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Autore: foschi    11/04/2018    11 recensioni
«Facciamo una promessa, Taro!» esclamò stoppando il pallone ed attirando la curiosità dell’altro. «Ovunque ci troveremo, saremo sempre amici!»
Misaki aveva sorriso, stringendo la mano che l’altro gli aveva porto «Saremo sempre amici.»
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Io e te ~ Crescendo insieme'
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Ma se tu vai via, porti i miei occhi con te

 

 

 

 

Titolo: Ma se tu vai via, porti i miei occhi con te

Rating: Giallo

Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale

Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Taro Misaki/Tom Becker

Pairing: Shonen-ai

Avvertimenti: Nessuno                                          

Note dell’autore: Credo che il rapporto tra questi due personaggi sia stato poco approfondito da Takahashi: erano molto uniti e profondamente legati da piccoli. Quando però si incontrano al Campionato di Parigi non c’è più quel legame - o meglio, non ci sono piú accenni - e per questo ho cercato di immaginare come possano reagire appena si riuniscono.

Ringrazio sempre AngelRoses1987, Sato, Mahlerlucia, AryaDream, Victoria Buchanan e Uptrand per il loro sostegno ^^

Spero sia di vostro gradimento! ♥

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hikaru non sapeva come comportarsi: la vista di Misaki sembrava riavvolgere il nastro del tempo, riportandolo indietro, quando ancora erano bambini e giocavano insieme nell’Hokkaido; quando la sorpresa di rivederlo al campionato delle elementari aveva subito lasciato il posto ad una felicità sconosciuta, mossa dal desiderio di fargli vedere quanto fosse migliorato negli anni.

Ora invece era lì davanti a lui come nuovo membro della squadra, ma allora perché non avvertiva che quel senso di lontananza fra di loro? Perché Taro l’aveva guardato solo di sfuggita. Non l’aveva fatto apposta, Misaki era ancora il ragazzo timido e buono che ricordava, ma era possibile che l’avesse dimenticato?

Non ignorò la fitta al cuore quando lui e Tsubasa si scambiarono uno sguardo d’intesa, sembrava ci fosse solo il numero dieci e per un momento desiderò che non fosse tornato in squadra. Digrignò i denti dandosi dello stupido: forse si era illuso nel credere che la loro amicizia sarebbe durata per sempre, il neo giocatore della Nazionale l’aveva rimpiazzato con il capitano.

 

 

 

*****

 

 

Seduto sulla panchina fuori dall’albergo, Hikaru guardava il cielo coperto da nubi che oscuravano il pallore argenteo della luna. Gli ricordava il cielo dell’Hokkaido quando minacciava neve e, per un momento, rimpianse quella massa bianca e soffice che copriva ogni cosa, celandola allo sguardo.

Non era facile spiegare perché si sentisse così, ma sapeva solo che, ovunque Taro andasse, i suoi occhi lo seguivano, come se non potessero fare a meno della sua figura e questo lo frustrava: era palese che a Misaki non interessasse nulla di lui, che preferisse la presenza di Tsubasa, allora perché non riusciva a placare il ritmo di quel cuore che batteva velocemente? Mai come in quel momento avrebbe voluto sprofondare in quella coltre gelata.

«Matsuyama.» una voce calma e dolce lo fece sussultare; non si aspettava che qualcuno lo raggiungesse e questo un po’ lo infastidiva, voleva stare da solo con sé stesso, riuscendo ad accettare che Taro l’avesse dimenticato!

Si voltò lentamente, il cipiglio irritato lasciò presto il posto alla sorpresa: cosa ci faceva l’ex giocatore della Nankatsu lì, in piedi accanto a lui?

«Misaki?!» Il giovane sorrise, sedendosi in silenzio accanto al compagno. L’atteggiamento di Hikaru era strano e questo lo rendeva perplesso: lo ricordava come un ragazzo energico, sempre circondato dai compagni con cui aveva un profondo legame, perché ora invece era così taciturno e solitario?

«Va tutto bene, Hikaru?» il difensore sussultò: Taro l’aveva chiamato per nome, proprio come faceva quando erano bambini. Era convinto che l’avesse ignorato, invece l’aveva osservato per tutta la giornata! Un accenno di sorriso felice si aprì sul volto.

«Sì, perché?» distese le gambe, lanciando uno sguardo di sottecchi all’altro. Un silenzio imbarazzato era caduto fra di loro: che il ragazzo fosse a disagio si vedeva dal modo in cui si muoveva sulla panchina, sembrava che avesse qualcosa da dirgli.

Sospirò mentre lo sguardo tornava al cielo: doveva essere lui a sbrogliare la situazione, altrimenti il giocatore non si sarebbe mai aperto, probabilmente per non ferirlo, perché aveva capito che qualsiasi cosa avesse da dirgli riguardava lui!

«Ti ricordi quando ci siamo visti per la prima volta, Taro?» una nota malinconica serpeggiò nella voce.

Il centrocampista sussultò voltandosi stupito, mentre i suoi occhi nocciola si rispecchiavano in quelli stranamente dolci del compagno; un sorriso timido si disegnò mentre alla memoria riaffiorava il loro primo incontro, in  un pomeriggio di pallido sole autunnale.

