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Autore: francy0796    25/03/2018    0 recensioni
“DANNAZIONE!” imprecò, guardandosi subito attorno, notando la minuscola fessura che faceva entrare luce in quel buco sotterraneo. Corse da un lato all’altro, studiando ogni angolo di quel posto e pensando al modo migliore per scappare.
“Se non ti fermi immediatamente rischi di farmi venire il mal di testa” si voltò di scatto per guardare nel buio della stanza, aggrottando la fronte per riuscire a vedere meglio “E sprechi solo energie inutilmente” disse ancora, costringendolo ad avvicinarsi, constatando che si trattava di una donna dal suono della voce.
NON DICO ALTRO. SE SIETE CURIOSI VENITE A LEGGERE :)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angela Montenegro, Seeley Booth, Temperance Brennan, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Camminare nel buio non era affatto facile, ma i sensi erano sviluppati anche per quello. Se uno veniva a mancare, gli altri si acuivano…era matematico. Nel camminare sentiva la sabbia sotto i piedi, il rumore di macchine che passavano, ma non riusciva ad intravedere una strada. La sensazione di polvere sui suoi vestiti e su tutto il suo corpo. Si voltò di scatto verso un punto indefinito e si fermò nel vedere una persona ferma davanti a se.

“Hey!” urlò, ma non ricevette risposta e quello neanche si mosse. Decise di raggiungerlo, anche se qualcosa le diceva di non andare, di prendere la direzione opposta. Si avvicinò sempre di più, la luce più forte, la persona sempre più definita man mano che si avvicinava.

“Booth” sussurrò, trovandosi difronte due occhi marroni penetranti.

“Bones”

“Non dovresti essere qui”

“Perché no? Non avere paura” le tese la mano.

“Tutto questo è sbagliato, noi non possiamo collaborare!” si allontanò di qualche passo.

“Non avere paura, ti prego…vieni da me” ripeté.

“E se…”

“Ti prego…non aver paura…sono qui, ti proteggo io” a quelle parole e alla mano tesa verso di lei, Temperance decise di fidarsi. Allungo anche lei una mano e si avvicinò di qualche passo, fino a sfiorare le sue dita e sorridere quando si strinsero in una stretta calorosa “Visto? Non è successo niente” le sorrise con il suo sorriso caldo e accogliente.

“Io…”

“Scappate!! Andate via!!” le urla indefinite di persone che non c’erano li distolse da quel momento solo loro.

“Che succede?” insieme si voltarono per capire cosa stesse succedendo, ma non c’era niente o nessuno, a parte il buio. I loro sguardi preoccupati si incontrarono, le loro mani si staccarono d’improvviso. Uno strappo doloroso. Un’esplosione potente li sbalzò entrambi lontani e tutto sembrò girare e venire inghiottito da un vortice nel vuoto. L’ultima cosa che vide fu lo sguardo di lui perdersi nel dolore e lei lo stesso, poi un’altra esplosione e…

 

Rientrò in casa dopo la sua dose di corsa mattutina, adorava iniziare la giornata in quel modo. Una potente scarica di adrenalina era quello di cui aveva bisogno per iniziare bene la mattina. Insieme al caffè che preparò nella sua macchina che impostò in modo da accendersi dopo aver fatto la doccia. In accappatoio consumò la colazione, che consisteva in un semplicissimo toast e un potente caffè. Poi andò in camera a vestirsi. Era una cosa che non faceva più da tempo, ma prima di infilarsi la camicia pulita si passò una mano lungo la cicatrice che percorreva il lato destro dell’addome e una fitta di dolore la pervase.

“E’ solo la mia mente…è rimarginata da anni, non può provocare più dolore” si disse, coprendola con il tessuto della camicia. Infilò il cappotto, chiuse le finestre ed uscì di casa per andare al lavoro.

Come ogni mattina trovava il suo giovane assistente che l’attendeva all’entrata ansioso di spiegarle le sue scoperte o avere la sua approvazione, dopo avergli dato risposte ed incarichi da seguire, si rifugiò tranquilla nel suo ufficio. Riordinò le poche scartoffie che le venivano lasciate giornalmente e si mise a fissare il vuoto, sembrava incapace di pensare a qualcosa che non fosse il passato e la collaborazione, ormai di un paio di mesi, con l’agente Booth non aiutava a placare quelle sensazioni che erano riaffiorate.

Camminando per i corridoi insieme ad Angela, parlando di cose superflue, nonostante fossero divertenti. Si stavano svagando, sfruttavano proprio questi momenti per svagarsi un po’ anche se lei stessa era la prima a non conoscere il significato di questa parola.

Un’esplosione all’interno del laboratorio di Hodgins fece tremare le pareti e il pavimento vicino, nonostante i danni minimi. Quell’esplosione, però, bastò a far scattare Brennan che si voltò con gli occhi serrati e spaventati nel sentire quel rumore. Subito si precipitò nell’ufficio e vide che sia Jack, che Zack erano sani e salvi, nonostante risate e tosse.

“Che diavolo è successo?” chiese senza parole.

“Esperimento troppo avventato…gli avevo detto che non andava bene quella dose” rispose Zack.

“Potevate morire o far saltare in aria il Jeffersonian, ma insomma!! Non siamo più all’asilo…non si può sempre giocare!!” li rimproverò, stranamente, per poi andare via e lasciarli li increduli.

“Che è successo?” chiese Cam, raggiungendoli.

“E’ esplosa una bomba…ma era preoccupata per noi?!” Hodgins guardò Angela.

“Chi?” Cam non capiva.

“Brennan ha fatto una ramanzina sull’esperimento fallito” rispose Angela.

