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Autore: Melanto    05/04/2018    7 recensioni
[Spin-off autorizzato della serie "Vacanze!" di Sanae77 - tutte le info all'interno della storia]
Metti la cosa migliore che potrebbe capitarti: finire a letto con il tuo migliore amico, trovarti più che bene e pensare che magari non sarà solo l'avventura di una serata brilla sfuggita di mano.
Bene.
E ora metti la cosa PEGGIORE che potrebbe capitarti: essere sgamati da Genzo!
Il momento del confronto è davvero dietro l'angolo... bar!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Genzo Wakabayashi/Benji, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Terzo Grado (dell'Amicizia)

Nota Iniziale: Questa storia è uno Spin-off autorizzato della serie “Vacanze!” di Sanae77! :D Per provare a capire il contesto in cui ambientata la vicenda, vi consiglio quindi di leggere la sua spassosissima serie!!! :D

Per spulciare la serie in questione, cliccate qui: Vacanze! (l’ordine di lettura corretto della serie è: ‘Una vigilia da ricordare’ -> ‘Carambola… in tutti i sensi!’ -> ‘Carambola: secondo atto!’ -> ‘The day after’)

Il Terzo Grado (dell’Amicizia)’ si colloca esattamente subito dopo ‘The day after’! ;D

 

Buona lettura! **v

 

 

Il Terzo Grado (dell’Amicizia)

 

 

 

«Allora, ripeti.»

«Ma stai dicendo sul serio?»

«No, per finta.»

Yuzo guardò ancora una volta Mamoru con occhi sgranati: era fermo al lato guida e non sembrava intenzionato a lasciarlo andare fino a che non avesse ripetuto, per filo e per segno, il programma della prossima mezz’ora-barra-un’ora-non-di-più. Dall’altra parte della strada, l’enorme cancello di Villa Wakabayashi li osservava con cupa maestosità.

Il portiere degli S-Pulse si portò una mano al viso, nascondendovi un sospiro rassegnato.

«Sì, sei serio», la mano finì nei capelli corti e lo sguardo cercò il tettuccio sopra di sé. «Vado da Genzo, parliamo del più e del meno, mi faccio dare le chiavi della tua macchina e vado via. Giusto? Vuoi aggiungere altro?»

«Hai dimenticato ‘con discrezione’. Parlare del più e del meno con discrezione», Mamoru gli lanciò un’occhiata eloquente. «Vediamo di non sputtanargli tutto nel giro di due secondi, ti va?»

Il sopracciglio destro di Yuzo saettò di scatto, conferendo omicida minaccia all’occhiataccia che gli rivolse.

«Credi ch’io non sappia tenere testa a Genzo?»

Il fatto che Mamoru non si affrettasse a smentire non giocò a favore del centrocampista, c’era inoltre l’aggravante che stesse trattenendo a tutti i costi una qualche battuta pessima: lo si capiva da come stringesse le labbra, pur senza controllare gli angoli della bocca, pericolosamente arcuati verso l’alto.

Yuzo lasciò l’abitacolo assieme alla propria occhiataccia, ma tenendo le iridi fisse sul guidatore.

Incapace di resistere a quella espressione, che di minaccioso non aveva nulla, Mamoru sbottò a ridere così forte che si ritrovò a poggiare la fronte contro il volante.

«Che idiota», borbottò Yuzo, all’esterno, prima di battere con le nocche sul finestrino. «Hai finito?» Ma c’era da dire che vedere Mamoru con gli occhi lucidi per le troppe risate, appoggiato al seggiolino della sua macchina, con i capelli un po’ selvaggi ad incorniciargli il viso, gli provocava un’assurda e gran bella sensazione alla bocca dello stomaco. E alla fine sorrise anch’egli, perdonandogli che l’avesse implicitamente accusato di essere un ingenuo patentato.

«Sì, sì. Ho finito», annuì Izawa. Lanciò un’occhiata alla villa e poi tornò a guardare Yuzo. «Non vuoi che ti aspetti qui?»

«Mamoru, non siamo all’asilo. E lui è Genzo. Te l’avevo già detto negli spogliatoi: non ti sognare d’essere geloso o m’incazzo come poche volte mi hai visto.»

«Ti ci ho mai visto, in verità?» stuzzicò il centrocampista e stavolta l’occhiataccia che ottenne colse nel segno.

«Prega di non vedermici mai.»

«Ok, ok», Mamoru si arrese, sollevando le mani. «Allora torno a casa, ci vediamo più tardi.»

Ma Yuzo, attraversata la strada, non varcò i cancelli della villa fino a che non lo vide andare via, restando fermo e a braccia conserte come monito. Solo dopo, che dell’auto scorse nient’altro che il posteriore farsi sempre più piccolo, si concesse un sorriso divertito e si volse per affrontare la grande cancellata. La guardò, altissima e nera, per alcuni istanti, ricordando la prima volta che l’aveva varcata, ed era stato soltanto un bambino che si impressionava facilmente. Adesso era divenuto troppo vecchio per impressionarsi, ma non per essere sincero con sé stesso: «Col cazzo che so come tenere testa a Genzo.»

 

«Era ora, pensavo non ti facessi più vedere, ormai.»

Genzo lo accolse con un sorriso sornione nella famosa stanza dove c’era il biliardo.

Sul luogo del delitto, pensò Yuzo, concedendo solo un’occhiata veloce al tavolo da gioco per non ripensare anche ad altro. Non era il caso, non quando era a casa del lupo e questi lo guardava con la chiara espressione di chi gli avrebbe fatto raccontare anche del primo bacetto dato all’asilo.

