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Autore: garakame    03/04/2018    8 recensioni
Quella sera era arrivata presto a casa. L'inverno faceva buio subito. In
Caserma aveva finito di mettere a posto i verbali e i dispacci da spedire al generale. Era stanca e infreddolita. La neve scendeva fitta, danzando nel cielo scuro.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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ricordi d inverno cap 2

cap 2


Il giorno dopo il tempo non era migliorato. Durante la notte la neve aveva smesso di scendere ma il vento aveva ululato a lungo facendo stare sveglie buona parte delle cameriere. Oscar e Andrè stavano per partire, nonostante le preghiere della nonna. "Ragazzi, non vorrete uscire con questo tempo, è caduta troppa neve e se dovesse succedervi qualche cosa?" Andrè le si avvicinò per darle un bacio sulla guancia destra: 

"Non preoccuparti, nonnina. Ha smesso di nevicare, cosa vuoi che ci succeda?" Oscar cercò di tranquillizzarla, ma era preoccupata, era caduta davvero tanta neve e il tempo non sembrava voler migliorare. "Non preoccuparti, non siamo più bambini, sappiamo cavarcela".

Aveva ricominciato a nevicare, i fiocchi candidi scendevano lenti. Il rumore degli zoccoli dei cavalli erano attutiti dalla neve fresca. 

Nonostante l'aria gelida che sferzava i loro volti le loro mani, i due cavalieri non sentivano troppo freddo, il corpo del cavallo riusciva a dare un po' di tepore. Più proseguivano, più diventava difficile andare avanti, in certi punti la neve era talmente alta da rendere difficoltoso il passaggio,

nonostante l'incitamento arrancavano nella coltre bianca con difficoltà. Si dovevano fermare spesso per far riposare le loro cavalcature. 

Per Oscar e Andrè era difficile non far cadere i due animali e non cadere a loro volta: sotto la neve appena posata c'era l'insidia del ghiaccio, il rischio che uno dei due destrieri scivolasse e si rompesse una gamba era elevato. Più passavano i minuti più la neve veniva giù con insistenza e si faceva fitta, attaccandosi addosso a capelli e vestiti. Oscar si voltò per guardare in che condizioni fosse André.

Gridando per farsi sentire gli disse "Dobbiamo trovare un riparo, non possiamo continuare così." Andrè proteggendosi il viso con il braccio

riuscì a gridare: "Andiamo verso il mulino abbandonato, è abbastanza vicino. Appena avrà smesso di nevicare ritorneremo a Parigi."

Andrè spronò il cavallo per affiancarsi ad Oscar. La neve che continuava a cadere in fiocchi sempre più grossi e la morsa del freddo così pungente da far lacrimare gli occhi diminuivano drasticamente la visuale.

Erano in mezzo a una tempesta di neve. Gli alberi continuavano a strepitare per il peso del manto bianco e la forza del vento, sembrava quasi che volessero dare un monito agli imprudenti cavalieri. All'improvviso un rumore secco e molto forte, provocato probabilmente da un ramo che si spezzava, fece scartare Cèsar. Andrè prese le redini di Oscar per appaiare meglio i due cavalli, in questo modo era più sicuro avanzare nella neve che continuava a salire.

Oscar, a malapena riusciva a rimanere in sella, cercava disperatamente di calmare l'animale. Andrè placò il niveo stallone sussurrandogli dolci parole, con un tono di voce talmente caldo da far vibrare anche l'anima di Oscar, che arrossì sino alle punte dei capelli. Quando alla fine posò il suo sguardo sul volto di lei, si accigliò e le disse: "Oscar, come sei rossa!! Stai bene?" gli rispose con tono freddo, "Sì, sì sto bene"; di nuovo lui che non sembrava convinto: "Ne sei sicura?" "Ti ho detto di sì, non insistere!" rispose con tono stizzito.

Non ce l'aveva con Andrè, anzi le era molto grata per quel suo ultimo gesto, ma non voleva far trapelare le sue emozioni che tanto difficilmente riusciva a controllare e che altrettanto facilmente la sola presenza di Andrè riusciva a provocare.

