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Autore: PervincaViola    30/03/2018    2 recensioni
Forse non è nemmeno colpa di Annalise – forse è solo che chiunque venga risucchiato nella sua vita finisce per marcire.
{Frank/Laurel ♥ What if? 3x04}
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frank Delfino, Laurel Castillo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando tutto crolla
 







«Ho ucciso Lila».
È una confessione d'amore e una sentenza di morte, un paradosso spietato. È un'ammissione attutita dal silenzio, quella di Frank; la realtà ha improvvisamente il sapore acre di cose non dette e orrori taciuti – forse è solo questa constatazione che le toglie il respiro e rende il mondo sfocato.
Non lo sapeva, Laurel, che possono bastare tre parole per cambiare tutto.

Frank la cerca per ore, giorni, ma Wes la distrae e Laurel sa come non farsi trovare. Quando trova la forza di tornare è già troppo tardi: il suo mondo è crollato per la seconda volta e lui è scomparso senza lasciare traccia – a separarli non c'è più solo un cadavere che affiora nell'acqua.
 
 
What if it's mostly bad things?
 

Dovrebbe averci fatto il callo, al suono del cellulare che squilla a vuoto, alla mancanza di Frank che dura da un'estate, al sangue che gronda la sua vita. Eppure Laurel soffoca un conato di vomito, prega, mentre rilegge freneticamente quel dossier che le è costato così tanto – l'incontro con suo padre e la propria dignità. Una volta, due volte: sono poche parole da leggere, un altro omicidio da ingoiare. Perché Bonnie ha detto Coalport, che lì è morto suo padre, in una prigione, ma Coalport è la città dove Frank è scappato senza dirle nulla. (Le ha detto Ti amo, ma lei non gli ha creduto).
Potrebbe essere un caso, una stupida, stupidissima coincidenza, ma Laurel sa e non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, e non vede altra scelta: Bonnie non capirebbe, Annalise lo potrebbe uccidere ‏– forse ha già tentato e Frank le ha sempre detto la verità.
Dovrebbe averci fatto il callo, alla sensazione del cielo che sta per crollare. Afferra perciò il proprio cellulare con dita tremanti e i suoi passi non vacillano quando si lascia alle spalle la casa di Annalise senza voltarsi indietro. «Frank, rispondimi, ti prego».

Getta nella borsa poche cose alla rinfusa: chiavi, portatile, contanti e quel cellulare che non smette di suonare e di mostrare un numero sbagliato, quello di Wes. Wes che è di una dolcezza indescrivibile, che potrebbe rappresentare la possibilità di avere un futuro diverso; c'è il loro unico bacio che le lampeggia nella mente e per un istante Laurel immagina niente più sangue, niente più dolore. Ma poi rivede il cadavere di Sam Keating riverso sul parquet della sua stessa casa, i suoi arti mozzati bruciare nel bosco, e l'unica cosa di cui è certa è che non sono più brave persone, probabilmente nessuno di loro lo è mai stato. E forse non è nemmeno colpa di Annalise – forse è solo che chiunque venga risucchiato nella sua vita finisce per marcire.
C'è l'ennesimo messaggio di Wes ad illuminare lo schermo del suo smartphone mentre sale sul taxi – Tutto bene? :) – e Laurel digita sì :) senza neppure pensarci. (Dopotutto, Wes non ha mai compreso quanto fosse brava a mentire; Frank l'ha sempre saputo).

Il viaggio dura delle ore; le luci dei lampioni scivolano sul finestrino in un caleidoscopio di colori che illuminano a giorno il cielo nero. È sempre notte nei suoi incubi e Laurel si ritrova addormentata contro il sedile di pelle, dietro le palpebre sogna un incubo che è troppo vero – sogna un falò d'inverno, un lago di sangue che s'allarga sotto Annalise, una statua di bronzo nelle mani di Wes. Sogna Frank con le dita serrate attorno al collo sottile di Lila Stangard, il viso blu di morte e i lunghi capelli che le fluttuano attorno come alghe scarlatte, e poi vede il sorriso di Frank, e sente i suoi sospiri bollenti nell'incavo del collo e la sua mano tra le cosce. Laurel sognava un sogno troppo vero, e quando socchiude le palpebre il giorno è già arrivato, e cercare un appiglio per non sprofondare è del tutto inutile – tutti, tutti sanno che gli incubi peggiori prendono vita solo ad occhi aperti. (Lila, Sam, Emily Sinclair sono morti e le sue mani continuano ad essere vischiose di sangue raggrumato).
Laurel scuote la testa, perché non è ora il momento di crollare – quando tutti gli altri vanno in pezzi, persino Michaela, Laurel rimane in piedi – e scende dal taxi con una disinvoltura che non prova. Soffia un vento forte in California; i capelli d'ebano le ondeggiano davanti al viso ad ogni passo, finché non si ritrova immobile davanti a quella porta che è come un precipizio: la scelta è tirarsi indietro oppure sporgersi e cadere.
Il legno sussulta piano sotto il suo pugno. (Crollano tutti, ma non lei).
 
