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Autore: KatWhite    29/03/2018    5 recensioni
Il ragazzo sbuffò, combattuto tra l’orgoglio e le farfalle nello stomaco. Guardò ancora una volta Betty, facendo attenzione a non farsi scoprire di star respirando il suo profumo a piccoli fiati, come una droga che viene consumata lentamente per assaporarne il sapore, nonostante tu sappia che prima o poi lo sballo è destinato a finire, nonostante tu sappia che non fa altro che ucciderti lentamente.
BUGHEAD, 2x06
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth 'Betty' Cooper, Forsythe Pendleton 'Jughead' Jones III
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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AVVERTENZE! La seguente fanfiction è ripresa da una scena che non è stata mostrata nel telefilm nella puntata 2x06: pertanto se non siete in pari, è SPOILER. Preciso inoltre il momento: nei minuti finali della punatata, Jug ci racconta che Betty gli dichiara finalmente la verità e tornano insieme, ma non ci mostrano le dinamiche. E' esattamente questo su cui mi sono voluta concentrare. 
Buona lettura!
 
There must be some things I can’t ever do, like forgetting you
I gave you too much of my heart, so much that it’s almost pathetic
If I could turn back time I would do anything.
Why didn’t I think of something like this sooner? (why not?)


 
“Prima che tu entri in quella macchina Jug, voglio che tu sappia che non ho mai smesso di amarti, e non penso che potrò mai farlo”.

Le bocca rosa e sottile di Betty si muoveva sillabando le parole, che si ripetevano al rallentatore in loop nella testa del ragazzo.
Jughead aveva lo sguardo fisso sullo schermo del computer, bloccato dal capitolo precedente: non sapeva come continuare, cosa scrivere, come raccontare tutto quello che gli era accaduto in quella folle giornata, perché tutto ciò che riusciva a pensare era solo lei: Elizabeth Cooper.
Diversamente dal solito, non era seduto a scrivere sul tavolo di Pop davanti ad un invitante frullato alla fragola, bensì a casa propria: dopo quella gara, aveva deciso di chiudere le porte al mondo, dato che le parole di Betty gli frullavano nella testa tormentandolo senza sosta.
Abbassò lo schermo del portatile e si svaccò sul divano, fissando il soffitto e le pale della ventola che giravano pigramente, quasi sperando che lo potessero ipnotizzare per indurlo al sonno. Doveva ancora capire come sistemare tante cose: da quando si era unito ai South Side Serpents, aveva pensato che il suo più grande cruccio sarebbe stato capire come tirarsene fuori al momento opportuno, oppure a come aiutare suo padre ad uscire di prigione, ma sapeva che in un qualunque scenario, la presenza di Betty sarebbe stata una costante nella propria vita che non sarebbe nemmeno dovuta essere messa in dubbio.
Amava Betty, desiderava un futuro con Betty: voleva baciarla fino ad ubriacarsi dei suoi baci e del sapore della sua bocca, voleva fare l’amore con lei, voleva sposarsi con lei, voleva dei figli con lei, voleva una famiglia felice con lei. Betty era il suo tutto, il suo perché, la ragione per cui non è crollato quando ancora non percepiva l’affetto di suo padre o quando si sentiva emarginato al liceo di Riverdale. E quando l’aveva lasciato aveva sofferto in una maniera che mai avrebbe immaginato fosse possibile: lei aveva detto di amarlo, lui aveva detto di amarla. Insomma, lui, Jughead Jones, il misterioso e strano ragazzo che indossa sempre la cuffietta e a cui non gli si conforma mai niente, che non prova affetto e che pare freddo come una lastra di ghiaccio; ecco, proprio lui, si era messo a nudo di fronte a lei, si era lasciato vedere per ciò che era, e il pensiero dell’assenza di Betty lo trafiggeva da parte a parte. Ogni volta che chiudeva gli occhi risentiva lei, soffice ed esile che aderiva tra le proprie braccia, il suo sorriso spensierato che gli trasmetteva fiducia e sicurezza, la sua risata angelica, quelle adorabili fossette che le si formano agli angoli della bocca ogni volta che sorride, i suoi capelli color dell’oro… Si accorse di stare stringendo i pugni e li sciolse, sollevando le mani per massaggiarsi le tempie. Ogni volta che ripensava alla “ragazza della porta accanto”, così come gli piaceva chiamarla nel proprio romanzo, sentiva degli aghi conficcarglisi nel cuore. Ognuno di essi aveva un nome diverso: tradimento, abbandono, sofferenza, vergogna, colpa. Amore. E forse, era proprio quest’ultimo che lo faceva stare peggio.
