Miguel avevano avuto l'onore di ascoltare qualcosa.
Héctor raccoglieva tutti i suoi appunti dentro un quaderno, la scrittura era incomprensibile. Disordinata e e piena di scarabocchi.
Solo il proprietario del taccuino riusciva a leggere quella calligrafia.  
Miguel adesso, teneva tra le mani quel blocco di appunti e prendeva in giro Héctor per il modo in cui aveva scritto le sue annotazioni. Il musicista cercava di riprendersi quello che gli apparteneva ma Miguel era più agile e riusciva sempre a levarlo da sotto il naso di Héctor. 
"Dammelo!" esclamò l'uomo, cercando di catturarlo. In quel quaderno, c'era scritta una canzone particolare, dal titolo Recuérdame.
Miguel, casualmente capitò proprio tra quelle pagine. Stava per leggere qualcosa ma Héctor con uno scatto si riprese ciò che gli apparteneva, lo mise in un cassetto, chiudendolo con un piccola chiave un po' arrugginita tirata fuori del piccolo taschino della sua camicia. 
Héctor, sentendosi ferito, non reagì bene al gesto del bambino. "Sta lontano dalla mia roba" lo sgridò l'uomo severo “Si chiama Privacy Miguel, significa lasciare agli altri i propri spazi” e depose la chiave nella tasca dei pantaloni. Proteggendola dal piccolo Rivera.
Miguel era confuso. Lui voleva solo divertirsi con il suo papà e quest'ultimo, aveva preso sul personale questa storia.
“Non sapevo che ti avrebbe dato fastidio” tentò di scusarsi ma Héctor gli bloccò le parole. Facendo presente che non voleva sentire nient'altro.
Il dodicenne guardò l'uomo amareggiato dopo l'accaduto e quei continui rifiuti.
Per questo, si allontanò da lui sbuffando “Allora è ora che cominci a rispettare anche la mia privacy” preciso Miguel uscendo dalla sua camera.
“Torna subito qui!” gli ordinò Héctor appena si accorse cosa stava facendo, ma il bambino non l'ascoltò e continuò la sua strada. Arrivò persino ad accelerare la camminata  quando si accorse che Héctor stava per raggiungerlo.
 “Per favore aspetta!” l'uomo iniziò seriamente a preoccuparsi per le azioni del bambino “Si può sapere dove stai andando?” gli domandò l'uomo senza perderlo di vista.
Miguel era ancora debole per via della febbre ma per fortuna, aveva ripreso le sue normali attività.
Andava a scuola, dormiva sereno la notte, sempre sotto la sorveglianza della famiglia.
 "Tu non hai il senso dell'umorismo eh?" chiese Miguel infilando la felpa rossa che aveva lasciato sul divano “Non voglio vederti! Stammi lontano”  il musicista non riuscì a fermarlo in tempo e in un attimo, Miguel aveva lasciato casa.
Héctor era troppo buono per essere arrabbiato con il suo chico e di fatto, si era pentito subito per il  comportamento. Voleva chiedere scusa a Miguel per come aveva reagito ma purtroppo, sapeva che delle semplici parole non sarebbero bastate.
Come il bambino, Héctor indossò velocemente una giacca pendente da un attaccapanni e uscì di casa. Cercando di fare il meno rumore possibile.
Imelda era uscita con le sue amiche per una cena ma il resto della famiglia era andata a dormire. Gli unici svegli erano lui e Miguel. Il motivo era semplice, stavano scrivendo la canzone per esibirsi al piccolo spettacolo che si sarebbe tenuto nel Dia  de Muertos.
Due giorni fa si erano iscritti.
Quello che mancava, era un testo da cantare e toccava a loro scriverlo.
Purtroppo, ad entrambi era mancata l'ispirazione e molti impegni li avevano tenuti occupati.
E ora che avevano trovato tempo di buttare giù qualcosa insieme, avevano finito per litigare.
Uscito fuori, Héctor individuò subito Miguel. Non si era allontanato più di tanto e dalla strada che stava percorrendo, sembrava volesse andare verso il centro.
L'uomo sospirò, consapevole di quello che avrebbe affrontato.
Lo raggiunse subito, a passo veloce e deciso.
Mentre gli camminava vicino, provava ad attirare la sua attenzione scusandosi ripetutamente.
