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Autore: cliffordsjuliet    10/04/2018    1 recensioni
Era così, la Periferia. Io non ero Kendra Saint, non ero la figlia di Missi e Jackson.
Non c’erano nomi, in periferia. Eravamo tutti numeri, volti un po’ scambiati, copie sbiadite di chi, prima di noi, in quel posto ci era marcito.
Io non facevo differenza.
**
Me ne sarei tornata a casa, con calma, senza correre. Sarei arrivata lì e a quel punto non ci sarebbe stato Luke ad aspettarmi.
Pensavo che mi sarei sentita sollevata, invece mi sentivo solamente miserabile.

**
Pensavo che avrei smesso di odiarlo, di disprezzarlo con tutta la forza che avevo in corpo.
Pensavo che mi sarei abituata a quell'affetto sordo e un po' cieco che lentamente si stava facendo spazio in me.
Non mi abituai mai. In fondo io ero Kendra e lui era Ashton, ed era questo che sapevamo fare.
L'odio era l'unica cosa che non potevano toglierci.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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6. Fear

Paura.
La più semplice, sincera paura.
Paura di perdere qualcuno che si ama. Paura di restare intrappolati, di non riuscire ad arrivare in tempo per le cose importanti. Paura di non riuscire a vincere contro la vita.
Vivevamo di paura, ed io lo sapevo. Lo avevo capito molto tempo addietro, quando le urla dalla casa accanto mi facevano venire la pelle d’oca, ed io tremavo nel mio letto finché il viso del mio migliore amico non compariva alla mia finestra. Finché non sapevo che tutti quelli a cui volevo bene erano al sicuro.
Avevo imparato a convivere con quel sentimento scomodo incastrato tra le ossa, a svegliarmi con esso a chiudermi lo stomaco, ad andare a dormire spaventata dall’idea di poter perdere tutto e tutti da un giorno all’altro. Ché non c’è niente di duraturo, per quelli come noi, ed io lo sapevo bene.
Forse era stata la paura, in fondo, a farmi accettare la via di fuga che Chester mi offriva. Non avevo mai pensato che il sesso avrebbe avuto una qualche importanza per me.
Era un modo come un altro di sfogare le proprie debolezze, divertente, ma prima o poi la realtà tornava e farci i conti era ancora più difficile, dopo aver abbassato così tanto le difese. Con Chester era stato diverso. Non gli dissi che non l’avevo mai fatto, che ero una ragazzina, che forse mi spaventava quel salto nel vuoto e forse proprio per quello lo stavo compiendo. C’eravamo baciati con una violenza inaudita, era stato una lotta alla predominanza, a chi restava in piedi più a lungo. Nessuno dei due voleva cedere il controllo all’altro, nemmeno mentre le mie labbra erano premute contro le sue, nemmeno mentre la sua lingua incontrava la mia con violenza, un ringhio gutturale a risuonargli in gola. Quel suono mi faceva accapponare la pelle, ma mi andava bene così.
Mi ero abituata talmente tanto alla paura da aver iniziato a ricercarla, ad averne bisogno, che senza non ci sapevo stare. Non c’era stata delicatezza nel modo di Chester di spogliarmi, non erano state gentili le mie mani sulle sue spalle, le mie unghie conficcate nella sua carne. Non c’era stato altro che puro desiderio di annientarsi, nel modo in cui c’eravamo avuti, in cui il suo odore s’era mischiato al mio e lui aveva lasciato che i suoi contorni si confondessero in me per una notte.
Quello era Chester, pensavo.
Il gemello di Morrigan, come lo definivano. Quello dallo sguardo spaventoso, che poteva diventare una bestia da un momento all’altro. Quello era Chester ed io l’avevo odiato e avrei continuato a farlo la mattina dopo, alla luce del sole.
Ma durante la notte la solitudine è più forte.
Durante la notte Luke, Ashton e Michael lontani facevano più male, la loro assenza mi avrebbe piegata in due se gliel’avessi permesso.
Durante la notte i mostri come noi potevano essere semplicemente mostri e non pentirsene mai.
L’abitazione di Chester era meno buia di quanto mi aspettassi. Non era come la casa che Ashton aveva dato a Luke, era diversa, piena di vetrate, con muri e pavimenti bianchi.
La casa di una persona rispettabile, una casa piena di luce. Un’abitazione adatta a qualcuno senza preoccupazioni, senza niente da nascondere – un posto stridente con quelli come noi. Eppure Chester si esponeva al mondo con quella sua spavalderia, quel suo modo arrogante di essere solo ciò che era, ed avrei odiato anche quello, se non avessi perso troppo tempo ad invidiarlo. Non mi addormentai accanto a lui, quella notte.
Rimasi a guardare il soffitto e a pensare. A Luke, ad Ashton, Michael. Alle persone che avevo ferito e che avrei ferito di nuovo. A tutti coloro che mi avevano voluto bene e che finivano sempre con lo stare male. Cosa avrebbe pensato Luke, sapendo che la sua migliore amica aveva buttato via la propria verginità con uno come Chester? Per una notte di distrazione, per mettere una toppa al dolore, al casino dei pensieri. Chissà se Ashton sarebbe stato sorpreso. Michael di sicuro no. Mike non mi vedeva come gli altri, lo sapevo. Lui non si faceva abbagliare dalla mia finta sicurezza, dal veleno nelle mie parole.
In fondo, forse era quello che mi conosceva meglio di tutti, che aveva imparato a capirmi più in fretta.
