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Autore: AlessandroConte    11/04/2018    0 recensioni
Storie varie brevi e lunghe, in prosa e in versi.
Genere: Generale, Poesia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AL  MASSIMO
 
“Sensazioni fantastiche, signori!” enfatizzava il pilota. “E supersensazioni con una piccola maggiorazione.”
Veramente io sono un giovanottone che non ha paura di niente. Dovrei essere da meno di quelli che vedo avventurarsi su quel trabiccolo che però vola da eccezione? Si impenna, cabra, sculetta e tutte quelle cose che piacciono a quelli che vengono qui sul campo di volo a guardare i coraggiosi.
Io non sono venuto con la ragazza, però con una ragazza posso tornarmene. Chi lo sa? Magari carina e spinta, hai visto mai?
Però non ho mai visto ancora chi ha pagato quel famoso supplemento.
Mi faccio avanti portafogli alla mano:
“Allora, quanto?”
“XY per 10 minuti e XZ per 15 minuti in volo super.”
“Io vado sempre a super” mi atteggio pagando XZ.
“Sta tranquillo” fa quello sorridendo. “Per te volerò ultrasuper.”
Mi fa imbarcare sul sedile anteriore, mi imbraga da tutte le parti e infine via sulle ali del vento.
Picchiata e lo stomaco va in gola, cabrata e gli occhi me li sento di fuori.
Quanto sono eterni 15 minuti di scossoni, avvitamenti, giri della morte e altre cosette che forse della morte sono peggio…
Scendiamo, o meglio lui scende. Io, aiutato, annaspo fuori alla meno peggio e mi butto sull’erba tipo straccio usato.
“Bello, eh?” fa lui. “Dillo in giro, ragazzo che sballo di sensazioni è.”
Io alzo debolmente una mano. Lui assentisce allontanandosi. Avrà pensato che lo rassicurassi col ‘non si preoccupi, lo farò’ ma io intendevo ‘lasciami prender fiato, brutto malfattore, e ti faccio vedere che ti faccio!’
 
Alessandro Conte
 
 
 
AMICI    
  
Che chiede l’amicizia? Sol rispetto
   e partigianeria spesso sfacciata:
   l’amico si difende a spada tratta
   propensi a discolpar le sue mancanze.
Aggiungi dedizione a tutte l’ore
e allora quel sentir si chiama AMORE.
 
Alessandro Conte.
 
 
 
