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Autore: Lorelei95    13/04/2018    2 recensioni
Zachary incontra Viktor in aeroporto ai nostri giorni. E fanno la fine di cane e gatto.
Ah sì! Hanno un viaggio transoceanico da sopportare.
Volgarità e insulti ne conseguiranno.
~
L’uomo stava praticamente ringhiando, complice il tono profondo della sua voce e l’evidente arrabbiatura: senza escludere ovviamente il pesante accento russo che lo faceva vagamente assomigliare ad un ex membro del KGB e nemmeno così ex.
E poi si domandava come avesse potuto spaventare in quel modo due povere ragazze...
Bè, forse lo sfregio su una buona metà del viso poteva aiutare.
Genere: Commedia, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Viktor Bojanovič Mickalov
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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За ва́ше здоро́вье

 
Note dell'autrice: nel testo comparirà il simbolo * . Per specifiche leggere la fine del capitolo, insieme alle note di chiusura
 
2 ore di anticipo +
3 ore di attesa +
7 ore e 20 di viaggio effettivo +
il ritardo accumulato lungo la tratta a causa dei forti venti contrari =
una mezza giornata buttata in vacca.
 
Aveva portato pazienza in aeroporto, giustamente comprendeva la situazione.
Era stato accondiscendente rispetto alle procedure di imbarco e aveva cercato di non portare sigari a bordo come l’ultima volta -aspetto di cui si pentiva perché già riconosceva il tiro familiare della necessità nei polmoni-.
Ma no, non aveva avuto il suo tanto ambito posto vista finestrino in cui si sarebbe goduto numerose, necessarie ore di sonno, perché doveva tenere il cervello nei pantaloni e adesso era incastrato col più irritante, il più fastidioso, il più seducente uomo che avesse incontrato nell’ultimo anno. Oscillava tra il forte desiderio di strangolarlo per godersi qualche minuto di meritato riposo e l’insana voglia di levargli tutti quegli strati di dosso che in confronto il pendolo di Foucault gli faceva un baffo.
Sospirò, cercando di sistemarsi più comodo sul sedile, distendendo le gambe e cambiando posizione subito dopo, accavallandole, le braccia incrociate sul petto e poi una appoggiata al separé che aveva rinominato ‘non-così-tanto-separé’.
Quando era stanco cominciava a fare voli pindarici con la mente che potevano tranquillamente gareggiare con le strisce di coca che tirava su di tanto in tanto, soprattutto se doveva continuare a lavorare e non poteva dormire.
O doveva continuare a scopare e non poteva dormire.
O doveva scopare per lavoro e non poteva dormire.
O scopava sul lavoro e non poteva dormire.
Insomma, un sacco di ‘o’.
Un gemito frustrato salì dalla sua sinistra. “Seriamente. La smetta. La sento pensare e non deve farlo così spesso se riesco a sentirla. E stia fermo. Sto cercando di dormire.” Il russo, che aveva scoperto chiamarsi Mickalov -almeno, così gli era parso di aver capito dallo stuart che stava consegnando asciugamani riscaldati dopo la cena- sembrava ancora più arruffato di un’ora prima: probabilmente era dovuto al fatto che Zachary aveva dato il meglio di sé e mantenuto la conversazione con ogni hostess e stuart gli capitasse sotto mano, parlando con un tono più alto del necessario, tutto mentre l’uomo lo pugnalava con gli occhi più e più volte.
Sarebbe stata una bella puntata in C.S.I.
Ma solo se mettevano Grissom.
Però anche Horatio..
“Continuo a sentirla pensare.” Gli ringhiò e Zachary per tutta risposta sfregò il culo sulla pelle del sedili creando fastidiosi cigolii.
Altri pugnali a forma di occhi.
O occhi-pugnali.
Sbattè le palpebre: da quanto non dormiva?
Un altro gemito e stavolta non poté trattenersi dal ridere, vedendo l’altro sfregarsi i palmi sugli occhi come a volerlo cancellare dalla vista.
Quel dommage.