«Scusa, ho fatto un po’ tardi. Ti ho disturbato?»

«No, macché. Anzi. Facciamoci un goccio, ti va?» Genzo lo precedette fino all’angolo bar. Yuzo lo seguì, il passaggio accanto al tavolo fu obbligato e allora guardarlo gli risultò impossibile; gli strappò un sorriso, mentre faceva scivolare la mano sul verde del rivestimento.

«Birretta o saliamo coi gradi?»

Gli occhi del portiere tornarono sul SGGK. «Saliamo quanto?»

«Cognac?»

«Andata.»

«Facciamo i sofisticati, per una volta», ridacchiò Genzo, versando due dita di liquore in bicchieri a tulipano.

Yuzo lo raggiunse, prese posto su uno degli sgabelli del bancone, mentre Genzo non sembrava intenzionato a dismettere i panni del barista: un po’ confessore e un po’ ficcanaso. Più ficcanaso.

«E allora…» esordì proprio il SGGK, prendendola alla lontana; il bicchiere ruotava nel palmo. «…qual è la storia di queste chiavi scambiate e delle scuse bislacche di Izawa per pararvi il culo?»

Yuzo rischiò di strozzarsi con il cognac troppo forte. Cazzo, subito? Nemmeno un po’ di convenevoli scemi? Genzo, sei senza pietà!, pensò disperato.

O, semplicemente, Genzo sapeva benissimo come prenderlo: se gli avesse permesso di girarci attorno, non avrebbe ottenuto le risposte che bramava, trucidità comprese. Prenderlo di petto, invece, lo avrebbe spiazzato e si sarebbe fregato, era solo questione di tempo. Poco.

«Ma quale storia e quali scuse, dai», Yuzo oscillò il bicchiere, simulò una risata rilassata, ma mentalmente stava camminando in punta di piedi, valutando ogni mezza parola. «Nel casino delle chiavi, e con me che non stavo bene, Mamoru le ha solo confuse. Può capitare», lo sguardo saettava dal bicchiere al SGGK, che aveva una mano poggiata contro il bordo del bancone e con l’altra stringeva il vetro, ne faceva ruotare il contenuto, ma non lo guardava: guardava lui, con quel maledetto sorrisetto sghembo alla ‘sei fregato, arrenditi, daiiii’.

«Ok. E tu a casa di Izawa? No perché l’ho sentito, quell’altro, che negli spogliatoi diceva che era venuto a prenderti stamattina presto a casa tua

«Ah, qu-quella scusa? Ecco… Per non dare troppe spiegazioni. Poi lo sai com’è Ryo…»

«Oh. Quindi eri davvero da Mamoru…», sornione, sulle labbra, il sorriso di chi lo aveva appena fregato come un fesso. «L'avevo un po' buttata a caso, lo ammetto. Non siete andati ad 'allenarvi', allora?»

Panico! Yuzo non sapeva più che rispondere, mentre gli occhi di Genzo non facevano che ripetere quel defintivo: Ti ho in pugno.

Il SGGK lasciò il bicchiere sul tavolo, lentamente. Yuzo non sapeva quale dei suoi movimenti seguire, e le iridi nocciola saettavano tra il liquore e l’amico, mentre cercava di inventare qualcosa, ma quando era così sottopressione non riusciva mai a pensare con lucidità. Anche perché non c’era molto che avrebbe potuto dire per giustificarsi o per nascondere la situazione.

«Beh, ecco… i-io…»

«Yuzo…»

«…eh?»

Genzo si sporse, una mano appoggiata alla lampada direzionale che pendeva sul bancone e ne illuminava porzioni di spazio limitate, e l’altra che si fermava sulla nuca del compagno, in un gesto fraterno che spesso aveva nei suoi confronti. Si scambiarono l’occhiata del lupo e dell’agnello, poi Yuzo si trovò con la lampada puntata in faccia e la stretta sulla nuca salda, affinché non scappasse né si ritraesse.

«Gen-! Cosa caz-!»

«Cosa facevi, tu, Morisaki Yuzo, la notte di ieri, a casa di Izawa Mamoru?»

«Per la miseria! Abbassa quell’affare, mi stai accecando!»

«Devi solo parlare, Morisaki. Cosa facevate tu e il camion da rimorchio mentre noi si era qui, ignari di ogni cosa?»

«Genzo! Cazzo!»

«E cosa avete fatto fino a questo pomeriggio prima degli allenamenti? Tanto da non tornare neppure a casa? Confessa, Morisaki! Confessa!»

«Gen-!»

«Confessa!»

«SESSO! Facevamo sesso! Porca miseria! Toglimi ‘sto coso dalla faccia, stramaledizione!»

Fu come dire la parolina magica. Genzo mollò la presa e Yuzo, nella foga di tirarsi indietro, per poco non cadde dallo sgabello.

«Ah! Lo sapevo!» braccia alzate e pugni stretti in segno di vittoria.

Yuzo si massaggiò gli occhi, vedeva macchie bianche e gialle ovunque.

«Sei un libro aperto, mio caro.»

«…il cazzo! Se non mi avessi puntato quell’affare addosso, non avresti saputo niente», masticò, infastidito. Gli occhi aperti e chiusi più volte, quell’effetto a leopardo ci avrebbe messo un po’ prima di togliersi.

