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Autore: Tigre Rossa    29/03/2018    2 recensioni
Dis gli tirò un pugno sul braccio, sorridendo “Hai dimostrato che è sempre un errore sottovalutare uno hobbit di Erebor.”
Lo hobbit arrossì, troppo sorpreso e felice per parlare.
Uno hobbit di Erebor . . .
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Può uno piccolo hobbit crescere tra i nani di Erebor e sentirsi a casa?
Potrà mai diventare uno di loro e trovare il proprio posto, prima che le fiamme di Smaug annullino ogni cosa?
Bilbo!raised by dwarves AU - Bagginshield
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bilbo, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 4 – Canne al vento

 

 

 

 

 

 


 

L’antidoto contro cinquanta nemici è un amico.

-Aristotele

 

 

 


“Potete ripetermi che cosa stiamo facendo, esattamente?”

“Shh Bofur, o farai saltare la nostra copertura.”

“Ma quale co-ouch! Bilbo, Dis mi ha fatto male!”

“Dis!”

“Volete starvi zitti, voi due? Ci farete scoprire davvero, così!”

“Ma sì può sapere chi è che dovrebbe scoprirci, per Mahal?”

“Bofur, se continui a parlare, giuro . . .”

“Zitta, Dis! Arriva qualcuno!”

 

Dei passi pesanti rimbombarono nella stanza, percorrendola quasi con inquietante lentezza in tutta la sua lunghezza. Si fermarono di fronte ad un piccolo armadio di faggio, così basso e stretto da poter contenere solo una dozzina di spade, e per un lungo, interminabile momento ci fu un silenzio irreale.

Poi, una grande mano callosa spalancò l’armadio di botto e tre piccole figure, fino ad un secondo prima ammucchiate addosso alle ante, caddero a terra in un rumorosissimo tonfo.

“Ahi!” Dis, caduta di faccia, si tirò a sedere stringendosi il naso gonfio, ed accanto a lei Bilbo scalciò, tentando di togliersi Bofur di dosso, fin troppo pesante per lui “Bofur, mi stai schiacciando!”.

Un colpo di tosse richiamò l’attenzione dei piccoli doloranti, che alzarono lo sguardo in contemporanea e sobbalzarono, improvvisamente pallidi. Di fronte a loro, a braccia incrociate, stava Thorin, e la sua espressione prometteva tanti, tanti guai.

“Nadad!” esclamò la bionda alzandosi in piedi di scatto e fingendo un’espressione innocente, cosa un po’ difficile da fare con una mano stretta attorno al naso “Che sorpresa! Cosa ci fai qui?”.

Il principe sollevò appena un sopraciglio “Perché non mi dici piuttosto cosa stavate facendo voi tre chiusi in questo ripostiglio, Dis?” chiese in risposta, aggiungendo con una punta di sarcasmo “Mi sembra una storia decisamente più interessante.”.

“E lo è, lo è infatti.” farfugliò la ragazza, tentando di farsi venire in mente una scusa fattibile per essere stati scoperti lì dentro. Si massaggiò il naso dolorante, cercando di prendere tempo “Stavamo, beh, stavamo . . . “ non riuscendo a pensare a nulla, cercò con la coda degli occhi i due amici, ma Bofur, appena scivolato al fianco dello hobbit, era troppo impegnato a deglutire spaventato per cogliere la sua richiesta d’aiuto.

Bilbo invece, che si era messo seduto proprio in quel momento, notò la sua difficoltà ed intervenne, un po’d’istinto “S-stavamo . . . lo stavamo pulendo!”.

Lo sguardo severo del nano si spostò sul più piccolo “Lo stavate pulendo?” ripeté, certo di non aver mai sentito una scusa tanto ridicola.

Lo hobbit deglutì, teso, ma annuì e continuò imperterrito nella sua bugia “La signora Gin ci ha chiesto di darle una mano con le pulizie, visto che il suo mal di schiena è peggiorato e non riesce più a piegarsi ed a pulire i mobili più piccoli. Non ce la siamo sentita di rifiutare, è così gentile con noi, e così abbiamo deciso di occuparci degli armadietti per le armi come questo.” affermò convinto, tentando di dare più verosimiglianza possibile alla sua storia, per poi aggiungere con una faccia schifata “Non l’avessimo mai fatto! Non puoi immaginare quanta sporcizia ci sia in questi ripostigli, una cosa allucinante, dico davvero.”

Thorin scosse appena la testa, trattenendo a stento un sorrisetto per quella bugia tanto sciocca quanto buffa. “Basta così, akhûnith.“ lo fermò, per poi rivolgersi di nuovo alla sorella, che era rimasta ad ascoltare la storiella dell’amico con una faccia estremamente meravigliata “Vi eravate nascosti qui perché sapevate che io e Dwalin dovevamo vederci per organizzare la sicurezza durante il viaggio, vero?”.

Dis tentò di sembrare il più sorpresa ed offesa possibile “Cosa? No! Che razza di opinione hai di noi, fratellone?” esclamò, portandosi la mano dal naso al cuore.

“Mi stai dicendo che non volevate capire in che modo infilarvi nel gruppo che partirà per i Colli Ferrosi tra due giorni senza essere scoperti?” insistete il principe, lottando contro l’istinto sempre più forte di alzare gli occhi al cielo.

“Era questo che avevamo in mente quindi?” esclamò sorpreso Bofur, e la bionda gli tirò un piccolo calcio nel tentativo di zittirlo prima che facesse ulteriori danni “Ahi!”.

“Davvero, si parte tra due giorni?” ripeté, fingendo di non aver sentito il compagno e di essere all’oscuro di quella notizia “Me n’ero assolutamente dimenticata.”.

Thorin sospirò appena, esasperato “Aye, io, Dwalin, Adad e una dozzina di altri nani partiamo tra due giorni.” confermò, per poi aggiungere in maniera ancora più severa “Ma in quella dozzina non ci sarete né tu né Frerin, e soprattutto non ci saranno Bofur o Bilbo. E questo non cambierà, per quanto voi possiate tentare di venire senza permesso.”.

La già poco convincente recita di Dis cadde del tutto a quelle parole, e subito la ragazza si accigliò, ripetendo per l’ennesima volta con aria ferita ed arrabbiata “Ma perché? Non è giusto!”.

“Conosci le regole. Siete tutti e quattro troppo piccoli. Il Consiglio è stato irremovibile su questo.” spiegò pazientemente il nano dagli occhi azzurri.

“Ma . . .” tentò di obbiettare la più piccola.

“Niente ma.” la fermò il maggiore, ora evidentemente irritato “Non andrai da nessuna parte nell’immediato futuro, signorinella. Nemmeno in giro per Erebor, se è per questo, quando Adad saprà che ti ho trovata qui con i tuoi fedeli complici.”

Nel sentire nominare il padre il viso della principessa perse tutto il suo colore.  “Non oserai . . .” ringhiò piano, forse nel tentativo di intimorire il fratello, ma il tono teso con cui parlò rese la sua più una supplica che una minaccia.

“Certo che oserò.” ribatté severo, gli occhi chiari che trafiggevano la sorellina come piccoli pugnali affilati “Adad ti aveva detto che non avrebbe accettato un’altra disubbidienza su questo, o sbaglio?”.

Dis si morse il labbro, evidentemente in difficoltà. “Per favore, Thorin.” mormorò alla fine, qualsiasi traccia di arroganza e sicurezza scomparsa dal suo viso e della sua voce “Sarà così deluso. E arrabbiato. Ma soprattutto deluso. E mi chiuderà nelle mie stanze a vita.”.

“Probabile.” concordò l’altro annuendo, per poi aggiungere con un mezzo sorriso sarcastico “Ma non preoccuparti, Frerin ti farà decisamente compagnia.”.

Le pupille della bionda si dilatarono appena “È stato lui a farci scoprire?”.

Il più grande si strinse nelle spalle “Più la sua incapacità di fare da diversivo, direi.” ammise, ripensando un filino divertito ai deboli tentativi del fratello di convincerlo che la scomparsa improvvisa delle tre pesti fosse normale e del tutto immotivata.

Bilbo gemette, e Dis non riuscì a trattenere un sbruffo “Te l’avevo detto che non dovevamo affidarci a lui.” si lamentò tra i denti, rivolta all’amico sconfortato quasi quanto lei “Non sa cosa sia la discrezione.”.

“Nemmeno voi, se è per questo.” obbiettò un filino divertito Thorin “La prossima volta che vi nascondete, gridate più forte, mi raccomando. Credo che giù nelle fucine non vi abbiano sentito.”.

Dis gli lanciò un’occhiataccia, ma il principe non ne parve per nulla turbato. “Filate, ora.” ordinò con un cenno del capo.

La principessa lo fulminò un’ultima volta, prima di girarsi ed aiutare i due amici ad alzarsi da terra. Quando entrambi furono in piedi, mormorò un innervosito ‘Andiamo’ e il trio fece per raggiungere la porta, prima che il nano dai capelli corvini chiamasse i due ragazzi.

“Ah, Bilbo e Bofur. Ovviamente anche i vostri genitori saranno informati.” assicurò, scrutando i due con un’espressione tanto severa quanto quella solitamente riservata alla sorellina “E non voglio trovarvi più a combinare guai in giro quando tornerò. Sono stato chiaro?”.

Bofur deglutì visibilmente, quasi terrorizzato “S-sì, principe.”.

Bilbo rimase in silenzio, e Thorin si rivolse direttamente a lui, studiandone il viso arrossato “Sono stato chiaro, akhûnith?”.

Il piccolo si dondolò appena sui talloni “Sì, Thorin.” mormorò piano senza mai distogliere lo sguardo da quello del principe, il quale lo fissò per qualche altro momento prima di fare a tutti loro segno di andarsene.

I tre, per quella volta, gli ubbidirono.