Ma Miguel continuava a muoversi per conto suo, trattandolo come uno sconosciuto. Il comportamento del suo papa  gli aveva dato enormemente fastidio.
“Ehi...Micky” bisbigliò Héctor e il bambino diventò rosso per la vergogna. “Odio quello stupido soprannome!” si tappò le orecchie e cercò di controllare la rabbia “Ma quando era piccolo ti piaceva così tanto...” “Ma adesso  lo sopporto!” “Lo so” ghignò Héctor “E se adesso non torni a casa con me continuerò a chiamarti così” “Scordatelo!” si oppose il bambino.
Il musicista capì che se voleva farsi rispettare, doveva insistere di più “Vorrà dire che da adesso, sarò la tua ombra” disse con una voce
Miguel sapeva che Héctor non l'avrebbe lasciato andare facilmente. Iniziò a studiare un piano per fuggire da lui, senza destare sospetto.
Attraversarono una parte del paese radicato in diverse strade.
Scelse la seconda, a destra. Lì c'era un gruppo di turisti che, accompagnati dalla guida, andavano alla ricerca di un buon ristorante per cenare. 
Fece altri passi. Uno, due iniziò a contare Tre ne bastava solo un altro, Quatto!. Quando arrivò a quel numero, cominciò a correre verso la direzione scelta, lasciandosi dietro un Héctor sbalordito ed impreparato.
“Eh? Aspetta Miguel!” lo chiamò preoccupato. Anche lui iniziò a correre ma il suo chamaco era più veloce. Il bambino era certamente più spigliato, Miguel riusciva a correre come una gazzella anche nelle strade più affollate al contrario di Héctor che con la sua goffaggine, rimaneva facilmente indietro.
Miguel era ancora disgustato dal comportamento del suo papà e in quel misto, tra rabbia e confusione, voleva dirgli in faccia tante cose.
Non ti sopporto! Ti odio! Osò addirittura pensare.
Continuando a correre, voltò il capo verso l'uomo che ormai, non vedeva più.
Gridò, sperando che la sua voce lo raggiungesse "Non ho voglia di parlare con te! Stammi lontano! Io…" il resto della frase morì in gola e Miguel cominciò a tossire ripetutamente. 
Nonostante la sua salute, il piccolo Rivera non si fermò e continuò a correre.
Il suo obbiettivo era quello di allontanarsi.
Attraversò delle bancarelle affollate quando ad un tratto, le gambe stanche iniziarono a tremare.
Miguel sentì il corpo pesante come un macigno e una fitta al petto.
Un momento come questo l'aveva già vissuto. Tutti i sintomi che aveva avuto il giorno in cui era svenuto si stavano ripetendo e lui, non poteva fare niente e non subire tutti quei dolori.
Si accasciò lentamente a terra mentre una tosse forte e roca, gli raschiava la gola.
Il cuore prese a battergli forte per la paura.
Alcune persone lo accerchiarono “Chico? Tutto bene?” “Dios mio! Mi senti?” dicevano spaventati. Miguel sentiva quelle voci e intorno a lui, vedeva volti sconosciuti.
La persona che voleva al suo fianco era assente.
Delle lacrime uscirono dai suoi occhi, era così spaventato che non riusciva a restare lucido. Non sapeva cosa gli stava accadendo e tanto meno se tutto sarebbe andato per il meglio.
“Héctor...Héctor...” dapprima piano e poi, la sua voce si fece più forte.
Aveva tanta paura e non riusciva a pensare a nient’altro se non a lui.
“Héctor…” niente.
“Héctor…” neanche un segno.
“Héctor…” iniziò a pensare che dopo il suo comportamento, lo aveva abbandonato.
“Héctor…” in fondo, se lo meritava.
“MIGUEL!”  ma il bambino si fece sereno quando sentì qualcuno che conosceva bene nominare il suo nome "Miguel!" Héctor scorse il mijo a terra, circondato da alcune persone e si precipitò su di lui.
Cadde al suo fianco  e guardò tutti i presenti con aria smarrita e terrorizzata.
Nessuno gli diede spiegazione e Héctor tornò ad occuparsi del suo chamaco.