Chester al mio fianco dormiva, il corpo scolpito appena coperto dal lenzuolo, arricciato intorno ai suoi fianchi spigolosi. Sembrava quasi bello, con gli occhi chiusi. Sembrava quasi una persona come tante.
Mi alzai dal letto quando le prime luci del mattino si fecero vedere attraverso le vetrate, scivolai nei vestiti silenziosa. Se c’era una cosa in cui eccellevo era il non farmi sentire, quando volevo, tanto quanto ero esperta nell’arte del far casino.
Sapevo rendermi un’ombra, e lo feci, mentre recuperavo le mie cose e sgusciavo fuori da quella casa, mentre camminavo sempre più velocemente in direzione di casa mia, per poi iniziare a correre.
Non era distante, solo qualche isolato più in là.
Rallentai la mia corsa solo quando, in lontananza, li vidi.
C’era Luke, con i suoi capelli biondi e un po’ incasinati, i vestiti con cui l’avevo abbandonato poche sere prima. C’era Michael e la sua camminata pesante, e i suoi occhiali da sole. Chi non c’era, invece, era Ashton.
«Dov’è?» domandai appena mi avvicinai, il tono abbastanza alto da farli sobbalzare.
Luke si voltò, mi guardò stravolto, e «Dio, Kendra» sospirò, prima di coprire in poche falcate la distanza che ci separava e avvilupparmi tra le sue braccia. Puzzava di sudore, di smog, di un odore che non era il suo. Puzzava di qualcuno che non mi apparteneva, che non riconoscevo, eppure lo strinsi lo stesso. Lo abbracciai perché sentivo quanto ne avesse bisogno, perché capisse che mi dispiaceva. Che dietro il mostro c’ero ancora io, che anche se l’avevo cacciato gli volevo bene, in fondo, e quell’affetto mi stava facendo impazzire, perché era la mia debolezza peggiore ed io non ne potevo più, di sentirmi debole. Ricambiai la sua stretta con forza per alcuni attimi e poi mi allontanai, guardai Michael. Non c’erano abbracci per noi, non c’erano parole – solo sguardi che dicevano tutto, che sapevano di “sono felice che tu sia vivo”.
«Che ci fai per strada, cazzo, è l’alba» sputò fuori Luke, a raffica, mentre riprendevamo a camminare insieme, stavolta verso casa sua.
Scrollai le spalle. «Non riuscivo a dormire, tanto tra un’ora mi sarei comunque svegliata per la scuola»
«Calum dice che non ci sei stata, a scuola, in questi giorni» Michael mi lanciò un’occhiata obliqua. Lui non lo sapeva, quanto mi distruggevo quando erano assenti.
«Avevo altro per la testa»
«Oggi è diverso?»
«Come avete fatto a parlare con Calum, se è appena l’alba?»
Luke portò una mano a scompigliarsi i capelli, a disagio. «Siamo arrivati ieri sera, eravamo da lui...» mormorò a bassa voce, lo sguardo ovunque tranne che sul mio viso.
Se le parole avessero potuto uccidere, io probabilmente sarei morta in quel momento, quella frase come una coltellata incandescente nello stomaco.
“Ieri sera”. Prima che io incontrassi Chester. Prima che decidessi di seguirlo solo per mettere a tacere il vuoto che gridava dentro di me, che mi corrodeva.
«Siete tornati ieri sera e non…» non riuscivo a finire neanche la frase, mi mancava il fiato.
Mi sentivo tradita e non sapevo neanche spiegare cos’era che provavo all’altezza dello stomaco, del petto. Una cosa però la ricorderò sempre, la sensazione di non riuscire neanche più a sentire rabbia oppure odio, di non sentire più nulla – ero completamente svuotata, come non ero stata mai.
«Non pensavo volessi vedermi. Non sapevo cosa aspettarmi» il tono di Luke era improvvisamente così duro, ed io che volevo solo urlargli che lo sapeva, che sarei sempre tornata da lui, ché non importava quanto mi impegnassi a fargli la guerra, lui sarebbe stato sempre casa mia. Non gli risposi, però. Rimasi immobile a guardare me stessa, le mie mani, il mio corpo di porcellana sul quale le crepe erano sempre più evidenti.
Forse però lo erano soltanto a me.
«C’è altro di cui preoccuparci adesso» s’intromise Michael, avvicinandosi e posandomi entrambe le mani sulle spalle, forse spaventato quanto me dalla mancanza di violenza nella mia reazione. «Si tratta di Ashton»
Mi sentii gelare il sangue nelle vene. «Cosa è successo ad Ashton?»
«Kendra… Ashton è finito in prigione»



#Chiara's corner
Hei people! Sto migliorando, non è passata neanche una settimana. In questi giorni sono stata più libera e ho deciso di impegnarmi parecchio, quindi ho portato avanti la revisione fino al nono capitolo - ergo, per le prossime tre settimane gli aggiornamenti saranno puntuali. Credo che arriveranno sempre tra il martedì e il giovedì, quindi stay tuned!!
Volevo solo dire poche cose riguardo questo capitolo:
1. Mi rendo conto che la scena con Chester forse è troppo veloce, immediata, per essere metabolizzata bene, ma credetemi, ho i miei perché;
2. Il capitolo è un po' più corto, ma... il cliffhanger finale? Cosa pensate sia accaduto? Fatemelo sapere in una recensione se vi va!!
È sempre bellissimo leggere i vostri commenti. Mi aiutano a trovar la volontà di continuare la storia.
Direi che per oggi è tutto, alla prossima!
Un abbraccio, xx


ps: se qualcuna di voi ha letto "Remember Me", che ne direste se la continuassi dopo aver concluso questa? Fatemelo sapere!
  
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