LA  CUCINA
 
Lo fanno tutte; devo cercare anch’io un sistema per farmi sposare.
Mia madre dice che l’uomo va preso per la gola. Le mie amiche, nessuna esclusa, sono d’accordo che i maschi, se li vuoi incastrare, devi rivolgerti al loro centro direzionale, sì, l’affare. La conseguenza è che, se la democrazia non è semplicemente un’opinione, il sondaggio è risolto con la sconfitta di mamma.
Dedicatami, anima e corpo, alla cura dell’affare che ho per le mani, devo concludere: amiche mie, quante ne siete, andatevi a nascondere! Il mio fidanzato gradisce molto le mie premure sessuali ma, per quanto mi prodighi generosamente, non si è mosso di un pelino dalla sua posizione di scapolo e single. Quando gli ho prospettato la possibilità di fargli mancare ogni attenzione mi ha risposto che la mano destra non tradisce mai. Ma guarda un po’. E che faccio, adesso?
Vuoi vedere che ha ragione la mia mammetta? Da ora in poi nel fornire le mie prestazioni darò la precedenza alla gola.
Io e Gianni siamo abituati a passare insieme i week-end ospitandoci a turno.
Per quanto ho detto sopra, di punto in bianco Gianni mio non si vede propinare più pastina col formaggino e carne in scatola, ma qualcosa di elaborato che mi costa più impegno e dedizione, proprio come facevano le mamme di famiglia di una volta.
Scruto con ansia le sue reazioni: si mette a mangiare come al solito e non sembra notare la ventata di novità culinaria che ho apportato al nostro ménage.
Nelle due settimane che trascorrono fino a riceverlo di nuovo, studio molto, dall’Artusi a Vissani, e mi sento chef quanto loro nel cimentarmi: odori, presentazione e gusto lo devono stuzzicare a dovere, fargli capire che una moglie come me non si trova con frequenza.
Il momento giunge: lo stovigliame, bello e classico, me lo ha prestato Stefy, due piani sotto, e incornicia cannelloni in due salse, anatra al cartoccio con ortaggi variopinti e mousse semifredda. Nel tutto, annaffiato da un costoso Bordeaux, i colori e le forme sembrano comporsi secondo canoni d’arte contemporanea.
Come avevo fatto l’altra volta, cerco di interpretare le reazioni del mio futuribile marito. Costui, quando le cose gliele vuoi proprio far capire, capisce: ammira le decorazioni sgranando lo sguardo, aspira dilatando le narici per saziarsi preventivamente con i profumi e procede, senza fretta, a deliziare il palato. Mi guarda e mùgola, mentre con la mano è come se dicesse: “Che bontà, ma senti un po’ che roba…”
È una indegna sceneggiata! Ha mangiato la foglia e mi prende in giro atrocemente vanificando tutte le mie premure.
Non so più se lo voglio veramente.
Nell’incertezza e in attesa di verificare ciò che desidero davvero per il mio avvenire, mi impegno più del solito nell’attività sessuale che ci concediamo dopo pranzo.
Nel fine settimana seguente tocca a lui ospitarmi. Prima sorpresa: non ci fermiamo da Mc Donald ad approvvigionarci: niente pizzette, arancini e coca-cola? Mi dice che l’avermi vista cucinare con tanta buona volontà lo ha indotto a riflettere. Vuole che cucini da lui come farebbe una moglie? Vuoi vedere che la strategia materna sta vincendo?
Sbagliato, e mi viene quasi da piangere mentre sto in poltrona e lo guardo sfaccendare nel ruolo di una qualsiasi casalinga.
L’approntare piuttosto in fretta mi fa capire ch’è tutto improvvisato e c’è un’altra cosa che si nota subito: non c’è posto per le apparenze e per gli allettamenti visivi. Checchè ripetano a ogni piè sospinto tutti i luminari del fornello, qui l’occhio non ha da pretendere alcunchè.
In meno di un’ora si mangia: tortellini alla carbonara e spezzatino di petto di tacchino tirato alla birra. Il vino è buono pur senza essere niente di risonante e sia i piatti che i bicchieri sono quelli di sempre, di plastica.
Certamente non mi metto a mugolare ma non posso fare a meno di apprezzare il pranzo come merita. Col dispendio al minimo in tempo e soldi, senza ammannirmi nulla di eclatante, nè concedere all’occhio alcuna parte, era tutto squisito.
Arriva anche il dolce in parallelo col resto: tre tipi di tortine sbriciolate fatte con farina di mandorle, cocco e castagne, con cioccolato e miele. Non sono stata capace di stabilire quale fosse la più deliziosa.
“Gianni” ammetto, umile, umile, “ho capito da tempo che a te piacciono i fatti e la sostanza più che la forma.”
“E mi piace inventarmi l’esistenza con un po’ di fantasia senza copiare mai quello che continuano a sbagliare gli altri in nome di abitudini e tradizioni che, per dirla alla Mughini, aborro."
“Sesso o mangiare, che preferisci?” sparo.
“Senza sesso non riuscirei a godermi un rapporto affettivo.” Penso subito alle mie care amiche; avevano ragione. “Però” lui continua, “fatto sesso, c’è tempo in abbondanza per apprezzare tutto il resto che ci emoziona e ci dà sfizio; e fra questo il mangiare predomina.” Mando un bacio alla mamma e alle sue verità.
“Ci sposeremo mai, Gianni?” chiedo.
“Perchè farlo? L’essere sposati ci farebbe vivere diversamente?
Io in casa mia non voglio nessuno per più di due giorni consecutivi e figli non ne voglio. Quindi… Ma, tutto questo non te l’ho sempre detto?”
È vero. La colpa è mia che vado cercando strategie per forzargli la mano e imporgli schemi di vita che non accetterebbe mai.
Sta nascendo un ‘uomo nuovo’ che non è possibile abbindolare facilmente col sesso e col mangiare, desideroso di rapporti sociali ma, al contempo, capace di vivere in solitudine senza troppe sofferenze. I sistemi di un tempo hanno funzionato così bene con i nostri antenati, fino a nonne e padri e, per lo più, vanno ancora bene. Non funzionano, però, su tipi come Gianni.
Sapete che vi dico, amiche? Sai che ti dico, mamma? Le astuzie femminili che si sono sempre usate, quelli alla Mirandolina del Goldoni, per me non vanno bene. Come il mio compagno, voglio essere ‘nuova’ anch’io. Io, Gianni, quanto più lo conosco tanto più lo voglio. Pure a me piace essere indipendente, senza compiti banali e ripetitivi che non arricchirebbero nè me, nè lui.
Sono una donna nuova, ve l’ho detto?
 
Alessandro Conte
 
 
 