Gli toccò la fronte e si accorse che la temperatura era leggermente salita. Non riusciva a capire perché tutto questo. Certo, il dottor Sanmi aveva messo in guardia i Rivera per possibili sbalzi di salute dovuti al brutto periodo che aveva attraversato.
Ma Héctor non se li aspettava così devastanti.
Si tolse la giacca, avvolgendoci come un fagotto Miguel,  lo prese tra le braccia e lo sollevò. Almeno poteva stare al caldo.
“Héctor..” si, era proprio lui. Non l’aveva abbandonato.
Si Miguel, ci sono io….
“Ecco un po' d'acqua señor” un uomo venne il loro soccorso e offrì a Héctor un bicchiere d'acqua. Il musicista posò il bordo vetrato sulle labbra del bambino, facendogli bere quel poco che conteneva.
Miguel non riuscì ad accogliere tutta l'acqua nella sua bocca, la maggior parte infatti gli cadde ai lati e scivolò sulle guance.
Il bambino si agitava terrorizzato  tra le sue braccia del musicista che scombussolato, era alla ricerca di una soluzione. Miguel era ancora semi cosciente ma non sapeva per quanto tempo avrebbe resistito.
“Héctor!” disse di nuovo. Il brividi sul corpo non si fermavano e come scariche elettriche, gli pizzicavano dappertutto.
Miguel, cosa posso fare?.
L'uomo non si lasciò divorare dal panico e saggiamente, si allontanò da tutte quelle persone che continuarono a seguirlo sbalordite con lo sguardo.
“Héctor...” Miguel si aggrappò ai suoi vestiti, chiamandolo disperatamente.
Va tutto bene….
Il musicista trovò un angolo in un vicolo, si appoggiò lì. Anche quando l'aveva trovato piangeva.
"Sono qui…" fece appoggiare la testa del bambino sul suo petto e Miguel fu avvolto da un calore immenso. Quelle parole rassicuranti erano fonte di gioia per il chamaco.
Ora va meglio?.
"Héctor…" sussurrò con un filo di voce mentre il freddo sul suo corpo incominciò a sparire. Aprì gli occhi e vide che Héctor era con lui. L'abbracciò forte, rendendosi conto di quanto era stato stupido nel dirgli quelle brutte cose.
“Io non volevo trattarti in quel modo!” piagnucolava Miguel “Ero arrabbiato e...” “Tranquillo..” lo accarezzò Héctor e il bambino sentì di essere veramente al sicuro con l'uomo.
Le sue paure iniziarono a dissolversi sotto le dolcezza del Signor Rivera “Anch'io ho esagerato. Non dovevo trattarti così per uno stupido quaderno. Non so proprio cosa mi è preso” si scusò l'uomo ricordandosi di avere tra le braccia una delle persone che amava di più al mondo.
Era il suo modo per proteggere Miguel, con quei gesti gli faceva capire che non doveva temere nulla perché lui non l'avrebbe mai abbandonato. Hèctor sapeva che il suo chamaco doveva crescere ma era più forte di lui stargli vicino. Il filo che li congiungeva non si poteva spezzare e neanche tagliare.
“Dimentichiamo l'accaduto?” domandò il musicista al bambino che adesso, aveva ripreso coscienza. “Va bene. Pace ” e unirono i due mignoli, in segno di pace.
Héctor lasciò che Miguel recuperasse le forze, lo tenne al suo fianco e gli fece bere tanta acqua.
La temperatura corporea scese in modo precoce.
Ma Miguel stava così bene tra le braccia di Héctor che non voleva staccarsi da lui, erano molto meglio di un letto. L'uomo invece, non se la sentiva a lasciarlo dopo il brutto spavento.
Tutto era finito per il meglio ma c'erano alcune cose che dovevano essere portate a termine “Comunque siamo ancora al punto di partenza” si ricordò Miguel dispiaciuto “Il Dia de Muertos è tra quattro giorni e non abbiamo ancora scritto la canzone” “Già…manca poco. Cosa possiamo fare?”  Héctor ci pensò e dopo un po' propose al chico la sua idea “Che ne dici di andare in un posto pieno d'ispirazione?” gli propose e all'inizio, Miguel non capì cosa voleva dirgli “Solo io e te mijo. Ce ne andremo in una parte dalla città dove il cielo è sempre luminoso. Lì puoi sognare quanto ti pare” gli occhi del bambino diventarono luminosi.