Dopo circa un ora di viaggio riuscirono ad arrivare nei pressi del mulino. Era un vecchio mulino diroccato, era stato distrutto da un incendio cinquant'anni prima, le pale erano state parzialmente distrutte dal fuoco, era rimasto solo lo scheletro nero, le parti in mattone avevano resistito al fuoco, ma era in stato di abbandono totale. Era stato per anni luogo di rifugio per vagabondi e senza tetto, per viandanti di passaggio. 

Da piccoli Oscar e Andrè andavano spesso a giocare in quel luogo. Senza dire nulla alla nonna che proibiva ad entrambi di avvicinarsi al mulino perché pericolante, prendevano i cavalli, felici di trasgredire l'ordine ricevuto. Era una sorta di patto, appena si guardavano negli occhi si capivano al volo.

In mezzo alla campagna, non c'era nessuno, erano liberi di fare quello che volevano. Fra gli sconfinati campi c'era solo quella grande costruzione abbandonata, l'unica dove si potevano nascondere, giocare, creare storie di paura. 

Finalmente arrivarono al vecchio mulino, infreddoliti e bagnati. Nonostante ci fossero spifferi e buchi il tetto aveva solo una piccola apertura, da lì non entrava molta neve. L'interno era sporco di muffa. Quando entrarono si misero una mano sopra il naso e la bocca, per la puzza di chiuso e muffa, Andrè fu il primo a parlare "L'odore non è dei migliori, ma piuttosto che stare al freddo, per ripararsi per poche ore andrà bene."

Andrè legò i cavalli in un angolo dello stanzone vicino alla macina, accarezzando il muso e parlando a bassa voce per rassicurarli. Oscar, passato il primo momento di sgomento per il freddo, andò al piano di sopra per controllare in che condizioni fosse il resto dello stabile. I gradini erano malandati, ma camminando sul bordo avrebbero retto il suo peso ma forse non quello di Andrè. Il secondo piano non era in buone condizioni, dal tetto entrava un po' di neve, pensò che fosse stato meglio rimanere al piano inferiore. Guardò fuori dalla finestra, la neve continuava a cadere, il vento ululava tra le persiane rotte, facendole sbattere rumorosamente. In poche ore si erano trovati in mezzo a una tempesta. "Oscar, tutto bene?". Rispose ad Andrè dicendo di salire le scale, stando attento ai gradini che erano marci. Oscar vide che Andrè aveva preso della legna, alcuni pezzi erano marci, altri in buono stato.

"Almeno non moriremo di freddo." Andrè guardò fuori dal buco del tetto, o di quello che ne rimaneva, la neve non sembrava diminuire. 

"Andrè, è meglio se rimaniamo giù, il pavimento del secondo piano è marcio, non reggerà il nostro peso." Decisero di rimanere accanto agli animali, vicino alla macina, improvvisarono un giaciglio. Andrè accese il fuoco, si avvolse meglio nel mantello, Oscar fece lo stesso, ma si sedette dalla parte opposta vicino al muro; rabbrividì, avrebbe voluto togliersi i vestiti bagnati. 

Non dissero nulla per molto tempo, l'unico suono era lo sbattere delle persiane e l'ululare del vento, il fuoco che crepitava allegro. Quando un pezzo di legno si staccò provocando un rumore secco, Oscar trasalì. Vide Andrè togliersi il mantello e appoggiarlo a un chiodo arrugginito. "Ti conviene togliere il mantello è bagnato, fallo asciugare." lei gli rispose, "Per ora no, preferisco tenerlo. Non ho tanto freddo", mentì spudoratamente. Andrè sapeva che era meglio non contraddirla, se non voleva farlo non le avrebbe certo fatto cambiare idea lui. Decise di cercare altra legna. Si alzò per rompere il pavimento per ricavarne legname, stando attento alle schegge, poi si dedicò ai cavalli. Oscar rimase accanto al fuoco, stranamente taciturna. seguiva con lo sguardo tutti i movimenti di Andrè, si sentiva stanca, le palpebre pesanti. Si tolse il mantello, il freddo le era penetrato nelle ossa, iniziò a tremare, si sentiva la febbre addosso. Andrè notò che lei non stava bene. Oscar era rannicchiata addosso al muro, il suo viso era pallido e stanco. "Oscar, tu stai male." Le si avvicinò, le mise una mano sulla fronte. Era calda.

