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Autore: KiarettaScrittrice92    09/04/2018    1 recensioni
[Dolce Flirt]
Vanille è una ragazza decisa e grintosa, sempre pronta a mettersi in gioco e dimostrare di sapersela cavare da sola... O almeno lo era prima di trasferirsi.
La sua vita cambia radicalmente quando, nel suo secondo anno di liceo, deve cambiare scuola, ritrovandosi nel Dolce Amoris, un liceo tutt'altro che tranquillo, i cui fioccano ragazzi bellissimi e ragazze non sempre simpatiche.
Chissà, forse quest'avventura la porterà a trovare l'amore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nuova vita
 

L'auto di mia madre si ferma davanti al liceo Dolce Amoris.
Ci siamo. Da oggi in poi inizia la mia nuova vita, non certo nel migliore dei modi, visto che sto cambiando liceo all'inizio del secondo anno.
«Sei sicura non vuoi che ti accompagni?» dice mia madre, assumendo quell'odioso tono dolce e smielato, da mamma chioccia, pronta a proteggere la sua bambina.
Come se avessi ancora cinque anni e stessi andando da sola in una vasca di squali.
Beh, sicuramente il liceo ha i suoi squali e molto probabilmente questo non avrebbe fatto eccezione, ma di una cosa sono certa, il modo migliore per fare una figuraccia è entrare accompagnata da mia madre.
«Mamma non ho più cinque anni, me la so cavare. Ci vediamo questo pomeriggio, ok?»
Apro la portiera della macchina e scendo, infilando testa e braccio destro nella cinghia della mia tracolla blu scuro.
Osservo ancora per un attimo il cancello d'ingresso, mentre sento il motore alle mie spalle accendersi e poi allontanarsi.
«Forza Vanille, puoi farcela.» dico, dopo aver preso un lungo respiro.
Solo a quel punto muovo i primi passi.
Il cortile è già pieno di gente. Ragazzi che fumano, chiacchierano. Probabilmente stanno attendendo che suoni la campanella che annuncia l'inizio delle lezioni.
Passo inosservata, come al solito d'altronde. Non sono una che si isola solitamente, anzi quando mi ritrovo in un luogo nuovo cerco subito di fare amicizia e, spesso e volentieri, grazie al mio carattere aperto, divento una delle più carismatiche e intraprendenti del gruppo, ma se voglio so anche comportarmi da ninja. 
Questo giorno in particolare, o meglio in questo momento, non ho nessuna intenzione di farmi notare ed essere così additata subito come "quella nuova".
Entro nell'edificio, ritrovandomi immediatamente in un lungo corridoio bianco, illuminato dalle luci a neon sul soffitto e  adornato, se così si può dire, dagli armadietti viola. Anche le porte delle aule sono di quello stesso colore.
Storco la bocca, indecisa su cosa fare. O meglio, so bene cosa devo fare, devo cercare l'ufficio della preside. Aggrotto la fronte, com'era già che si chiamava la preside? Ricordo solo che aveva un nome impronunciabile. Alzai le spalle, appuntandomi mentalmente di non provare mai a chiamarla per cognome onde evitare di fare una figuraccia.
Comincio a percorrere il corridoio, in cui comunque c'è molta meno gente, rispetto al cortile esterno ed è decisamente più difficile passare inosservati. Soprattutto quando, come sto facendo io, una persona tira dritto per la presidenza. 
Trovo l'ufficio quasi subito. La seconda porta sulla destra.
Busso con tocco leggero, incassando la testa in mezzo alle spalle, nella speranza che nessuno mi noti.
Poco dopo una vocetta squillante, mi invita ad entrare ed io eseguo subito l'ordine, abbassando la maniglia e aprendo la porta.
La preside è una signora sulla sessantina, forse anche più vecchia. I capelli bianchi tirati su in uno chignon è un paio di occhiali rettangolari sul naso. È vestita con un completo di tweed rosa, che mi ricorda mostruosamente la Umbridge di Harry Potter e, considerata la stazza della persona che ho davanti, la somiglianza è quasi lampante.
Ritiro verso l'interno della bocca le labbra, trattenendomi dal ridere o anche solo sorridere a quella mia associazione mentale, dopodiché, cerco di riprendere un po' di contegno e mi presento.
«Sono Vanille Lambert, sono qui per l'iscrizione.» dico, col tono più deciso possibile.
«Oh, buongiorno signorina Lambert e benvenuta al liceo Dolce Amoris.» mi dice, strizzando gli occhi dietro alle lenti e tirando le labbra in un sorriso che ha tutta l'aria di essere o falso o fin troppo zuccheroso.