“Esiste sul serio un posto del  genere?” Miguel non riusciva ad immaginarsi un luogo del genere, ma se le informazioni provenivano dalla bocca del suo Papa, allora doveva esistere assolutamente.
Hèctor non diceva mai bugie perché gli era impossibile mentire.
“È magico e tutte le volte che vado lì dimentico i miei dispiaceri” da quella descrizione, sembrava bellissimo e Miguel non poteva perderselo così accettò la proposta di Héctor.
“Chiudi gli occhi. Sarà una sorpresa” il bambino seguì il consiglio di suo padre e aspettò impaziente.
Al chico quell'attesa sembrò eterna.
Riusciva ad orientarsi solo attraverso l’udito e l’olfatto. Inizialmente, l’odore del cibo appena sfornato gli accarezzava il naso e le parole della gente erano come un orchestra diretta da nessuno.
Piano piano, tutto questo iniziò a svanire.
Iniziò ad avere dei spetti quando entrarono in un luogo caldo e poi ritornarono al fresco.
“Siamo arrivati” annunciò ad un certo punto Héctor e entusiasta, Miguel aprì gli occhi.
La sua prima reazione fu molto confusionaria.
Non era un posto speciale o sbalorditivo come si aspettava. Erano seduti semplicemente sul tetto di casa.
Il bambino, si girò verso il genitore “Mi stai prendendo in giro?” Héctor inarcò le sopracciglia “No!” “Siamo a casa! Non mi sembra un posto speciale” “Ti sbagli”.
Il Rivera fece sdraiare il bambino, ancora avvolto dalla sua giacca sulle tegole del tetto e Miguel, si ritrovò con gli occhi verso il cielo. Ciò che provò a quella vista, fu una meraviglia indescrivibile.
C'erano tante stelle, alcune sembravano così vicine da poterle toccare le altre invece parevano irraggiungibili.
Miguel aveva visto tante volte un cielo stellato ma questo, aveva qualcosa di mistico.
Non si sentiva debole a tanta bellezza. Ma motivato, così forte e sognatore da riuscire a rendere reale anche l'impossibile.
Il sogno di Miguel era quello di fare il musicista e per questo veniva costantemente preso in giro dai suoi compagni di scuola mentre i professori non gli davano appoggio. Ma a lui poco importava perché era convinto della sua scelta e quando sognava al suo futuro, si vedeva forte e pronto a superare ogni avversità.
“Forse non te lo ricordi” disse Héctor, anche lui incantato dalle stelle “Ma quando eri piccolo, venivamo sempre qui io e te”. Per lui era come tornare indietro nel tempo, si portava con se la chitarra e gli cantava una canzone finché non cadeva dolcemente tra le sue gambe incrociate. Non c'era niente di meglio che passare il tempo fuori, la notte, nel momento di massimo silenzio.
Miguel si levò la giacca, posandola al suo fianco.
Si  avvicinò ad Héctor e appoggiò la testa sulla spalla, senza rinunciare alla visione del cielo.
“Anche quando sono scappato di casa, cercavo consolazione nelle stelle. Mi hanno aiutato tanto quella sera” Héctor non rispose ma ricollegò facilmente l'evento a cui si riferiva Miguel. Quel giorno, era scappato di casa non appena aveva scoperto la verità sulle sue origini.
“Quando mi sento giù di morale” intervenne l'uomo cambiando argomento“Cerco un cielo con milioni di stelle” “Anch'io quella sera ne sentivo il bisogno”.
Miguel cominciò a rendersi conto che suo padre aveva veramente ragione.
Intorno a loro due si respirava un'aria magica.
“Perché non ci siamo più tornati?” domandò il bambino rendendosi conto che molte notti, si era lasciato sfuggire una visione così bella.
Il Rivera si morse il labbro “Imelda ci ha scoperti una sera” spiegò il musicista “Era super arrabbiata, ti ha tenuto lontano da me per una settimana. Diceva che le probabilità di cadere dal tetto erano del novanta per cento. Da quel momento, non ho trovato più il coraggio di tornarci” rise ripensando a tutti i guai che sua moglie aveva passato per colpa sua.