 

~~~~΅΅~~~~

 

“Che cosa?” esclamò ad alta voce Bilbo, facendo voltare verso di lui una mezza dozzina di nani, che gli rifilarono un’occhiataccia. Lui non ci badò ed insistette ancora “Cosa significa che Dis non può più uscire dalle sue stanze?”

“Significa che non può più uscire dalle sue stanze.” replicò Bofur, guardandosi irritato attorno “E se abbassi la voce prima che tutti possano sentirci, ti spiego anche il perché.”.

Lo hobbit sbruffò, ma allo sguardo ammonitore di Frerin, che stava correggendo altri due allievi non troppo distanti da loro, finse di tornare al suo addestramento e ripeté una delle prese al collo che gli erano state mostrate poco prima.

“Dai, dimmi.” sussurrò in modo che solo l’amico potesse sentirlo.

Bofur si liberò rapidamente dalla stretta del compagno, troppo debole per riuscire davvero a trattenerlo “Beh, a quanto padre il principe Thrain si è arrabbiato molto per il nostro ultimo tentativo di partire per i Colli Ferrosi, la settimana scorsa. Così tanto che ho punito sia Dis che il principe Frerin, obbligandoli a restare chiusi nelle loro stanze per un mese, senza poter uscire per alcuna ragione al mondo, controllati ora dopo ora in modo che non possano disubbidire.”.

Il più piccolo aggrottò la fronte “Allora perché Fre è qui?” chiese confuso, indicando il giovane principe con il mento, che ora gli dava le spalle e mostrava per l’ennesima volta ad un nanetto come stringere il collo del compagno senza fargli male.

“Beh, per lui è stato costretto a fare un’eccezione, visto che in assenza di Dwalin è il suo apprendista a dover mandare avanti gli allenamenti.” spiegò, afferrandolo per il collo con una mossa troppo delicata per fargli davvero male “Può uscire solo negli orari di lezione, e solamente per venire qui. Per il resto, deve fare anche lui una vita da recluso per altre tre settimane.”.

“Che storia assurda.” tentò di spezzare la presa, ma senza troppo successo “Non riesco a credere che amad non me lo abbia detto.”.

“Io non riesco a credere che ti abbia proibito di venire agli allenamenti come punizione! E per un’intera settimana!” gemette Bofur, come se solo pensare a quella settimana di solitudine gli mettesse i brividi “Ma come mai è stata così severa? Alla fine non abbiamo fatto nulla di male.”.

“Non lo so, ma posso giurarti che non l’avevo mai vista così arrabbiata.” fece l’altro, riuscendo ad allentare la stretta quel tanto necessario per scivolare via da sotto, come una piccola anguilla “Comunque, tu sei riuscito a vederli partire, Thorin e gli altri?”.

Il nano scosse la testa “Sono partiti in gran segreto, di notte. È tutto quello che so. Hanno fatto ogni cosa in modo che lo sapessero meno persone possibili.” storse la bocca, per niente convinto da quella faccenda “Non riesco a capire perché. Stanno andando in visita ufficiale dal fratello del Re, non in una qualche assurda missione che deve restare segreta.”

Lo hobbit scrollò le spalle “Non riesco a capirlo nemmeno io, è cos-ah!”.

Bilbo sentì un braccio forte stringersi all’improvviso e con decisione attorno al suo collo, togliendogli il fiato, mentre un mano callosa gli teneva stretta la nuca, tirando dai capelli tanto da fare male. D’istinto tentò di liberarsi, ma il suo ignoto avversario era molto più grande e forte di lui e la sua presa ferrea e sicura.

Bofur gridò, ma non riuscì a capire bene cosa, non con le orecchie che iniziavano a fischiargli forte, mentre le sue mani sottili perdevano sempre di più la presa su quelle braccia fin troppo forti per lui e tutto diventava sfumato ed evanescente . . .

Poi, appena un secondo prima che tutto si facesse scuro, la stretta attorno al collo svanì, rapida com’era arrivata.

Il piccolo hobbit si afflosciò su se stesso, e fu solo grazie ad un paio di braccine gentili e pronte che non cadde a terra.

“Bilbo, Bilbo! Riesci a sentirmi?”

Il ragazzino espiro ed inspirò a fondo, reggendosi debolmente al corpo tremante accanto al suo, sentendosi come se stesse per perdere conoscenza da un momento all’altro.

Dopo qualche momento, però, i puntini davanti al suo viso iniziarono a dilatarsi e sotto di lui la terra riprese la sua solita consistenza, smettendo finalmente di girare.

Inspirò a pieni polmoni un’ultima volta, prima di riuscire ad annuire appena, sfiorandosi il collo dolorante.

Bofur emise un sospiro sollevato e aprì la bocca per parlare, ma ogni sua parola fu coperta da un grido terribile.

“Per Mahal, che cosa diavolo avevi in mente?”

Bilbo sollevò con difficoltà lo sguardo, e dritto davanti a lui, come se gli stesse facendo scudo con il proprio corpo, vide Frerin, furioso come un leone di montagna. E appena di fronte, in silenzio ma con un’espressione malvagiamente divertita scolpita su viso, stava Goind.

Il ragazzo perse quel poco di aria che i suoi polmoni affaticati erano riusciti a riconquistare ed indietreggiò, mentre l’antico terrore tornava a farsi sentire, forte e travolgente come se non se ne fosse mai andato.

“Cosa pensavi di fare?” ringhiò ancora il biondo, ancora più rabbioso di fronte al silenzio del nano “Potevi soffocarlo o addirittura spezzargli il collo! Te ne rendi conto, sì o no?”.

Goind si strinse nelle spalle, come se quelle parole non lo scalfissero minimamente “Non stavo facendo nulla di male.” rispose nella maniera più naturale del mondo, come se ci credesse davvero. Un ghigno sprezzante gli curvò le labbra in alto, mentre continuava, indicandolo con il mento “Ho visto che non riusciva ad eseguire correttamente le presa, e ho pensato che se l’avesse provata sul proprio corpo l’avrebbe imparata più in fretta. Con il resto ha funzionato, come abbiamo potuto vedere tutti il mese scorso.”.

Accanto a lui Bofur si irrigidì, lo sguardo solitamente gentile che si induriva, come se fosse sul punto di lanciarsi in avanti e colpirlo lui stesso. Frerin fece un passo in avanti e minacciò, la voce  gelida “Fagli un’altra volta del male e non metterai più piede in queste Sale. Sono stato abbastanza chiaro?”.

Quegli occhi neri come l’oscurità si strinsero, improvvisamente furiosi.

“Certo.” sibilò il nano, con tutto il veleno che aveva dentro, per poi aggiungere sarcastico “Non sia mai che qualcuno tocchi il cucciolo dei Durin, vero?”.

Scoppiò a ridere, e la sua fu una risata breve, ma falsa ed in qualche modo profondamente disturbante.

“Non solo dobbiamo condividere le nostre tradizioni con uno sporco hobbit, ma anche fingere che ciò ci vada bene.” ringhiò, improvvisamente di nuovo severo, per poi aggiungere con tono beffardo e falsamente servile, mimando un piccolo inchino “Oh, ma se questo fa piacere ai giovani principi … “

“Fuori di qui!” ruggì Frerin, i grandi occhi chiari che bruciavano di pura furia “Vattene, prima che sia io a trascinarti fuori con la forza!”.

Goind indietreggiò d’istinto, ma solo di un passo, prima di recuperare il controllo e rispondere velenoso, chinando appena la testa “Come desidera, mio principe.”.

Poi, dopo aver gettato uno sguardo di fuoco al piccolo hobbit, si girò e se ne andò quasi vittorioso, consapevole di avere gli occhi dell’intera sala puntati addosso.

Il giovane Durin lo seguì con lo sguardo fino a quando non si chiuse l’uscio alle spalle. Poi, si guardò attorno ed esclamò a gran voce “Beh, cosa avete tutti da guardare? Tornate al lavoro!”.

I nani si riscossero, come risvegliati da un sonno improvviso, e tutti distolsero lo sguardo e tornarono ad allenarsi, anche se con un lieve bisbiglio qua e là.

Subito, Frerin si voltò e si inginocchiò accanto a Bilbo, sul viso l’espressione più preoccupata che gli avesse mai visto “Stai bene, Bilbo? Riesci a respirare?”.

Lo hobbit annuì appena “Sto bene, non preoccuparti.” sussurrò a fatica, sentendo la gola bruciare ad ogni singola sillaba.

Non convinto, il principe gli fece alzare il capo e gli studiò il collo, per poi prendergli delicatamente il polso e contarne i battiti, accelerati ma più per la paura che per altro. “Forse è meglio che ti stenda un po’.” disse, per poi rivolgersi a Bofur, che non aveva lasciato l’amico nemmeno per un momento “Andresti a chiamare mastro Oin? Voglio che gli dia un’occhiata.”.

“No.” si oppose Bilbo con improvvisa forza, cogliendo entrambi di sorpresa “Non mi stendo e non voglio mastro Oin. Non ne ho bisogno. Sto bene.”.

Frerin storse la bocca “Bilbo . . .”

“Ho detto che sto bene!” ringhiò il piccolo, mettendosi più dritto che poteva e sollevando il mento “Non ci vuole così poco per mettermi fuori gioco.”.

“Bilbo . . .” si intromise Bofur, teso “Il principe Frerin ha ragione. Dovresti . . .”

Lo hobbit si strappò dalla sua stretta “Non dovrei fare nulla. Sto bene.” ripeté freddo, come se quelle premure gli dessero solo fastidio “Riprendiamo l’addestramento, shândabi?”.

Il principe e il nanetto si scambiarono un sguardo preoccupato che ebbe solo l’effetto di irritare il ragazzo ancora di più. “Shandabi?” fece ancora, rivolto al compagno.

Alla fine, non senza indecisione ed incertezza, questi cedette “Shandabi.”sospirò, mettendosi in posizione ma senza riuscire a nascondere la propria preoccupazione.

 

                                                                     ~~~~΅΅~~~~ 

 

Toc-toc.

