Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: queenjane    01/04/2018    3 recensioni
I Romanov prigionieri, nel 1918, la loro ultima Pasqua. Umiliati e prigionieri, passato e futuro, ecco la speranza.. Forse. Buona lettura e buona Pasqua a tutti. Olga, Aleksey, Catherine, uniti seppure distanti. Dal testo "...Cat .. dimmi una storia che non abbia mai termine, alla fine ci crederò.."
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il 22 aprile 1918 un gruppo di 150 soldati  a cavallo raggiunse Tolbosk, bolscevichi, giunse in loco comandato dal commissario Yakovlev, che doveva condurre le ci-devant zar e la sua famiglia a Mosca.
Colpì la famiglia imperiale per la sua squisita cortesia, la sera del suo arrivo prese il tè con la coppia imperiale, chiamò lo zar “Maestà” e conversò in francese con Gilliard, precettore dei ragazzi, straniero che li aveva accompagnati nell'esilio e nella prigionia.  Mostrò al comandante K. che comandava la guarnigione due lettere firmate da Sverdlov, presidente del comitato centrale di Mosca, che contentavano minacce di morte, nell’ipotesi in cui gli ordini di S. non fossero stati eseguiti. I Romanov dovevano lasciare Tolbosk, per evitare fughe in primavera.
Yakovlev il 23 aprile visitò l’intera casa da cima a fondo, quindi vide lo zar, che lo condusse in camera di Alessio, che era a letto. La zarina si stava preparando, la sua salute, tra sciatica e mal di cuore, oltre che la recente preoccupazione per suo figlio, quasi morto per un attacco di emofilia,  non le concedeva un momento di requie.  Yakovlev rifece una seconda visita al ragazzo malato, con un medico del reggimento dei soldati che lo aveva accompagnato, anche se a occhio si rendeva conto che non vi erano finte, era malato sul serio.  Stava troppo male per viaggiare, quindi mandò un telegramma per chiedere istruzioni. Si informò inoltre se i Romanov avevano molti bagagli.
Forse una partenza?
Dai quaderni di Olga a Catherine Fuentes, sua amica di infanzia e  sorella elettiva, sposata con un principe spagnolo, che aveva condiviso la prima parte della loro prigionia, a Carskoe selo, dal marzo 1917, quando lo zar aveva abdicato fino al passaggio in Siberia nel mese di agosto 1917 “ ..sai quello che arrecava maggiore angoscia? La sensazione di essere stati scordati da tutti, che nessuno muovesse una mano per darci un aiuto, alla mercè di Yakolev. Dove erano i nostri fedeli, i buoni russi che ci avrebbero salvato? Appoggiavo la fronte alla finestra, i pensieri pesanti come le macine di un mulino. Per caso mi ero vista a uno specchio, con attenzione, dopo tanti mesi, parevo più vecchia dei miei 22 anni, il viso malinconico, così magra e affilata..E intanto speravo che stessi bene, in quelle settimane, salvo nuove avresti partorito di nuovo, il secondo figlio in meno di due anni, il primo, Felipe, questo..  credevo in un altro maschio. Scrutavo le tue lettere, almeno di una cosa ero contenta, che eri al sicuro, che nessuno ti avrebbe fatto nulla, e Alessio stava male, il peggiore attacco da anni, vomitava di continuo e non dormiva, ti chiamava, con ostinazione, sapendo che prima o poi saresti ritornata, inesorabile 
Cat.
Aleksey.. Son, brother, heir, the Czar,  my little one.

Leon Jaime Nicholas dei Fuentes nacque a Livadia, in Crimea,  il 23 aprile 1918, alle quindici di pomeriggio. Leon, come aveva suggerito Aleksey come primo appellativo, Jaime come mio cognato e per ricordare il giorno del suo probabile concepimento, il 25 luglio 1917, peraltro festa di San Giacomo apostolo,  protettore della Spagna.
Il mio secondo pezzo di immortalità, dopo il mio primogenito Felipe. 
Pesava quattro chili e mezzo, con i capelli scuri e gli occhi verdi di suo padre, era squisito e perfetto. Mi immersi nei gesti semplici e antichi, di allattarlo, stringerlo tra le braccia, un nuovo principe Fuentes era nato,alla conquista del mondo.

