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Autore: Beeble    03/04/2018    1 recensioni
A volte la vita è dura, è crudele e non guarda in faccia a nessuno...
..a volte un sassolino rosso può cambiare tutto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sassolino rosso

 

“Le massicce porte di legno si aprirono e due guardie entrarono trascinando un uomo legato per i polsi da corde spesse. Arrivarono al centro della sala e lo spinsero davanti al trono di oro massiccio. Il giullare cadde in ginocchio: i pantaloni con una gamba nera e una rossa erano tagliati in più punti; la blusa, anch'essa rossa e nera era aperta sul petto nudo pieno di cicatrici lasciate dai ferri roventi della tortura. Il re si alzò dal trono e mosse qualche passo verso la figura accasciata sul pavimento. “Sei proprio tu, Marcus?”

Il giullare alzò la testa , il viso stravolto dal dolore, i suoi occhi fissi su quelli del sovrano.

Fu la sua risposta.

E non abbassò lo sguardo nemmeno per un istante fino a che l’uomo dal mantello porpora, orlato d’oro, non parlò: “Lasciateci soli”.

Le guardie perplesse fissarono il loro sovrano: era serio.

Le due guardie che avevano trascinato l’uomo dopo un breve inchino uscirono dalla porta principale.

Il re, paziente, fissò anche le altre guardie che erano sempre con lui ad ogni ora del giorno: “Devo chiedervi di uscire da questa sala, ho bisogno di parlare in privato con il prigioniero”.

“Vostra Signoria...” intervenne una delle guardie facendo un profondo inchino.

“Se ne avessi bisogno saprei difendermi, sono il sovrano, ho tutte le facoltà di decidere di restare solo con quest’uomo che per di più mi sembra innocuo in questo momento” disse con voce decisa.

L’uomo si rialzò e con un cenno del capo uscì dalla stanza con al seguito gli altri dieci uomini armati che erano nella stanza.



 

“Vali molto di più dell’ultima volta in cui ci siamo incontrati” ridacchiò amaramente Marcus.

“Taci” sibilò il re.

“Io dovrei tacere” l’uomo a terra tossì.

“Posso farti uccidere” sussurrò il re avvicinandosi a lui.

Dopo qualche secondo di silenzio Marcus con un grandissimo sforzo si alzò lentamente in piedi.

“Fallo” disse sputando le parole.

Laio potè vedere tutte le sue ferite, ma non riuscì a tenere lo sguardo sull’uomo, dovette distoglierlo.

“Hai paura di guardarmi, credi che non sappia il perché?” Marcus fece una pausa ad effetto “No, tu sai bene che io lo so quello che hai fatto, per quello mi hai fatto bloccare appena sono entrato alla tua corte... Tu hai paura di me, anche ora che fatico a stare in piedi per tutto ciò che hai ordinato ai tuoi uomini di farmi”.

Laio non riuscì a trovare qualcosa da dire.

“Ma potevi farmi uccidere, c’è un motivo se non l’hai fatto: parla.”

“Ti ha detto tutto, non è così?”

Marcus rise nuovamente, ma era una risata amara, senza nessuna gioia: “Che dici? Credi che Lja avrebbe taciuto in eterno?”

“Ero stato costretto a farlo”

“Guardami” disse Marcus con voce dura afferrando per la manica quello che un tempo aveva considerato un amico “Come hai potuto fare questo a Lja, a mio figlio, come fai a non vergognartene, come hai potuto in tutti questi anni tenerla in silenzio sotto la minaccia di uccidere anche l’altro nostro figlio? Sei orgoglioso Laio... dimmelo! Dimmi, hai ancora un cuore?!” L’uomo ormai urlava, il cuore colmo di rabbia, i muscoli tesi e doloranti, gli occhi lucidi nei quali il dolore pareva abitare da molto tempo.

“Non più Marcus, lo sai” l’uomo si allontanò da Marcus scrollandosi la veste dove il giullare l’aveva afferrato.

“Si sceglie nella vita, oggi mi fai divertire tu e ieri tua moglie...”

Marcus si scagliò sull’uomo gettandolo a terra e nonostante le poche forze iniziò a picchiarlo.

L’uomo, troppo codardo per rispondere da solo, troppo abituato a fare il re e non più l’uomo, chiamò le guardie.

Marcus però non si ferma fino a che le guardie con forza non lo allontanano dal corpo di Laio.

E lo trascinarono fuori dalla porta.


 


 

“Ok, perfetto, stop! Per oggi può essere sufficiente, Giò...sono le 17.00, abbiamo girato una delle scene migliori di tutto il film e per di più senza stacchi... puoi venire qui?”

L’uomo vestito da giullare apre le porte di legno massiccio della scenografia e raggiunge il regista mentre si passa una mano sul petto, spesso il colore per le finte bruciature faceva prudere la pelle.

Anche l’uomo che è stato appena picchiato si sta rialzando senza alcuna fatica e senza alcun livido.

“Tu stai fermo lì – dice scocciato il regista all’interprete di Laio – e anche tutti i soldati non si cambino, dobbiamo finire col trucco e il sangue per la lotta, non ho intenzione di preparare di nuovo tutto domattina, da domani poi, si gira la parte in campagna...”