Un lento e basso bussare alla porta spezzò il silenzio che riempiva l’elegante camera da letto, con l’unico risultato di irritare la già terribilmente scontrosa abitante, che però si ostinò a non rispondere.

Toc-toc.

Dis alzò gli occhi al cielo “Aye, sono ancora chiusa qui, Drondur.” gridò quasi, con un tono particolarmente esasperato “Non me la sono filata, non preoccuparti.”.

“La smetti di gridare? Sono io!” sibilò immediatamente una vocina bassa ma chiara da dietro la porta, con urgenza e un po’ di stizza.

La principessa aggrottò la fronte, pensando per un momento di essersi solo immaginata quella voce. Ma, nel dubbio, si alzò da terra e corse alla porta, aprendola quel poco che bastava per sbirciare fuori, trattenendo poi a stento uno strillo di gioia.

“Bilbo?!”

Il piccolo hobbit le fece segno di tacere, guardandosi ansiosamente alle spalle, e la ragazza aprì la porta il minimo indispensabile per farlo scivolare dentro.

Quando il compagno fu al sicuro dietro di lei chiuse la porta, infilò decisa la chiave nella serratura e la girò, per poi toglierla, farla cadere senza pensarci a terra e spiare dal buco, controllando che nessuno li avesse sentiti e stesse venendo ad accertarsi del motivo di quel casino.

Poi, con un enorme sorriso entusiasta, saltò letteralmente addosso all’amico, stringendolo nell’abbraccio più soffocante che avesse mai ricevuto. “È bellissimo vederti, ‘ilbo!” esclamò, incapace di trattenersi.

Bilbo sorrise appena, tentando senza troppa convinzione di scrollarsela di dosso “La reclusione forzata ti sta facendo male, vedo. Sei diventata addirittura affettuosa.”.

A quelle parole, la ragazza si staccò di scatto e gli tirò un pugno alla spalla, strappandogli un gemito di dolore “Mi hai colta in un momento di debolezza.” rispose, fingendosi irritata “Non succederà mai più.”.

Nonostante le sue parole un sorriso ancora più grande le illuminò il viso “Per la barba pelosa di Mahal, come hai fatto ad arrivare qui e superare le guardie?”.

Lo hobbit scrollò le spalle, come se si trattasse di una cosuccia da nulla “Ho i miei metodi.” rispose solamente, con un ghigno criptico.

La principessa ridacchiò appena, scuotendo la testa e buttandosi a sedere scomposta sull’enorme baldacchino. “Non ci speravo più.” ammise, per poi lamentarsi con una smorfia “Sono quasi due settimane che sono rinchiusa qui. Due settimane, riesci a crederci? Drondur e Gris tengono d’occhio me e Fre, e il nonno passa a controllarci abbastanza spesso. Balin invece trascorre quasi tutto il suo temo con me ed ogni tanto si fa vedere anche la tua amad. È stata lei a farti entrare?” chiese, incuriosita.

“Amad?” ripeté il ragazzo, sedendosi di fronte a lei e tirandosi indietro un ciuffo ribelle di capelli “Figurati. Mi tiene alla larga da qui come ci fosse un drago. Credo che ritenga questa separazione forzata la migliore punizione che potessi avere.”

“Ah giusto, come ti ha punito dopo che Thorin ha fatto la spia? E Bofur? È finito nei guai per colpa mia?” domandò ancora, non riuscendo a nascondere un pizzico di preoccupazione.

Bilbo scosse appena la testa “Bofur è a posto, stai tranquilla. Credo che sia un po’ terrorizzato da Thorin, visto che non ha ancora smesso di tremare, ma per il resto sta benone.” la rassicurò “Si è beccato solo una gridata di due ore e mezza e la promessa solenne che se si farà di nuovo rimproverare da un membro della tua famiglia passerà i prossimi dieci anni ad aiutare suo fratello nelle cucine.”.

All’improvviso si batté una mano sulla fronte, trattenendo un’imprecazione, e si infilò una mano in tasca, tirando fuori dopo qualche secondo sotto lo sguardo curioso di lei un fagottino un po’ rovinato “Stavo quasi per dimenticarmene, ti manda questo.” spiegò, porgendoglielo “Avrebbe voluto portartelo di persona, ma non siamo riusciti a trovare un modo per venire qui entrambi.”.

Dis aggrottò la fronte, afferrò curiosa il fagottino e lo aprì, per poi fissare stupita la dozzina di biscotti al cioccolato un po’ sbriciolati nascosti dalla stoffa.

“Oh.” Per un secondo rimase senza parole, evidentemente toccata da quel gesto gentile ed inaspettato. “Digli grazie da parte mia.” mormorò in fretta, tentando inutilmente di nascondere la sua sorpresa. Si alzò dal letto e poggiò con attenzione il prezioso bottino sul tavolo, accanto ad una marea di vecchi libri.

“Comunque, non posso dargli torto se è rimasto traumatizzato da Thorin, poverino.” fece mentre tornava al letto e ci si ributtava sopra, cercando di riprendere la conversazione nonostante il sorrisetto di Bilbo, divertito da quel momento di stupore sincero e di tenerezza dell’amica. “Nadad sa essere molto intimidatorio quando vuole, con quella sua facciaccia severa e gli occhi freddi. Tutti i ragazzi della Montagna hanno paura di lui, in effetti.”. Gli occhi luminosi della principessa si fecero birichini, e lei aggiunse con finta nonchalance “Tutti tranne un certo hobbit di fronte a me, ovviamente.”.

La punta delle orecchie di Bilbo si colorarono appena di rosa, ma lui non se ne accorse, o forse finse di non accorgersene.

“Perché non c’è alcun motivo per avere paura di Thorin. Siete voi che siete troppo testoni per capirlo.” ribatté semplicemente, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Certo, come vuoi.” replicò la bionda con uno sbruffo, per poi ritornare al discorso di prima “Tu, invece? La tua amad si è arrabbiata davvero così tanto?  Non riesco ancora a credere che ci abbiano scoperto, comunque. Era un piano talmente perfetto!” si lamentò, ancora seccata al solo pensiero “Se avessimo saputo in anticipo il loro percorso, avremmo potuto seguirli per un buon tratto e poi mostrarci quando sarebbe stato troppo tardi per riportarci indietro o chiamare qualcuno dalla Montagna affinché ci recuperasse. La scorta di Thorin era già ridotta all’osso, non avrebbero potuto sacrificare una persona per ricondurci a casa, e così avrebbero dovuto per forza farci venire con loro.”.

“Lo so. Forse è proprio perché era così ben fatto che amad era tanto incavolata. ” rispose  lo hobbit, scuotendo la testa come se non riuscisse ancora a crederci veramente “Davvero, non l’ho mai vista più furiosa. Non mi ha permesso di andare agli allenamenti per una settimana intera, né da qualsiasi altra parte, se è per questo. È stata un po’ una punizione anche per Bofur, visto che è rimasto da solo per giorni interi. “ aggiunse sentendosi quasi in colpa, per poi domandare “Tu come passi il tempo qui?”

“Ad annoiarmi. E studiare un sacco.” spiegò, alzando gli occhi al cielo ed indicando i libri aperti che l’aspettavano sul tavolo “Balin trascorre fin troppe ore con me. Credo di fargli pietà, però. Dopo circa una settimana ha smesso di illustrarmi i vari alberi genealogici ed ha iniziato a raccontarmi alcune delle più grandi battaglie della nostra storia. È affascinante, quella parte.” ammise, lo sguardo che brillava appena.

L’amico ovviamente lo notò subito “Non ci credo. Ti sta piacendo studiare. Ti sta finalmente piacendo studiare.” esclamò, incredulo “Balin e l’isolamento forzato ti stanno domando?” chiese divertito, prendendola chiaramente in giro.

La principessa sollevò altezzosamente il mento, come se quella insinuazione fosse una grave offesa da smentire ad ogni costo “Mai.” affermò orgogliosa e decisa, strappando al compagno una risatina.

Lo hobbit scosse di nuovo la testa, per poi farsi un po’ più serio e commentare dopo qualche momento “Non riesco davvero a capire come tuo adad abbia potuto decidere di chiuderti qui. Per un mese, poi! Non credevo che potesse arrabbiarsi tanto. Abbiamo combinato guai mille volte peggiori.”.

A quelle parole, gli occhi vispi dell’amica persero il loro tipico luccichio e la ragazza si morse l’interno della guancia, come improvvisamente a disagio “Lo so.” disse piano, come pesando le parole “Ma per lui, questo è più grave di qualsiasi altri guaio.”.

Bilbo aggrottò la fronte, confuso sia da quella frase che dal suo improvviso cambiamento d’umore “Perché?”.

Dis abbassò lo sguardo, giocherellando con la punta della sua treccia sul punto di sciogliersi “A causa di amad.” mormorò dopo qualche momento di incertezza.

Le pupille dell’amico si dilatarono appena, e questi si mosse a disagio, non sapendo cosa fare.

Non sapeva molto della madre di Dis, Freis, a parte che era morta prima che lei compisse un anno. Era stata molto amata, dal principe e dal suo popolo, ma nessuno ne parlava mai, nemmeno i tre fratelli. Probabilmente faceva ancora troppo male, nonostante fosse passato tanto tempo.

Prima che Bilbo riuscisse a pensare a qualcosa da dire o anche solo sporgersi in avanti e stringere la mano dell’amica, quest’ultima si riscosse e disse, in tono fintamente sereno e scherzoso “Ma non cambiare discorso, ancora non mi hai spiegato come hai fatto ad entrare, mastro scassinatore.”.

Lo hobbit esitò, ma alla fine decise di darle corda, rendendosi conto che evidentemente non se la sentiva di parlarne.

“Non è stato facile, non fanno avvicinare nessuno e le guardie sono praticamente incorruttibili. Alla fine, ho convinto Frerin a portarsi dietro per circa una settimana una sacca, sai, di quelle grandi, che servono per portare in giro gli attrezzi per lucidare asce e spade e quel tipo di roba. Solo che oggi dentro, al posto dei vari attrezzi, c’ero io.” spiegò, non senza un piccolo moto d’orgoglio per quell’astuzia.