«Credici, Yuzo. Lo sapevo da ancora prima di telefonarti, oggi pomeriggio. Sono un tipo cui non sfugge nulla, mi conosci.»

Genzo rise del broncio che vide sul viso dell’amico e alla fine fece il giro del bancone, per sedersi di fronte a lui. «E allora?» chiese, le mani intrecciate, abbandonate sulle ginocchia, lo sguardo curioso. «Che sta succedendo? Oh, e non scordare i particolari trucidi.»

Il broncio di Yuzo non ebbe lunga vita, un po’ perché lui non era il tipo da immusonirsi e poi perché, alla fine, il modo in cui Genzo l’aveva fatto confessare era stato divertente, doveva riconoscerglielo. Per questo sciolse la piega delle labbra in un sorriso rilassato. Ora poteva dire di sentirsi a suo agio. Mamoru aveva ragione, lui era ingenuo, molto, e non era abile con i sotterfugi, preferiva essere onesto, soprattutto se la persona che aveva davanti era Genzo; era sicuro che non si sarebbe mai sentito giudicato da lui.

«Sta succedendo… che non lo so.»

«Da quanto va avanti?» Genzo tirò indietro il mento. «Non te ne uscirai anche tu con mesi di relazione clandestina come la Silver

«No, tranquillo, è anche peggio», ridacchiò Yuzo con un leggero imbarazzo, nel realizzare l’intera situazione. «È iniziato tutto ieri sera.»

Genzo non nascose un’espressione di evidente sconcerto che gli fece stringere le spalle, quasi avesse voluto farsi più piccolo. Le mani, tra le gambe, stringevano il bordo dello sgabello su cui restava seduto.

«Io… eravamo qui, giocavamo a biliardo e poi… abbiamo bevuto troppo e abbiamo cominciato a dire cose, e gli ho sputato addosso il whisky e l’ho accompagnato in bagno e… io lo guardavo in un modo, lui mi guardava in un modo…»

«Non mi avrete sverginato il cesso, vero?!» Genzo lo guardò con occhi sgranati e lui sbottò a ridere, rilassandosi un po’.

«No, altrimenti non saremmo andati via di corsa, inventando tutte quelle balle.»

«Ma, quindi… nessuna avvisaglia, niente? Così… all’improvviso?» Genzo schioccò le dita per sottolineare la velocità con cui erano avvenuti gli eventi, facendosi poi pensieroso; ma sul viso di Morisaki lesse praticamente lo stesso sbigottimento per quella situazione, che era palese non fosse stata pianificata in nulla, ma li aveva travolti in maniera inattesa.

«Io… credo che ci stessimo girando attorno, ma non l’avessimo capito. Poi abbiamo bevuto e insomma…»

«È inaspettato.»

«Dillo a me.»

Genzo lo scrutò con attenzione, soffermandosi sul modo in cui spostava lo sguardo d’intorno ed espirava con forza dal naso. Pose senza indugio la ‘domanda da un milione di yen’.

«Che vuoi fare?»

«Non lo so?» rispose Yuzo con indecisione. Ma la domanda divenne affermazione subito dopo, accompagnata da un sospiro. «Non lo so. Penso di non voler fare dei piani, non adesso. È troppo presto e dobbiamo prima capire dove vogliamo che questa cosa arrivi, e in che direzione.»

«A te piace Mamoru?» di nuovo, a bruciapelo, in puro Wakabayashi-style, e Yuzo, di nuovo, non diede una risposta diretta, non al primo tentativo.

«Bella domanda.»

«È chiaro che te lo rizza, ma io intendo se ti piace-piace.»

«…sssì», alla fine, mani nei capelli corti che andavano avanti e indietro, Yuzo fu costretto ad ascoltare la vocina che gli sussurrava all’orecchio da un po’, ma che fino alla sera prima aveva blaterato in maniera incomprensibile. «Sì, sì, sì. Dannazione, sì. Ieri è stata forse una delle cose più eccitanti che abbia mai fatto in vita mia.»

«Oh, quindi mantiene fede al suo essere un ‘camion da rimorchio’», sogghignò Genzo, e Yuzo, ormai lanciato nelle proprie confessioni, non si tirò indietro e mollò il freno.

«Scopa da Dio, cazzo.»

«Il trucido. Dammi il trucido.»

«Che a letto non ci siamo arrivati, ma l’abbiamo fatto sul tavolo della cucina di casa Izawa, è abbastanza trucido per te?»

«Sul tavolo preferito di sua madre?!» fece eco Genzo, la risata gli esplose tra le labbra. «Non era quello che Mamoru aveva raccontato essersi accaparrata a un’assurda asta online durata fino alle tre di notte?»

Una stretta di spalle da parte di Yuzo, un sorriso di circostanza. Cose che capitano.

«Morisaki, mi meraviglio di te. Sei un feticista», Genzo gli fece oscillare l’indice inquisitorio davanti alla faccia, ma aveva quel sorrisetto sghembo a tirargli le labbra. Yuzo si difese, le braccia spalancate e l’imbarazzo che gli colorava le guance.

«Ehi, era l’unica superficie disponibile nei paraggi, ok? E io volevo scoparmelo, ok

«Ok. Ok», Genzo ridacchiò, senza insistere, non sui particolari trucidi, almeno: l’aveva messo già abbastanza in difficoltà, poteva ritenersi soddisfatto. «E comunque di’ al tuo wannabe-boyfriend di non lasciarti succhiotti così in bella vista. Credi che sia stato l’unico a notarlo all’allenamento di oggi?»