"Hai la febbre". Andrè prese lo zaino e la coperta. Mise la coperta sulle spalle di Oscar. "Dovresti toglierti questi vestiti bagnati e farli asciugare." Oscar lo guardò, poi abbassò subito lo sguardo, arrossendo. "Ma ho freddo". Andrè cercò di essere convincente, "Lo so che fa freddo, ma sai bene che è meglio non avere indumenti bagnati addosso, quando fa così freddo. Visto che c'è il fuoco possiamo farli asciugare. Le sue parole sembravano avere un effetto rassicurante.

"Girati". Andrè riuscì a percepire appena la voce di Oscar, questa volta non gli aveva dato un ordine, la sua era una richiesta. Andrè si girò e chiuse gli occhi. Sentì il rumore degli stivali e degli abiti cadere, prima la giacca, poi la camicia,le calze, i calzoni. Quando non sentì più nulla chiese se poteva rigirarsi. "Si, Andrè, sono nuda." Ma si affrettò ad aggiungere "Cioè, ho la coperta addosso". Ad Andrè la situazione iniziava a piacere, Oscar così imbarazzata non l'aveva mai vista. Quando si girò la vide intenta a tenersi la coperta ben aderente al corpo con una mano e cercare di ripiegare un po' meglio i vestiti. Notò che nonostante il tepore del fuoco, aveva la pelle d'oca sulle braccia.

Andrè prese la sella, avvicinandolo al fuoco, vide che lei stava cercando di ripiegare i vestiti. "Aspetta, Oscar. Possiamo appoggiarli sulle selle, così si asciugheranno prima. Oscar si sentiva stanca si appoggiò al muro, vicino c'erano i due mantelli, vide che erano asciutti. Mentre Andrè era indaffarato a mettere i vestiti ad asciugare, Oscar improvvisò un giaciglio mettendo il suo mantello per terra. "Andrè, dovresti toglierti anche tu i vestiti, in fondo anche i tuoi sono bagnati." La voce di Oscar risuonò chiara nella stanza. Andrè, la guardò per un momento. "Lo so che abbiamo una sola coperta, non voglio farti morire di freddo, la useremo insieme". Le ultime parole di Oscar furono sussurrate, abbassò gli occhi, arrossendo. Andrè sorrise, un comportamento strano il suo, le si avvicinò per sentire se aveva ancora la febbre. Gli occhi erano lucidi e la fronte scottava. "Stai proprio male, non mi avresti mai detto una cosa del genere. Voltati." Oscar, lo guardò. "Se mi devo spogliare non lo voglio fare con te che mi guardi". Lei gli ubbidì, pensando che era la prima volta che il suo amico aveva problemi a spogliarsi. In estate lo vedeva spesso a petto nudo, mentre sbrigava le faccende o si occupava dei cavalli, ma nudo completamente, non l'aveva mai visto. Oscar se lo vide davanti, avvolto nel mantello. Lei si appoggiò alla parete, la febbre la rendeva debole e pensava che si era andata a cacciare in una bella situazione. Andrè, nel frattempo, si era sdraiato sul mantello di Oscar, utilizzando lo zaino come cuscino. "Vieni qui". Oscar sembrò un po' titubante. "Guarda che se disperdiamo calore è peggio".

