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Autore: aki_penn    08/04/2018    4 recensioni
Il capitano Sawamura si occupa da alcuni anni dell'addestramento delle reclute e quando vede per la prima volta il soldato Sugawara fare tutti quei sorrisi si convince che la vita militare lo abbatterà in fretta, invece Sugawara continua imperterrito a sorridergli.
[DaiSuga] [Military!AU]
Genere: Commedia, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daichi Sawamura, Koushi Sugawara
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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La prima cosa che voglio dire su questa storia è che è al 100% non accurata. Il motivo principale è che in Giappone non esiste la leva obbligatoria che è la causa scatenante della storia e quindi le mie ricerche si sono arenate a qualche video su Youtube e alla lettura su Yahoo Answer di alcune altre curiosità che mi sono state assolutamente inutili.
Detto questo, non sono convintissima del risultato, è la prima volta che in questo fandom scrivo su una coppia che non siano gli IwaOi, per di più mi sono costretta a scrivere qualcosa di corto (e non sono abituata a scrivere cose corte), quindi spero non sia venuta fuori una cosa troppo brutta.
In ogni modo, grazie per aver aperto questa storia e avermi dato una possibilità, nel bene o nel male fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere. Buona lettura!
 
Yessir!
 
Il capitano Daichi Sawamura si occupava da cinque anni di addestrare le reclute. Era un lavoro che non gli lasciava molto tempo libero e lo teneva lontano dalla famiglia, ma quando aveva intrapreso la carriera militare sapeva a cosa stava andando incontro. La fatica e la lontananza da casa le aveva messe in conto quando aveva deciso di arruolarsi.
Non poteva però non ammettere di essere rimasto deluso quando era stato destinato all’addestramento di una manciata di ragazzini che ogni anno venivano costretti all’addestramento dalla leva obbligatoria. Solo pochi di quelli che Daichi istruiva continuavano con la carriera militare, la maggior parte si limitava a sopravvivere, tra nonnismo e prevaricazioni nelle camerate.
Con il tempo si era abituato all’idea di avere a che fare con quel tipo di soggetti e aveva deciso che la sua missione fosse quella di convincerli che la carriera militare fosse il loro futuro, spesso non ci riusciva, ma era dell’idea che l’esperienza potesse rivelarsi perlomeno formativa per tutti quegli sbarbati.
Cercava di essere duro quando serviva, ma faceva finta di non accorgersi del fatto che qualcuno fumasse di nascosto dietro al poligono e, se fosse stato per la cosa in sé, li avrebbe anche lasciati a fare sesso nelle docce senza intervenire. Era però piuttosto cosciente di che cosa succedesse nelle docce delle caserme. Aveva letto alcuni articoli a riguardo e aveva lavorato per un breve periodo presso il penitenziario della sua città natale e non poteva fare finta di non sapere che la maggior parte degli atti sessuali compiuti in certe circostanze non fossero consenzienti.
Di conseguenza si prodigava personalmente per fare in modo che nelle docce non si facesse altro che lavarsi. Aveva sentito qualcuno lamentarsi del fatto che non lasciasse la privacy ai cadetti, ma aveva fatto finta di non sentire.
A dispetto delle sue preoccupazioni sugli stupri nelle docce, pur non avendo avuto una relazione stabile in anni, Daichi si era sempre trovato troppo occupato con il lavoro per pensare al sesso, per non parlare del fatto che le reclute erano decisamente troppo giovani per lui. Tutti qui visini imberbi non gli suscitavano nessun interesse, ma le sue budella avevano sobbalzato quando, per la prima volta, all’inizio del suo quinto anno di addestramento nello sciame di reclute era apparso Sugawara Koushi.
Sugawara Koushi, visto di sfuggita, sembrava quasi una ragazza. Aveva una parenza delicata, un neo elegante sotto l’occhio, corporatura esile, capelli fini e dispensava sorrisi a tutti. Non era affatto il tipo di Daichi, ma nonostante questo il capitano non riusciva a smettere di guardarlo. In un secondo aveva realizzato che la recluta Sugawara era esattamente la tipica vittima da stupro nei cessi e che in un paio di giorni avrebbe smesso di sorridere in quella maniera così luminosa.