Yuzo si portò d’istinto la mano dove Mamoru aveva impresso quel segno rosso sulla pelle, attraverso quel bacio sensuale che ancora ricordava con chiarezza, e gli provocava lo stesso brivido di piacere di quando l’aveva ricevuto, solo che la vergogna vinse sul desiderio. «Ma lascia stare! Lui e la sua cazzata di ‘marcare il territorio’

«Marcare… cosa? Non sarà geloso? E di chi?»

«Di te! Non lo trovi ridicolo? Quel cretino! Neppure sappiamo cosa ne sarà di questa storia e già alza la cresta.»

«Di me, eh? Ma davvero?» Genzo si portò teatralmente una mano al petto. Era sorpreso, doveva ammetterlo, ma poi assottigliò lo sguardo con subdolo interesse. «E perché sarebbe geloso di me?»

«Ha visto come mi abbracciavi, negli spogliatoi, e si è fatto il film sbagliato in testa. Niente Oscar per lui», Yuzo scosse il capo, le braccia di nuovo conserte e la schiena dritta nel rimproverare l’atteggiamento troppo possessivo di Mamoru. Poi però il suo sguardo si soffermò su quello di Genzo; inarcò un sopracciglio. «Ehi… non mi piace quell’espressione.»

L’unica risposta che ottenne fu una sghignazzata da parte del SGGK. Una sghignazzata a labbra strette che gli fece sussultare le spalle, mentre guardava il povero Morisaki da sopra lenti immaginarie. Dentro di sé, Genzo pensò che l’amico fosse davvero troppo ingenuo e dicesse le cose con un candore tale da non rendersi conto di servirgli pessime idee su di un piatto d’argento.

«Genzo… qualunque cosa ti stia frullando in testa, la risposta è NO», Yuzo ci tenne a metterlo subito in chiaro, castrando qualsiasi idea bislacca: non aveva voglia di aggiungere danni ad altri danni. In quel momento, il cellulare iniziò a vibrargli nella tasca e Yuzo lo estrasse, tenendo sempre fissi gli occhi in quelli di Genzo. Li abbassò solo per leggere il nome sul display, e un lungo sospiro gli abbandonò il petto. D’istinto, Yuzo scosse la testa, già consapevole del motivo dietro quella telefonata.

«Parli del diavolo…»

«…e facciamo spuntare le corna!»

Yuzo sollevò lo sguardo senza capire, la mano di Genzo fu lesta e riuscì ad approfittare della sua distrazione per togliergli il cellulare dalle dita.

«Genz-!»

«Sh!» lo ammonì il portiere dell’Amburgo, un dito sulle labbra e la mano che reggeva il telefono sollevata tra loro per rafforzare l’imposizione. «Adesso gli do un valido motivo per essere geloso.»

 

Gli aveva mentito.

E in maniera spudorata, per giunta. Non era proprio un buon modo per iniziare una relazione, ma l’idea che Yuzo e Genzo fossero da soli nella Villa del SGGK, non sapeva come spiegarselo, ma gli faceva venire un prurito insistente alle mani. Così, dopo aver fatto il giro dell’isolato, fingendo solo di tornare a casa, aveva posteggiato nel piccolo centro commerciale che si trovava proprio accanto a Villa Wakabayashi. Nei negozi non c’era neppure entrato, preferendo rimanere chiuso nel fresco dell’abitacolo con il cellulare sulle gambe e l’autoradio accesa, a gironzolare per le stazioni.

I bet you're wonderin' how I knew, 'bout your plans to make me blue. With some other guy you knew before. Between the two of us guys, you know I loved you more…

Ora. Lui non era geloso di Genzo, a lui infastidivano solo i suoi modi così… così ‘espansivi’, ecco. Un po’ troppo. Con Yuzo, poi! Con gli altri mica lo faceva, ora che ci pensava!

Mamoru poggiò il capo al poggiatesta, stringendo le labbra con fare meditabondo, un sopracciglio saettò verso l’alto a mano a mano che ricordi vecchi di anni si facevano vivi, ed erano tutte immagini di Yuzo e Genzo sempre molto affiatati, sempre molto vicini, sempre molto insieme. E lui perché ci stava facendo caso solo adesso?

It took me by surprise, I must say, when I found out yesterday… Don't you know that I heard it through the grapevine…

Cioè, quando mai nella sua vita era stato geloso? Neanche un po’.

Possessivo, ok, qualche volta, ma solo perché teneva ai suoi amici e si preoccupava per loro e voleva proteggerli, e quindi? Era forse un reato?

Yuzo s’era pure mezzo infastidito quando gli aveva fatto presente della troppa vicinanza di Genzo. Forse lasciargli quel succhiotto era stato… troppo.

Not much longer would you be mine. Oh, I heard it through the grapevine. Oh, I'm just about to lose my mind!

Mamoru sbuffò, sollevando gli occhi al tettuccio.

«Eddai, Marvin Gaye! Ti ci metti pure tu!» cambiò stazione, pigiando a caso sui tasti numerati della consolle.

…e ora il nostro inviato da Kanazawa, dove si è consumato l’ennesimo dramma della gelosia…

Mamoru cambiò di nuovo.

…pronti per un tuffo nel passato del rap anni ’90 con Ice Cube e la sua ‘No Vaseline’!

«Oh, e avete rotto il cazzo!»

