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Autore: BabaYagaIsBack    11/04/2018    2 recensioni
In un' Europa dalle atmosfere steampunk e in cui la Chiesa ha tutt'altre connotazioni, un ordine di esorcisti si dedica alla creazione di vânător, cacciatori del sovrannaturale. E' da loro che Katarina impara i rudimenti per affrontare tutti i mostri che popolano la notte più scura, prefiggendosi come obbiettivo ultimo quello di uccidere Dracul, il Re di tutti i Vampiri.
Districandosi tra personaggi bizzarri e situazioni estreme, Miss Bahun cerca di mettere fine alla linea di sangue creata dai fratelli Corvinus, ergendosi al di sopra di tutti gli altri suoi compagni. Eppure qualcosa non torna, una nuova minaccia sembra voler sovvertire tutto ciò che lei conosce e, improvvisamente, gli amici diventano nemici. Di chi fidarsi,quindi, quando il genere umano è in pericolo?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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III


 
La diligenza fermò esattamente di fronte all’enorme cancello in ferro battuto dietro cui, in tutta la sua inquietante imponenza, si ergeva l’ennesimo istituto gestito dal culto della Vergine Oscura. Miss Bahun recupererò la propria valigia e, al posto di correre al riparo dalla pioggia, si soffermò a fissare l’edificio in cui, per le settimane seguenti, avrebbe trascorso i suoi giorni. Dal basamento, di un marmo grigio scuro, una facciata gotica si andava ad innalzare per una decina di metri, intervallandosi qua e là da finestre bifore al cui interno il vetro doveva essere sabbiato, in modo da rendere difficile poterne scorgere gli ambienti oltre. Piccoli bassirilievi andavano a disegnare tra un piano e l’altro il racconto di come la Santa avesse dato il proprio sangue agli ecclesiastici, in modo che questi potessero sconfiggere il male e purificare le anime dei fedeli.
La struttura poi proseguiva la sua corsa verso il cielo, concludendosi in guglie di un marmo più pallido e scolpito, creando un gioco di boccioli e corolle di fiori simili a rose. Era, come anche le cattedrali dedicate alla santità del culto, un’opera d’arte fatta e finita, creata con il solo e semplice scopo di mostrare, a persone più o meno ignoranti, la bellezza di una donna capace sia di ammaliare che di soggiogare; sì, perché la Vergine Oscura altro non era che questo: una strega nascosta sotto il velo di una Santa. Katarina lo sapeva bene, aveva dapprima, nella sua fanciullezza più innocente, letto i libri sacri con ammirazione, poi nell’adolescenza con occhio indagatore e mente dubbiosa, infine da adulta con una criticità e sfacciataggine tutt’altro che consona al suo ruolo di esorcista. In tutto quel tempo era riuscita a disinnamorarsi della donna che tutti elogiavano a gran voce, implorando miracoli, ma era anche riuscita ad estraniarsi dalla fede che muoveva le mani e le armi di quelli come lei.
Miss Bahun sbuffò, distogliendo lo sguardo dalla struttura e la mente da simili pensieri. Doveva sbrigarsi ad entrare, sennò di quel passo avrebbe fatto attendere troppo la Madre Superiora e, di conseguenza, i suoi colleghi vânător. Afferrò la maniglia della valigia e, sotto agli occhi increduli del conducente, la sollevò senza alcuna fatica, quasi fosse ricolma di piume e non di armi e vestiti. Sistemandosi la bombetta con l’altra mano, iniziò a camminare verso il portone d’entrata, lì dove il silenzio sembrava farsi più fitto. Dall’esterno, l’enorme anta di legno non presentava alcun tipo di pomello, quasi le suore non volessero permettere alle persone di entrare nel loro mondo, nella sacralità di un luogo volto solo al servizio della Vergine. A Katarina sfuggì un sorriso. Sapeva che donne come quelle serbavano dentro di sé una sorta di gelosia e perversione nei confronti delle loro usanze, passioni e quant’altro, ma mai si sarebbe aspettata di vedere qualcosa del genere in una città come Londinium.
Con lo sguardo cercò intorno a sé una qualche sorta di campanello da utilizzare per annunciare la sua presenza al di là del portone e, dopo alcuni secondi, scorse una catenella sottile, al cui finire vi era appeso un ciondolo riportante il simbolo del culto, una doppia croce dalla cui metà si diramava un cerchio spinoso e due ali floreali. Tirò, aspettandosi il fastidioso suono di una campana che non arrivò. Doveva esserci, collegato a quella curiosa corda di metallo, un qualche marchingegno innovativo del tutto estraneo ai forestieri come lei, appartenenti a quello che veniva definito come il Continente Vecchio.

