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Autore: _MyHeadIsAnAnimal_    16/04/2018    1 recensioni
Come gli alberi spogliati delle loro fronde dal vento autunnale,
come la neve candida si scioglie sotto ai caldi raggi del sole,
come gli steli d'erba piegati sotto il peso dei nostri passi,
come i frutti del tarassaco volano via con un soffio,
così il mio cuore quando tu te ne vai.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come frutti di tarassaco

 

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Come gli alberi spogliati delle loro fronde dal vento autunnale,

come la neve candida si scioglie sotto ai caldi raggi del sole,

come gli steli d'erba piegati sotto il peso dei nostri passi,

come i frutti del tarassaco volano via con un soffio,

così il mio cuore quando tu te ne vai.

 

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9 Agosto 2016

 

Cammina veloce tra la gente, il vassoio saldamente stretto tra le mani per cercare di non far rovesciare niente a terra. Ormai ha perso il conto dei viaggi che ha fatto dal bancone ai tavoli e viceversa, potrebbero essere venti come cento; si sposta automaticamente, le sue gambe si muovono mantenendo un passo veloce e le parole escono meccanicamente dalla sua bocca: “Buonasera!”, “Ecco a voi!”, “Buon proseguimento!”.

È stanca, è tutta la sera che lavora senza sosta, si è concessa solamente cinque minuti di pausa, il minimo necessario per bere qualcosa e rinfrescarsi, per poi tornare subito a servire.

Ogni volta è sempre la stessa storia, arriva all'ultima serata e l'unica cosa a cui può pensare è “chi me l'ha fatto fare?”. Sono ormai cinque anni che, puntualmente, ogni estate si offre come volontaria per aiutare durante le serate di beneficenza organizzate dal suo piccolo paese nonostante ogni volta si riprometta di non farlo più. Non è che non le piaccia, anzi! vive per queste cose, ma ne esce sempre stremata.

«Marti ti vogliono al bar!» la richiama un'altra delle cameriere che incrocia mentre torna da un tavolo.

La ringrazia velocemente dell'avviso e torna a passo spedito al bancone dove c'è un ragazzo ad aspettarla; lo conosce, hanno scambiato qualche parola in quei pochi momenti di calma, ma non ha mai avuto più di tanta confidenza con lui.

«Dimmi» esordisce avvicinandoglisi, posa il vassoio, ora vuoto, sul ripiano, «Hai bisogno di qualcosa?» chiede approfittandone per rifarsi la coda, alcune ciocche dei lunghi capelli biondi sono sfuggite come sempre dall'elastico.

Gli occhi del moro la osservano con attenzione prima di parlare: «Mi potresti fare un favore?» chiede appoggiando i gomiti sul bancone per avvicinarsi a lei, «Se ti do le chiavi della macchina andresti a prendermi il telefono? Mi sono dimenticato di prenderlo quando sono arrivato» ammette passandosi una mano tra i capelli.

La sua richiesta è semplice, non richiede nemmeno uno sforzo. E allora perché lei si ritrova sorpresa dalla sua domanda? In fin dei conti avrebbe potuto chiedere a chiunque altro di aiutarlo, molte altre persone con cui è più in confidenza, ma è proprio a lei che ha chiesto un aiuto.

«Okay» risponde dopo un attimo di esitazione, «Dove hai parcheggiato?».

Il ragazzo sfila dalla tasca posteriore dei pantaloncini un mazzo di chiavi e lo porge alla ragazza che, in cambio, gli affida il vassoio -non ha intenzione di lasciarselo rubare visto che è quasi impossibile trovarne altri grandi come il suo-.

«Hai presente il monumento? Ecco, tenendo la chiesa alla tua destra segui la strada fino alla prima curva, là c'è una casa arancione. Ho parcheggiato lì di fronte.» spiega velocemente «La macchina è una Golf nera» conclude prima di ringraziarla velocemente e di tornare al lavoro.

«Andrea!» cerca di richiamarlo lei ma ormai il giovane è ritornato nel retro e non l'ha sentita.

Si rassegna all'idea di dover ispezionare tutta la macchina prima di trovare il telefono e s'incammina seguendo le indicazioni che le sono state fornite pochi istanti prima.

Una volta arrivata davanti alla casa arancione Martina si ferma. Ci sono due Golf nere.

«Merda» sussurra impanicata, controlla il mazzo nella speranza di vedere tra le sue mani una di quelle chiavi con il pulsantino per l'apertura da lontano del veicolo ma rimane delusa nel constatare che non c'è.

Mai che la fortuna sia dalla mia parte!” pensa avvicinandosi alla prima auto. Si guarda intorno assicurandosi che non ci sia nessuno nelle vicinanze, “Ci manca solo che mi scambino per una ladra d'auto e siamo a posto”.

Inserisce la chiave nella toppa e prova a girare ma il movimento viene quasi subito interrotto da un blocco. Non è lei.

Si sposta verso l'altra macchina e ritenta. Quando sente lo scatto della serratura sorride e apre la portiera. Infila la testa all'interno e subito un forte profumo si insinua nelle sue narici, è intenso, quasi fastidioso, e le solletica il naso. Allo specchietto retrovisore è appesa una piccola collana floreale, come quelle hawaiane, per il resto gli interni sono ordinati e puliti. Guarda sul piccolo ripiano nel cruscotto ma del telefono neanche l'ombra, così come nei due scomparti delle portiere e nel piccolo portaoggetti sotto la radio. Controlla nei sedili posteriori ma neanche lì c'è traccia del cellulare.

Sbuffa. Si sente in soggezione e, in un certo senso, anche a disagio nel mettere le mani in cose non sue.