Dei colpi arrivarono dalla porta, e Jug si alzò per andare ad aprire, convinto che fosse Toni. Quella mattina le aveva detto che la roulotte sarebbe stata sempre aperta per lei, bacio a parte. Jug voleva solo essere gentile con un membro della sua gang che se lo meritava, e che gli era stata vicino quando Betty non aveva potuto esserci. Sobbalzò infatti quando un bagliore biondo risaltò nella luce della luna, risplendendo persino nell’oscurità della notte. 
Non le diede nemmeno un secondo di tempo per parlare che Jughead trascinò immediatamente Betty dentro casa propria, sbattendo la porta con forza. «Sei impazzita?» strepitò il ragazzo. «Venire qui, a quest’ora
«Non importa» disse Betty in un tono che Jug non gli riuscì di decifrare. «Per certe cose vale la pena rischiare, e tu sei una di quelle Juggy» aggiunse in un tono dolce, ferito. Jug si accorse che i suoi grandi occhi blu erano rossi e gonfi, e gli venne voglia di abbracciarla, di stringerla a sé più che poteva per proteggere la sua Betty. 
«Ti ricordo che ci siamo lasciati» si sforzò di mantenere un tono duro, severo. «Anzi, tu mi hai lasciato tramite Archie».
«Ti ho già detto che non intendevo nulla di quello che ha detto!» sbottò la ragazza con le labbra che le tremolavano. «Jug, non ho mai smesso di amarti. Ti prego, dammi la possibilità di spiegarti, e se poi non mi vorrai, prometto che me ne andrò. Se proprio dobbiamo lasciarci, voglio che sia per la verità, non per una menzogna.»
Il ragazzo sbuffò, combattuto tra l’orgoglio e le farfalle nello stomaco. Guardò ancora una volta Betty, facendo attenzione a non farsi scoprire di star respirando il suo profumo a piccoli fiati, come una droga che viene consumata lentamente per assaporarne il sapore, nonostante tu sappia che prima o poi lo sballo è destinato a finire, nonostante tu sappia che non fa altro che ucciderti lentamente. 
«Molto bene, entra pure» dichiarò impassibile.
Betty si mosse a passo deciso in quel posto tanto familiare, e si sedette sul divano nel quale si erano addormentati stretti innumerevoli volte. A Jug piaceva ascoltare il battito del cuore di Betty pulsare nel sonno, gli piaceva pensare che battesse anche un po’ per lui. Scosse la testa per allontanarsi da quel sentiero tortuoso: si era reso conto solamente adesso che rimanere solo con lei lo faceva impazzire più del solito. «Avanti, ti ascolto» asserì stoico il moro mentre la squadrava in piedi con uno sguardo freddo e diretto: voleva che Betty sapesse di starle scrutando attentamente l’anima, e che la propria era distrutta.
«Dopo aver decifrato il codice della lettera mandata dal Boia, io…» Betty si bloccò, deglutì stringendosi le mani. Jug sapeva che si stava conficcando le unghie nei palmi e lo avrebbe fatto fino a farsele sanguinare, come sempre. Desiderò prendergliele e baciargliele come faceva ogni volta, per poi sussurrarle piano nell’orecchio parole dolci. «Io ho ricevuto una sua telefonata. Mi diceva che io e lui siamo uguali, che entrambi vogliamo la stessa cosa… cose che mi hanno ferita, perché io non sono così…» parlava in tono concitato e prossimo al pianto mordendosi le labbra. 