Attese in silenzio, continuando imperterrita ad indagare l’ingresso dell’Istituto, magari sperando di trovare qualcosa di strano o degno di nota da annotare nel proprio taccuino; in fin dei conti si trovava in una delle capitali più famose per la continua sete di novità e sperimentazioni. D’improvviso però, il suono di chiavistelli in movimento riportò le attenzioni di Miss Bahun sulla porta in legno difronte a sé, lì dove una piccola fessura andò ad aprirsi: al di là del buco, nulla. Katarina corrugò le sopracciglia. Possibile che non riuscisse a vedere niente di niente? Eppure con tutta quella luce, ben diversa da quella della luna, avrebbe dovuto scorgere anche il più piccolo dettaglio fuori posto.
Curiosa, mosse qualche passo verso il rettangolo che metteva in comunicazione il dentro con il fuori, poi in punta di piedi ed aggrappandosi con una mano al bordo, provò a dare una sbirciata. Non fece in tempo a mettere a fuoco ciò che vi era oltre l’apertura che due occhietti vispi fecero la loro comparsa, spaventandola appena. La vânător trattenne un gridolino, ma non riuscì ad impedirsi di mollare la presa e retrocedere qualche centimetro. Seppur addestrata a combattere e dover affrontare emissari del male, quando il sole era alto nel cielo riusciva ancora ad essere presa alla sprovvista dalle piccole cose, come la comparsa del viso di una suora in uno spicchio di vuoto.
«Desidera?» la vocetta squillante della donna attraversò il legno, pizzicando le orecchie di Katarina. Da quei pochi indizi, doveva trattarsi di una novizia, oppure di una gyakorló.
L’esorcista si schiarì la gola, calandosi al petto la bombetta infradiciata. Elegantemente compì un mezzo inchino, sforzandosi di sembrare il più educata e femminile possibile, doti che alle volte avrebbe voluto non dover possedere: «Ho un appuntamento con Sorella Sylvia Goldchild, sono la vânător mandata ad aiutarvi».
Le due pupille scure si misero a fissare con curiosità la figura di Miss Bahun che, spostando appena il cappello, mostrò, attaccato al colletto della camicetta, lo stesso marchio che loro portavano sulle tuniche e come ciondolo attaccato al campanello: la voglia della Vergine. Quello era l’unico, tra tutti i possibili dettagli, a distinguere i membri appartenenti ad un qualche ordine della Chiesa.
«Sì, vi stavamo aspettando. Attendete» e così dicendo, il rettandolo si chiuse, facendo tornare l’anta una lastra di legno anonima. Come era stato fino a poco prima, l’esorcista rimase sola con il rumore della pioggia scrosciante ed il suono delle ruote di carrozze e diligenze a correre sull’asfalto, nulla più. Fu inevitabile pensare, a quel punto, di ritrovarsi nel posto sbagliato. Katarina non amava i modi, alle volte burberi, di alcuni membri della chiesa; quella sorta di diffidenza perenne nei confronti delle persone come lei. Li sfruttavano per i lavori sporchi, per non macchiarsi del peccato d’omicidio, eppure non riconoscevano loro alcun merito -la fama e la gloria se li tenevano persino più stretti del Doppio crocifisso della Vergine. La Chiesa, più che un luogo di culto, stava diventando un luogo di lucro, in cui l’arroganza e l’avarizia avevano la meglio sulla fede. Seppur Miss Bahun non fosse una credente delle più devote -ma si potesse meglio definire come un’atea filo eretica- riconosceva negli scritti della Santa alcuni elementi degni di nota, benevoli, di origine pura; tutte cose che ogni giorno le sembrava di veder lacunose all’interno della condotta di Cardinali, Vescovi, Preti e Madri Superiore: solo i poveri, gli stolti ed i deboli potevano dire di aggrapparsi ancora ad una morale.
Indispettita sbuffò. Come al solito il cinismo aveva preso possesso dei suoi pensieri e, oltre a ciò, dopo tutte le ore di viaggio che aveva dovuto sopportare, circondata da sguardi sospettosi e bisbigli poco nascosti, era nuovamente a fare i conti con una snervante attesa.
Socchiuse gli occhi. Era stanca, in parte infreddolita, snervata e, anche se non lo avrebbe ammesso ad alta voce per non passare per una sadica, ansiosa di iniziare il lavoro e andare a caccia di qualche demon, in modo da sfogare tutta la sua frustrazione su di loro. Affondare un pugnale d’argento nella carne di quei mostri, o premere il grilletto mirando al loro cuore forse nemmeno pulsante, le dava un senso di appagamento che avrebbe potuto descrivere in pochissimi altri modi. Forse quella strana perversione era stata frutto di tanti anni passati a non fare altro che quello: combattere, inseguire, fuggire, cercare, uccidere. Non si sarebbe nemmeno potuta definire una passione, o un hobby, o qualcosa di trascendentale -era solo una conseguenza, un obbligo nei confronti del sangue che le scorreva nelle vene.
Il rumore di chiavistelli in movimento riportò Katarina alla realtà, cogliendola quasi di sorpresa. Veloce si rimise in posizione composta, attendendo che il battente si aprisse sull’interno dell’edificio. Ci vollero alcuni secondi, istanti che le misero una strana tensione addosso, ma poi tutto ebbe fine, rivelando di fronte a lei un lunghissimo corridoio illuminato sia dalla luce filtrante dalle finestre, probabilmente condotta fin lì da un cavedio interno, sia dalle lampade ad olio posizionate ritmicamente sulla parete opposta. Fu strano notare quanto spoglio fosse quel luogo, del tutto differente dai monasteri ed istituti presenti nella Capitale.
La donna rimase sulla soglia, scrutando imperterrita lo spazio presente fin quando, la stessa vocina e gli occhietti scuri che l’avevano accolta, non fecero nuovamente capolino nel suo campo visivo. Come previsto, davanti a sé la vânător si ritrovò una novizia. I capelli rasati da entrambi i lati, con una lunga treccia centrale che le arrivava fino a metà schiena, la veste di un beige slavato con inserti bianchi ad abbellirne la siluetta: tutto in quella ragazzina trasudava la tradizione del percorso che l’avrebbe condotta nelle schiere delle Suore Velate. A guardarla, Miss Bahun si rese conto che non doveva avere più di quattordici anni e che, seppur vestita in quel modo così austero, la sua fanciullezza non guadagnava alcun anno, ma al contrario la faceva apparire come una bambina nelle vesti materne. Fu impossibile non pensare che, nel giro di qualche anno, avrebbe dovuto coprire quel suo bel visino con la maschera dell’Ordine, diventando a tutti gli effetti membro del Culto.