“La pianti immediatamente di ridere!” L’uomo era totalmente voltato verso di lui, gli occhi azzurri lo dardeggiavano -oh! Aveva finito i pugnali?- e la bocca era piegata in una smorfia arrabbiata. Se guardava bene poteva notare una vena pulsare appena sopra il sopracciglio destro.
Ah, i giovani e la loro assenza di pazienza!
Furono zittiti dalla nonna col chihuahua e il suo ridere si trasformò in una tosse fintissima.
“Devo aver fatto qualcosa di male..” Gli sentì borbottare in russo; ebbene sì, conosceva il russo. Quale uomo d’affari del XXIesimo secolo non sapeva il russo? Uno pessimo.
Zachary si sporse appena, notando che finalmente l’uomo si era liberato almeno della giacca, restando però costretto nel gilet del tre pezzi.
“Suvvia, non esageri. Poteva andarle molto peggio. Potevo essere un sabotatore e prenderla in ostaggio.” Non disse ‘terrorista’ perché gli americani avevano un radar particolare per il termine, soprattutto su un aereo.
La sorpresa fu evidente sul suo viso per circa 5 secondi, prima che cancellasse l’espressione e gli offrisse un’occhiata non impressionata.
“Prendermi in ostaggio? Non ne sarebbe in grado.” Fece un sorriso compiaciuto, l’angolo delle labbra arricciato in una perenna presa in giro. “Non certo con quella pancia.” Aggiunse, col suo tono basso e strafottente.
Zachary rimase a bocca aperta, guardando prima lui poi la propria pancia. “Io non sono grasso!” Sibilò, incrociando le braccia sul petto sulla difensiva. “E’ appena un accenno di pancia, nulla più.” Specificò, un mezzo ringhio.
Rimase sorpreso quando lo sconosciuto fastidioso proruppe in una grassa risata, sguaiata, ma sinceramente divertita. Istintivamente un sorrisetto salì sul viso di Zachary, apprezzandone il suono.
L’uomo si ridimensionò presto, ma mantenne una scintilla compiaciuta negli occhi e la sua espressione era ancora rigida, ma leggermente aperta.
“Sembra che non rida da diverso tempo, nonostante si stia divertendo ai danni del mio scultoreo fisico sensibile.” Disse curioso, studiandolo con attenzione.
L’altro arrossì in risposta e la bocca mantenne il ricciolo di risate finché non guardò altrove.
“Non avevo dubbi lei fosse un buffone. Come tutti gli americani.”
Eccolo di nuovo, quel sogghigno furbo e quella presunzione di superiorità.
“E come tutti i russi, lei sa essere un discreto fastidio nel culo.” Rispose a tono, sogghignando. “Scusi il francesismo.”
Quello aggrottò la fronte e roteò gli occhi. “Lei è uno zotico, volgare e grasso.”
Zachary ridacchiò, appoggiando il gomito al ‘non-così-tanto-separé’, mento sulla mano, espressione sognante in viso. “I miei pregi migliori, sono così profondamente commosso lei li abbia notati.”
L’uomo non riuscì a trattenere il sorriso divertito, anche se provò a nasconderlo dietro alla mano. “Buffone.” Ripetè, mordicchiandosi il labbro inferiore incapace di trattenere il divertimento.
Zachary si distrasse sulla sua bocca e si leccò le labbra: bè, se tanto non poteva dormire, almeno far fruttare il tempo a disposizione, giusto?
“E’ ancora troppo presto per i nomignoli affettuosi,” disse con malizia, “puoi chiamarmi solo Zachary.” Non potè trattenersi dal fargli l’occhiolino e ottenne un delizioso rossore.
“Come si permette di darmi del tu.” Borbottò, riprendendo il controllo facilmente, complice l’irritazione per la mancata formalità forse?
Zachary ridacchiò, ancora invadendo lo spazio neutrale del separé, allungando poi la mano destra per presentarsi. “Pardonnez-moi, prometto di tornarle a dare del lei. Credo che, nonostante tutto, non ci siamo ancora presentati correttamente. Zachary Jordan Lefevre, per servirla.”