A differenza delle sue aspettative, Sugawara aveva invece continuato a sorridere di gusto, nonostante Daichi gli avesse intimato di smetterla durante l’ispezione del mattino. In quell’occasione Sugawara aveva battuto le palpebre e aveva stretto le labbra, amareggiato dall’essere stato ripreso, ma poi nel pomeriggio aveva ricominciato ad arricciare all’insù gli angoli della bocca tra una serie di addominali e una serie di flessioni.
Sugawara non era fisicamente molto portato per la fatica della vita militare, i primi tempi crollava dopo tre flessioni e Daichi era costretto a riprenderlo. Tra l’altro, dato che lo teneva d’occhio più di quanto non facesse con gli altri sembrava proprio che l’avesse preso di mira. Era degno di nota però il fatto che corresse piuttosto veloce e che avesse un’ottima mira. Daichi si era convinto che se avesse voluto continuare con la carriera militare sarebbe stato un ottimo cecchino.
Aveva continuato a controllarlo, a urlargli dietro quando gli cedevano le braccia durante gli esercizi e aveva finito per cercarlo con lo sguardo anche involontariamente.
Dopo un po’ di tempo si era reso conto che non solo Sugawara sistemava il suo cubo e teneva diligentemente le scarpe a cinque centimetri dal muro, ma ordinava anche gli oggetti personali della recluta Tanaka, il ragazzo che condivideva con lui il letto a castello, e metteva in riga gli altri commilitoni, sempre sorridente.
Daichi non poteva non ammettere a sé stesso che il sorriso di Sugawara gli piacesse molto.
Anche quando  si era preso un pugno in faccia da Tanaka, durante l’allenamento, e si era ritrovato con una guancia gonfia e viola gli aveva comunque diretto un paio di sorrisi dolorosi. Daichi aveva fatto finta di non vederlo. Lui, con un pugno del genere, durante il suo primo anno nell’esercito, aveva perso un dente, a quanto pareva la mandibola di Sugawara era più resistente della sua. Daichi non poteva farci niente, lo trovava adorabile e quel sentimento lo metteva incredibilmente a disagio.
In ogni modo, il soldato Sugawara non se la cavava affatto male  nonostante il suo aspetto fisico e l’unica volta che lo sentì gemere nelle docce lo trovò intento a farsi guerra con Tanaka, frustandosi scherzosamente con gli asciugamani bagnati.
Il capitano Sawamura li aveva puniti istantaneamente costringendoli a fare cinquanta flessioni sul posto, nudi sul pavimento bagnato del bagno. Alla decima, Daichi aveva distolto lo sguardo dal corpo di Sugawara, sentendosi estremamente in imbarazzo. Per quanto fosse di costituzione sottile, l’addestramento militare aveva donato una tonicità e una forza incredibilmente invitanti ai suoi muscoli.
Daichi non si era mai sentito così nei confronti di uno dei suoi cadetti.
Non aveva neanche mai pensato di voler fare sesso con una delle reclute prima che Sugawara piombasse come una bomba sorridente nella sua caserma, ma una settimana dopo l’episodio delle docce si era trovato all’una di notte con la schiena appoggiata contro le piastrelle del bagno e una delle sue reclute inginocchiata davanti. Di sicuro la recluta più carina gli fosse mai capitato di addestrare.
A Daichi sembrava quasi di soffocare, ma era un soffocare estremamente piacevole. Non che non avesse mai ricevuto una fellatio, ma di certo era parecchio tempo che non ne riceveva una e, sicuramente, mai indossando la divisa.
Guardare in basso gli toglieva il fiato: i capelli del soldato Sugawara al chiarore della luna assumevano riflessi argentei e la luce esterna gli illuminava solo metà del volto. A Daichi sembrò estremamente delicato, con quel neo sotto l’occhio e la consapevolezza che fosse un ragazzino lo colpì come un pugno. Stava facendo fare una cosa del genere a un ragazzino? Daichi non poteva credere di star facendo una cosa così spregevole, settimane e settimane ad assicurarsi che nessuno lo maltrattasse nei cessi e poi l’unico a cui si era inginocchiato davanti era lui: il capitano.