Il centrocampista dei Marinos ci mise talmente tanta forza per spegnere l’autoradio che per poco non bloccò il tasto all’interno. Ci sarebbe mancato solo quello, Yuzo gli avrebbe cavato gli occhi. Lo sbuffo di una ciminiera accompagnò il resto dei pensieri e il suo nervosismo, quello che non gli faceva tenere ferme le mani, le cui dita iniziarono a tamburellare sulle cosce, e poi sul volante e poi sulla testa del cambio. Per cercare di distrarsi iniziò a far vagare lo sguardo nell’abitacolo. E pensare che nella macchina di Yuzo ci era stato un’infinità di volte, poteva dire di conoscerla, ci si sentiva a suo agio, ma solo adesso si stava soffermando sui particolari.

Con l’indice e un sorriso accennato diede un colpetto al piccolo Pal Chan profumato che pendeva dallo specchietto retrovisore e disperdeva una leggera essenza di pino. Qualche yen sparso nel portamonete accanto al cambio, il peluche di Vulpix sul lunotto posteriore, regalo di Kumi appena aveva preso la macchina, il volantino di un take-away di Shimizu-ku sul lunotto anteriore, un po’ sbiadito per essere stato sotto al sole. Con curiosità, si allungò verso il cruscotto e lo aprì: il libretto di circolazione quasi gli cadde tra le mani, poi qualche scontrino di parcheggio e un volantino mezzo spiegazzato di… un sexy shop di Shimizu-ku?!

«Hai capito l’ingenuo Morisaki?» Mamoru sgranò gli occhi, e il sorriso storto si approfondì di più. Ingenuo poi mica tanto, si rese conto, nel ripensare alla sera precedente e all’intraprendenza con cui l’aveva sedotto, approcciato, toccato. Quella sera gli avrebbe fatto lo avrebbe pungolato fino a farlo confessare, era troppo curioso di sapere cosa avesse comprato in quel sexy shop. E perché. E per chi.

Pensare che Yuzo avesse avuto altre esperienze – non ben quantificate – non lo innervosì. Non l’aveva innervosito neppure la sera prima, quando si erano trovati davanti alla sua porta di casa. Tutt’altro. L’aveva eccitato, e quella notte aveva potuto testare la sua – notevole! – abilità. Da storto, il sorriso si fece più rilassato nel rendersi conto d’esser stato uno stupido a farsi venire quei dubbi su Genzo. Dopotutto, il SGGK era notoriamente eterosessuale, conosceva Yuzo da anni; la sua gelosia non aveva proprio alcun senso.

Mamoru scosse il capo, ridendo di sé stesso; dalle gambe, dove l’aveva abbandonato, afferrò il cellulare. Era da sciocchi paranoici, e lui non era affatto né sciocco né paranoico, si disse mentre richiamava il numero di Morisaki dalla rubrica. Fece partire la chiamata che ancora sorrideva, nel buttare un’occhiata al cronografo che aveva al polso: un rapido calcolo gli disse che Yuzo era entrato nella villa da circa trenta minuti.

Tanto non sono mica sospettoso. Mamoru se lo disse in una stretta di spalle e ancora il sorriso sulle labbra, quello che cercava di convincerlo a tutti i costi di non essere affatto geloso marcio di Genzo, ma proprio zero. Sotto zero, addirittura. E continuò a sorridere dopo i primi tre squilli andati a vuoto, al quarto il sorriso si incrinò, al quinto tentò di scomparire, ma poi, al sesto, la chiamata venne presa. Un senso di sollievo improvviso diede maggiore sincerità alla nuova espressione che gli prese le labbra, e partì con slancio nell’iniziare quella conversazione, ma l’ “Ehi!” con cui avrebbe voluto cominciare si troncò in bocca, fermandosi alla ‘E’. All’altro capo qualcuno aveva risposto, e non era Yuzo.

…Sì… sì… vieni qui… vieni, ché ti faccio godere…

Mamoru sentì il sangue sparire dalle vene…

– …ti farei di tutto, devi solo chiederlo… chiedimi quello che vuoi…

…e poi risalire di botto come una vampa di fuoco che gli accese il volto e fece battere il cuore nel petto a velocità supersonica.

…chiedimelo…

…eddai, Genzo… – La voce di Yuzo gli fece sgranare gli occhi e troncare il fiato. – …dammelo, forza…

…lo vuoi?... lo vuoi proprio?...

…ti prego!...

Basta. Quello era troppo. Anche per uno come lui. Soprattutto per uno come lui.

«Tu! Hai firmato la tua ultima parata! Mi hai sentito, Wakabayashi? Non toccarlo neppure con il pensiero! Ti sei appena giocato le mani! Sto arrivando per staccartele a morsi! A morsi, cazzo!»

E poi fu solo uno smadonnamento confuso, un cellulare che veniva lanciato e una sgommata all’interno del parcheggio.

 

«Vuoi darmelo quel cazzo di telefono?!» sbottò Yuzo per l’ennesima volta, con il braccio teso e l’espressione torva. Genzo, invece, sghignazzava malissimo.

Mamoru aveva appena riagganciato su una mezza bestemmia.

«Sei contento, ora?» rincarò il portiere, riuscendo a strappargli il cellulare di mano, solo perché ormai aveva raggiunto il suo scopo.

«Un sacco!»

«Siete due imbecilli. Stasera sono anche da lui. Lo sai, vero, che me la farà pagare per questo scherzetto?»

«E tu vuoi farmi credere che ti dispiaccia?»