Sì, decisamente somiglia alla Umbridge.
«Grazie.» rispondo, non sapendo che altro dire.
«Spero che si ambienterà in fretta nella sua nuova scuola.» prosegue, come se non le avessi nemmeno parlato.
Si risiede dietro la scrivania in legno chiaro, prendendo un foglio da un lato di essa e firmandolo sul fondo, poi vi aggiunge il timbro e me lo porge.
«Le consiglio di passare dal delegato degli studenti, Nathaniel, per verificare che il suo dossier di iscrizione sia completo. Credo sia proprio nella sala delegati adesso.» mi dice, sempre con quella sua faccia sorridente e quella voce odiosa.
Devo smetterla, o per lo meno darmi una regolata. Se iniziò già da ora a farmi stare antipatica la preside, sono sicura che, al novanta per cento dei casi mi metterò nei casini e la vedrò ogni santo giorno. Insomma magari è davvero così tenera e gentile e non è affatto tutta apparenza, come quel vecchio rospo di Dolores. Al pensiero del nome della Umbridge mi torna in mente che ancora non riesco a ricordare il nome impronunciabile della donna davanti a me, ma non mi sembra affatto il caso di chiederglielo ora.
«Allora ci vado subito. Grazie mille, preside.» rispondo con un tono quanto meno diligente.
Questa volta so bene dove dirigermi. La sala delegati l'avevo vista entrando, era la porta prima di quella della presidenza.
Mi mordo le labbra, indecisa sul da farsi. Cosa faccio? Busso o entro immediatamente? Insomma il delegato degli studenti dovrebbe essere un liceale come me, ha senso essere formali e bussare alla porta? Alla fine opto per una via di mezzo. Busso, ma subito dopo apro la porta senza attendere la risposta.
Non l'avessi mai fatto. In un attimo rimango paralizzata davanti alla porta, come imbambolata. 
Alla fotocopiatrice, nell'angolo in fondo a sinistra della stanza, vi è un ragazzo parecchio carino, ma che dico, decisamente figo, non fosse forse per i vestiti troppo formali, che mi osserva, come in attesa che io parli.
Sì, vero. Forse dovrei parlare, ma in questo preciso istante sento la lingua annodata e il cuore che, maledizione, mi pulsa furioso nel petto. Al diavolo me e la mia maledetta attrazione immediata verso ogni rappresentante del sesso maschile un po' sopra alla media. Insomma perché il delegato deve essere un biondo strafigo con un paio di occhi... è ambrato quello, diavolo persino gli occhi alla Edward Cullen, scherziamo? Non potevo ritrovarmi davanti un nerd brutto e brufoloso? Un po' come Kentin, il mio ex compagno di classe, quello che mi stava appiccicato come una una gomma da masticare attaccata sotto il banco, soltanto perché una volta l'avevo difeso da un branco di bulli idioti, al vecchio liceo.
«
Posso aiutarti?» mi chiede, probabilmente vedendo che io non accenno a dire nemmeno mezza parola.
«
Oh sì... - dico, cercando di riprendere un minimo di contegno - Sto cercando il segretario delegato.» concludo.
Fa che non sia lui, fa che non sia lui, fa che non sia lui, continuo a ripetermi come un mantra.
«Sono io. - risponde lui, accennando appena un sorriso e avvicinandosi a me, mentre la fotocopiatrice continua a lavorare tranquillamente da sola - Nathaniel Lemair.» si presenta, porgendomi la mano.
Alzò il sopracciglio, un po' stranita. Insomma avrà la mia età, c'è davvero bisogno di tutta questa formalità?
Decido comunque di stringerla. Di certo non mi posso comportare da maleducata, anche perché è davvero troppo carino per farselo nemico.
«
Vanille Lambert.» gli rispondo di rimando.
«
In cosa posso esserti utile?» mi domanda, mollando la presa della mia mano.
Quasi mi sento male a lasciarla. Era vellutata, delicata. La tipica mano da studioso, una di quelle che sfiora i libri con leggerezza, come fossero i suoi più grandi tesori.
Basta pensarci, devo cercare di sembrare una ragazza normale o no?
«
La preside mi ha detto di rivolgermi a te per l'iscrizione.» gli rispondo.
«
Ah, devi essere la nuova alunna, benvenuta!» dice, questa volta il suo sorriso si estende di più.
Diavolo quant'è carino.
«
G-grazie.» dico, emettendo un colpo di tosse subito dopo.