IL  PEDINAMENTO
 
Mi accorgo che qualcuno mi sta seguendo.
È buio e questa nebbiolina non mi fa guardare troppo lontano. Sto cambiando via più volte apposta per verificare se questo sospetto è fondato. Un uomo mi sta seguendo, seppure da lontano. Sta ripetendo i miei passi e io vado a zigzag fra le strade.
Devo chiedere soccorso. Guardie, neanche l’ombra. Sto col telefonino, lo guardo e non mi decido. Lo rimetto in tasca.
Che avrei potuto dire? Sto andando a trovare il mio amante. E se lo viene a sapere mia moglie? Quella è capace di andare dall’avvocato per una cosa simile. E chi mi salverebbe più?
Poi sono un omone grande e grosso e dovrei sapermi difendere.
Mi fermo e sento per un attimo lo scalpiccio neanche tanto lontano. Si è fermato pure lui.
È da quando sono uscito di casa che mi segue. Possibile che la mia metà mi stia facendo pedinare?
Mi tolgo le scarpe e, pazienza, corro silenziosamente sul selciato umidiccio. Corro, corro e credo che svoltando e, al contempo, andando dove devo, avrò fatto un buon mezzo chilometro. E la nebbia, allora, che ci sta a fare? Può andare anche a mio vantaggio ora che devo seminare questo qui.
È andata. Non si sente più nessuno e la casa di Pietro è qui vicino.
Prendo le chiavi e apro. Me le ha date perché è l’unica possibilità di stare un po’ insieme.
Lui è single. Tutto gay, non come me che sono mezzo e mezzo.
È tutto spento e lui non c’è.
Mi do una ripulita ai piedi e mi sistemo esausto sul lettone che ha accolto spesso le nostre manifestazioni affettive.
Chissà dove sta il birbone. Vuoi vedere che il fatto di non averlo frequentato per due settimane lo ha buttato fra le braccia di un altro? Mi giurava che sarebbe stato tutto per me.
Ecco, sta aprendo.
“Mario!” fa mentre io dal letto gli sorrido. Ogni proposito di ritornare tutto ètero mi passa all’improvviso. Mi si stringe e quasi piange:
“Perdonami, Ma’. Non riuscivo a sopportare che mi avessi lasciato. E telefonare non mi azzardo con tua moglie che potrebbe subodorare qualche cosa.
Ti ho fatto le poste.
Venivi da me, tesoro, mentre io cercavo di starti dietro e scoprire dove andavi a razzolare.”
La felicità di scoprire che non c’è nessuno che vuole farmi la pelle nel buio è tale che non riesco a fare altro che cedere alle attenzioni del mio Pietro ridendo come uno scemo.
 
Alessandro Conte
 
 
IN  VOLO   
 
Quando la mia ragazza con dolcezza
mi guarda di lontan fra tanta gente
sospira e sembra dir: “Ti voglio bene”.
Io solo fra di lor sono il prescelto
e mi sento fra tutti il solo alato.
Con la mia bella spiccherò dei voli,
consueti a tutti quelli che l’amore
sì intensamente vuol marchiare a fuoco,
ma che tanto per me sono speciali
   da ritenermi il solo sulla terra
   che l’ali al firmamento ognor disserra.
 
Alessandro Conte
 
 
LE  LOCANDINE                         
 
“Come hai potuto farmi questo? Sei o non sei mio figlio?”
“Perchè, cambiando nome non lo sono più?”
“Intendevo dire, mi sei affezionato come un figlio deve al padre?”
“Ma certo. Noi non siamo solo parenti, siamo amici.
Però in campo artistico si può assumere un nome d’arte, lo sai bene. Tu da Lorenzo Gnotti all’anagrafe sei per tutti Lory Gnotti. Io ho cambiato di poco: Gnotta ed Emy invece di Emilio, proprio come hai fatto tu.”
“Ma che stai dicendo? Emy Gnotta? Sei figlio di Mignotta, sì o no, per chiunque ci voglia scherzare sopra? Io che figura ci faccio?
Una carriera che finisce negli sghignazzi.”
“Perchè, di chi sono figlio, oltre te?”
“Che c’entra? Fra artisti non c’è obbligo di fedeltà. Si è innamorata di un altro. Può succedere, no? Sono stato fortunato che non ha insistito per tenerti, così noi due siamo rimasti insieme.
Siamo amici, come dicevi tu.”
“Girala come vuoi, ma le cose non cambiano.”
“Emy Gnotta?”
“Emy Gnotta! Hai visto le locandine ... , tremila pezzi già stampati.”
“Te li pago io, preferisco. Ti prego, pensaci.”
”Pensaci tu, papà. Ci ridono sopra? Bene. Ne parlano tutti con sghignazzi? E che vogliamo di più? Aspetta, fammi dire.
C’è per un artista alle prime armi la speranza di essere notato subito? Io, forse, così ci riesco.
Se ti vuoi abbinare la tua carriera potrebbe guadagnarci.”
 “Tu dici? E come?”
“È così, papà: devi stringere i denti e farli parlare; te lo devo dire io?
Mi è venuto da pensare a mamma mignotta e tac, ho pensato a queste locandine.   
Io cresciuto senza mamma, e tutti ne parleranno; io educato solo dal papà che, fra me e il lavoro, si è sacrificato tanto e la gente non farà altro che parlarne; la madre, così snaturata, che fine ha fatto? E la cosa non desta curiosità? Eccetera, eccetera.
Ci sistemiamo per la vita, papà, e a perderci sarà solo lei. E ben le sta.”
“Mi sa che ci’hai ragione, figlio di Gnotta che non sei altro.”
“Dovremo tutto a quella buona donna, dovunque sia.
Un bacio, mammà, e scusa tanto se ogni riferimento è puramente voluto.”
 
Alessandro Conte
 
(Grazie a chi apprezza. Vi do appuntamento a mercoledì prossimo, 18 aprile, con altre storie)
   
 
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