 

 

Aveva undici anni quando si era trasferito nell’Hokkaido con suo padre: non era un problema per lui, era abituato a seguire il genitore e spostarsi da un luogo all’altro, circondandosi di amici che poi era costretto a salutare. Gli dispiaceva, certo, ma ogni volta sapeva che avrebbe trovato nuovi amici e, quel pomeriggio, il suo sguardo si era posato sul gruppo di ragazzini che giocava a calcio. La passione e la grinta che ci mettevano gli aveva fatto provare il desiderio di essere lì in campo.

«Papà, posso andare a giocare con quei ragazzi laggiù?» aveva chiesto indicando il campo al genitore che, alzato lo sguardo dalla tela, aveva annuito. Con un sorriso era corso verso di loro: gli bastava poter giocare a calcio per stare bene.

 

Aveva stoppato la palla uscita fuori campo con un piede, lasciando perplessi i presenti:

«E tu chi sei?» un ragazzino che doveva avere la sua età si era fatto avanti, lo sguardo diffidente ma fiero, da leader e questo l’aveva colpito subito.

«Sono Taro Misaki, mi sono appena trasferito qui, nella regione di Hokkaido, molto piacere.» ed a quella breve presentazione aveva fatto seguito un inchino.

«Io sono Hikaru Matsuyama, capitano di questa squadra, il Furano. Piacere di conoscerti!» aveva esclamato orgoglioso.

Taro aveva timidamente abbassato lo sguardo sul pallone: «Posso unirmi a voi? Anche io gioco a calcio.»

«Davvero?» aveva chiesto sorpreso il giovane Hikaru «Mi piacerebbe vedere di cosa sei capace! Voi che ne dite, ragazzi?» Gli interpellati avevano annuito: erano più che orgogliosi di aver Matsuyama come capitano, aveva sempre a cuore la loro opinione ed aveva sempre tenuto grande considerazione di loro.

Il nuovo arrivato aveva sollevato lo sguardo sugli occhi del coetaneo che ora lo guardava con un sorriso accennato, non ne era sicuro ma  presto sarebbe nata una grande amicizia.

 


 

«Sì, mi piaceva stare con te.» La voce del calciatore si era abbassata, il volto era diventato più scuro; sebbene fosse felice di rivederlo, sapeva che qualche scusa avrebbe dovuto porgergliela: aveva trascurato la loro amicizia e doveva avergli fatto male sentirlo così distante, Matsuyama ci teneva ancora al loro legame.

A quelle parole Hikaru si era completamente voltato verso di lui sorridendo: Taro stava  lottando con i sensi di colpa, era troppo buono per non averne.

In un gesto spontaneo gli prese le mani fra le sue, stupendo il ragazzo che posò gli occhi lucidi su di lui.

«Ti ricordi la nostra promessa, Taro?»

 


«È vero che domani vai via?» Aveva chiesto il giovane Hikaru con le sopracciglia aggrottate, calciando il pallone verso l’amico; non gli andava molto a genio che Taro se ne dovesse andare, gli piaceva stare con lui: era bravo a giocare e c’era un’intesa perfetta tra di loro, perché si dovevano separare così?

«Sì, mio padre ha finito il suo dipinto e domani partiamo.» nemmeno a lui andava molto di doversene andare, gli piaceva stare con Hikaru.

«Facciamo una promessa, Taro!» esclamò stoppando il pallone ed attirando la curiosità dell’altro. «Ovunque ci troveremo, saremo sempre amici!»

Misaki aveva sorriso, stringendo la mano che l’altro gli aveva porto «Saremo sempre amici.»

 


Una lacrima sfuggita al suo controllo bagnò la guancia del numero undici: erano ancora amici, nonostante l’avesse trascurato, soprattutto dopo aver conosciuto Tsubasa? Lo meritava ancora? Sapeva quanto Hikaru fosse leale, ma come poteva continuare ad esserlo dopo che lui stesso aveva rotto l’intesa che avevano prima di incontrare l’ex attaccante della Nankatsu?

«Cosa siamo ora, Hikaru?» e mentre sussurrava quelle parole, le mani  strinsero quelle dell’altro, aveva bisogno di conferme.

Gli occhi si sgranarono, un lampo di perplessità li attraversò: «Quello che siamo sempre stati, amici!»

Taro si gettò tra le braccia del compagno, felice che nulla fosse cambiato. Hikaru lo strinse a sé: a lui era bastata quella conversazione per restaurare il loro rapporto. Ma allora perché il cuore aveva preso a battere più forte, ora che il compagno era così vicino?

«Stai bene, Hikaru?» Matsuyama lo guardò perplesso, in attesa di spiegazioni.

Misaki si sollevò, posandogli una mano sul petto «Ti batte forte il cuore.»

E l’ex-capitano del Furano sentì, per un secondo, quel muscolo perdere un battito: ora capiva perché desiderasse la presenza del compagno! Non era una semplice amicizia a legarlo a lui, era qualcosa di più profondo a cui doveva ancora dare un nome. Avvicinò il volto a quello dell’altro, lasciando che le fronti si sfiorassero e la distanza fra le loro labbra si annullasse. Taro non si ritrasse, ora era il suo cuore a battere forte e tutto quello che voleva era rimanere lì con lui.

 «Adesso va tutto bene.» sussurrò e questa volta fu l’ex centrocampista della Nankatsu a riunire le labbra in un bacio che, inconsciamente, avevano atteso da tempo.

 

   
 
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