You're just afraid to get to know the real me 'cause you know you'll fall for him
 

La porta rimane chiusa. Nessun rumore proviene dall'interno, neppure un respiro – e Laurel non si aspettava niente di meno.
«Sono io, Frank» dice, e pronuncia quelle parole come all'inizio di ogni chiamata – Dove sei, Frank? Richiamami. Dimmi che sei vivo. Ti amo (ma questo lo sussurrava solo dopo aver chiuso la telefonata) – e anche questa volta Laurel si odia un po' di più perché spera ancora che lui non la chiuda fuori dal suo mondo. «Apri la porta, so che sei qui».
C'è solo il fruscio del vento ad accogliere le sue parole, insieme ad un omertoso silenzio, e Laurel se n'è andata di nascosto da Annalise, sta perdendo giorni di un'università che è tutto quel che ha sempre voluto, e adesso la sua mano indugia su una porta che non accenna ad aprirsi e la rabbia la riempie in appena un battito di ciglia.
«Sono venuta a cercarti invece di mandare Annalise o chiamare la polizia, lo sai cosa vuol dire?» grida, battendo la mano contro il legno, sopra il vento che le fa pizzicare gli occhi – non sono lacrime, nemmeno delusione, è solo l'aria fredda che sta distruggendo ogni sua illusione.
Ha le nocche arrossate e più nessuna speranza – più niente da perdere, nemmeno la propria dignità – quando decide di giocare l'ultima carta.
«Avevi detto che avresti fatto qualunque cosa per me» bisbiglia, così piano che la sua voce rotta non potrebbe essere udita che da lei sola, o da Frank se fosse all'ascolto dall'altro lato di quella soglia. «Avevi detto che mi amavi».

Laurel ha gli occhi di fiele piantati a terra e quasi non si accorge della porta che si apre con un cigolio. Il suo odore la colpisce come nostalgia mai provata, e Laurel ricorda ricorda il suo profumo come se fosse il proprio, ce l'ha intriso nella pelle – dopobarba muschiato e profumo arrogante – e quando entra nella stanza senza avere il coraggio di guardarlo in viso sente già le ginocchia cedere.
«Non saresti dovuta venire» sono le prime parole che le rivolge, e lei vorrebbe solo rispondergli lo so, lo so, lo so, e invece sente solo la furia risorgere come un'onta – perché la sua voce profonda le accarezza la pelle e afferma l'esatto contrario delle sue parole.
Si volta verso di lui e alza lo sguardo di scatto, allora, ed è la scelta sbagliata: perché Frank si è rasato barba e capelli e quasi sembra un altro, ma i suoi occhi azzurri – di ghiaccio, di cielo – sono rimasti identici. (È incredibile come basti il suo solo sguardo, per farla precipitare di nuovo). Non sa più nemmeno se sta respirando, Laurel, non sa nemmeno se riuscirà a parlare senza scoppiare in singhiozzi.
«Sei stato tu?» gli domanda, tremando fin nelle ossa, ma Frank le lancia un'occhiata confusa. «Hai ucciso il padre di Bonnie, oltre a quello di Wes?» continua, spietata, e vede la sua espressione rabbuiarsi fino a bruciare l'azzurro delle sue iridi – cosa può fare quando la risposta nei suoi occhi è quella sbagliata?
«Non hai nemmeno la decenza di negare» sussurra senza fiato.
Lui continua a tacere e lei si sente sprofondare. «Di' qualcosa!» gli urla per scuoterlo dal suo torpore, con la disperazione di quando facendo l'amore lo mordeva sulla spalla e lasciava rossi graffi sulla schiena. Di' qualcosa, ti prego.
«Cosa vuoi sentirti dire, Laurel?» le chiede stancamente; nel suo sguardo qualsiasi luce di malizia o presa in giro è andata perduta.
«La verità» boccheggia in risposta, e in quel momento qualcosa si rompe, dentro di lei, e lacrime bollenti le inondano gli occhi. Laurel non le lascia colare, le asciuga con rabbia. «Ti ho sempre chiesto solo la verità».
«Laurel...». La sua voce è dolce, ma davanti allo sguardo d'acciaio di lei non riesce a fare un passo; solo deglutisce, e poi confessa: «L'ho ucciso, come ho ucciso Wallace Mahoney».
«Perché?»
«Perché entrambi hanno fatto cose orribili e meritavano di morire nel peggiore dei modi».
Il cuore le si ferma nel petto e tra le tante cose che Laurel vorrebbe fare c'è anche chiederglielo (abbiamo fatto tutti cose orribili, meritiamo di morire?), ma la risposta già la conosce e lei ha le labbra cucite e le mani che tremano. Vorrebbe dire qualcosa, ma è Frank a parlare per primo.
«Sono un mostro, Laurel» dice con un sorriso triste, ma Laurel lo trova bello persino attraverso tutta quell'oscurità, persino attraverso tutto quel sangue. Se uccidere fa di lui un mostro, lei – lei che ha visto uccidere, che ha trasportato un cadavere nel bosco e lì l'ha mutilato, lei che ha mentito e protetto se stessa e degli assassini – lei allora cos'è?
«Lo siamo tutti».