“Quella donna...adesso che ci penso, l'ho conosciuta proprio in una notte stellata come questa” “E come l'hai conquistata?” domandò Miguel “Che domande! Con la musica e il mio fascino ovviamente”. Il bambino scoppiò a ridere “Sul fascino non ci conterei!” “Guarda che quando ero più giovane ero un super macho” e il bambino non perse occasione di prenderlo ancora in giro.
Nonostante tutto, Miguel era felice di avere lui e Imelda come genitori, erano una bella coppia. Héctor sapeva farla sorridere e non amava nessun'altra donna al mondo se non lei.
“Mi racconti come hai conosciuto la mamma?” gli chiese inaspettatamente e Héctor fu onorato di raccontargli come aveva incontrato il suo amor.
“Allora...da dove comincio...Era sera ed io, insieme ad alcuni miei amici ero andato a suonare per le vie della mia vecchia città.
Tempo fa abitavo nella capitale del Messico ed essendo una città molto grande, le strade erano affollate e per me, era una grande occasione farmi conoscere.
I miei compagni scelsero di andare a suonare vicino un bar, io invece mi posizionai al centro di una zona pedonale.  
 Ad un tratto, scorsi lei che passeggiava in compagnia di alcune ragazze e con lo sguardo disorientato, cercava di avere informazioni dai passanti.
Doveva essere nuova in città.
Ricordo che indossava un bellissimo vestito e quelle labbra carnose e  scarlatte mi fecero sognare. Per me, fu amore a prima vista.
Volevo parlarle ma non sapeva come attirare la sua attenzione. Così, senza dare nell'occhio mi avvicinai in punta di piedi a lei e cominciai a cantare.
La mia voce attirò alcune persone che camminavano nei paraggi e per fortuna, anche lei si mosse verso di me, incuriosita dal mio canto.
Le sue compagne la esortavano a lasciar perdere ma lei non era d’accordo con loro. Mi ritrovai Imelda in prima fila e agitava le mani, applaudendo. Subito dopo, quando capì che era arrivata la mia occasione, cambiai canzone ed intonai un pezzo improvvisato, tutto dedicato a lei.
Quando tutto terminò, i nostri occhi si incrociarono.
 Hola la salutai, mi chiese di cantare un altro pezzo ed io, l'accontentai senza indugio.
E da quel giorno, siamo sempre stati insieme" “Cosa le hai cantato?” chiese Miguel e Héctor pensandoci, si rese conto che non ricordava quasi niente della canzone. Quando lo disse al bambino, quest'ultimo restò sorpreso.
“L'ho inventata sul momento. Dopo, non l'ho nemmeno scritta” “Ma è la vostra canzone! Mama Imelda sarebbe felicissima di poterla sentire di nuovo” “I soli pezzi che ricordo sono pochi...” confessò l'uomo ma Miguel lo esortò a cantarli. Héctor l'accontentò e nel farlo, si sentì di nuovo giovane.
 
Uno sguardo solamente e la fiamma è accesa già,
scappo, resto, fuggo, torno chi lo sa.
Tu mi guardi sorridente ed io tremo perché so.... (1)
 
Le uniche strofe che ricordava.
Per lui Imelda era la sua unica donna.
Poi, quando aveva scoperto che anche lei aveva la sua stessa passione il  mondo era diventato più bello.
A Miguel, piacque subito la canzone.
Le canzoni, i balli non univano solo lui ed Héctor, ma tutta la famiglia.
 "Perché ti piace la musica?" Héctor aveva mille ragioni da elencare. "Sai Miguel, alcuni disprezzano i sogni ma io non ci riesco. Per me sono importanti, non riuscirei a vivere senza sognare.
Io voglio solo il meglio per te, quindi se sei felice con la musica, allora suona e canta. Senza ascoltare i giudizi degli altri. 
Ma non dimenticare che al tuo fianco ci saremo per sempre noi, la tua famiglia. Nel bene e nel male, io non ti abbandonerò mai. Quando ti servirà una mano, ci sarò io con te" "Non serve che tu me lo dica. Io lo so già" disse Miguel e Héctor gli accarezzò la testa "Spero tanto che tutti i tuoi sogni si avverino" "I nostri sogni vorrai dire" lo corresse immediatamente il bambino "La musica è la nostra passione" "Hai ragione" concordò Héctor, ricordandosi che era stato proprio lui a trasmettergli l'amore per la musica.