A malapena riusciva a ricordarsi come si fosse ritrovato in quella situazione incresciosa. Neanche mezz’ora prima era uscito dalla propria camera perché non riusciva a dormire e aveva trovato la recluta Sugawara che fumava sporto dalla finestra dei servizi igienici, con la mimetica addosso. Daichi sapeva che non avrebbe potuto chiudere un occhio in quella situazione, ma poi si era ritrovato contro il muro con entrambi gli occhi chiusi e le dita strette ai capelli chiari di Sugawara. Una delle mani del cadetto era scivolata dal suo fianco e gli aveva stretto con una certa sfacciataggine una natica. Nel farlo non aveva neanche aperto gli occhi.
Era stato in quel momento che Daichi, scombussolato dal piacere si era di nuovo reso conto della situazione e il senso di colpa l’aveva colpito come una doccia gelata. 
Strinse ulteriormente i pugni tra i capelli del ragazzo e se lo tolse di dosso. Sugawara fece una smorfia, tossicchiò e aprì un occhio. La luce del lampione esterno gli arrivava dritta in faccia e quasi lo accecava.
“Quanti anni hai?” chiese il capitano, con tono imperioso. Koushi si passò il dorso della mano sulla bocca, mentre l’altra restava irriverentemente stretta al sedere di Daichi. “Venti” sussurrò, senza capire cosa stesse succedendo.
Per un secondo, i muscoli di Daichi si rilassavano, almeno non era minorenne. Riprendendo lucidità si sentì incredibilmente stupido: era ovvio che fosse maggiorenne, se non fosse stato così non sarebbe stato chiamato per la leva. La presenza di Sugawara mandava in malora la sua materia grigia.
Nonostante questo, vent’anni erano comunque quattordici in meno di quelli di Daichi.
“Cosa c’è?” domandò Sugawara, con un cipiglio infastidito. Per una volta non stava sorridendo, probabilmente le mani di Daichi che gli tiravano i capelli gli facevano male.
“Non ho intenzione di punirti perché stavi fumando, puoi smettere di fare questa cosa” sbottò, distogliendo lo sguardo. Si rendeva conto che il suo comportamento fosse tutt’altro che autoritario, ma gli sembrava che tutti i muscoli gli si fossero sciolti sotto il tocco di Sugawara. Le mani gli tremavano per il nervosismo.
Si era fatto infinocchiare da un ragazzino che per non beccarsi una punizione era pronto a leccarglielo e non aveva avuto la forza d’animo di respingerlo.
“Cosa?” chiese l’altro, ancora in ginocchio sul pavimento di piastrelle. La sua presa non si era affatto allentata.
“Non tollero queste cose tra i miei sottoposti” iniziò a dire, mentre Sugawara si alzava in piedi. “Di certo non voglio vederti costretto a fare una cosa del genere con me per evitare una punizione. Se ti becco un’altra volta però…”
Daichi non fece in tempo a finire la frase perché il gancio destro di Sugawara lo colpì al ventre con una forza inaspettata, togliendogli tutta l’aria dal polmoni. Daichi si piegò lievemente in avanti per colpa della botta. Con ogni probabilità quando era entrato in caserma non sarebbe stato in grado di sferrarne uno di tale potenza.
“Signornò, signore!” ribatté il cadetto, arrabbiato, mettendosi le mani sui fianchi. Adesso la luce del lampione gli illuminava bene tutta la faccia: era una faccia corrucciata.