Lei gli si sdraiò accanto, tremava per il freddo, si sentì stringere dalle braccia di Andrè, la sua gamba era appoggiata a quella di Andrè. Lui iniziò ad accarezzarle la schiena, le spalle nude, le braccia. Grazie alle continue carezze e al suo corpo caldo, Oscar iniziò a sentirsi meglio, le piaceva sentire il suo cuore battere ed essere sul suo petto ampio. Il corpo di Andrè reagì in maniera naturale alla presenza di Oscar, le era troppo vicino, poteva sentire il suo calore, il suo profumo. Lei percepì la sua erezione, contro la coscia, lo guardò, gli occhi chiusi in due fessure. 

Andrè distolse lo sguardo posandolo sul fuoco, come se nulla fosse. 

"Ma non eri nudo, Andrè? Ti sei portato anche una pistola per difendermi meglio?" La battuta sarcastica di Oscar gli fece abbassare lo sguardo in un primo momento poi aggrottò le sopraciglia:

"E tu, non dicevi di essere un uomo, Oscar? Per gli uomini questo è naturale, quando stanno vicino a una bella donna! ". 

Andrè chiuse gli occhi, si morse il labbro inferiore per imporsi di non andare avanti, avrebbero finito per litigare; era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare. 

Oscar sospirò, appoggiò la testa al petto di Andrè. Tra i due si creò un silenzio carico di tensione e imbarazzo. Lei avrebbe voluto andarsene, interrompere quel contatto tra i loro corpi, ma faceva troppo freddo e si sentiva esausta, decise di rimanergli accanto. 

Oscar sapeva che in fondo Andrè aveva ragione, un angolino nascosto del suo cervello, quella parte femminile che non voleva considerare, che le aveva fatto commettere quella sciocchezza per il conte di Fersen, dava ragione ad Andrè. 

Per lei era tutto più difficile, anche lei si sentiva strana, ma non sapeva se per la febbre o per la sua presenza. Sospirò, sentì che aveva freddo alle spalle, Andrè aveva interrotto il contatto, non la copriva più con le sue braccia. 

Lui non sapeva più cosa fare, si sentiva diviso in due parti, aveva una voglia matta di fare l'amore con lei, ma quello che gli impediva di fare qualsiasi cosa era la paura di perderla per sempre, aveva fatto un errore una volta, sarebbe stato stupido commetterne un altro proprio ora che si stavano riavvicinando, che era ricominciato un dialogo. 

Fuori continuava a nevicare, il vento continuava ad ululare, facendo sbattere le persiane rotte, spifferi d'aria gelida si insinuavano all'interno del mulino. "Oscar, hai paura di me?". La voce di Andrè era chiara, la domanda aveva preso alla sprovvista Oscar che alzò il viso per guardarlo negli occhi. Quello che vide le fece tenerezza. Gli occhi di Andrè erano dolci e tristi. Sospirò, appoggiò le mani sul suo petto e poi il mento. Per cercare di rincuorarlo gli sorrise e gli disse: "Un tempo si. Ho avuto paura di te, perché….." Lo vide chiudere gli occhi, riaprirli lucidi. 

"Ora non più, so che potrò sempre contare su di te". Una lacrima sgorgò sulla sua guancia, lo sentì deglutire. 

Andrè rimase stupito, sentì il pollice freddo di Oscar toccargli la guancia e togliere la lacrima. Le bloccò la mano, tenendola stretta nella sua più calda; lui era più caldo perché si sentiva in fiamme, già il solo fatto di tenerla fra le braccia gli dava sensazioni provate solo nei suoi sogni, queste però erano reali. Si avvicinò la mano di Oscar alla bocca e vi soffiò alito caldo, uscì una nuvoletta bianca. Il freddo entrava dagli spifferi, ma Oscar cominciava a sentire caldo, grazie alle attenzioni di Andrè; si appoggiò sul suo petto e si addormentò. Lui guardò il fuoco per un momento, poi guardò il viso della donna amata, continuò ad accarezzarle i capelli, la schiena, sentiva il suo corpo sopra il suo, il suo seno, il suo cuore.