Dis fischiò sommessamente, sinceramente colpita “E Drondur non si è accorto di niente?”.

“No. Credo che si sia stancato di controllare ogni giorno che dentro non ci fosse nascosto niente di compromettente. Ci ha fatto passare senza sospettare nulla.”

La bionda batté le mani, gli occhi che riprendevano lentamente a brillare di nuovo “Tu sei uno scassinatore a prova di guardia, Bilbo Baggins.”

“A prova di nano, vorrai dire.” ribatté, aggiungendo ironico  “Cosa non molto difficile, visto che siete talmente scemi . . . ouch!” gemette, piegandosi su se stesso quando la gomitata improvvisa dell’amica lo colpì al petto, togliendogli per un attimo il respiro.

Si aspettava di sentire la compagna ridere al suo lamento e alla sua espressione sofferente, ma invece un silenzio improvviso scese tra di loro, e quando rialzò lo sguardo il viso di Dis era di nuovo scuro, qualsiasi traccia di allegria improvvisamente scomparsa ancora una volta.

“Come stanno andando gli allenamenti?” chiese a bruciapelo, scrutandolo come se stesse cercando su suo viso una verità nascosta.

Lo hobbit si irrigidì appena, ma rispose con fare noncurante “Bene. Frerin tenta di farli durare il più possibile, in modo di non dover tornare troppo presto nelle sue stanze, ma per il resto è tutto come sempre.”.

“Ma davvero?” insistette di nuovo la ragazza con tono severo, mentre i suoi occhi si assottigliarono “E allora perché Frerin mi ha detto che Goind ha iniziato a dare di nuovo problemi?”

Bilbo si immobilizzò praticamente sul posto. Certo, avrebbe dovuto aspettarselo. Frerin non avrebbe mai nascosto una cosa del genere a Dis, nemmeno in un milione di anni. “Non preoccuparti.” si affrettò a rassicurarla, mascherando la sua improvvisa tensione e tirando fuori il suo sorriso più convincente “Non è successo nulla di che. Sto bene, davvero.”.

“Ah sì?” ribatté con stizza la nana, improvvisamente irritata.

Allungò una mano e gli fece sollevare con veemenza la testa, esponendo bene alla luce quei larghi lividi violacei che per tutta la settimana aveva nascosto sotto il colletto alzato della camicia e che lei aveva notato solo quando si era piegato, mostrandoli senza rendersene conto.

“E questi segni sul tuo collo?” sibilò, quasi furiosa per la bugia dell’amico “Dubito fortemente che te li abbia fatti Bofur.”.

Il ragazzino si liberò in fretta da quella presa, allontanandosi un po’ da lei e tirandosi ancora più in su il colletto, anche se ormai era inutile tentare di nasconderli “Non è niente, non preoccuparti.” ripeté ancora una volta.

“Smettila di mentire.” intimò la bionda, incrociando le braccia “Con gli altri funzionerà, forse, ma con me no.”. Sembrava davvero, davvero arrabbiata, e quando continuò il suo tono era quasi velenoso “Frerin mi ha raccontato tutto. Ha detto che Goind ha approfittato di un momento di distrazione e ti ha fatto una presa talmente improvvisa da non darti modo di reagire. Mi ha detto che è intervenuto appena ha sentito Bofur gridare, ma era così forte che stavi già perdendo conoscenza. Mi ha detto che se non l’avesse fermato, nel giro di altri dieci secondi saresti soffocato.”.

“E io ti ho detto che non è successo niente.” ribadì nuovamente il più piccolo, per poi aggiungere tagliente, iniziando ad irritarsi “Non credere a tutto quello che dice Frerin, lo sai che tende a gonfiare le cose per far sembrare le sue storie più affascinanti.”

Dis strinse i pugni, evidentemente furiosa del fatto che stesse tentando di far passare tutta quella storia per una cosa da nulla, dopo quello che era successo in passato. “Bilbo, per favore.” sibilò, lentamente ma con forza.

Lo hobbit scese da letto si scatto, senza più guardarla “Devo andare.”.

“Ora non azzardarti a fare l’offeso!” esclamò la compagna, scendendo a sua volta con un balzo e guardandolo male, aggiungendo poi con un pizzico non abbastanza celato di tensione “Sono solo preoccupata per te.”.

Bilbo sospirò appena a quelle parole, e solo in quel momento rialzò lo sguardo e disse, nuovamente con gentilezza “Lo so, ma non devi esserlo. Non succederà più niente del genere, vedrai.”.

Poteva vedere dai suoi occhi severi che non era affatto convinta, e così si affrettò a continuare prima che potesse aggiungere qualcosa, facendo un piccolo sorriso e usando un tono infinitamente più sincero “E comunque non sto facendo l’offeso. Devo andare davvero ora, prima che amad si accorga che sto facendo tardi e decida di farmi restare lontano dalle sale d’addestramento un altro po’.”.

La principessa storse la bocca, ma sapeva che non sarebbe riuscita a strappargli niente, non quando si impuntava in quel modo. Così chiese, ancora abbastanza irritata “E come fai ad andartene, sentiamo?”.

“Fidati, non vuoi saperlo.” replicò, scuotendo appena la testa.

“Sì invece.”

Lo hobbit si strinse nelle spalle “Beh, hai visto che la vecchia Gin ogni venerdì intorno a quest’ora, viene a ritirare i vestiti sporchi di Frerin per lavarli? Stavolta, in mezzo a tutta quella roba, ci sarò anche io.” spiegò semplicemente.

La nana non riuscì a reprimere una smorfia di disgusto “Ma che schifo!”.

“Ti ho detto che non volevi saperlo.” fece lui, con un sorrisetto da monello.

Lei aggrottò la fronte, chiaramente confusa “Scusa, ma come farai a sgattaiolare via prima che ti butti in acqua con tutte le tuniche luride di Fre?”.

“Ecco. . .” esitò per un momento, prima di ammettere un po’ imbarazzato “Quella è una parte che devo ancora elaborare.”.

La ragazza alzò appena gli occhi al cielo e scosse la testa “Sei un idiota.”.

“Ci deve essere in fondo qualcosa che ci accomuna, no? Altrimenti non andremmo così d’accordo, principessa degli idioti.” ribatté scherzoso l’altro, prima di fingere un piccolo inchino e aggiungere “Ora mi scusi, maestà, ma devo andare ad prendere il mio passaggio, per quanto disgustoso possa essere. “.

Si girò, raggiunse la porta, raccolse la chiave da terra e la infilò nella serratura, ma prima che potesse girarla Dis lo chiamò, questa volta con un tono decisamente preoccupato,

“‘ilbo.”.

Lo hobbit chiuse gli occhi per un attimo, per poi voltarsi e osservare la compagna che, evidentemente tesa, si torturava le dita e lo fissava come se non volesse più lasciarlo andare.

“Per favore, stai attento.” sussurrò lentamente, quasi stesse cercando le parole giuste “Almeno fino a quando non esco da qui. Sta alla larga da Goind e dalla sua banda. Non andare mai in giro da solo. Resta con Bofur. Non staccarti mai da lui.”.

Bilbo fece un respiro profondo, prima di sorridere gentilmente.

“Io sto sempre attento, Dis.” la rassicurò con dolcezza “E, ancora una volta, non preoccuparti. Non succederà nulla, vedrai.”.

Poi con un ultimo, breve sorriso, si girò ancora, spalancò la porta e scivolò via in fretta, silenziosamente come solo lui sapeva fare.

 

 

                                                                     ~~~~΅΅~~~~

 

 

Belladonna sentì sbattere con forza la porta, ed avrebbe pensato che si trattasse di Drifa se non avesse sentito i passi leggeri, quasi impercettibili, percorrere in fretta il corridoio.

Alzò gli occhi dal foglio metà scarabocchiato e metà macchiato d’inchiostro, confusa, e ascoltò suo figlio correre verso la sua camera, proprio accanto alla propria, e chiudersi la porta alle spalle con altrettanta decisione. Rimase in ascolto anche mentre gemeva e prendeva a pugni un cuscino, borbottando a mezza voce in Khuzdul.

Solo allora la hobbit sospirò e si alzò, tirandosi indietro i capelli arruffati. Il rapporto per il Re avrebbe aspettato, per il momento.

Aprì la porta della propria stanza e raggiunse quella accanto, rimanendo in attesa qualche secondo – riuscì a cogliere altri borbottii in Khuzdul, troppo veloci e difficili per poterli però comprendere-  prima di bussare.

Per un breve momento ci fu un timido silenzio, ma poi la voce del bambino la raggiunse, controllata quasi a regola d’arte “Aye amad, sono tornato. Ho fatto un po’ tardi, Frerin ci ha trattenuto più del previsto.”.

La donna strinse le labbra. Suo figlio stava diventando un piccolo imbroglione ed era anche un discreto bugiardo quando non si faceva prendere dal panico, ma lei lo conosceva fin troppo bene per non riconoscere quella sfumatura quasi impercettibile nella sua voce.

Socchiuse lentamente la porticina e si affacciò, cercandolo con lo sguardo. Lo trovò rannicchiato sul letto, un cuscino stretto tra le manine e i grandi occhi blu incredibilmente lucidi, molto più di quanto l’avesse mai visti, in effetti.

Allarmata, Belladonna scivolò dentro “Cosa è successo, tesoro?” chiese chiudendosi la porta alle spalle.

Il piccolo scosse la testa, fingendo un sorriso “Nulla, amad. Sono solo un po’ stanco, tutto qui.” rispose, lasciando andare il cuscino “Torna pure a lavorare.”.

La hobbit percorse la stanza in pochi passi, per poi sedersi sul letto proprio accanto a lui “Non torno a lavorare fino a quando non mi spieghi cosa è successo.”.

Il bambino gemette, evidentemente infastidito da quell’ostinazione  “Amad . . .” iniziò, ma ella non gli diede modo di dire altro.

“Bilbo.” fece quasi severamente, incrociando le braccia e fissandolo come se potesse leggergli dentro “Resterò qui fino a quando non sputerai fuori il rospo, sappilo. Quindi, o parli oppure parli. A te la scelta.”