Daichi non poteva davvero credere che una delle reclute gli avesse fatto un pompino e poi gli avesse rifilato un cazzotto nello stomaco nel ristretto arco temporale di mezz’ora. La situazione superava ogni sorta di immaginario che la sua mente avesse mai prodotto. Nemmeno in uno dei sogni popolati da Sugawara Koushi nudo che disturbavano il suo sonno da alcuni mesi era contemplata un’assurdità del genere. Eppure Sugawara quel pugno gliel’aveva rifilato per davvero e Daichi aveva ancora i pantaloni vergognosamente slacciati.
“Capitano, crede che lo stia facendo per evitare una punizione?” domandò, spazientito.
Daichi non riuscì a rispondere, ma l’altro non voleva una risposta. Koushi sembrava anche vagamente offeso.
“Sono mesi che le faccio gli occhiolini e i sorrisetti, sto facendo di tutto per farmi beccare fuori dalla camerata di notte. Cosa crede che stessi facendo questa sera? Sono andato a comprare i preservativi durante la mia ora d’aria e adesso lei crede che io sia qui solo per evitarmi una punizione?” disse, tutto d’un fiato.
Daichi si sentiva svuotato, la realtà aveva decisamente superato ogni sua rosea fantasia. Si morsicò il labbro e farfugliò “Non vorrei che ti sentissi costretto in alcun modo a fare qualcosa che non vuoi”, ancora incredulo e incapace di trovare altro da dire.
Si sentì un cretino, se non riusciva a tenere testa a un ragazzino come avrebbe potuto fare al comando di vero esercito? Si sentì incredibilmente stupido. Di restituirgli il cazzotto non gli era neanche passato per la mente. Era così sopraffatto dalle parole dell’altro che a malapena di rendeva conto di avere gli addominali ancora indolenziti dal colpo.
Koushi alzò gli occhi “Le assicuro che mi sento tutto fuorché costretto. A dire il vero sembra a me di star stuprando lei, capitano” disse. La sua voce e il suo sguardo si erano ammorbiditi. Un ciuffo di capelli chiari gli era ricaduto sugli occhi. Con quella luce a Daichi sembrava persino più giovane di quanto non fosse.
Daichi scosse la testa “No, non è che non voglia, certo che voglio, ma sei una recluta e…”
Non fece in tempo a dire altro che le labbra di Sugawara furono sulle sue e lui non poté far nulla se non schiudere le labbra quando la lingua del ragazzo iniziò a premere per aprirle. Il corpo di Sugawara schiacciato contro il suo non era esile come si era aspettato e i bicipiti erano tesi e spessi quando Daichi gli afferrò d’impulso un braccio. Il bacio a cui Koushi l’aveva costretto era deciso e intenso, non  lieve e leggero come l’aveva immaginato nei sogni di cui si vergognava. Il soldato Sugawara era perfino meglio dal vivo che nelle sue fantasie.
Quando il ragazzo si allontanò da lui costringendolo a guardarlo, Daichi stava ancora stringendo entrambe le braccia attorno al suo corpo. Gli occhi di Koushi erano ridotti a due fessure e lo scrutavano con interesse. La tensione che l’aveva attanagliato fino a un secondo prima e che per poco era riuscito a dimenticare, perso nel sapore di Sugawara, ricominciò a farsi sentire finché lui non proruppe “Capitano, mi scusi, non mi piace lasciare le cose a metà. Le dispiacerebbe lasciarmi finire quello che ho interrotto?”
Daichi non poté fare a meno di fare un sorrisetto e abbassare gli occhi, prima di puntarli di nuovo in quelli del ragazzo “Sì, soldato Sugawara, ma cerca di non farti di nuovo beccare in giro di notte” rispose come se fosse una grossa concessione, cercando di darsi un tono.
Koushi lo gratificò con un altro dei suoi sorrisetti luminosi. “Perché se no cosa mi farà, capitano?” sussurrò lascivo, stringendogli di nuovo il sedere.
“Ti toglierò tutte le lincenze” disse solo. Koushi sgranò gli occhi e aprì un poco la bocca, mentre il sorrisetto svaniva dalle sue labbra. “E adesso, soldato Sugawara, continua pure col tuo lavoro”
“Signorsì, Capitano!” esclamò Sugawara mettendosi sull’attenti.
   
 
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