“Veramente?” la donna lasciò cadere quello che aveva in mente di dire, per dar spazio allo stupore “Ma se lei è sempre stata la prima ad appoggiare questi esperimenti da giocoliere!”

“Appunto” annuì Hodgins “E’ scoppiata una bomba!!” annuì lui.

 

“Ottimo lavoro Booth…devi lavorare con quei cervelloni più spesso” Caroline, prese tutti i fascicoli inerenti all’ultimo caso seguito.

“Più di così?” ridacchiò lui, divertito.

“Avete chiuso cinque casi egregiamente, nessun ragionevole dubbio…farai i record con la bella antropologa al tuo fianco” disse, sistemando le cose nella sua borsa.

“Siamo un’ottima squadra” annuì soddisfatto, anche se non del tutto.

“Hey…Booth!!” Sweets li raggiunse nel suo ufficio, sembrava avesse corso.

“Che succede Sweets? Ti ha rincorso il gatto?” gli chiese Caroline, facendo ridere Booth e offendere il ragazzo.

“No…sono venuto per ricordare all’agente Booth il suo appuntamento con me tra mezz’ora, la dottoressa Brennan sta per arrivare, l’ho chiamata due minuti fa”

“Si…pulcino, vengo subito a fare la merenda da te” annuì l’agente seccato da quella costrizione.

“Come stanno andando le sedute?”

“L’agente Booth e la Dottoressa Brennan sono dei meravigliosi soggetti da analizzare” sorrise Sweets, contento di condividere con qualcuno.

“Che siamo? Cavie da laboratorio?” lo guardò male Booth.

“No…però è vero…avete un’ottima compatibilità come squadra, ma non riesco ancora a capire il motivo per il quale state tenendo le distanze, sembra quasi che abbiate paura di qualcosa…ma vorrei scoprirlo” fece spallucce.

“Non c’è niente da sapere in più…siamo colleghi, lavoriamo bene insieme ed ogni tanto andiamo a berci una birra da qualche parte, come fanno gli amici” gli fece notare Booth.

“Io dico di no, quindi…ci vediamo nel mio ufficio…puntuale, mi raccomando!”

“Si…pulcino!”

“E smettila di chiamarmi pulcino”

“A dopo…pulcino”

 

Il silenzio regnava nella stanza. Due occhi curiosi e in attesa di qualsiasi segnale, scrutavano i due volti davanti a se.

“Dite qualcosa accidenti” si lamentò Sweets.

“Cosa dovremmo dirti, scusa?” lo guardò divertito Booth.

“Non so…come vi trovate a lavorare insieme?” chiese, per rompere il ghiaccio.

“Bene…siamo un’ottima squadra” rispose Brennan.

“Infatti”

“E che mi dite delle resistenze iniziali? Soprattutto da parte sua dottoressa Brennan” ringraziò che avessero iniziato a parlare per poter fare delle analisi più accurate.

“Le mie resistenze non riguardavano affatto lavorare con l’agente Booth…erano per sottolineare che non sono un oggetto che si può prestare” rispose.

“Interessante…e perché pensa di essere trattata come un’oggetto?”

“Non saprei” ci pensò un momento “Forse perché è stato firmato un contratto di collaborazione senza il mio consenso?!” alzò un sopracciglio infastidita.

“Angela dice che era da molto che volevi collaborare con l’FBI, perché ci sono questi problemi?”

“Sono una scienziata Dottor Sweets, anzi…solo Sweets…” si corresse, facendo ridere Booth “Il mio lavoro prende molto del mio tempo e…il più delle volte, vado in viaggio per mesi, addirittura anni…quindi…non volevo altri impegni al momento” rispose con semplicità.

“Il suo lavoro è così richiesto?” chiese sorpreso Sweets, facendo irritare un po’ la donna.

“Io sono un’antropologa forenze…Sweets, la migliore negli Stati Uniti e una delle migliori al mondo…il mio lavoro è prezioso…come può constatare l’FBI ed è fondamentale per studiare reperti che risalgono al periodo della pietra in avanti” rispose “Io non dispenso teorie al primo che capita per dirgli che è depresso…di Psicologi ce ne sono miliardi” lo fece sentire piccolo e intimorito da quel carattere forte.

“Ti ha zittito pulcino?!” ridacchiò Booth.

“No…stavo solo cercando di capire il motivo di tanto accanimento nei confronti del mio lavoro” rispose, guardando la dottoressa.

“Il suo lavoro non si basa su prove scientifiche o fisiche…ma si chiama dottore, cosa cura?” lo sfidò lei.

“Io curo l’anima”

“L’anima non esiste…”

“Si…che esiste” questa volta fu Booth ad intervenire.

“Certo…tu credi anche al destino e a Babbo Natale e…”

“Ti fermo prima di dire qualcosa di inappropriato” la guardò male.

“Ho studiato i vostri fascicoli e…dottoressa Brennan, posso capire il motivo per il quale sia così rigida e chiusa, ha eretto una corazza…è normale”

“Lei non sa assolutamente niente di me” lo guardò con occhi infuocati, facendolo tacere “Leggere un fascicolo non ti dice niente di una persona! Quindi rimanga al suo posto e non faccia finta di capire le persone solo perché ha letto delle stupide carte!”

Il cellulare di Booth squillò, salvando Sweets da ulteriori critiche, subito dopo suonò anche quello della Brennan.

“Abbiamo un cadavere in una discarica” disse Booth, alzandosi insieme alla sua partner.

“Ci vediamo la prossima volta”

“Si” annuì Booth, uscendo con la sua partner, che lo aveva salutato con semplice cenno del capo.

  
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