Le racconta che è stato in prigione per dieci anni, che Sam l'ha salvato persino quando non ne voleva sapere di essere aiutato, ma questo Laurel lo sapeva già – era tutto scritto nel dossier datole da suo padre. Le racconta che Annalise l'ha fatto uscire di prigione e l'ha accolto nella sua squadra senza battere ciglio e nella voce di Frank risuona l'eco di cose perdute quando le confessa che il figlio di lei le è morto tra le braccia a causa sua e della famiglia Mahoney – ed è per questo che è scappato.
«È per questo che l'hai ucciso?» gli domanda senza riflettere, e quando lui annuisce Laurel si ritrova a chiedersi se la strada per l'inferno non sia davvero lastricata di buone intenzioni.
Lila, invece, è stata il pagamento di un debito di sangue – una vita per una vita – insieme alla promessa di non rivelare mai nulla ad Annalise.
«Questi sono i miei demoni» le dice alla fine, e forse solo per spezzare il silenzio. «Puoi fuggire via, ora».
Laurel quasi ride di sollievo, d'isteria; se non è fuggita dopo Sam, Annalise ed Emily Sinclair non lo farà certo ora – e a bruciapelo pensa che lo ama adesso più di prima. Eppure, quando incontra lo sguardo di lui, certo che lei scapperà dopo tutto questo, la rabbia muove la sua mano e le sue dita incontrano di schianto la guancia di lui. Frank la guarda sorpreso e i suoi occhi azzurri sono quasi neri – forse Annalise e quella casa maledetta hanno fatto impazzire tutti per davvero. «Non sono io, quella che scappa» gli ricorda risentita, e lui distoglie lo sguardo senza aggiungere altro.
 
 
Maybe we should go to jail. For everything. Maybe that's okay
 

«C'è mai stato qualcosa di vero tra noi?» gli chiede a bruciapelo, perché questa è la domanda che le preme più di tutte. «Mi amavi davvero o era tutto solo sesso?» va avanti con cattiveria, con l'intenzione di fargli provare il dolore che ha provato lei, ma la soddisfazione di vederlo accusare il colpo è solo temporanea, le muore tra le dita.
Frank la scruta con una rabbia che non gli ha mai visto nello sguardo. «Sai che non ti ho mai mentito riguardo a noi» ribatte, ferito, e Laurel si odia ancora, sempre di più, poiché lo sa, eppure sono bastate tre parole per dubitare di lui (e di tutto quanto) e lui è scomparso per mesi senza degnarsi di chiamarla (ma era stata lei, dopotutto, a dirgli che non lo amava).
Le lacrime le premono tra le ciglia scure, e ora Frank è lì ad un passo e lei dovrebbe odiarlo per il buco nero che ha dentro e che ha rovinato ogni cosa, ma per qualche folle ragione – i suoi occhi di un azzurro impossibile e il modo in cui la guarda che la fa precipitare – gli crede