Gilliard, precettore di francese dei principi imperiali,  raccontò, anni dopo, nelle sue memorie lo straziante pomeriggio del 25 aprile 1918. Aveva incrociato due servitori che piangevano, gli raccontarono piangendo che Yakovlev era venuto a dire allo zar che lo avrebbe portato via. Rientrato subito nella sua stanza, non osando comparire senza essere convocato, Tatiana Nicolevna aveva subito bussato. Era in lacrime e la pregò di seguirla, che la zarina lo voleva. Alessandra gli confermò quanto sopra, era fuori di sé, Yakovlev era stato appunto mandato da Mosca per prendere lo zar, la partenza per quella notte stessa.  Chi voleva poteva accompagnarlo, nessuna obiezione.
“Non posso lasciare che lo zar vada da solo. Lo vogliono separare dalla sua famiglia come prima“riferendosi all’abdicazione” Vogliono forzarlo, rendendolo ansioso.. Devo essere al suo fianco, ma il ragazzo è ancora così malato.. “se ci fossero state delle complicazioni, non lo avrebbe rivisto mai più lo sapeva “..O Dio che tortura, non so come fare..per la prima volta nella mia vita..”
Tatiana intervenne, dicendo “ Mamma, Papa deve andare per forza, a prescindere, qualcosa dobbiamo decidere” Potevano decidere di quello, sui particolari. Altro non era concesso. Gilliard  intervenne, dicendo che Alessio stava meglio, che tutti lo avrebbero vigilato.
“Mamma, abbiamo parlato, io e le mie sorelle. Olga baderà alla casa, io ad Aleksey, Anastasia farà quello che potrà, e Marie verrà con te” E Gilliard era persona della massima fiducia e discrezione, affidargli Alessio era una garanzia.
Alessio non aveva idea di quegli eventi. Quando, dopo pranzo, sua madre non comparve come di consueto, si sentì che chiamava “Mamma! Mamma!", la sua voce si udiva per tutta la casa. Quando apparve, lei aveva gli occhi rossi, gli spiegò che sarebbe partita con suo padre il mattino dopo, di stare tranquillo, si sarebbero ricongiunti il prima possibile. La famiglia passò tutto il pomeriggio e la sera con lui, forse poteva succedere un miracolo che ritardasse la partenza, la neve scendeva, turbinando in larghe falde.
La zarina sperava che il fiume straripasse, in una sortita di fedeli, nel genero di Rasputin..
Rien.
Nothing at all.  
Alle tre e trenta di mattina partirono, su scomode carrozze senza molle o sedili, in cui passeggeri potevano solo stare stesi o in piedi. I servitori misero della paglia, presa dalla porcilaia, oltre che un materasso sulla sola tarantas (slitta) coperta per far sdraiare la zarina.
 
Pierre Gilliard annotò che dopo che gli zar e Marie se ne erano andati, Alessio pianse disperatamente nella sua stanza, la testa verso la parete, come le sue sorelle rimaste con lui, era allo stremo. L’aria portava il rumore delle ruote delle slitte che si allontanavano. Olga si stese accanto a lui, prima le tirò un pugno sul braccio, non fece una piega, e lo abbracciò. E   lo tenne stretto per ore, inventando un futuro per tutti,anche se pareva impossibile, lo amava, come aveva amato Catherine Fuentes, la sua fragile e agguerrita principessa, cresciuta nelle macerie, erede di un passato in frantumi.
 
Quella prima sera, mentre vegliava suo fratello, Olga prese un quaderno e iniziò a scrivere, una sorta di lettera, una sfida, per non dimenticare, mai.
 Una sorta di lettera a Catherine.
Per non scordare, mai, il suo lato della storia.
Come Catherine aveva scritto ad Andres, suo marito, quando era in galera, sua sola colpa apparente averla sposata, i suoi trascorsi da abile agente della polizia segreta mai pervenuti, come quelli di Catherine.
Catherine..
 