Lui sbruffò, alzando gli occhi al cielo con esasperazione. Sapeva che quando sua madre si impuntava in quel modo niente e nessuno riusciva a farle cambiare idea, nemmeno lui. Anzi, soprattutto lui. Era testarda tanto quanto una qualsiasi nana, purtroppo. Sarebbe davvero rimasta lì fino a quando lui non avrebbe parlato e le avrebbe detto tutta la verità, senza tralasciare o nascondere nulla, e lo sapeva fin troppo benne.

Rimasero in silenzio per una buona decina di minuti, lei in paziente attesa, lui teso e in difficoltà.

Alla fine però, il piccolo sospirò pesantemente e cedette, ammettendo con un filo di voce “Sono andato a trovare di nascosto Dis.”.

Bella lo fissò senza parole, stupita.

Credeva che gli fosse successo qualcosa nelle Sale, qualcosa che l’avesse finalmente spinto ad ammettere almeno a se stesso quando l’ultimo attacco di Goind l’avesse spaventato e ferito. Credeva che si fosse deciso a parlarne, visto che aveva evitato l’argomento per tutta la settimana non solo con lei, ma anche con Bofur e Frerin. Credeva . . . beh, qualsiasi altra cosa, piuttosto che quello. Anche se, tutto sommato, avrebbe dovuto immaginare che avrebbe tentato in tutti i modi di vedere l’amica. Da quando erano arrivati ad Erebor, Bilbo non era stato lontano da lei nemmeno un giorno; quelle due settimane di separazione probabilmente facevano male a lui quanto a lei, e forse ancora di più.

“Come hai . . . no, non voglio saperlo, non ora almeno.” disse, scuotendo appena la testa “Piuttosto, perché sembri così abbattuto? Avete litigato?”.

“No. Non proprio, almeno.” negò “Per un po’ è stato come al solito, ma poi lei . . . lei ha notato i miei lividi.”. Si portò una manina al collo, dove poteva quasi sentire bruciare ancora la pelle nei punti in cui gli erano rimasti i segni “Ha iniziato a chiedermi di Goind, ed ad agitarsi ed arrabbiarsi quando le ho detto che non era successo niente. E poi, quando me ne stavo andando, ha iniziato a farmi mille raccomandazioni ed a dire che era preoccupata per me e roba così.”

“Beh, mi sembra normale.” osservò la mamma, aggrottando confusa la fronte “Dis ti vuole bene, Bilbo. Sei il suo migliore amico ed odia quando qualcuno ti fa del male. Sapere che Goind ti ha ripreso di mira e non poterti proteggere probabilmente la spaventa più di quanto sia disposta ad ammettere.”.

“Ma io non voglio che lei mi protegga!” urlò Bilbo, perdendo il controllo e lasciandola senza fiato.

Sbatté le palpebre un paio di volte per poi abbassare lo sguardo sulle proprie mani, serrate a pugno con tanta forza da rendere le nocche bianche.

“Non voglio che lei mi protegga, né che lo faccia qualcun altro.” sussurrò piano, con un filo di voce “Non voglio che tutti si preoccupino costantemente per me, che pensino sempre che io non possa farcela da solo. Non voglio sembrare talmente fragile da non poter sopravvivere senza un nano qualsiasi a guardarmi le spalle. Perché non lo sono. Io non sono fragile. Non come credono loro.”

Sua madre rimase in silenzio, incerta su cosa dire. Ma il piccolo continuò a parlare, lentamente, come se si fosse tenuto dentro tutto questo per troppo tempo e adesso non riuscisse più a fermarsi.

“Pensavo che fosse finita. Pensavo di aver dimostrato di poter essere forte anche io. Pensavo che ora nessuno mi avrebbe più fatto niente. Ma mi sbagliavo. Un mese, e sono tornato ad essere agli occhi di tutti quello che ero prima.” ammise, quasi con dolore.

Chiuse gli occhi, stringendoli con forza per trattenere quelle lacrime che non aveva alcuna intenzione di mostrare “Sono stanco, amad. Sono stanco di essere visto da tutti solo come uno hobbit, una cosina fragile, capace di spezzarsi per qualsiasi piccola cosa. Non solo Goind, ma anche Bofur, Frerin e Dis. Soprattutto Dis. Per loro sono solo un qualcosa di delicato, di cui bisogna preoccuparsi e che va protetto, altrimenti si spezzerà in mille pezzettini minuscoli.”

Si rannicchiò su se stesso, portandosi le ginocchia al petto ed avvolgendole con le braccia, per poi nasconderci il viso contro. “Ma io non sono questo.” gemette, la voce sul punto di spezzarsi “Non voglio essere questo.”.

Belladonna sentì il proprio cuore stringersi dolorosamente  nel sentire quelle parole “Oh, amore mio.” sussurrò “Vieni qui.”.

Prima che il piccolo potesse sottrarsi, la madre lo prese tra le braccia e se lo portò al grembo, stringendolo con dolcezza e cullandolo quasi.

Gli posò una mano tra i ricci ramati e poi, mentre glieli accarezzava con delicatezza, tentando di tranquillizzarlo, disse piano “Sei uno hobbit, e questo è vero. Gli hobbit sono fisicamente meno forti dei nani, ed anche questo è vero. Ma deve essere per forza un male?”.

Bilbo aggrottò la fronte a quella domanda tanto insolita e alzò lo sguardo, guardando perso la madre.

Lei sorrise alla sua confusione e spiegò, continuando ad accarezzargli i capelli “La quercia è alta, dura e forte, eppure quando arriva una tempesta eccola che si spezza, distrutta dal vento e dalla pioggia. Le canne, invece, sono fragili e all’apparenza insignificanti, ma nei momenti difficili niente può spezzarle come invece succede alla fiera quercia.”.

Si fermò un attimo per prendere le mani del figlio tra le sue e portarne una sul proprio cuore e l’altra su quello di lui “Noi hobbit sembreremo pure fragili, ma siamo come le canne al vento; ci pieghiamo senza spezzarci mai. Nessuna tempesta, per quanto terribile, può piegarci. Per questo devi essere orgoglioso di quello che sei, e non permettere mai a nessuno di farti sentire inferiore. C’è una grande forza in te, qualcosa che nessun nano di Erebor potrà mai avere. E, un giorno, tutti riusciranno a vederla. Posso assicurartelo.”.

Il piccolo si morse il labbro, mentre i suoi occhi blu andavano dalle loro mani al viso del genitore. Alla fine obbiettò, quasi testardamente e con un po’ di amarezza “Ma i nani non sono querce. Sono rocce, impossibili da spezzare.”.

Belladonna sbruffò, divertita da quel paragone un po’ ingenuo. “Posso assicurartelo, tesoro. Come la roccia può sbriciolarsi con il tempo, anche un nano può ridursi in tanti frammenti minuscoli, incapace di tornare com’era prima.” confermò, per poi aggiungere ancora “Ma questo non potrà mai accadere a noi, non una volta che abbiamo imparato a riconoscere il nostro valore e la forza che nasconde la nostra fragilità. Non è una scoperta facile, però. Richiede tanto tempo e pazienza, ed è una ricerca che devi intraprendere per capire davvero chi sei e che non puoi in alcun modo evitare.”.

Il bambino sembrò sinceramente colpito da quelle parole, come se avessero toccato una parte della sua anima che non sapeva d’avere.

Abbassò lo sguardo, pensieroso, e rimase così per un po’, prima che la mamma sciogliesse l’intreccio delle loro mani e, scompigliandogli appena i capelli, dicesse ancora “Fino a quando non sarai consapevole della tua forza però, e forse anche dopo, devi imparare ad affidarti alle persone che ti vogliono bene. Ai tuoi amici. Alla piccola famiglia che ti stai costruendo giorno dopo giorno.”.

Lo hobbit alzò lo sguardo, ancora più confuso di prima “Ma . . .” iniziò ad obbiettare, ma lei lo fermò subito.

“Fammi finire.” lo rimproverò piano, prima di spiegare con un piccolo sorriso “Nessuno può riuscire ad affrontare i propri mostri da solo. Non si possono vincere guerre senza degli alleati. Non si può vivere un vita vera senza degli amici. Tu sei fortunato ad averne, e non puoi permetterti di allontanarli.”

Gli accarezzò la guancia destra con le punta delle dita “Non sono spinti dalla pietà o dalla compassione, Bilbo.” mormorò, come se fosse la cosa più scontata ed ovvia del mondo “Semplicemente fanno quello che tu faresti per loro, se i ruoli fossero invertiti. Perché ti vogliono bene tanto quanto tu ne vuoi a loro. Vederti stare male o essere in pericolo li uccide, proprio come ucciderebbe te se fossero loro al tuo posto.”.

Il bambino si mordicchiò l’interno della guancia, pesando attentamente quelle parole prima di chiedere, quasi senza davvero riuscire a crederci “Sei sicura di questo?”.

“Con tutto il cuore. Uno hobbit non può sopravvivere senza le persone che ama.” confermò, per poi esitare ed aggiungere con gli occhi che le brillavano appena “Non sarei qui, se tanti anni fa non mi fossi fidata di quelli che sono diventati non solo i miei migliori amici, ma anche la prima vera famiglia che io abbia mai avuto.”. Si fermò, prima di chiamarli per nome uno per uno, in un sospiro appena udibile “Drifa, Thrain e Freis.”.

Bilbo, riconoscendo quel nome, aggrottò la fronte. “Freis. . . la principessa Freis?” chiese, evidentemente confuso “Anche lei era tua amica?”.

La madre si limitò ad annuire appena “Io, lei e Drifa, per quanto avessimo tutte età e caratteri molto diversi, eravamo un po’ come te, Dis e Bofur. Thrain, poverino, faceva il Frerin della situazione. Era il più tranquillo e serio, mentre noi eravamo. . . diciamo delle pesti non troppo cresciute.” spiegò, con l’accenno di un timido sogghigno.

Lo hobbit esitò appena, incerto se osare o meno, ma alla fine mormorò piano “Dis ha detto che la sua punizione per la nostra tentata partenza è tanto grave a causa proprio di Freis, sua madre. Perché?”.