Oscar aveva dormito per un'ora, un sonno agitato e leggero. Andrè cercando di non svegliarla con molta delicatezza, aveva utilizzato un fazzoletto e la neve per rinfrescarle la fronte, le aveva dato da bere sciogliendo la neve nelle sue mani. Quando aveva riaperto gli occhi si era ritrovata lo sguardo dolce di Andrè puntato addosso. Erano così vicini, lei riappoggiò la testa sul suo petto, ora il cuore di Andrè batteva calmo. Fuori il tempo non era migliorato, continuava a nevicare anche se il vento si era calmato un po'. 

Oscar aveva meno freddo, ma si sentiva bruciare la gola, non stava per niente bene. Si sentì accarezzare la testa.

"Non mi avrai mica guardato per tutto questo tempo dormire?" Andrè sorrise, assentendo. 

Andrè si spostò verso l'esterno per farle cambiare posizione. "La mia parte è più calda, se ti sdrai sul mantello sentirai meno freddo."

Oscar lo guardò, si aggiustò la coperta addosso, le spalle e le braccia erano nude, sentiva freddo, si sdraiò nel suo posto. 

Aveva ragione, il suo posto era davvero tanto più caldo. Andrè si alzò controllò i vestiti, ormai erano asciutti. Prese la giacca della divisa, i calzoni, iniziò a rivestirsi. Cercò un posto riparato per rimettersi i calzoni, la voce di Oscar lo fece voltare "Tranquillo, non ti guardo, rivestiti con calma". I capelli lunghi erano appoggiati sullo zaino, il viso pallido, gli occhi lucidi. Oscar stava male, ed era troppo strana.

Andrè tenendo i lembi del mantello con una mano, si infilò i calzoni, si tolse il mantello, si avvicinò al giaciglio e mise il mantello sul corpo della donna, poi finì di rivestirsi. Si sentiva meglio.

Si avvicinò alla sella per controllare i vestiti di Oscar, erano asciutti.

Lui prese i vestiti e si girò verso di lei. Si mise seduta, ma le girava la testa. "Ce la fai a rivestirti?" Le mise una mano sulla fronte, era ancora calda. Lei gli toccò la mano, la prese "Si, Andrè, mi gira solo un po' la testa, adesso mi rivesto anche io". Andrè le porse i vestiti. I movimenti erano lenti, si liberò del mantello. Andrè si girò, andò verso Cèsar per evitare di guardarla, si avvicinò al bianco destriero accarezzandogli il possente torace e il collo. Senza voltarsi le disse: "Se hai bisogno, chiama." Oscar con qualche difficoltà, con movimenti incerti, riuscì a vestirsi. Brividi di freddo le percorsero il corpo, le orecchie le ronzavano, la testa le doleva.

Si strinse il mantello addosso e si risdraiò sul giaciglio, appoggiando la testa sullo zaino. "Andrè, vieni qui." La sua voce era un sussurro. Andrè si avvicinò, prese un po' di legna per ravvivare il fuoco. Rimasero seduti vicini, fissando il fuoco, senza dire una parola. Il tempo scorreva lento, il vento si era calmato, Andrè si alzò guardò fuori dalla finestra, da una persiana rotta si intravedeva il paesaggio candido, si riandò a sedere vicino ad Oscar, lei cambiò posizione sedendosi accanto a lui. 

Andrè sentì la testa di Oscar sulla sua spalla, si era riaddormentata. Cercando di non svegliarla, la strinse in un caldo abbraccio. Rimasero nel vecchio mulino fino a quando la tempesta cessò. Il paesaggio era avvolto da neve soffice, il sole pallido faceva il suo ingresso perforando con i raggi le nubi grigie e spesse, gonfie di pioggia. Solo nel tardo pomeriggio, si avviarono verso casa. Oscar era seduta sul cavallo marrone, il braccio destro di Andrè la reggeva per la vita, con l'altro teneva le redini, spronando il cavallo ad andare avanti. Cesar era stato legato alla sella di André, li seguiva a passo lento. Impiegarono diverse ore a raggiungere palazzo Jarejayes ma erano sani e salvi.