Il viaggio fu atroce, su un terreno gelato, la neve che si scioglieva, tutto un dolore per gli scossoni, l’acqua giungeva fino al petto dei cavalli.  Un cambio dei cavalli avvenne a Pokrovskoe, ove i carri si fermarono sotto la casa di Rasputin. La sua vedova, alla finestra, tracciò il segno della croce vedendo la zarina Alessandra, poi scomparve dietro le tende, un lento fantasma.
Vi fu poi un viaggio in treno, quando Yakovlev lasciò lo zar e i suoi a Ekaterimburg,  negli Urali, ebbe la seguente ricevuta, come se avesse consegnato della merce. “1. L’ex zar, Nicola Aleksandrovic Romanov
2. L’ex zarina, Alessandra Feoddorovna Romaova.
2. L’ex granduchessa Maria Nicolaevna Romanova.
Tutti da tenere in consegna nella città di Ekaterinburg
In auto, dalla stazione li portarono alla casa di un tale Ipatiev, un mercante”Cittadino Romanov, potete entrare” fu l’annuncio per la nuova dimora. A Olga vennero i brividi, tre secoli prima il primo zar della dinastia Romanov, Michele, aveva avuto l’annuncio della sua ascesa al trono al monastero Ipatiev, stava poco bene di salute come   Alessio.. No. ALFA  E OMEGA, fine e principio.. Lui aveva iniziato, loro avrebbero finito? Fu lieta, da un lato, di avere amato, di avere conosciuto la potenza della carne, Michael stretto tra le sue cosce, una ribellione e un peccato.. Labbra di ciliegia, petali di rosa, era la sua regina, lui non era un  principe, non era nessuno, in termini di rango, allora, nulla, come lei ora.. Tranne che una giovane donna innamorata, adesso,  alle prese con noia, malattia e prigione, ricordi e una nostalgia massacrante.
La casa a Ekaterimburg ove vennero alloggiati i Romanov apparteneva a un mercante, tale Ipatiev, appunto, a cui era sta requisita per “ragioni di stato” dai bolscevichi, che, presone possesso, imbiancarono tutte le finestre e eressero una palizzata in legno tutto intorno alla proprietà. Il locale Soviet la ribattezzò “casa a destinazione speciale”.
Nella sua ultima lettera a Anna Vyribova, sua unica amica , Alessandra aveva scritto che l’atmosfera era elettrica, che la tempesta era in arrivo, ma Dio era pietoso e avrebbe avuto pietà di loro, le anime in pace, tutto “sarebbe stato per volontà di Dio”
Alessandra, stremata dal viaggio, dalle preoccupazioni per Alessio e le figlie rimaste a Tolbosk, si mise a letto, oppressa dal mal di cuore e dalle emicranie.
Pregò che..  la bastarda di Ella Rostov Raulov arrivasse  a prenderli tutti, per portarli via. Catherine aveva quel potere..  E li amava. Tutto il mondo li aveva lasciati, tranne lei e pochi altri. Bastarda.. che brutta parola per una bella persona.
Che Catherine … era nata nel gennaio, 1895, io e Nicola ci siamo fidanzati il 20 aprile 1894  e.. Nove mesi a ritroso, i primogeniti arrivano spesso in ritardo, poteva essere stata concepita prima .. Io lo avevo rifiutato, non posso imputargli questo adesso.. Gli avevo mandato una lettera in cui lo scioglievo da ogni legame, ogni promessa, non ritenevo giusto dovermi convertire.. Come sono lontani i tempi in cui mi ergevo a giudice e giuria, pretendendo di sapere tutto, essere infallibile. Quando mi confessò l’affaire con Matilde K., lo perdonai eccome, dicendo che in questo mondo siamo esposti alle tentazioni, che non sempre da giovani resistiamo, ma pentendoci e riprendendo la retta via Dio ci perdona..In quello ha avuto fiducia in me, nel resto no. Ho combattuto contro tutto e tutti, ora che mi resta..   Una eterna incompresa, ecco chi sono. La mia timidezza scambiata per arroganza, il cercare di aiutare Nicky nei suoi fardelli ingerenza e tradimento.. La Nemka Bliad, la puttana tedesca, traditrice e ottusa…  


