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Autore: balboa    30/03/2018    0 recensioni
CIAOOOO SONO TORNATAAAAA :D. Questa storia è stata ispirata completamente da una canzone di Roy Orbinson, I drove all night, pezzo stupendo, ma io quando ho iniziato a scrivere la storia stavo ascoltando la cover di Céline Dion.
Ho scelto di parlare di quando Axl, forse neanche ventenne, partì per Los Angeles e si lasciò con la sua fidanzata Gina Siler (o Silver secondo alcune fonti) e non riusciva a dimenticarla. La storia è scritta in prima persona. Buona lettura!!! :D
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TUTTO QUELLO CHE HO SCRITTO È  FRUTTO DELLA FANTASIA, A PARTE ALCUNI DETTAGLI. NON SO COME FOSSE LA VITA DELLE PERSONE DI CUI PARLO. I MIEI INTENTI NON SONO DIFFAMATORI. HO SOLO PROVATO A IMMAGINARE LA LORO VITA, PER PURI SCOPI DI INTRATTENIMENTO PERSONALE. 



-Gina ti prego- dissi cercando di non scoppiare in lacrime. -io come... come faccio senza te-
-Bill andiamo, non posso mollare gli studi proprio ora. Voglio diplomarmi- disse lei continuando ad andare avanti e indietro per il prato bagnato. 
-e poi cosa dovremmo fare lì a Los Angeles senza un centesimo in tasca? Dormire sul marciapiede?-.
-vaffanculo- dissi alzando le braccia al cielo e andandomene. La sentii sospirare mentre camminavo via col muso che mi arrivava fino a terra.
Partii l'indomani stesso che ero ancora distrutto. Era finita con Gina quindi? Ero così incazzato e triste che mi veniva voglia di strapparmi i capelli, volevo correre a casa sua e abbracciarla e baciarla ma il mio orgoglio mi bloccava. Sarei partito a Los Angeles, qualsiasi cosa mi avessero detto per dissuadermi mi sarebbe entrata da un orecchio e uscita dall'altro. Lì feci la fame per giorni e giorni prima di trovare finalmente Jeff. Stetti a casa sua per qualche mese bevendo e ridendo per non pensare a Gina.
-ma Gina?- mi chiese Jeff un giorno. Mi caddero i piatti di plastica a terra e Jeff ridacchiò. 
-Gina chi? Quella stronza che mi ha lasciato solo per continuare la scuola???- dissi mentre il dolore mi montava dentro.
-cazzo- sospirai buttando i piatti sul tavolo e accendendo una sigaretta.
-ma sul serio te la prendi perché vuole finire il liceo?- disse Jeff con aria curiosa.
-no...- dissi appoggiandomi al muro e guardando una blatta che camminava veloce per terra.
-è solo che...-
-porca troia- strizzai gli occhi, mi sentivo implodere.
-mi manca da morire-. Volevo davvero che venisse con me, avevo sempre pensato che mi avrebbe seguito anche fino in capo al mondo. Appoggiai la testa al muro guardando il soffitto impregnato di fumo. 
-torna a Lafayette allora- disse lui come se fosse la cosa più ovvia e indicò fuori. Lo guardai per capire se diceva sul serio. 
-io in quel posto ci voglio stare il meno possibile-. Le ore passate nell'ufficio dello sceriffo e le litigate con mio padre erano solo alcuni dei motivi per cui me ne ero andato. Sentivo la voglia esplosiva e crescente di scrivere il mio destino come piaceva a me, non avevo intenzione di piantare radici a Lafayette e fare un lavoro noioso, non volevo sentirmi irrealizzato quando sarei diventato grande.
-si ma se la ami davvero dovrai trovare la forza di resistere un po' non credi?-. Lo guardai annuendo piano, cominciando a convincermi nel profondo. Erano le 8:45 di giovedì sera, avevo mangiato mezzo panino con una striscia di maionese (era l'unica cosa che avevamo a casa), e avevo soltanto 20 dollari. Jeff me ne prestò altri quando lui ce li aveva a malapena per mangiare. Mi sentivo rimontare dentro qualcosa. Incartai il resto del panino, colsi delle mele dall'albero fuori in cortile, presi una lattina seven up e infilai tutto in una busta. Poi montai in macchina sorridente. Guidai tutta la notte. Verso le tre mi sentivo gli occhi che si chiudevano da soli. Ma non mi sarei fermato. Arrivai la sera dopo a Lafayette, avevo guidato per più di un giorno attraversando otto Stati, avevo fatto solo due soste per entrare in bagno, ero esausto come non lo ero mai stato. Non stavo capendo nulla, non mi ricordavo neanche qual era il mio nome. Arrivai da Gina e suonai il citofono. Aprì suo padre che mi ringhiò gentilmente addosso. 
-cosa ci fai tu qui razza di combinaguai?-.
-'sera signor Siler, può chiamare Gina per favore?- dissi cercando di mascherare il nervosismo. Gina, o mio Dio, stavo per rivedere Gina. Stavo sudando come se avessi corso la maratona di New York. 
-no!! ti avevo già detto di non farti più vedere qui eppure insisti! Vattene a casa-
-BILL!!- Gina apparve sul pianerottolo, mi si illuminarono gli occhi. Scese di corsa ad abbracciarmi e io ricambiai fortissimo. 
-Gina cosa vuol dire?! Ti vedi ancora con lui??-. Gina non rispose, non penso neanche che lo avesse sentito. Suo padre sparì in cucina probabilmente lamentandosi.
-mi dispiace- dissi piano. -perdonami, sono stato un bambino-.
-va tutto bene Bill-.
Uscimmo assieme e le spiegai che se fosse stata d'accordo avrei fatto avanti e indietro da Los Angeles fino al suo diploma e poi saremmo potuti stare insieme. Lei era felicissima che avessimo trovato un compromesso. Comprammo un paio di birre e parlammo tutta la sera nella mia macchina sgangherata, poi io mi addormentai sulle sue cosce coperte di punture di zanzare. 
   
 
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