Tenne la mano tesa mentre studiava l’uomo valutarlo, guardando prima alla sua mano e poi al suo viso, vedendolo sospirare infine, come se si stesse arrendendo.
Esagerato.
“Principe Viktor Bojanovic Mickalov,” disse con orgoglio, il mento leggermente inclinato all’insù mentre si presentava, una sorta di riflesso di superiorità nel corpo; tuttavia accettò la mano e la strinse e Zachary non potè non notare le dita lunghe e ben curate del giovane, immaginandosele in contesti poco ortodossi per essere appena alle presentazioni, anche se al solito non scambiava certo le informazioni personali.
Scosse la testa, per mantenersi lucido, la mente che galoppava per la mancanza di sonno, lasciando andare la presa prima che iniziasse istintivamente a creare ghirigori invisibili sul dorso della sua mano col pollice.
Era sempre stato tattile; Ebony dall’alto della sua laurea in Psicologia direbbe che era dovuto al fatto di non essere mai stato toccato amorevolmente nell’infanzia. Si accigliò al pensiero perché, nonostante le avesse detto mille volte di non usare i suoi trucchi magici da strizzacervello per psicoanalizzarlo, lei continuava a farlo.
Sbuffò e si passò una mano tra i capelli, come se l’azione potesse rinfrescargli la mente e in parte ci riuscì. “Principe di cosa per l’esattezza? Perchè se non ricordo male lo zar è assente già da un po’.”
Fece un sorrisetto, curioso di sapere di più sul russo, anzi Viktor.
Viktor arricciò il naso alla menzione dello zar e agitò la mano spazientito: “Non mi faccia pensare alla Rivoluzione. Morti di fame mossi da intellettuali sull’onda di chissà che idee, lo sanno solo loro. Fatto sta che la mia famiglia appartiene all’antica nobiltà russa.”
“Intende l’antica e decaduta nobiltà russa,” precisò Zachary per infastidirlo ancora, divertendosi troppo alle sue reazioni.
Viktor infatti non mancò di guardarlo male, roteando gli occhi come se stesse avendo a che fare con un idiota. Che forse era, ma -ehi!- anche gli idioti hanno dei sentimenti.
“Fatto sta,” ripetè Viktor, “che lei deve chiamarmi Principe.” Sorrise compiaciuto, come si stesse aspettando proprio quello.
“Oh, mi creda, mio caro Viktor,” sillabò lentamente il suo nome, “non ho certo intenzione di chiamarla così. Come ho detto in precedenza, è ancora presto per i vezzeggiativi, teniamoli per la camera da letto.” Disse malizioso, passandosi la lingua sui denti e non mancando di notare come Viktor seguì il movimento con molta attenzione, prima di riscuotersi dal torpore momentaneo e aggrottare le sopracciglia, sibilando: “Come si permette lei..” Strinse i denti con rabbia e lo guardò col veleno negli occhi.
Zachary ridacchiò, allungando le gambe e facendo segno ad un’hostess di avvicinarsi. Mentre quella arrivava, riprese a parlare: “Non mi dica che è omofobo. Capisco che la Russia non è esattamente il luogo più adatto per vivere appieno la propria sessualità, ma da quanto ho potuto cogliere lei sembra viaggiare parecchio qui negli States e avere certe..limitazioni mentali può soltanto comprometterle gli affari. E non mi sembra uno sprovveduto.”
L’hostess finta bionda -perchè il mito di Marilyn non morirà mai, l’importante è evitare la ricrescita- arrivò e offrì un sorriso che doveva essere costato discretamente alla sua assicurazione sanitaria, domandando di cosa avesse bisogno e se la sua esperienza non lo ingannava stava proponendo extra fuori menù. Ora, le hostess o lo avevano preso per uno sprovveduto totale o per un uomo decisamente abbiente. E non avrebbe negato nessuna delle due opzioni.