E no eh. Non posso pure cominciare a balbettare, ci manca solo quello alla possibile sfilza di figure di "emme", il primo giorno di scuola.
«
Guardò subito per il tuo dossier. - dice lui, dandomi nuovamente le spalle e dirigendosi verso gli armadietti, in un angolo della sala, dal lato opposto alla fotocopiatrice, che hanno lo stesso colore di quelli in corridoio - Allora vediamo... Vanille, Vanille...» farfuglia a bassa voce, dopo averne aperto uno e aver iniziato a cercare tra i vari documenti.
Tutto questo mentre io lo osservo, attratta dai muscoli della sua schiena che si tendono sotto la camicia larga. Mi mordo il labbro, pensando a come sarebbe accarezzare quelle spalle. Appena mi rendo conto, però, dei pensieri che sto facendo scuoto la testa irritata. 
Proprio in quel momento lui afferra una cartellina contenente tutti i miei documenti e torna verso di me. Il tutto mentre la sfoglia attentamente.
«
Mmmh... In effetti non è completo, manca la foto da associare al dossier... E la cosa più importante, hai dimenticato di far firmare uno dei fogli ai tuoi genitori ed è obbligatorio!»
Per poco non mi cade la mascella. Maledizione, possibile che non me ne vada mai bene una in certe situazioni?
Prendo un lungo respiro e mi passò la lingua sulle labbra, pensando velocemente a una soluzione.
«
Quanto deve essere grande la fotografia?» domando a bruciapelo, lasciandolo quasi un attimo interdetto, forse non si aspettava quella mia domanda.
«
Beh solitamente gli studenti portano le foto tessere, ma va bene anche una foto normale.» mi risponde, un po' stranito, non capendo dove voglio andare a parare.
Storco la bocca, guardandomi attorno e notando la parete di destra completamente bianca. Sorrido, è perfetta.
Apro la tracolla e vi rovisto per un po', finché non trovo il mio secondo tesoro più grande. La mia adorata polaroid gialla. 
«
Risolviamo subito il problema della foto, che dici?» chiedo, facendogli l'occhiolino e tirando un sospiro di sollievo per la mia calma e sicurezza ritrovata.
«
Accidenti, quella è una polaroid?» mi domanda, e quasi riesco a vedere i suoi occhi ambrati illuminarsi.
«
Non me ne separo mai.» affermo.
Dopodiché gliela porgo e mi piazzo davanti alla parete bianca che avevo notato poco fa.
«
Sorridi.» m'incoraggia lui.
Io tento di farlo. Sono sempre stata alquanto fotogenica, ma mantenere una posizione seria e allo stesso tempo sorridente non è affatto facile.
Guardo intensamente l'obbiettivo, nel tentativo di non distrarmi dalle sue mani che stanno tenendo la macchina fotografica.
Sento lo scatto e subito dopo la fotografia esce dalla fessura sul davanti. Mi avvicino e l'afferro con due dita, scuotendola leggermente. Da che era nera, pian piano sta comparendo la mia immagine sorridente. Dai non sono venuta così male.
«
Ecco a te.» dico non appena l'immagine diventa nitida, porgendogli la foto, mentre lui mi restituisce la polaroid.
«
Un problema in meno.» sorride lui, inserendo la foto nel dossier e bloccandola con una clips.
«
Per il foglio da far firmare ero convinta ci fosse tutto, ad essere onesta...» faccio, riponendo la macchina fotografica di nuovo nella borsa.
«
Darò un occhiata per vedere se per caso il tuo modulo non è finito per sbaglio in un'altro dossier.» rispose lui molto educatamente.
Sempre freddo, anche troppo. Il ragazzo che aveva visto la polaroid è già sparito in un soffio, accidenti.
«Ok, grazie mille.» gli rispondo stringendo la cinghia della tracolla, forse in attesa di qualche sua mossa.
«
In ogni caso è un piacere accogliere un'alunna seria e appassionata di qualcosa di così originale come la fotografia.» dice, prendendomi comunque alla sprovvista, con un sorriso dolcissimo.
Maledizione, ma quanto può essere carino?
«
Grazie... Ci vediamo." dico, velocemente, onde evitare di balbettare di nuovo.
«
Arrivederci.» mi risponde educatamente lui, per poi tornare alla fotocopiatrice.
Prendo un lungo respiro ed esco dalla sala delegati, guardando l'orologio. Manca ancora un buon quarto d'ora prima del suono della campanella. Tutto il tempo per andare a posare alcuni quaderni e i primi libri nell'armadietto.

  
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