Yuzo distolse lo sguardo per non darla vinta al compagno. «Dettagli!»

Genzo non fece sparire subito il sorrisetto sghembo, divertendosi del modo in cui Yuzo cercava di minimizzare il proprio coinvolgimento emotivo che era a metà tra il ‘sì, ma niente di serio’ e il ‘sono dorato e fritto’. Purtroppo per Morisaki, stava rapidamente salendo verso il livello più alto, quello che avrebbe potuto fare male, se le cose non fossero andate nella maniera sperata, perché ormai eri cotto a puntino. Per questo stemperò il sorrisetto, dopo qualche minuto, in favore di un’espressione più seria. Scherzare andava sempre bene, ma voleva anche che Yuzo avesse chiare in mente quali fossero le due facce della medaglia che si apprestava a indossare.

«Sei proprio sicuro di quello che fai?» chiese infatti. «Mamoru è leale con gli amici, fino alla fine, ma ciò non toglie che nelle sue relazioni non sia molto affidabile.»

«C’ero anch’io ieri sera, so che si è portato dietro una cameriera appena rimorchiata e che l’ha pure piantata lì per andarsene con me», a sorridere, ora, fu proprio Morisaki. Una smorfia che gli tirava le labbra solo da un lato e gli conferiva un’espressione vissuta, più di quanto Genzo potesse immaginare. E, dopotutto, di ciò che il portiere degli S-Pulse facesse sotto le coperte, il SGGK si rese conto di saperne veramente poco. Ad esempio, ignorava che gli piacessero gli uomini. Omo, bi? Non sapeva neppure questo, e alla fine non era importante. Yuzo era Yuzo, e Mamoru era Mamoru chi si portavano a letto era proprio l’ultima cosa che avrebbe potuto cambiare l’opinione e l’affetto che provava per entrambi.

«Sono consapevole di tutto, lo conosco da anni», concluse Yuzo.

«Appunto per quello ti chiedo se ne sei sicuro. Non voglio dover ricevere telefonate in cui mi raccontano che vi siete presi a pugni e soffrite come cani.»

«Spero che non arriveremo mai a una cosa simile. Per questo ti dico che non voglio avere aspettative, ma prenderla così come viene», Yuzo si guardò le mani grandi, dai palmi accoglienti, all’interno dei quali rigirava il cellulare, accendendone di tanto in tanto il display, e poi spegnendolo di nuovo. «D’altronde… sono anni che ho fiducia in Mamoru. Lui… lui è Mamoru, capisci? Non mi ha mai tradito come amico, perché come partner dovrebbe essere diverso?»

«È un ragionamento valido. La sua gelosia dovrà pur significare qualcosa, altrimenti non si spiegherebbe che ora sia spiaccicato con la faccia al vetro della portafinestra.»

Genzo, senza distogliere lo sguardo dal suo, puntò l’indice alla propria destra. Yuzo tirò indietro il mento nel realizzare quello che gli aveva appena detto. Aggrottò le sopracciglia, girò adagio il viso, seguendo il dito puntato come una pistola.

«…spiaccicaaaah!» Yuzo quasi saltò via dallo sgabello quando scorse la figura del centrocampista attaccato al vetro, proprio come gli aveva detto Genzo. Pareva un geco, con i palmi delle mani e la guancia che aderivano perfettamente alla superficie esterna.

«Genzo! Apri immediatamente questa porta o la sfondo! Giuro che la sfondo!»

La voce di Mamoru arrivava ovattata seguita da un batti e ribatti delle nocche sul vetro a doppia camera.

Yuzo era terreo, l’espressione parlava chiaro più della voce: «Ma come ha fatto essere già qui? Aveva detto che sarebbe tornato a casa!» e casa sua non era dietro l’angolo, però, nel dirlo, il portiere riuscì a trovare anche la risposta e da ‘sconcertata’ l’espressione si fece ‘seccata’. Strinse gli occhi, storse le labbra in una smorfia. Sibilò. «Quell’idiota…»

«Io lo lascerei ancora un po’ fuori.»

Ma Mamoru continuava a battere imperterrito, con quei capelli scarmigliati e la t-shirt in disordine da cui spuntavano delle foglioline. «Cosa state dicendo?! Non vi sento! Aprite, ho detto!»

«A te l’onore», invitò Genzo con un mezzo inchino, e Yuzo si ritrovò a sbuffare, ma alla fine si alzò. A passo lento raggiunse la porta a vetri che poteva essere aperta solo dall’interno.

Al primo spiraglio, Mamoru si precipitò nella sala da biliardo, travolgendolo senza neppure degnarlo di uno sguardo, perché i suoi occhi erano incollati come punte di spada alla figura di Genzo, ora in piedi, mani nelle tasche dei jeans e sorriso arrogante.

«Che cazzo gli hai fatto, Wakabayashi?!» Mamoru lo travolse come una furia, afferrandolo per la maglia e strattonandolo verso di sé. Occhi negli occhi. «Gli hai messo le mani addosso?»

«Oh, non sono più ‘Capitano’ per te?» Genzo non si sottrasse alla presa, ma lo canzonò.

«Capitano di stocaz-!»

«Mamoru, piantala. Non ha fatto niente», alle sue spalle, Yuzo sopraggiunse a braccia conserte.