In una serata di maggio Oscar tornava a casa lentamente nel tramonto. 

Il paesaggio era spoglio, l'erba secca e rada era mossa dal vento caldo, i colori del cielo avevano delle tonalità rosso e arancio, qualche nuvola grigia passava veloce trasportata dal vento. 

Il sole, stava scendendo gradualmente, la palla infuocata veniva inghiottita dall'orizzonte fino a diventare uno spicchio carminio. 

Il Sole al tramonto stava lasciando il posto alle prime pallide stelle, dava riflessi ambrati ai capelli di Oscar mossi dal vento. 

Il cavaliere accanto a lei, le parlava d'amore, parole dolci piene d'affetto che solo un uomo innamorato poteva sussurrare. 

L'aspettava come sempre, come accadeva da un po' di tempo, tutte le sere, alla stessa ora, davanti all'uscita della Caserma. Oscar si era abituata alla sua presenza, ormai non gli dava nemmeno più fastidio. 

La stizza iniziale si era dissolta lasciando il posto all'indifferenza. Per lei fare il viaggio di ritorno da sola o con la nuova presenza era lo stesso. Oscar si guardava attorno, distratta; sentire quelle parole le dava fastidio, la imbarazzava. 

Guardò verso il sole, ormai non dava più fastidio, la sua luce si stava spegnendo. Il vento continuava a soffiare, creando piccoli vortici, facendo sollevare la terra fine dei campi arati pronti per la semina. 

Oscar non sentiva le parole del giovane, lui continuava a parlarle ma lei sentiva solo il suono del vento, un ululato triste che le entrava nella testa, lo sbattere delle persiane, freddo tanto freddo, un corpo caldo che le infondeva forza calore e dolcezza. Alla sua destra si stagliava la figura scura del mulino a vento. 

A Oscar ritornarono in mente dolci ricordi di un inverno freddo, molto freddo; un lieve sorriso incurvò le sue labbra. 

Voltò il cavallo verso il cavaliere, lo guardò negli occhi con voce ferma, gli disse: "Fareste meglio a dimenticarmi Girodel, non sono fatta per il matrimonio, Dimenticatemi." La sua voce risuonò dura, non era stata una richiesta, ma un ordine. 

"Da questo momento ritornerò a casa da sola". Rigirò il cavallo spronandolo a correre via veloce, senza attendere la risposta, senza voltarsi indietro. 

L'uomo sospirò, i capelli lunghi, castani, mossi dal vento, chinò la testa al suo volere, si portò una mano al cuore. Sapeva che era finita, anche se non era mai iniziata in fondo, aveva sperato inutilmente; girò il cavallo dalla parte opposta e se ne andò avvilito. 

Oscar corse veloce, cercando di liberarsi la mente dai problemi, dai pensieri negativi. Sentiva sotto di se il corpo di Cèsar, i muscoli tesi per lo sforzo, come se fosse contento anche lui di correre libero, senza costrizioni. 

Anche lei voleva essere libera di decidere, dopo una vita di ubbidienza nei confronti di suo padre, dell'Esercito, della Regina, avrebbe finalmente fatto quello che voleva, poteva decidere la cosa giusta o quella sbagliata ma era lei a decidere non qualcun altro; libera di decidere e di amare chi voleva, questo era il privilegio più grande. Ripensò sorridendo alla proposta di Girodel e alle sue parole. "Dimenticatemi, non sono fatta per voi." Pensò tra sé, C'è solo un uomo che può permettersi di guardarmi negli occhi e farmi arrossire. Solo un uomo. Un sorrise dolce le incurvò le labbra, un altro pensiero le scaldò il cuore. Sei sempre stato con me, sei la mia ombra, sei parte di me da sempre, niente e nessuno ti porterà via da me, è solo che ancora non lo sai.

Spero che questo racconto sia piaciuto, scritto veramente un ventennio fa, non ricordavo neppure di averlo, fatemi sapere i vostri pareri, grazie a chi passa, chi legge, o lascia un  commento. grazie a voi.



   
 
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