A quella domanda il viso della donna si fece scuro ed ella si ritrovò a distogliere lo sguardo.

“Non è una cosa di cui parlo volentieri.” rispose, fredda e sbrigativa.

Il piccolo si morse il labbro inferiore, ma non desistette “Per favore, amad. Non l’avevo mai vista tanto triste come quando l’ha nominata e voglio capire perché.” spiegò, con tutta la sincerità che aveva.

Ella parve colpita profondamente da quella spiegazione. Il ragazzo la vide stringere con forza le labbra tra loro, come se volesse fisicamente impedirsi di parlare.

“Io. . . D’accordo.” sospirò dopo interminabili attimi di esitazione e di silenzio “Ma non è una bella storia.”.

Si sistemò meglio sul letto fin troppo scomodo per lei e si tirò il figlio ancora più vicino, stringendolo tra le sue braccia come se avesse bisogno di assicurarsi che fosse là davvero per poter iniziare a raccontare. Rimase muta ed immobile per lunghissimi momenti, ma il più piccolo aspettò pazientemente, senza mai distogliere i grandi occhi blu dal viso, improvvisamente pallido e serio, di lei.

Quando iniziò a raccontare, la sua voce sembrava provenire da anni ed anni di distanza, tanto era roca e malinconica.

“Ho vissuto qua per anni come una delle guardie personali della Principessa. Lei aveva già Thorin e Frerin all’epoca, ed ero con lei quando nacque Dis. Quando aveva quasi un anno di vita ed era abbastanza grande da poter stare senza di lei per qualche tempo, decise che era ora di riprendere una missione diplomatica che aveva lasciato in sospeso quando aveva scoperto di essere incinta. Vedi, lei non era solo una guerriera, ma un’abile diplomatica, per quanto testarda e spericolata.” chiarì, senza però guardarlo “Veniva dai Colli Ferrosi ed era consapevole che per mantenere Erebor forte ed al sicuro dei buoni rapporti con quel regno fossero essenziali.”.

Il ragazzino inclinò la testa, evidentemente confuso “Ma Erebor non è già in buoni rapporti con i Colli Ferrosi?” chiese, non riuscendo a capire “I due re sono fratelli, no?”.

Belladonna finalmente lo guardò, e nei suoi occhi, per quanto nostalgici, c’era la solita tenerezza.

“Nella politica il sangue non basta a garantire la pace, anzi, a volte può essere un fattore scatenante per la guerra.” tentò di spiegargli, per quanto fosse decisamente complicato spiegare qualcosa che nemmeno lei, dopo tanti anni, riusciva a comprendere appieno “Ma questo è qualcosa di troppo difficile da capire per te ora. Tutto quello che ti serve sapere è che tra due popoli alleati ci deve essere rispetto e fiducia reciproca. Freis era certa che avremmo ottenuto ciò se i futuri re fossero cresciuti come fratelli, conoscendo entrambi i due regni come il palmo della propria mano. Venne firmato un patto tra i due regni e fu deciso che i principi sarebbero andati a fare visita ogni cinque anni al proprio cugino per sei mesi, e che lui avrebbe fatto lo stesso. Lei, essendo originaria di quel regno, li avrebbe accompagnati per tutta la durata del viaggio, assieme a guardie e un certo numero di accompagnatori.”

Si fermò, mentre i suoi occhi tremavano appena.

“Ma durante il primo viaggio tutto andò storto.” ammise quasi con dolore, sospirando e portandogli una mano tra i capelli ramati, mentre lui ascoltava, catturato e allo stesso tempo teso come una corda di violino.

“Una notte, quando non eravamo ancora troppo distanti da Erebor ma abbastanza da non poter essere raggiunti in fretta da messaggeri o truppe, fummo assaliti da un gran numero di orchi. Avevano scoperto del viaggio e credevano fosse l’occasione propizia per eliminare la guardia reale, la principessa e gli eredi al trono tutti in un colpo solo. Ci attaccarono mentre eravamo accampati, cogliendoci di sorpresa. Io ero con Freis in quel momento, mentre i due principi erano con una balia in un’altra tenda. Mi chiese di andare a cercarli e tenerli al sicuro, promettendomi che mi avrebbe raggiunta appena fosse riuscita a mettere gli orchi in fuga. Non volevo lasciarla, ma lei mi ordinò di farlo e fui costretta ad ubbidire.”.

Strinse le labbra con forza dopo aver pronunciato quelle parole, come se le avessero fatto male, e dovette prendersi qualche momento per riuscire a continuare.

“Andai a cercare i ragazzi, e quando li trovai la balia e la guardia che avrebbero dovuto proteggerli erano morti ai loro piedi. Frerin era nascosto dietro il fratello, e Thorin. . .” esitò, per poi aggiungere con un tono chiaramente ammirato, come se ancora dopo tanti anni non riuscisse a credere a quello che aveva visto “Thorin, ad appena quattordici anni, impugnava la spada della guardia caduta e tentava di difendersi da un orco grande il triplo di lui. Aveva già un brutto taglio che gli attraversava il braccio sinistro e uno più piccolo sulla fronte, ma resisteva con tenacia e con un’abilità enorme per un bambino non ancora addestrato.”.

Bilbo trattenne il fiato, incredulo.

Poteva quasi vederli davanti a sé, il gigantesco e disgustoso orco sporco di sangue, Frerin piccolo quanto lui e terrorizzato, e tra loro un giovanissimo Thorin, ferito ma con gli occhi azzurri affilati come lame, che combatteva per difendere la sua vita e quella del fratello.

Sapeva che Thorin era un grande guerriero, ma non aveva idea che il suo battesimo di sangue fosse avvenuto così presto, né che aveva avuto la forza di proteggere, senza alcun addestramento, il fratellino più piccolo ed ancora più indifeso di lui. Aveva visto la morte in faccia a solo quattordici anni e gli aveva tenuto testa per proteggere qualcuno che amava.

Ora, tutta quella sua continua apprensione e quell’istinto protettivo nei confronti dei propri fratelli assumeva di fronte ai suoi occhi un significato e un peso ancora più grandi e, in qualche modo, devastanti.

La voce della madre lo strappò dai suoi pensieri “Intervenni ed uccisi l’orco, poi presi i piccoli e li portai più lontano possibile dal centro della battaglia. Quando il combattimento finì, avevamo vinto, ma a caro prezzo. Venticinque di noi erano morti. E tra quei morti, c’era anche Freis.”.

La hobbit chiuse gli occhi, come se ammettere quella terribile verità ad alta voce l’avesse ferita più profondamente di qualsiasi lama. Bilbo, esitante, prese una mano tra le sue e la strinse forte.

Ella rispose quasi con foga alla sua stretta e dopo qualche lungo momento continuò, riaprendo gli occhi ma senza più guardarlo “Presi il comando. Cancellai la missione e riportai tutti ad Erebor. Thrain, distrutto dal dolore, non rispettò il patto, ma tutti capirono. Aver perso la moglie in quel modo era un dolore enorme, ed il rischio che i bambini avevano corso era troppo grande per lasciare che lo affrontassero ancora. I Colli Ferrosi furono comprensivi, per un po’.”.

Si fermò e poi aggiunse quasi con stizza, sibilando tra i denti “Ma da qualche anno insistono affinché Thrain rispetti il patto firmato da Freis. Lui si è opposto a lungo, ma alla fine ha dovuto cedere, per quanto abbia posto delle limitazioni, come l’età minima affinché un giovane nano possa lasciare il regno. Per questo Thorin, appena raggiunta l’età prestabilita, è dovuto partire in gran segreto, con pochi nani fidati.”.

Il bambino aggrottò la fronte “Se il rischio è tanto alto, perché non cancellare il patto?” chiese “Thrain è un principe e Thror un re, avrebbero potuto farlo.”.

Belladonna sospirò e sorrise allo stesso tempo, intenerita da quell’ingenuità tanto spontanea ed innocente, e finalmente lo guardò ancora una volta. “Non funziona così, piccolo.” rispose, accarezzandogli il viso con la mano libera “La diplomazia è molto difficile ed a volte bisogna fare una scelta tra la sicurezza delle persone care e quella del proprio popolo. È quello il compito più difficile di un sovrano.”

“Ma . . .”

“Abbiamo bisogno che questa alleanza sia forte, Bilbo.” lo fermò prima che potesse obbiettare di nuovo. Sospirò ancora e gli scompigliò con dolcezza malinconica i capelli “Ci sono cose che non puoi ancora capire, cose che solo chi è al potere può sapere. Le scelte che gli adulti prendono non sono superficiali, come voi piccoli spesso credete.”

Bilbo fece una smorfia quasi impercettibile, infastidito dall’essere ritenuto troppo piccolo per non riuscire a capire la realtà delle cose, e la madre, notandola, non riuscì a trattenere uno sbruffo divertito ed esasperato insieme. Con tenerezza, gli diede un buffetto sul naso e spiegò “Spesso tentiamo di proteggervi da qualcosa che ancora non conoscete. Se voi tre non avete potuto lasciare Erebor, c’era un motivo. E il motivo è questo.”.

Il bambino si mordicchiò l’interno della guancia, pensieroso. “Per questo Thrain si è arrabbiato tanto di fronte ai tentativi di Dis e Frerin per partire?” domandò infine.

La guerriera annuì gravemente “Ha già perso una moglie per Erebor, ed adesso sta mettendo in pericolo il suo primogenito. Non può permettersi di rischiare anche le loro vite. Lo ucciderebbe.”.

Dovette lottare per non farsi travolgere dal ricordo di quanto il nano si fosse disperato per la morte di Freis e di come sedesse tra i suoi bambini addormentati per vegliarli nel sonno, temendo che qualcosa o qualcuno nella notte glieli portasse via.