«Non difenderlo sempre!» Izawa si volse come una furia anche verso di lui, pronto a dirgliene quattro perché aveva sentito come l’aveva ‘supplicato’ per telefono di fare chissà che cosa, dannazione! E invece, quando inquadrò la figura solida e dall’espressione severa di Yuzo, si accorse che… non era come aveva immaginato di trovarlo. «Non sei nudo», fu l’osservazione meno intelligente che potesse fare.

«No, ma va? Che intuito.»

Mamoru non riuscì a capire. Era arrivato troppo presto perché avessero potuto avere il tempo di nascondere qualsiasi cosa stessero facendo, eppure apparivano entrambi troppo rilassati – cioè, Genzo era rilassato; Yuzo era chiaramente seccato. Mamoru passò lo sguardo dall’uno all’altro, fino a che il quadro della faccenda gli apparve nella sua interezza e lui afflosciò le spalle; la collera di qualche minuto prima sparita in un puff.

«Mi avete preso per il culo», ironizzò, mollando Genzo e facendo un passo indietro per poter guardare entrambi. «Ma sarete coglioni? Vi sembrano scherzi da fare?»

«Ehi, non guardare me, è opera di Genzo.»

«Mi avete fatto venire qui di corsa!»

«A proposito di arrivare di corsa», Yuzo assottigliò lo sguardo, rendendolo ancora più minaccioso. Adagio lo raggiunse, portandosi a un passo dal suo viso. Mamoru fu costretto a tirare indietro la testa, più che altro perché il portiere aveva un’aria troppo bellicosa. «Ci hai messo poco, per essere partito da casa. Troppo poco. Dove cazzo eri?»

«Magari mi ero ricordato che servivano delle cose per stasera ed ero andate a prenderle, no?» Mamoru tentò di giustificarsi, distogliendo lo sguardo, prima di aggiungere, in tono più basso: «…magari ero al centro commerciale qui accanto.»

«Izawa!»

L’interpellato fece spallucce.

«E come hai fatto a entrare?» domandò invece Genzo.

«Ho scavalcato, che domande», con candore, Mamoru si liberò di alcuni rametti rimasti impigliati tra i capelli. «A proposito, vedete di potarla, ogni tanto, quella cazzo di siepe, Genzo.»

«Se tu magari passassi dalle porte come tutti…»

«E darvi il tempo di rivestirvi e nascondere il misfatto?!»

Yuzo alzò le braccia al cielo. Il desiderio che aveva di tirargli un pugno era forte; forse Genzo non aveva avuto tutti i torti nel pensare che avrebbero potuto finire per suonarsele. Solo che sarebbe accaduto prima del previsto, se Mamoru avesse continuato a dire stronzate.

«Bene, mi conosce da quanto? Otto-nove anni? E ancora non si fida di me, bei presupposti per mettere su una storia.»

«Ma non è di te che non mi fido, Yuzo. È degli altri.»

«Oh, grazie! E dire che noi ci conosciamo anche da più tempo», ironizzò Genzo, e neppure Yuzo cedette alla sua blanda difesa.

«È la scusa del cazzo di chi non vuole ammettere di avere toppato alla grande.»

«Sì, sì, ok! Va bene! Mi è andato il sangue alla testa e non ho ragionato, mi dispiace, d’accordo? Mi dispiace», vedendosi in trappola, Mamoru alzò le mani in segno di resa, prima di passarsele nei capelli con fare nervoso. Era consapevole di non essersi comportato bene, per questo guardò l’amico di sempre con espressione dispiaciuta. «Davvero, Yuzo.»

Quest’ultimo non rispose subito, sostenendo però il suo sguardo a lungo nel tentativo di leggere se fosse onesto e nulla in quegli occhi neri e caldi, bollenti come la pece, faceva presagire qualcosa di diverso dalla sincerità. Spostò le iridi nocciola su Genzo, che sollevò le spalle e disse: «Abbuonaglielo, è il primo errore che fa.»

Lo avrebbe fatto anche senza il parere del SGGK, ma era giusto che Mamoru tribolasse un pochino dopo quel po’ po’ spettacolo che aveva messo su.

«D’accordo», fu il sospiro finale che sancì la tregua. Ma Wakabayashi rivolse i palmi verso l’alto con disappunto.

«E il bacino della pace non ve lo date?»

«Genzo», un coro perfetto, due medi sollevati all’unisono.

«Oh, eddai! Non volete farvi benedire da me? Ho le spalle larghe! Share the love

Con chiara faccia di bronzo, il SGGK fece addirittura il cuoricino con le mani. Tanto che le espressioni tese vennero stemperate in un sorriso che rallegrò gli animi. Yuzo scosse il capo e Mamoru, faccia di bronzo tale e quale al suo ex-Capitano, afferrò la maglia del portiere al suo fianco per attirarlo a sé. Gli scoccò un bacio sulle labbra che avrebbe essere voluto solo a stampo, ma poi il desiderio di assaporare quella bocca si fece come al solito più forte, e il bacetto della pace divenne per qualche secondo più intimo. Quando si separarono, Mamoru guardò Yuzo con occhi leggermente lucidi – resistere fino a sera sarebbe stato esaltante –, cui il portiere rispose con un sorriso prima di girare il viso per nascondere il lieve rossore per quel primo bacio pubblico che si erano scambiati.

Dietro di loro, Genzo mollò una pacca sulla spalla ciascuno, poi li cinse entrambi con le sue braccia muscolose; li superava in altezza, anche se di pochi centimetri.

«E così, dopo Hajime e Teppei, altri due pilastri della Nankatsu hanno scelto l’uccello.»