“Tesoro, io e il signore qui,” fece segno a Viktor, che lo stava osservando alquanto sorpreso, “abbiamo la gola secca. Saresti così gentile da portare due bicchieri e una bottiglia di vodka. E preparati un bel cocktail con un ombrellino in cima, che ne dici? Mettilo pure sul mio conto.” Zachary le fece l’occhiolino e quella ridacchiò, annuendo e lanciandogli alcune occhiate mentre tornava in cabina.
Tornò a Viktor che lo stava ancora fissando, la bocca in una linea dura.
“Che c’è?” Chiese dopo alcuni minuti che quello non faceva altro che guardarlo, come lo stesse vivisezionando con quei suoi occhi taglienti.
Tamburellò le dita sul ‘non-così-tanto-separé’, prima di spazientirsi ancora una volta. “Cosa c’è? Il gatto le ha mangiato la lingua?”
Viktor sembrò disincantarsi e lo guardò negli occhi, leccandosi le labbra sottili subito prima di parlare, con tono sommesso e profondo, come colto nel mezzo di un lungo silenzio che ispessisce la lingua.
“Non riesco a giudicarla.” Disse semplicemente, come se quella frase fosse sufficiente a spiegare il tutto.
Zachary aspettò per ulteriori chiarimenti, ma non arrivarono così fu costretto a domandare. “Cosa intende esattamente con ‘Non riesco a giudicarla’?”
Viktor sbuffò, come se fosse innervosito per la propria affermazione piuttosto che con la lentezza di comprendonio dell’altro.
“Si è comportato come un buzzurro in calore per buona parte del tempo e si è intromesso più volte nei miei affari.” Zachary alzò un sopracciglio al suo essere in calore, che era un semplicemente un flirt perpetuo, e al fatto che lo aveva dovuto calmare in aeroporto prima che arrivasse la sicurezza come ‘intromettersi nei suoi affari’, ma non disse nulla.
“E’ fastidioso e irritante.” Viktor prese a giocherellare con un anello sul suo mignolo, rigirandolo sul dito con il pollice.
“Ciononostante è discretamente intelligente, ma non tende a dimostrarlo. E ha buone capacità analitiche. E fascino..” Sembrava che gli costasse dire quelle cose, come se stesse mostrando il fianco.
Viktor lo guardò negli occhi. “Poi torna a pensare col cazzo.”
Zachary roteò gli occhi, ma non trattenne la risata. “E io che credevo ci fossero dei complimenti nascosti nelle sue parole, come sono ferito.” Portò una mano alla fronte e finse una smorfia di rimpianto -sarebbe stato un grande attore in un’altra vita-.
Finalmente furono serviti, un bicchierino di vodka a ciascuno di loro due.
“E’ così che faccio affari. Fai credere a tutti di essere un coglione e sarà troppo tardi quando li starai inculando.” Disse, alzando il bicchiere sperando in un brindisi.
Viktor ci pensò, facendo ondeggiare il liquido trasparente.
“Potrei ricordarmelo la prossima volta che devo ottenere un contratto,” ammise ancora pensieroso.
“Potrei insegnarle qualche trucco, Principe.”
Viktor allora tornò a guardarlo e fece un sorriso ferino, riflesso negli occhi zaffiro, che non stonava affatto sul suo viso ferito, anzi.
Alzò il bicchiere: “За ва́ше здоро́вье.*”
À votre santé.
 
*Alla vostra salute
Note di chusura: giunsi! Ok, non abbiatemene se ci ho messo tanto, ma la mia salute ha fatto abbastanza schifo per non dire il resto.
Che altro posso dire? Ah sì! Amo questi due perdutamente. Davvero. A me fanno morire dal ridere, soprattutto perchè Zachary è un coglione e Viktor ha bisogno di ridere per il suo bene. Se il capitolo vi è piaciuto recensite che aiuterà ad andare avanti <3 grazie a tutti quelli che hanno letto e grazie al Vodka&Inferno per farmi scrivere di loro!
P.s. A fine aprile esce il secondo volume Baciami, Giuda. Non fatevelo nemmeno dire e correte a comprarlo!
  
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