«E poi ha detto che dovevo tagliare i rapporti con le persone che amavo» mormorò abbassando lo sguardo e fissandosi le pieghe della gonna. Jug strabuzzò gli occhi, intuendo dove Betty stava andando a parare. «Prima Veronica, figlia di un imprenditore fraudolento» fece una pausa, forse per trovare il coraggio di alzare lo sguardo e cercare gli occhi verdeazzurri dell’innamorato. Delle lacrime le scivolavano silenziose sul viso e il respiro le divenne affannoso. «Poi te Jug, perché sei figlio del capo dei Serpent» e a quelle parole la voce di Betty divenne pervasa di mille singhiozzi scoppiando in un pianto liberatorio. Le spalle si alzavano e si abbassavano ininterrottamente e con scatti violenti, e in mezzo secondo sentì delle braccia familiari avvolgerla completamente. Un profumo noto e abituale, come quello rassicurante di casa, l’avviluppò e non combatté l’istinto di rimanere così vicina a Jug, sentendo i muscoli rilassarsi involontariamente un po’. «Ho mandato Archie perché sapevo che altrimenti non avrei trovato il coraggio di spezzarti il cuore, di ferirti così tanto… Avresti dovuto credermi e io non sarei mai riuscita… N-non avrei mai potuto…» La Cooper tornò nuovamente a guardarsi le scarpe, non riuscendo più a sostenere lo sguardo di Jughead.
«Se non l’avessi fatto, avrebbe fatto del male a Polly, capisci? E poi sarebbe venuto da te, poi da mia madre, mio padre, Archie… dovevo farlo, Jug, dovevo. Ma ti prego, ti prego…» la bionda continuava ad implorare ininterrottamente, senza nemmeno prendere fiato. Respirava a fatica, il cuore le martellava come un tamburo nel petto, tanto che a Jug parve addirittura di sentirlo, il sangue le colava dalle mani impietoso macchiandole le maniche del maglione celeste.
Col dorso dell’indice, Jones alzò lentamente il mento della giovane bionda, finché le loro iridi non si incatenarono. Adorava gli occhi di Betty: non solo erano dannatamente espressivi -ed in quel momento era completamente investito dal suo senso di colpa tanto da rabbrividire- ma erano di un blu profondo quanto l’oceano increspato nel pieno di una tempesta, raro, unico e bellissimo. Col pollice le asciugò le lacrime sulle guance, cercando di infonderle sicurezza con quel gesto consolatore che pensava sarebbe stato più impacciato. Percepì il calore provenire dalle guance di Betty, e poi del calore ancora più bollente e appiccicoso sulla propria mano: erano le dita di Betty che stringevano le proprie. «Non ho mai smesso di amarti, Juggy, davvero. Ora sai.» disse infine, mentre piano il petto si alzava e si abbassava con ritmo più costante e cadenzato. «Perché non importa cosa possa dire o fare il Boia… una vita nella quale tu non ci sei semplicemente non è vita».
Rimasero così, a fissarsi immobili per qualche secondo. Gli occhi di Jughead erano penetranti e ricolmi di tutto quell’affetto e amore che per giorni aveva tentato senza risultati di tenere nascosto in una parte recondita del proprio cuore, cercando in tutti i modi di trasformarlo in odio, rancore. Era bastata la semplice immagine di Betty che si disperava e si struggeva per lui a frantumare quella corazza di certezze ed incertezze, e rilasciare nuovamente quei sentimenti, ancora più forti di prima se fosse stato possibile. La guardava come se fosse un fenomeno eccezionale, un miracolo di quelli che ti capitano una volta sola nella vita e sei fortunato a poterne raccontare in giro.
«Nemmeno io ho mai smesso di amarti, Betty Cooper» arrivò la voce del moro. A Betty parve che la raggiungesse in lontananza, come se fosse stata a miglia e miglia di distanza, come se quasi non potesse essere vero. 