Deglutì ed ostinatamente andò avanti “Per questo è stato tanto severo. Soprattutto con Dis. Più cresce e più è identica a sua madre. E Thrain non potrebbe mai sopportare di vedere gli occhi di Freis spezzati un’altra volta.” Si sentì stringere il cuore in una morsa e non poté trattenersi dall’abbassarsi e stringere in un rapido abbraccio il suo piccolo, sussurrandogli piano tra i riccioli ramati “Come io non potrei mai sopportare di vedere spezzati i tuoi.”.

Lo hobbit, colto alla sprovvista da quel gesto e da quelle parole, rispose con forza all’abbraccio, per poi mormorare dopo qualche momento “È per questo tu eri tanto arrabbiata con me?”.

“Sì.” rispose Bella, lasciandolo andare “Sei tutto quello che di più caro ho al mondo, tesoro mio. Non potrei mai più andare avanti, se ti perdessi.” mormorò, accarezzandogli con dolcezza la guancia ancora una volta.

Bilbo, un po’ commosso, la abbracciò stretta stretta ancora una volta, e i due rimasero così a lungo.

Poi, il più piccolo si stacco e guardò il genitore “Avreste potuto semplicemente spiegarci tutto questo, invece di metterci in punizione.” osservò quasi in tono d’accusa, come se fosse la cosa più ovvia del mondo “Non sarebbe stato più facile?”

Belladonna sbruffò, scuotendo appena la testa “Quando diventerai grande ed avrai dei bambini a cui badare sarai tu a scegliere come farlo.” disse “Ma al momento, sei ancora tu il bambino.”.

Lo hobbit sbruffò e la donna gli scompigliò i capelli, prima di storcere il naso ed ordinare “Ora, fila a farti un bagno. Puzzi in una maniera allucinante. Dove ti sei infilato, in un cesto di panni sporchi?”.

Bilbo arrossì e non rispose.

 

 

                                                                     ~~~~΅΅~~~~

 

 

“Dici sul serio?”

Bofur annuì, sorridendo con entusiasmo “Possiamo andare da lui già oggi, un po’ prima che cali il sole.”.

Bilbo saltellò, ancora incredulo da quella bella notizia “Ma vostro adad non si arrabbierà se ci dà i biscotti?” chiese, un filino preoccupato.

L’amico scosse la testa, attraversando al suo fianco il lungo corridoio “Bombur dice di no, ma dobbiamo promettere di non infilarci più in cucina di nascosto. Se manteniamo la promessa, ci penserà lui a passaci qualcosa di nascosto ogni tanto, in modo che né adad né nessun altro lo scopra. Così ci saranno meno guai e casini per tutti.”.

Il ragazzino batté le mani “E’ un patto fantastico!” esclamò “Credo che nemmeno Dis avrebbe da ridire, se fosse qui. Invisibilità e cibo in cambio di meno rimproveri, cosa si può volere di più?”.

“Non dimentichiamo chi è stato a procurarcelo, eh?” disse il nano scherzoso, portandosi una mano al petto e pavoneggiandosi “Non sono un diplomatico eccellente?”.

Il più piccolo scoppiò a ridere “Certo, come. . .” si bloccò improvvisamente, fermandosi per un momento, come se qualcuno l’avesse colpito all’improvviso.

Bofur aggrottò la fronte, confuso, e si fermò a sua volta. “Bilbo, cosa . . .?” chiese, ma prima che l’altro potesse rispondere seguì il suo sguardo teso e si voltò, per restare a sua volta senza fiato.

Goind gli stava venendo incontro lungo il grande corridoio assieme alla sua banda, ridendo e schiamazzando come se non li avesse visti.

L’amico subito allungò la mano verso di lui e lo prese per il polso, sibilando un rapido “Torniamo indietro”, ma i due non ebbero modo di fare due passi che gli occhi neri come l’oscurità di Goind li individuarono, come un falco che punta da lontano le proprie prede.

“Ma guardate chi abbiamo qui.” disse a gran voce il nano, facendo congelare sul posto i due bambini mentre l’intero gruppo si voltava verso di loro, improvvisamente consapevoli della loro presenza. Si avvicinarono a gran passi e per quanto Bofur lo strattonasse lo hobbit era troppo spaventato per riuscire a muoversi, e il lividi di due settimane prima ripresero a bruciare come ferite fresce.

“Lo melekûnh.” sputò Goind con tutto il disprezzo che aveva “I principini ti hanno dato il permesso di girare per la Montagna senza la loro supervisione? Deve essere sconvolgente, per te.”.

Ora era talmente vicino che gli sarebbero bastati cinque passi per afferrare Bilbo dal polso, e forse fu quello finalmente a smuoverlo. Senza riuscire a guardarlo negli occhi, prese l’amico per il braccio e disse piano “Andiamocene.”.

L’altro annuì e i due fecero per tornare da dove erano venuti, ma furono troppo lenti, perché il gruppetto li stava già circondando, bloccandoli all’interno di un cerchio senza via d’uscita.

“Oh nay.” ghignò il capo banda, sorridendo come un serpente affamato di fornte ai loro visi stupiti e spaventati “Voi due non andate da nessuna parte. Non ancora.”.

Lo hobbit prese un respiro profondo e, raccogliendo tutto il coraggio che aveva ma non osando ancora guardare l’avversario negli occhi, disse con voce incredibilmente ferma “Non vogliamo guai. Lasciaci stare.”.

Goind scoppiò a ridere, una risata colma di disprezzo “Sentitelo, ha anche il coraggio di darci degli ordini!”. Ogni traccia di ilarità svanì dalla sua voce e il suo tono divenne duro e crudele come la roccia quando ringhiò tra i denti “Ti senti tanto superiore, eh? Quando capirai che sei solo un randagio accolto per pietà? Tu sei meno di niente! Sei solo un piccolo sudicio hobbit!”.

A quelle parole, qualcosa dentro di lui si sbloccò e gli tornarono in mente, come in un pallido eco, le rassicurazioni di sua madre.

‘Noi hobbit sembreremo pure fragili, ma siamo come le canne al vento; ci pieghiamo senza spezzarci mai. Nessuna tempesta, per quanto terribile, può piegarci. Per questo devi essere orgoglioso di quello che sei, e non permettere mai a nessuno di farti sentire inferiore. C’è una grande forza in te, qualcosa che nessun nano di Erebor potrà mai avere.’

Fu allora che decise che no, Goind non l’avrebbe spezzato. Niente l’avrebbe mai spezzato. Non lo avrebbe più permesso.

“Sono uno hobbit, e allora?” affermò, alzando il mento in un gesto fiero e lasciando che i suoi occhi blu incontrassero e sfidassero quelli freddi del nano“Questo non mi rende inferiore a te, Goind figlio di Gund.”.

Goind a quelle parole ringhiò e strinse i pugni, pronto a fargli rimpiangere quel gesto di sfida e quelle parole orgogliose. Ma prima che potesse fare altro, Bofur si mise tra lui e l’amico.

“Lascialo stare!” gridò, e la sua voce era sorprendentemente dura e ferma “Non vi ha fatto niente. Non si merita niente di tutto questo.”.

Il nano dai capelli color terra strinse i pugni con maggiore forza “Stai zitto tu! Sei peggio di lui. Un nano che fraternizza con uno hobbit. Solo guardarti mi fa venire da vomitare.” sibilò con disprezzo, prima di sputare ai suoi piedi e ringhiare “Algâbikûn!”.

A quel punto, Bilbo esplose.

“Non osare chiamarlo così!” gridò con tutta la rabbia che aveva dentro, spostandosi in modo da essere di nuovo davanti all’amico, proteggendolo col proprio corpo e fulminando il più grande con uno sguardo di fuoco “Bofur è giusto, buono e generoso. È molto più nano di quanto tu potrai mai essere!”

Goind fece un verso di scherno, quasi divertito dall’improvvisa audacia del bambino, ma i suoi occhi brillavano d’ira.

“Ma sentitelo.” si rivolse ai suoi compagni, per poi tornare a guardarlo e buttare fuori con disgusto “Uno hobbit che dice come deve essere o non deve essere un nano. Ti credi tanto importante, vero, solo perché sei il protetto della famiglia reale?”.

Lo hobbit, invece di negare o fare qualsiasi altra cosa, si limitò a lanciargli uno sguardo sarcastico ed a rispondere con aria sicura e noncurante “Credo solo di avere un cervello funzionante, a differenza tua.”.

Bofur dietro di sé trattenne il fiato, mentre l’intero gruppo si immobilizzava, preso di sorpresa da quella temerarietà e sfrontatezza.

“Tu . . . !” La vena sul collo di Goind pulsò come se fosse su punto di scoppiare e il nano caricò, pronto a farlo pentire per la sua imprudenza.

Bilbo, molto semplicemente, rimase immobile.

Non si spostò né tentò di difendersi, perché sapeva che altrimenti la furia di Goind si sarebbe concentrata su Bofur, e non avrebbe mai permesso una cosa del genere. Poteva fare di tutto a lui, ma non avrebbe mai accettato che sfiorasse anche solo con un dito il suo amico. Adesso finalmente capiva cosa voleva dire sua amad.

Prima che il pugno di Goind potesse colpirlo però, rompendogli il naso e forse anche qualche dente, una voce alta e decisa spaccò l’aria.

“Lasciali stare!”

Tutti i presenti, stupiti, si voltarono nella direzione della voce, e proprio a pochi metri da loro stava un nano dal viso fiero e dai lunghi e meravigliosi capelli rossi. Bilbo ci mise qualche momento a riconoscerlo; era lo stesso nano che, il suo primo giorno, si era opposto a gran voce alla sua inclusione nel proprio gruppo d’addestramento.

Goind lo squadrò dall’alto in basso, più incredulo e sorpreso di chiunque altro “Tashf, cuginetto.” disse infine, senza abbassare il pugno ancora sollevato in aria.

“No.” si oppose il nano, facendosi avanti e raggiungendo quello che, a quanto pareva, doveva essere suo cugino “Ti stai comportando da shekith. Attaccare in sette due ragazzini che non hanno ancora completato il primo anno d’addestramento? Ti sembra una cosa onorevole, Goind?” chiese, evidentemente senza quasi riuscire a credere lui stesso a ciò che aveva visto.