«Vuoi unirti al club anche tu?» propose Mamoru.

«Se avete la sezione ‘Passera’, contami iscritto!»

«Parlando di passere…» Mamoru, faccia tosta, non si fece sfuggire l’occasione per essere lui, ora, quello che torchiava gli altri. «Che intenzioni hai con Kumi?»

«Ma si è fatto tardi, non dovete andare via?» la presa sulle spalle degli amici si fece spinta d’accompagnamento, mentre li indirizzava, senza possibilità di appello, verso l’uscita della sala da biliardo. Dalla tasca dei jeans, ripescò anche le chiavi traditrici, mollandole tra le mani di Yuzo senza troppi complimenti.

«Eccolo là. Quando si tratta di fare il terzo grado agli altri è sempre in prima linea, ma quando glielo fanno taglia corto.»

«Mamoru, non posso dirti cose che neppure io so. L’ho accompagnata a casa… magari domani la vado a prendere. Vedremo.»

Fermandosi sulla soglia, Yuzo non lesinò dall’affondare il colpo. «Lei stava con Kanda, prima. Sarà dura.»

«In che senso? Credi che non riuscirò a farglielo dimenticare?»

Genzo storse la bocca con piglio offeso nel sentirsi sottovalutare. Proprio lui, poi. Ma sapeva anche che l’intento di Yuzo non era affatto quello, quanto di metterlo davanti a una certa realtà oggettiva.

«Da maschio a cui piace l’uccello: Kanda ha un gran bel sex-appeal.»

«Ah, davvero? E così Kanda ha un ‘gran’ sex-appeal, uh?» Mamoru assottigliò lo sguardo rivolto a quel vecchio amico, ora nuovo compagno – poteva considerarlo così? Avrebbero avuto modo di parlarne quella sera, tra le mille altre cose –, nel tentativo di mostrarsi di nuovo geloso, ma ripensando all’ex di Kumi, gli toccò capitolare con un leggero ammiccamento. Guardò Genzo. «...Sì, in effetti.»

«Modestamente, ne sono fornito anch’io, e ho anche qualcos’altro.»

«I soldi?»

«Il savoir-faire!» borbottò Genzo, dopo aver mollato un sonoro scappellotto a Izawa, il quale infossò la testa nelle spalle senza smettere di ridacchiare.

«Oh, sì, giusto. Il savoir-faire, certo.»

«Toglietevi dal cazzo», Genzo li spinse via con un mezzo sorriso.

Yuzo rideva, dando loro le spalle e agitando un braccio; quel ‘Ci sentiamo!’ si disperse nei lunghi corridoi della villa. Il SGGK, però, trattenne Mamoru ancora per un secondo, piantando lo sguardo profondo e bonariamente minaccioso in quello del centrocampista.

«E tu: attento a quello che fai.»

L’espressione perplessa che ottenne lo convinse a indicare Yuzo, con il mento, svariati passi più avanti. Con l’indice che passava dal proprio occhio al viso dell’ex-compagno di scuola gli fece capire, senza bisogno di parole, che ‘l’avrebbe controllato a vista’.

«Non preoccuparti, è in buone mani», Mamoru scrollò il capo, distogliendo lo sguardo per qualche istante prima di tornare a puntarlo in quello del portiere dell’Amburgo, accompagnandolo con un sorriso sincero.

 

Il caldo estivo li abbracciò con una cappa carica di umidità non appena misero piede fuori dall’ambiente arioso della Villa, e dei suoi condizionatori sparati a manetta. Mamoru e Yuzo, mani nelle tasche il primo e chiave dell’auto che veniva fatta rigirare nell’indice il secondo, avanzarono fino alla macchina di Izawa, posteggiata solitaria nell’ampio spiazzo che precedeva l’ingresso.

«La guido io la tua», disse Yuzo, poggiandosi di spalle alla vettura blu metallizzato. Accennò un sorriso divertito, e un po’ provocatorio. «Mi piace sapere che ci sei tu al volante della mia.»

Mamoru ammiccò, avvicinandosi di un passo; che fossero ancora nella proprietà dei Wakabayashi, ormai, poco importava: fatto trenta, si faceva trentuno. «E comunque…», afferrò il portiere per una chiappa, attirandolo a sé tramite un gesto tanto deciso quanto possessivo. Sulle labbra, aleggiava un sorriso di minaccia e malizia. «Non credere che la passerai liscia per lo scherzetto di prima.»

«E lo sapevo io», sospirò Yuzo, senza protestare per i modi un po’ rudi.

«Ehi! Vuoi dire che ti dispiace?»

«No. Credo proprio di no», ammiccò, l’espressione compiaciuta e complice. La stessa che poté leggere sul viso di Mamoru, prima che lo baciasse.

«E lo sapevo io.»

 

 

Fine

 

Nota Finale: Questa fic è stata scritta soprattutto per far rilassare me e strappare una risata a Sanae77.

Diciamo che questi giorni non sono stati pieni di gioia, ma per me la scrittura è sempre stata taumaturgica, anche (e soprattutto) quando si tratta di buttare giù una scemenza simile.

E allora relax and take it easy, direbbe Mika.

Godetevi questa storiella per quello che è, e spero possa far ridacchiare anche voi. Ma, soprattutto, spero possa essere all’altezza della bellissima serie di Sanae77, che mi ha davvero fatto sganasciare dalle risate.

Questa storia è, quindi, dedicata all’autrice di ‘Vacanze!’. <3

   
 
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