In questa casa fin dall’arrivo nulla ci è mancato, mi hanno detto di aprire la mia povera borsa, che conteneva dei sali, un fazzoletto e una piccola icona. Nicky è intervenuto subito a difendermi,  dicendo che finora avevamo avuto un trattamento cortese, da persone educate, la replica  è stata che non eravamo più a Carskoe Selo, un primo rifiuto lo avrebbe fatto allontanare dalla famiglia, un secondo ai lavori forzati. Mi sono trattenuta, l’ira il mio peggior peccato, tracimavo nelle piccole cose, resistevo nelle grandi..ho aperto la borsa. Noto che tutte le finestre sono dipinte di bianco,  sprangata, disegno una svastica, il mio simbolo del buon augurio, a matita, segnando la data 17/30 aprile 1918.
Ricordando gli occhi amari di Catherine, quando l’aveva mandata via, ogni volta, scuri come un fiume in inverno, nel 1910, credendo che istigasse Olga alla ribellione e al malumore, a non accettare “padre Grigory”. Offendendo entrambe, come se Olga non sapesse ragionare con la sua testa. Il mondo era corrotto, lei doveva essere guida e faro, proteggere tutti. E aveva fatto soffrire Alessio, in primo luogo, che non aveva avuto pace nonostante i giocattoli, le bizze sempre vinte fino a .. “Cat..” Erano puro amore, sempre. Tutte le volte che da piccolo lo aveva imboccato e giocato con  lui, raccontandogli storie. È buffa, e mi fa ridere, e tanto è peggio lei dei marinai, dei dottori, sempre attenta a quando mi stanco..E ancora, Spala, quell’Armaggedon senza fine o respiro “Catherine..” “Ti racconto una storia che non ti ho mai detto..” Ma la storia più bella era la vita. Che lei aveva soffiato nelle sue palpebre chiuse.

Si seppe verso il 7 maggio che il giornale “Il lavoratore degli Urali”pubblicò la notizia e molti curiosi si radunarono per la strada per vedere la casa dei prigionieri, che erano stati confinati al primo piano della casa, ove erano strettamente controllati da dieci guardie, oltre ad altre che piantonavano la strada.

Dai quaderni di Olga Romanov a Catherine Fuentes. “ .. la mancanza di notizie era dura, come le preoccupazioni, tranne che fisicamente Alessio stava un poco meglio, il primo maggio Tata lo convinse ad alzarsi, lo rivestì lei, per poi posarlo sulla sedia a rotelle, il marinaio Nagorny lo spinse sul terrazzo. “Non ne posso più” “Ti fa male qualcosa? La gamba..” “Non ne posso più..” rilessi il tuo biglietto, che lo aspettavi, intanto ero preoccupata, tra le tante, il tempo del tuo secondo parto ormai doveva essere terminato, scaduto. Come stavi? Eri sopravissuta a quello sconquasso fisico? Io propendevo per un altro maschietto.. Mancavano lettere e notizie, pensavamo che i miei genitori e Marie fossero a Mosca, invece il colonnello K. ricevette un telegramma che erano stati mandati a Ekaterimburg. Che era successo? Una Pasqua triste, mi sentivo affondare, come in una palude, nessuna notizia, dai miei e da te, niente di specifico. Casa Ipatiev, ripeto, tre secoli prima il primo zar Romanov, Michele, aveva avuto l’annuncio della sua ascesa al trono al monastero Ipatiev, stava poco bene di salute come   Alessio.. No. ALFA  E OMEGA, fine e principio..  ”
Non poteva finire, la nostra storia. 
Da una lettera cumulativa di Olga Romanov a suo padre, dalla Siberia agli Urali, quell’anno la Pasqua ortodossa cadeva il 5 maggio” .. da un telegramma abbiamo saputo che tutto è a posto. O Dio, come state? È terribile non essere insieme, non sapere nulla, dato che non sempre ci raccontano la verità (..) Dio sia con te, Papa (..) O.  continuo la lettera, Cristo è risorto. Vorremo sapere come avete celebrato la Pasqua, Mamma cara quando saremo finalmente insiemeDio vi protegga. La messa di mezzanotte e il servizio successivo sono stati fatto bene, era tutto bello e intimo (..) Il Piccolo ha dormito e non ha partecipato alla cene di Pasqua, neanche si è accorto che lo abbiamo portato nella sua stanza..Oggi abbiamo distribuito le uova(..) Sentiamo le campane.. Il tempo è brutto” 