“Tu invece va a riposarti” intima al giullare “Tu hai solo qualche comparsa domani... sì per la storia delle visioni di Lja”.

L’uomo annuisce: “Vado, buonanotte a tutti”.

Le giornate così lo sfiniscono.

Certo, è il suo lavoro fare l’attore, adesso, ma queste parti sono così intense, e questa in particolare gli viene bene, per il fuoco che gli arde dentro, e gli fa male da morire, per lo stesso identico motivo.

Lo psicologo aveva acconsentito a questa parte, aveva detto che possedeva le doti e che lo avrebbe aiutato ad elaborare il lutto, ma Giò non ci crede molto.

E poi Giò è solo un soprannome. Al regista piace usare quello al posto che Gioèl.



 

Così,oggi, dopo ormai 9 mesi dall’inizio delle riprese si gira una delle scene conclusive del film.

Chiara è una brava attrice, la parte di Lja la interpreta benissimo, solo che ha preso freddo e si interrompono le riprese molto più spesso del solito per via del suo raffreddore.

Inoltre il piccolo Luca non ne vuole sapere di stare distante di sua madre quindi tutti si rassegnano ad interrompere le riprese ogni 5 minuti: Chiara tossisce e Sara riprende Luca per coccolarlo.

Arriva la sua scena, ‘la scena della sua consacrazione al mondo del cinema’, così la chiama Chris, il regista, dice che gli varrà un oscar.



 

Marcus, mentre correva verso la casa, gridava il nome della moglie “Lja!”.

Lei uscì veloce dalla casa e correndogli incontro lo strinse forte.

Si scambiarono parole veloci, di fretta, d’amore.

Entrando in casa presero solo il piccolo Lucas e qualche cosa per lui e veloci, di corsa alla stalla, a chiedere in prestito due cavalli che non avrebbero restituito.

In fuga con la sola vita da difendere. In fuga verso la vita che avevano sognato, lontano dai ricordi, dal dolore, lontano da quel regno.



 

Gli applausi dei giurati, le lacrime di alcuni. Una storia non troppo originale che però ha colpito tutti. All’unanimità il premio Oscar per il miglior attore protagonista va a Gioèl.

Chris ritira il premio.





 


 

Alla fine di questo film c’è un maledetto lieto fine, un giullare che riesce a fuggire dalla prigione con le acrobazie e le illusioni che ha imparato a fare fuggendo per tutta la vita, riuscendo a tornare dalla moglie e dal figlio, salvandoli un secondo prima che vengano trovati ed uccisi dagli uomini del suo sovrano; e fuggono lontano, insieme.

E alla fine della storia di Gioèl, c’è invece lo stesso finale: da diec’anni.

Fuggito dal suo paese in cerca di fortuna, se la ricorda bene la moglie felice che gli dice quanto lo ama, che un giorno anche lei e la piccola Naim lo raggiungeranno in quel paese meraviglioso.

Sì, perché è vero, a lui in Italia è andata meglio che a molti altri, aveva imparato presto la lingua e da cantastorie qual’era nella sua terra d’origine gli era bastato poco per iniziare a raccontare le sue storie in una nuova lingua e qualcuno l’aveva notato.

Era un genio quello che aveva capito il suo talento anche se raccontava le sue storie al vento gelido, all’angolo di una strada trafficata, in un tardo pomeriggio di dicembre.

Poi era bastata una telefonata, al telefono dell’uomo che gli affittava una stanza per di più, perché lui non ce li aveva i soldi per il telefono.

Era Youssì, il suo migliore amico.

“Non so come dirtelo Gioèl”: e gli disse, come poteva, fra i singhiozzi, che c’era stato un colpo di stato, che avevano sparato sulla folla, che avevano bombardato il loro stesso paese per evitare qualsiasi rivolta, Youssì abitava vicino al confine e si era messo in salvo attraversandolo con tutta la famiglia, prima che si spargesse la notizia del colpo di stato.

Ma nessuno era arrivato in tempo per salvare né sua moglie né Naim.

Erano morte così, nel sonno, probabilmente.





 

La sera della premiazione un uomo passeggia per le strade raccontando una storia triste, canta, piange, nessuno lo insulta, nessuno pensa che sia ubriaco, qualcuno gli da una moneta.

Solo una bambina, sfuggita dalla presa della mamma, gli si avvicina e gli tira il cappotto per farsi notare, poi fruga nella tasca del suo giubbottino e gli porge, schiudendo il suo piccolo pugno di bambina di due anni, un sassolino a forma di cuore, dipinto probabilmente con i colori a tempera di rosso.

Gioèl la guarda allontanarsi: a quella bambina manca una mano.

Forse anche lui, senza parte della propria vita, in fondo, può ricominciare a vivere.








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Scritta qualche anno fa per un progetto di scrittura creativa ... ripropongo qui la storia sperando di lasciare anche a chi mi leggerà un sassolino rosso carico di speranza.

​Fabiola

  
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