Gli sembrava ieri, quando gli aveva imparato le note musicali e lo aveva istruito nel suonare la chitarra. 
Si ricordava bene quando Miguel aveva suonato la scala del DO maggiore.
Héctor si mise seduto ed incrociò le gambe come un indiano. Miguel si sedette al centro e lasciò cadere il suo corpo sul petto del musicista il quale, lo avvolse con le braccia.
"Quando sarai abbastanza grande, ti porterò nella mia vecchia città.
Lì potrai suonare quanto vorrai e dopo, viaggeremo insieme per tutto il Messico” “Anche con Imelda?” “Ovviamente. Ci sarà anche il tuo fratellino”.
Miguel, non vedeva l’ora di compiere questo viaggio.
Ma non poteva fare niente se prima non dimostrava a se stesso di saper cantare davanti a delle persone.
“Mi piacerebbe cantare qualcosa di allegro. Ma non so da dove cominciare. Insomma, non voglio prendere ispirazione da nessuno. Voglio che sia solo mia…” “Bhe, una delle cose più fondamentali di una canzone è quella di strutturare il testo. La vuoi con la rima oppure no?” “Non saprei” rispose Miguel “Ognuno ha il suo modo di scrivere. Io per esempio, buttavo giù tutto quello che mi girava per la testa. Alla fine, prendevo solo le frasi più interessanti”.
Miguel non trovava molto efficace il metodo di suo padre “Tu sei tutto loco” “Un poco loco” lo precisò Héctor e il bambino per scherzare, cantò su quelle due parole.
“Un poco loco! Può andar bene come titolo di una probabile canzone?” chiese l'uomo maliziosamente, sembrava che stava nascondendo qualcosa a Miguel.
Il bambino stava per dire la sua ma ad un certo punto tossì e Héctor si allarmò. Lo riavvolse con la giacca e lo toccò sulle guance per sentire la temperatura corporea.
Stava diventando freddo e non era un bel segno.
“Credo sia ora di andare a letto” disse l'uomo imbracciandosi il bambino. Scese dal tetto e di soppiatto, accompagnò il piccolo nella sua stanza.
“La canzone!” esclamò Miguel “Dobbiamo finirla!” “Domani ti prometto che faremo tutto quello che vuoi. Ma adesso siamo entrambi stanchi e tu devi riprenderti. Sai, credo sia meglio che io resti a  dormire con te...non so, potrebbe succedere qualcosa d'inaspettato...” parlava con un leggero imbarazzo.
Miguel, nonostante apprezzava il gesto, rassicurò al suo papà di stare bene “Héctor...io sto bene..puoi fidarti”.
L'uomo sospirò. Forse, era troppo protettivo nei suoi confronti e doveva cominciare a capire che il suo chico era abbastanza grande per badare a se stesso.
“Allora buona notte” posò la sua fronte su quella di Miguel “Ti voglio bene” disse e il bambino senza farsi vedere, abbassò lo sguardo. Ultimamente, gli ripeteva spesso Ti voglio bene e sentire una cosa del genere dopo una bugia, rendeva Miguel abbattuto.
No, non stava affatto bene.
La notte dormiva poco e molte volte, dei  forti dolori lo attaccavano alla testa e alla pancia.
Ma nascondeva il tutto alla sua famiglia perché non voleva farli preoccupare.
“Anch'io” rispose debolmente al suo papà, consapevole di non essere stato sincero con lui.
Héctor conosceva bene il suo chamaco e accorgendosi del suo turbamento interiore, prese ad accarezzarlo tra i capelli, il bambino stava per mandarlo via ma adorava il tocco del suo papà, specie se si sentiva abbattuto.
Un giorno, ti canterò quella canzone. Ma non mi sento ancora pronto.
“Vuoi che stia con te ancora un po’?” gli bisbigliò nell’orecchio l’uomo.
Miguel gli chiese se poteva restare ancora e Héctor restò con lui finché non si addormentò.
 
(1)   No, non l’ha inventata Héctor. In realtà queste frasi sono prese dalla sigla italiana dell’anime Lamù. Penso che queste parole descrivano molto bene il rapporto amoroso tra Héctor e Imelda.
   
 
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