Gli occhi scuri del più grande si spalancarono “Stai proteggendo un sudicio hobbit?” sibilò oltraggiato, girandosi in modo da poterlo fronteggiare.

“Stai attaccando due bambini! Te ne rendi conto, sì o no?” esclamò, indicandoli veementemente con una mano “E questo hobbit sta dimostrando molto più onore di te, in questo momento.”.

Tutti i presenti, Bilbo compreso, trattennero il fiato.

“Kulhu?! Come osi . . .” ruggì il nano, furioso.

“Pensi che Dwalin accetterà mai un futuro apprendista che se la prende con dei ragazzini?” lo bloccò il rosso, guardandolo come se fosse un folle ed un incosciente “Pensi che qualcuno ti considererà mai degno di entrare nell’esercito, sapendo che hai bisogno di avere almeno sei persone al tuo fianco per attaccare due bambini?”.

Goind si bloccò, evidentemente più colpito da quelle parole di quanto avrebbero potuto fare pugni o calci. Ruggì tra i denti per qualche momento, guardando il cugino come se volesse semplicemente afferrarlo per il collo e spezzarglielo “Tu . . .”.

Quello non si scompose minimamente e sostenne il suo sguardo con atteggiamento da sfida, quasi sperando che osasse contraddirlo. I due rimasero così per un momento eterno, nel silenzio e nello sgomento generale, fino a quando Goind non sputò con disprezzo ai suoi piedi.

“Katakhigerizu!” borbottò con odio, per poi fare cenno alla sua banda “Andiamocene, ragazzi.”.

I suoi compagni si lanciarono occhiate confuse ma non osarono contraddirlo. Si allontanarono tutti insieme, ma non dopo aver lanciato ai due bambini uno sguardo colmo di rabbia ed aver sibilato “Non sarete così fortunati, la prossima volta.”

I piccoli rimasero immobili a seguirli con lo sguardo fino a quando non lasciarono il corridoio e solo allora si lasciarono andare contemporaneamente ad un sospiro di sollievo. Bofur fece per parlare, ma Bilbo non glielo permise e si rivolse al loro improbabile salvatore, anche lui intento a studiare il punto in cui erano scomparsi.

“Perché lo hai fatto? Perché ti sei messo in mezzo?” chiese a bruciapelo “Non mi volevi nemmeno nel tuo gruppo di addestramento, poco più di un mese fa.”.

Il rosso si voltò a guardarlo, e nei grandi occhi caldi riuscì a scorgere una nota di imbarazzo.

“Lo so.” ammise, passandosi una mano tra i capelli “E so che ti ho trattato in un modo simile a quello riservatoti da mio cugino.”.

“Allora perché sei intervenuto? Cosa ti importa del modo in cui viene trattato uno hobbit?” insistette il bambino.

Il nano esitò, evidentemente in difficoltà.

“Perché né io né tantomeno lui abbiamo alcun diritto di giudicarti senza conoscerti solo perché non sei un nano, né di trattarti come una nullità. E l’ho capito quando ti ho visto proteggere il tuo amico, senza interessarti di ciò che ti avrebbe fatto purché lui fosse al sicuro.” spiegò, facendo un cenno a Bofur. “In quel momento, sei stato davvero più nano di Goind. Non ce l’ho fatta a restare a guardare. Non mi piace quando qualcuno è ingiusto con gli altri. Anche se devo ammettere che io lo sono stato.” borbottò, tirandosi imbarazzato una treccia che gli scendeva lungo il lato destro de viso “Un po’. Forse anche più di un po’. Mi dispiace.”.

Bofur trattenne rumorosamente il fiato, evidentemente scioccato da quell’affermazione, e dopo lunghi secondi di silenzio finalmente gli occhi di Bilbo si addolcirono e un piccolo sorriso si fece strada sul suo viso.

“Non importa. Tutti sbagliano.” lo rassicurò, per poi aggiungere a mo’ di scherno “Anche i nani.”.

Il rosso sbruffò appena “Aye, credo sia così.”.

Il sorriso dello hobbit si fece ancora più grande “E comunque, credo che tu abbia già rimediato alla grande.” aggiunse, per poi mormorare sinceramente “Grazie, a proposito. Non dovevi.”

“Sì, invece.” replicò l’altro, sbruffando subito dopo “Mio cugino è forte e ha grandi ambizioni, ma si comporta così spavaldamente solo perché il principe Thrain e suo figlio Thorin sono lontani, e Frerin e Dis non possono fargliela pagare, non ora almeno. In realtà è un tale codardo, se conosci le sue insicurezze.”.

Poi, finalmente, sorrise a sua volta e si avvicinò porgendosi allegramente la mano destra “Comunque, io sono Gloin.”.

Bilbo rispose al suo sorriso e gliela strinse con entusiasmo “Lieto di conoscerti.”.

 

 

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Bilbo fu abbastanza silenzioso per tutto il tragitto verso le cucine e anche mentre festeggiavano il nuovo patto con Bombur divorando una decisamente fornita scorta di biscotti rimase zitto zitto, limitandosi ad ascoltare le chiacchiere infinite di Bofur.

Fu solo quando il nano, infastidito da tutto quel silenzio, lo tormentò per diversi minuti pur di fargli dire a gran voce ciò a cui stava pensando, che alla fine lo hobbit cedette e buttò fuori, senza più guardarlo “Capisco se non vuoi più essere mio amico.”.

Il ragazzo rimase di sasso.

“Cosa?” chiese, confuso e senza parole “Perché dovrei volere una cosa del genere?”.

Il bambino si rigirò un biscotto mezzo mangiucchiato tra le dita affusolate. “Per quello che è successo prima.” spiegò, evidentemente a malincuore “Ho visto come ti ha trattato, solo perché stai con me. Hai rischiato tantissimo, e solamente perché hai preso le mie difese.”.

“E allora?” insistette, non riuscendo a capire il punto.

“E allora, chi vorrebbe essere amico di qualcuno che gli porta solo guai e disprezzo?” disse lo hobbit, abbassando lo sguardo a terra “Dopo quello che è successo, come potresti mai volere essere ancora mio amico?”.

Bofur, a quel punto, non resistette più. “Stai scherzando, vero?” chiese, aggiungendo poi in modo da non dargli la possibilità di rispondere “Certo che voglio essere tuo amico. Perché non dovrei? Non mi interessa quello che pensano gli altri, e se Goind dovesse fare di nuovo l’idiota lo affronteremo insieme, proprio come affrontiamo qualsiasi altra cosa.”.

“Ma. . . “ tentò il più piccolo, ma l’altro lo fermò subito con decisione.

“E non pensare nemmeno di tirarmi fuori la scusa che sei uno hobbit, perché non funziona.” lo ammonì “Non mi interessa cosa sei. Hobbit o nano, resti sempre Bilbo. E questo basta ed avanza per me.”.

Bilbo rimase senza fiato a quelle parole, e dopo qualche momento si sporse in avanti e strinse forte forte l’amico in un abbraccio.

“Grazie, Bofur.” sussurrò, la voce che gli tremava appena “Non sai quanto significhi per me.”.

Il nano, ancora un filo sorpreso da quella reazione, sorrise e rispose con dolcezza al suo abbraccio.

“Non devi ringraziarmi.” mormorò sinceramente “Sarei un idiota più grande di Goind-faccia di troll, a lasciarmi sfuggire un amico come te.”.

Bilbo scoppiò a ridere, mentre gli occhi gli bruciavano appena per le lacrime.

Ma, almeno quella volta, non erano lacrime tristi.

 

 

 


 

La tana dell’autrice


Sì, ogni tanto mi rifaccio viva. Non fateci l’abitudine, eh!

Ed ecco qui un bel capitolo corposo e pieno di spunti ed informazioni importanti. Bilbo sta cercando di ambientarsi e sta stringendo un forte legame non solo con la Montagna, ma soprattutto con i suoi abitanti. Abbiamo avuto qualche informazione in più sulla vita di Bella e la famiglia reale  -oltre a qualche dettaglio sulla crescita di Thorin e i suoi rapporti con gli altri all’interno del regno-, anche se molte altre se ne aggiungeranno col tempo. E bella da’ lezioni div tia a suo figlio, com’è giusto che sia.

Credevate che Goind avesse smesso di dare problemi, vero? Purtroppo i bulli non conoscono il significato della parola fine . . . ma almeno adesso Bilbo ha capito come affrontarlo e come non farsi buttare giù. E sta, piano piano, iniziando a crearsi la sua piccola famiglia, di cui avrà tanto bisogno per crescere e maturare. Il suo cammino è appena all’inizio, ma non lo percorrerà da solo.

Ah, ho voluto introdurre l’amicizia con Gloin così perché ho voluto rifarmi un po’ al modo in cui suo figlio è riuscito ad andare oltre ai pregiudizi verso gli elfi; ci vuole una grande apertura mentale per capire l’assurdità di un pregiudizio ed ammettere di aver sbagliato, e credo che questa apertura sia condivida col genitore, a cui ho voluto dare un percorso simile almeno in questo senso.

Per quanto riguarda le informazioni tecniche: sono dovuto andare a riguardarmi qualche manuale, quindi non posso assicurare la correttezza della mia descrizione, ma comunque una presa al collo a tenaglia, se adeguatamente eseguita, può farti perdere i sensi in pochi secondi, soffocarti o, se eccessiva, spezzarti il collo. È una delle tecniche più pericolose da eseguire nella difesa personale. Quindi è facile immaginare quanto Bilbo, talmente piccolo rispetto al proprio avversario e in situazione di svantaggio, abbia rischiato in quel momento – e quanto sia profonda la stronzaggine di Goind, ma quello è un argomento a parte-.

Per il momento questo è tutto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e di poter aggiornare relativamente presto. Ma fino a quel momento un abbraccio grande!


 

Pillole di Khuzdul

 

Nadad:  Fratello

Adad  : Padre

Akhûnith : Piccolino

Amad : Madre

Shândabi : D’accordo

Melekûnh : Hobbit

Algâbikûn : traditore

Tashf : Levati!

Shekith : Piccolo codardo

Kulhu? : Cosa?

Katakhigerizu! : Va a quel paese!

 



 

  
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