Frank è una statua di sale nella stanza semibuia, i liquidi occhi cerulei e le braccia abbandonate lungo i fianchi, e nel silenzio lei gli tende solo la mano, mentre lui la osserva incredulo per vedere le sue reazioni. Allunga il braccio e afferra le sue dita e davanti al calore delle sue falangi Laurel sente che sta per mettersi a piangere senza ragione – per i rimorsi e le cose non dette, perché senza di lui le sembrava di morire e ora il dolore atroce si sta alleviando – e il cuore le fa così male che riesce solo a mordersi le labbra per trattenere i singhiozzi. (Quel che resta del suo buonsenso le impone di andarsene, tutto il resto le urla di rimanere).
È lei a fare un passo in avanti ed è lui che la stringe fra le braccia, ed è come se tutto tornasse al proprio posto dopo una tempesta. È tra le braccia di Frank che Laurel ricorda perché lo odia – perché l'ha odiato, con tutte le bugie e i segreti, e la colpa scaricata su Rebecca e Sam e chiunque altro – e per questo scandisce «Ti odio», e lo colpisce all'addome con tutta la forza che riesce a racimolare, con pugni e nocche, e Frank continua a stringerla senza arretrare perché sa di meritarlo.
«Avresti potuto dirmelo prima... Avresti potuto rispondere ai miei messaggi» sibila tra i denti, tra le sue braccia, ma quando sente il suo cuore battere furiosamente sotto il suo petto – è vivo, è con lei – non capisce più perché glielo stia dicendo.
«Lo so» risponde lui, e Laurel pensa che invece non sa niente, niente dei rimpianti che avrebbero consumato entrambi se non l'avesse cercato, a dispetto di tutto. «Mi dispiace così tanto» sussurra Frank con voce rotta, e quando Laurel alza lo sguardo potrebbe giurare che una lacrima gli scivoli sul viso; le afferra il viso con gentilezza, posando le mani appena sotto le sue guance, e le bacia l'attaccatura dei capelli, le palpebre, il mento, ogni centimetro di pelle umida che riesce a raggiungere. Non le importa più che lui la veda piangere – perché lui è stato il primo a vederla davvero, in quella classe, prima che lo facessero tutti gli altri – e quando le gambe iniziano a cederle per davvero lei si aggrappa alle sue spalle e fa un suono strano con il naso, un singulto che la riempie di sollievo.
«Non credere che ti abbia perdonato» riesce a sillabare. Tutto il suo corpo trema di un tremito incontrollabile e i polmoni scandiscono respiri irregolari, ma c'è Frank che la sostiene per la vita mentre lei gli rovina addosso. (Quando Laurel crolla Frank è lì a rimetterla in piedi).
«Ti tengo» le mormora tra i capelli, e non la lascia cadere – e Laurel si rifiuta di lasciarlo andare.

Accade come la prima volta: un istante prima non c'è niente e poi tutto esplode. Laurel colma la distanza fra le loro labbra in un gesto famelico e brutale – glielo dice con la bocca e con i denti quanto l'abbia odiato, riversa nella sua gola tutti gli insulti e la disperazione. Il respiro di Frank è vivo e rovente nell'incavo del suo collo, mentre entrambi cadono sul letto, mentre lei si disfa della camicia con gesti convulsi e lui passa le mani sulla sua pelle, sotto la stoffa, nel centro umido che è tra le sue gambe.
Non ha fretta, Frank, e ha sempre saputo dove toccarla (ha sempre saputo come baciarla e farla ridere, ha sempre saputo come mentirle e farla piangere). Laurel sale sopra di lui e s'issa sul suo grembo e l'accoglie dentro di sé senza attendere oltre, e spinge, spinge, spinge. Spinge finché brucia e non fa male, finché il dolore non sovrasta il sollievo, e Frank la guarda senza parlare, le carezza le gambe e la lascia fare – perché Frank ha sempre capito troppo.
Avverte il suo profumo nelle narici, Laurel, e anche il suo respiro sulla pelle e il suo calore fra le cosce, e si odia perché non riesce ad odiarlo. E sarebbe così stupido piangere ora, e tuttavia Laurel si ritrova a singhiozzare senza vergogna, a tremare su di lui, e Frank si solleva con il busto a baciarle il solco tra i seni e il petto umido squassato dai singulti.
«Laurel, Laurel» mormora alla sua pelle, guardandola con quei suoi occhi umidi e impossibili; e lui ha ucciso Lila e ha sulle mani il sangue del padre di Bonnie e di Wes, la vita spezzata del figlio nato morto di Annalise, e per questo con i suoi occhi e la sua bocca le sta chiedendo perdono in una maniera che nessun altro ha mai fatto (Frank le sta chiedendo perdono, suo padre Jorge non si è mai pentito di niente).
Tutti uccidono gli altri, in un modo o in un altro, – chi può saperlo meglio di lei? – e Laurel si lascia cullare fino a che i singhiozzi non scompaiono e rimangono solo i baci di Frank e lei che se lo stringe contro, fino a che lui non la adagia sulla schiena e le ravvia i capelli con tenerezza. Ad ogni bacio, ad ogni sguardo, ad ogni spinta lui consuma le sue ultime difese – l'odio per averle raccontato bugie, il dolore per averlo cercato solo per capire che non voleva essere trovato – e l'unica certezza che le rimane è che lui è il solo che possa rimettere insieme i suoi pezzi.
«Non è vero che non ti amo» sospira Laurel, tra i loro respiri spezzati e il sapore di lui che le langue sulle labbra, sperando che non sia troppo tardi per dirlo. Frank ha un sussulto e si spegne dentro di lei, l'abbraccia fino a non farla respirare e ripete ti amo, ti amo, ti amo (ed è come se non gliel'avesse detto mai).