Alessio sognava la Spagna, se la passava, voleva vedere la rocca dei Fuentes, immaginava Ahumada come una magica melodia, un ristoro, fatti e non parole.  Lui e le sue sorelle. 
Tolbosk, 7 maggio 1918 sei di pomeriggio, scrisse Anastasia, rispondendo a una lettera di sua sorella Maria da Ekaterimburg, dopo le formule di saluto e gli auguri di Pasqua “.. Alessio è davvero dolce, mangiamo a turno con lui, glielo ricordiamo, anche se alcuni giorni non ve ne è bisogno ..(..) Mi sto abbronzando, più di Olga e Tata, resto sempre un elefante nelle dimensioni.. (.) I pensieri sono con voi, mi mancate…a me e come tutti(.. ) Un  bacio A. [nastasia]”
Da una lettera di Maria Romanov  a sua zia Ella, sorella della ex zarina”E’ risorto! Ti baciamo, cara, tre volte, grazie per le cartoline, il caffè e la cioccolata! Mamma ha preso con piacere, appunto, una tazza del caffè che le hai inviato, le fa bene per le sue emicranie. Abbiamo saputo dai giornali che dal tuo convento ti hanno spostato a Perm.. Il mio indirizzo è Ekaterinburg, Comitato Regionale Esecutivo, al Comandante. Un bacio ..”
Le condizioni a casa Ipatiev erano barbare, manco funzionava l’acqua corrente, lavare i capelli e la biancheria una epica impresa, pensava Marie, che dormiva per terra, cercando di ignorare  le battute e le mani delle guardie. La zarina era la Nemka bliad, la puttana tedesca, suo padre, “Nicola il sanguinario” che beveva il sangue dei sudditi e godeva della  guerra. Ma il sole sorgeva, gli uccelli cantavano all’alba, non tutto andava per forza male.

Olga, leggendo le frammentarie notizie Yekaterinburg che dicevano che stavano bene, senza poco aggiungere, era di una calma dolcezza, leggere tra le righe era una pura agonia, una prigione, cercava di non tracimare.

Ed io, Cat, ero prigioniero in tripla misura, della mia malattia, della sedia a rotelle  e della casa del governatore a Tolbosk, scommettevo poi che lo stesso mi sarebbe toccato a Ekaterimburg, magari in modo peggiore. Città che sorgeva sui pendii orientali degli Urali, costruita su una serie di basse colline fitte di boschi di pini  e betulle. Città di fabbriche e miniere, ospitava un centro dei novelli bolscevichi, le strade lunghe, polverose, senza asfalto.  Vi erano viali con cedri e tigli, vasti giardini pubblici, le risorse delle miniere avevano procurato benessere, erano stati costruiti due favolosi alberghi, l’America e il Palais, su Viale Voznenskij che divideva in due la città, strada ove sorgeva la casa del mercante Ipatiev, dove misero Papa, Marie e mia madre.
Ahumada e i Pirenei, altre montagne, diverse dagli Urali, erano solo un sospiro sulle mie labbra riarse.


Una missiva della zarina madre, Marie, raggiunse Tolbosk, scritta verso la fine di aprile. Augurava buona Pasqua, dava notizie su Xenia e Olga, le sue figlie, chiedeva di loro e .. “..il 23 aprile è nato il secondo figlio dei principi  Fuentes, Leon, è stato battezzato secondo il rito cattolico il 25 aprile. Un bambino splendido, di quattro chili e mezzo, con i capelli scuri e gli occhi verdi. Catherine sta bene, ancora qualche giorno e partiranno per la Spagna” senza ulteriori commenti o altro.
MOLTO BENE…
E a nostra volta saremmo andati, senza ulteriore delazione.
Oriente noi, occidente voi ..
Bene, benissimo, avevi una famiglia Cat, due bambini piccolissimi, la Russia non era più in guerra, sareste andati a casa vostra in Spagna,  AHUMADA, il castello avito dei Fuentes, tra i picchi e le rose. Vi era un posto per me, lo sapevo, tranne che.. A dare retta all’istinto, conoscendoti, mia stupida, coraggiosa eroina, un bel giorno saresti infilata dalla porta principale, il viso imperscrutabile, la mia principessa, il lupo. FANTASIE, SPERAVO CHE RIMANESSERO TALI.
Cat ..
Neverending story. 
 
Cat .. dimmi una storia che non abbia mai termine, alla fine ci crederò.
.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: queenjane