«Jughead Jones…» Betty parlò con un filo di voce, una supplica sussurrata.
Un attimo dopo le labbra di Jug erano su quelle di Betty. Si abbatterono con forza e prepotenza dato che quelle bocche si bramavano da troppo; dopo l’eccitazione e il fermento iniziale, il bacio divenne più dolce e soave. Betty allacciò le braccia attorno al collo di lui e si abbandonò contro il suo petto, accorgendosi solo in quel momento di quanto i suoi muscoli fossero rimasti tesi. Anche le gambe di Jug iniziarono a sciogliersi e si lasciò cadere sul divano, spingendo il corpo della ragazza assieme al suo. Entrambi percepivano le scariche elettriche che si trasmettevano e che spegnevano velocemente i neuroni, le orecchie che pulsavano, i suoni che arrivavano ovattati, la stanza vorticante che appariva sfocata e senza contorni, la pelle ustionante dell’altro: mani contro mani, viso contro viso, petto contro petto, ciglia contro ciglia, guancia contro guancia, bocca contro bocca; e mentre bruciavano a vicenda ognuno del fuoco dell’altra, Jug avvicinò più che poteva il proprio viso contro quello della ragazza, interrompendosi di tanto in tanto per recuperare fiato. «Scusa» bisbigliava Betty in quegli istanti con voce ancora rotta, e Jug le poggiava un dito sulle labbra e la baciava, ancora e ancora come se entrambi stessero raggiungendo il paradiso l’uno nella bocca dell’altra. E forse, era proprio così.





KitKat says- author's corner
Ve lo giuro, sono impazzita per questa coppia: è diventata nel giro di qualche episodio la mia OTP, facendomi provare emozioni fortissime, cosa che non succedeva da una vita. Adoro il personaggio di Jug, amo Betty e il suo lato da mezza matta ma che qui è semplicemente distrutta, e impazzisco per i Bughead. Infatti, ho già chiesto ad una delle mie amiche di preparami un set apposta per rinnovare il profilo, quindi non vedo l'ora che finisca e me lo prepari! Grazie di sopportarmi Robby ♡. Ringrazio anche la mia Parabatai che mi ha torturata affinchè la iniziassi, e quindi è grazie a lei se ora sono qui a scriverne, anche se non shippa i Bughead *inserire faccina arrabbiata*.
Con questa fanfiction spero di essere riuscita a trasmettere tutto ciò che sento e provo per loro, come io li vedo e li amo in ogni fibra del loro essere: stavo scrivendo una mia fanfiction abbastanza ambiziosa, una specie di progetto personale che porto avanti da quest'estate e avevo intenzione di pubblicare, ma l'ho interrotto non appena mi è partita la ship. Avevo inizialmente pensato di scrivere un momento originale, poi ho visto la 2x06 e il resto è venuto da sè.
Concludo queste note rivolgendo un appello/domanda alle fan scatenate di Jug come me: sono solo io, ma mi pare un personaggio completamente diverso in questa seconda stagione? Mi sono innamorata del Jughead della prima stagione, quello misterioso ma in fondo sai che è sensibile e terribilmente cute, che ha paura del giudizio degli altri e che ha paura di aprirsi perchè sa di essere diverso dal prototipo di ragazzo di oggi. Devo essere sincera, non mi piace come lo stanno scrivendo ultimamente da quando è entrato nei Serpents, perchè sta rinnegando tutto ciò che è (per esempio il fatto di strappare via il tatuaggio dalla pelle di Penny: ok non era una santa, ma penso che comunque sarebbe stata una cosa che mai il vecchio Jughead avrebbe osato fare). Fatemi sapere cosa ne pensate, proprio perchè è il mio husbando personaggio preferito ci terrei a tornare a rivederlo sotto la stessa luce di prima, e uno scambio di idee potrebbe aiutare.


Bugheaddosamente vostra,
Kat.
  
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