 
 
I was never really sure if I actually loved him. But now that he's gone... I did
 


Fuori c'è un sole che non scalda e Frank la osserva nudo e incurante della propria nudità, esattamente come dallo sfondo del suo telefono. Allunga una mano a toccarle una guancia – piano, con circospezione, come a chiederle il permesso – e Laurel si volta verso di lui e si porta il suo palmo al viso, a cercare calore.
«Torna con me» soffia sulla sua bocca, e la sua è tutto tranne una richiesta. «Annalise ti perdonerà».
Lui scuote la testa, increspa appena le labbra. «Annalise mi ucciderebbe».
«Io ucciderei lei».
Frank le regala uno sguardo quasi divertito. «Non ne valgo la pena, principessa» le sorride, senza sarcasmo.
«Torna con me e basta» gli intima – eppure, a sentir bene, nella sua voce c'è l'eco di una supplica – e serra la presa sulle sue dita, perché lui non ha ancora risposto no. «Torna per me». Lo bacia, e spera che lui capisca e che non la lasci più andare, non dopo averle confessato tutta la verità. C'è un silenzio che dura troppo e minaccia di spezzarle il cuore – di nuovo – e sul viso di lui legge una lotta interiore che forse lei non è in grado di vincere e allora pensa, prega dentro di sé – ma non apre bocca e rifiuta di far scendere altre lacrime (torna con me, torna con me, torna con me).
«Okay» dichiara infine Frank, e Laurel lo guarda disorientata, non si concede di illudersi.
«Okay?»
«Okay, tornerò con te» le ripete, sottovoce, e quelle semplici parole sono così belle che le occorre qualche secondo per assimilarle, per capire (anche quattro parole possono cambiare tutto); e poi ha improvvisamente voglia di ridere e piangere (e lui le sorride, un sorriso vero, perché ha compreso) e tutto quello che riesce a fare è solo baciarlo ancora.

Fuori dal taxi il mondo scorre in un turbinio di colori; il torace di Frank è caldo e solido sotto il suo orecchio e il suo completo profuma di lui.
«Non lo fare mai più» gli dice Laurel, seria, e la voce le trema solo un poco, abbastanza perché lui le stringa un braccio attorno alle spalle. «Andartene via così».
Frank le lancia un lungo sguardo – che le ricorda ogni cosa dal principio, il sangue, le bugie e i segreti che ora non sono più tali, e perché si ostini a sceglierlo ogni volta – e dopo aver annuito la bacia piano, con dolcezza, e lei si sente di nuovo viva dopo mesi, perché stanno tornando a casa, perché sono insieme. (Quando Laurel crolla Frank è lì a rimetterla in piedi).












 
Angolino della Vì:
Prima fic in un nuovo Fandom, yay! Praticamente ho shippato Frank e Laurel dal primo momento e non posso credere che piega orribile abbiano fatto prendere a questa coppia. Niente, lui è bellissimo e sexy af e ho quindi tentato di rimediare alla scena finale della 3x04: Laurel non rivela a Bonnie e Annalise che sa dove si trova Frank, ma ci va da sola like a boss. Nella mia testa la storia va avanti come nel canon a parte le scene con Wes (adieu!)
Le prime due citazioni a lato sono di Frank, le ultime di Laurel. “Tutti uccidono gli altri, in un modo o nell'altro” è invece presa da Il vecchio e il mare, Hemingway.
Spero vi sia piaciuta e Buona Pasqua a tutti ♥

   
 
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