«Sorella Goldchild vi aspetta nella serra. Potreste gentilmente seguirmi, dunque?» chiese la piccola, invitando la donna ad entrare con un cenno della mano. Rispetto a prima, i suoi occhietti non si alzarono nemmeno una volta verso il volto dell’ospite, ma rimasero piuttosto a vagare su un punto indefinito del suo cappotto: i bottoni? Le tasche? O forse il modo in cui la stoffa si lasciava increspare dalle pieghe? Ora che non era più protetta dall’enorme porta in legno doveva sentirsi soggiogata dalla presenza così singolare dell’esorcista. Poteva tranquillamente darsi che fosse la prima donna a ricoprire quel ruolo, che la piccola vedesse in vita sua, così come poteva semplicemente essere che l’aurea sprigionata dalla cacciatrice avesse una strana influenza su di lei; in fin dei conti, seppur non eccessivamente bella, Katarina poteva vantare un fascino in grado di trascendere i canoni dati dalla società -ovviamente però, non valeva per tutti.
Dopo qualche breve riflessione Miss Bahun annuì, abbozzando uno dei suoi sorrisetti deliziati. Poteva anche essere giovane, ma la novizia possedeva quella sorta d’innocenza in grado di stuzzicarle gli appetiti; in più, le vesti da caste e devote avevano sempre avuto una strana avversione sulle fantasie della vânător, per non parlare dell’imbarazzo che si impossessava spesso delle giovani con cui entrava in contatto.
Così, soddisfatta per aver ottenuto ancora una volta una reazione come quella, si lasciò guidare lungo tutto il corridoio, ammirando con più attenzione l’architettura austera della pietra ed il mosaico a toni caldi del pavimento, che creava un percorso a trama floreale in direzione del cuore della struttura. Era incredibile notare come, a differenza degli ordini religiosi composti da uomini, quelli femminili prestassero più attenzione a decorazioni meno opalescenti, legate in maggior modo alla figura della Vergine Oscura, nata in un letto di rose e trafitta dalle loro spine che, bevendone il sangue, avevano dato origine ai giardini del Paradiso.
Le due camminarono per pochi metri, impedendo all’esorcista di osservare l’evoluzione della trama, poi fecero qualche svolta in totale silenzio, giungendo infine alle porte della serra che altro non erano se non enormi vetrate sabbiate, rifinite a quel modo per non permettere ad occhi indiscreti di vedervi oltre, come se fossero conservati all’interno della stanza centinaia di segreti. La riservatezza di quel luogo diventava ogni istante sempre più apprezzato da parte dell’ospite che, in tutto quello, vi leggeva una specie di avvertimento: nessun occhio o voce avrebbe oltrepassato le pareti del monastero, lasciando tutto nelle mani della fede.

La novizia bussò e, subito dopo, si mise in posizione d’attesa: testa china, mani strette davanti al ventre e piedi vicini, tanto d’apparire come un piedistallo sotto alla tunica. Il modo in cui il suo corpo se ne stava rigido accanto alla porta aveva un ché di comico, una sorta di forzatura del tutto fuori luogo. Doveva essere però una caratteristica comune di tutte quelle persone ancora bambine, non del tutto sviluppate ed inserite in contesti e ruoli non consoni all’età.
Katarina ne fissò la postura, l’atteggiamento e solo a quel punto notò il modo in cui lo sguardo di lei cercava di posarsi sulla sua figura, senza però oltrepassare lo scollo del cappotto, come se temesse ciò che vi fosse dopo. Le pupille nere salivano dagli stivaletti lungo le calze, seguivano gli sbalzi della gonna per poi saltare sul tessuto e l’allacciatura del soprabito, bloccandosi all’altezza della curva appena accennata del seno, lì dove partiva la camicetta color panna. Un nuovo sorriso le allungò le labbra. Doveva aver realmente catturato la sua curiosità, tanto da farle compiere quelle piccole trasgressioni al regolamento comportamentale di una suora di basso rango.
Una voce, al di là del vetro opaco della serra, arrivò flebilmente alle loro orecchie, invitando l’esorcista a farsi avanti. Il suono che Miss Bahun percepì fu per le sue orecchie un delizioso squillo a ridosso dei timpani e, senza alcun indugio, ne seguì il richiamo aprendo la porta da sé, esattamente come se si trovasse a casa propria. Un’umidità insolita la schiacciò sotto al peso della pressione atmosferica e degli indumenti invernali, spaesandola per alcuni istanti in cui, stranamente, credette di essere sul punto di svenire. Stavano forse cercando di ucciderla? Come poteva un essere umano sopportare quello sbalzo climatico tra dentro e fuori?
La vânător si tenne forte al manico della propria valigia, cercando di ritrovare la lucidità e farsi abbastanza forza da procedere ancora di qualche passo.
Intorno a sé Katarina si accorse della moltitudine di piante tropicali presenti, dell’enormi foglie sospese qualche centimetro sopra la sua testa e degli steli sottili, capaci di sorreggere la chioma e sfidare il peso dell’umidità meglio di quanto potesse far lei.

Procedette di qualche metro, cercando di intravedere qualcosa nel fitto intreccio di rami che le si parava davanti ad ogni falcata. Era certa che ci fosse qualcuno lì dentro, e allora perché non riusciva a trovarlo? Forse perché era giorno, forse perché il suo umore era completamente diverso dall’emozione generata della caccia imminente; forse perché si trattava di suore, ma comunque stava di fatto chr non aveva la più pallida idea di come individuare Sylvya Goldchild lì in mezzo.
Si schiarì la gola, spostando l’ennesima foglia a penzoloni sopra di lei «Sono Miss Katarina Aranka Bahun, la vânător mandata dalla Capitale» disse, sperando che la voce che l’aveva invitata ad entrare si facesse nuovamente viva, indicandole la direzione da seguire per riuscire a trovare i presenti. Perdersi in una serra all’interno di un Istituto monastico, inoltre, sarebbe stata una cosa tanto ridicola quanto impensabile per una donna del suo calibro. Se si fosse saputa una cosa del genere, tra i suoi colleghi cacciatori, sarebbe diventata senza alcuna eccezione lo zimbello dell’Ordine; proprio lei che aveva ricevuto le migliori parole da parte dei Monaci Precettori quando si era votata alla causa!

D’un tratto, dietro all’ennesima palma in miniatura, apparve un piccolo spiazzo ricoperto dalle stesse piastrelle dei corridoi al cui centro, seduti attorno ad un tavolino con alcune sedie in ferro battuto, se ne stavano due uomini dall’aspetto singolare e al contempo conosciuto, insieme ad una bellissima donna dai lunghi capelli biondi, vestita con i colori e gli orpelli delle Sorelle Velate: la Madre Superiora.


Ania' Space
Finalmente è arrivato il terzo capitolo e, come certamente non vi aspettavate, non è successo assolutamente nulla di nuovo. Con il prossimo aggiornamento avremmo qualcosa di più discorsivo ed un approfondimento (utile) a ciò che sta succedendo a Londinium. 
Sappiate che sono aperta a qualsiasi tipo di osservazione, quindi non abbiate pietà! So che è una bozza, quindi c'è ancora da lavorarci, ma i consigli sono sempre ben accetti.

A presto, lettori ♥

 
   
 
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