Fa un ultimo tentativo, prova con il vano portaoggetti del cruscotto, il piccolo sportello si apre con un 'click' e rivela alcuni documenti disposti ordinatamente al suo interno, sopra di essi vede l'oggetto che sta cercando.

«Finalmente!» esclama mentre lo afferra e richiude lo scompartimento.

Prima di rimettersi in piedi si accorge che il profumo, che le aveva dato fastidio appena entrata, è diventato piacevole ora che si è abituata.

Richiude con attenzione e si incammina verso la festa, il cellulare stretto in mano.

Una volta ritornata al bancone aspetta pazientemente che qualcuno finisca di preparare le ordinazioni prima di richiamare la sua attenzione: una signora un po' grassottella ma dall'aria simpatica le si avvicina quando si accorge di lei.

«Dimmi cara, ti serve qualcosa?» chiede gentilmente approfittando della piccola pausa per bere un bicchiere di acqua.

«Potresti chiamare Andrea, per favore?» risponde sorridendo.

«Certo, torno subito!» la donna la lascia da sola ad aspettare per poi scomparire nel retro del bar, pochi secondi dopo al suo posto compare Andrea.

Sta pulendo gli occhiali con la parte bassa della maglietta e Martina non può fare a meno di notare come il ragazzo non abbia un fisico scolpito con tanto di tartaruga definita, al contrario un po' di pancetta spunta dalla zona lasciata scoperta.

«Trovato?» chiede andandole incontro, le lenti ingrandiscono leggermente i suoi occhi quando vengono riposizionate al loro posto.

«Ho dovuto cercare un po' ma alla fine ce l'ho fatta!» esclama sorridendo la giovane.

«Grazie Marti!» risponde facendole un occhiolino mentre lei gli torna sia il cellulare che il mazzo di chiavi.

Recupera il vassoio che il ragazzo le ha lasciato sopra il banco e, dopo averlo salutato, torna al lavoro.

 

 

Il momento che preferisce di più del lavorare alle serate di beneficenza è la parte finale, quando non deve più servire e può, finalmente e meritatamente, godersi la serata e divertirsi con i suoi amici.

Come ogni anno, appena staccato corre in bagno a cambiarsi con Letizia, la sua migliore amica, indossando una semplice tutina verde militare al posto dei pantaloncini e della maglia dell'evento. Dopo essersi truccate le due amiche tornano alla festa dirigendosi subito verso l'area allestita per i giovani, una band sta suonando dal vivo e la voce del cantante risuona armoniosamente nell'aria.

«Che fine avevi fatto prima?» chiede la castana a Martina mentre la segue facendo slalom per raggiungere la cassa, dopo una dura serata di lavoro vogliono ricompensarsi con qualcosa da bere.

«Andrea mi ha chiesto di fargli un favore» risponde velocemente lei evitando per un pelo di scontrarsi con il bicchiere di birra pieno fino all'orlo e alquanto oscillante di un ragazzo.

«Eh?» Letizia è sorpresa, «Cosa ti ha chiesto di fare?» continua subito andando più a fondo nella questione, è una cosa che ama fare: indagare; ed è ancora più entusiasta quando si tratta dello scoprire tutti i possibili gossip delle sue amiche.

«Ma niente Leti! Mi ha semplicemente chiesto se potevo andare a prendergli il telefono in macchina» le spiega mettendosi in coda, c'è un sacco di gente e lei non può che esserne felice in quanto ciò indica la buona riuscita dell'evento.

«Non farmi quella faccia ammiccante, non è successo niente!» si difende ridendo e colpendo sulla spalla l'amica che continua a farle strane smorfie.

«Sarà, ma secondo me ci sta provando. Avrebbe potuto chiedere a chiunque e invece ha voluto proprio te!» Letizia calca sulle ultime due parole e inizia a colpire sul fianco l'altra ragazza con il gomito nonostante sappia benissimo quanto la infastidisca quel gesto.

«Dio mio Leti!» quasi urla esasperata, ogni volta che interagisce con un ragazzo deve ingigantire la situazione e farsi filmini mentali che poi, puntualmente, non si avverano mai.

«Huh, la fila si muove, vai avanti!»

Le due avanzano continuando a chiacchierare, fortunatamente è riuscita a cambiare argomento: ora stanno parlando del vestito della corista della band che la fa sembrare una palla da discoteca da quanto è pieno di lustrini che si illuminano sotto la luce dei riflettori puntati sul palco.

«Ehi, guarda chi sta venendo verso di noi!»

La sua attenzione si sposta subito verso il punto in cui sta guardando la sua amica, Andrea sta avanzando tra la calca a suon di gomitate proprio verso di loro.

«Vado a lasciare la borsa nel magazzino.» Letizia ne approfitta e la lascia da sola, si allontana velocemente dopo averle fatto un occhiolino.

«Ciao!» Andrea si ferma a fianco di lei e le sorride, le loro spalle si sfiorano, «Devi prendere qualcosa da bere?» chiede notando che si sposta in avanti verso la cassa quando la coda si muove.

«Sì» risponde lei sciogliendo la coda, ora i suoi capelli ricadono in morbide onde sulle spalle e le incorniciano il volto.

«Vieni con me.» non fa in tempo a metabolizzare le parole del moro che la sua mano viene afferrata e stretta da quella del giovane che si fa largo tra la folla in direzione del bancone dove, qualche ora prima, avevano parlato.

«Cosa prendi?» le chiede una volta raggiunto l'angolo meno gremito di gente vicino l'entrata nel retro del chiosco.

«Un mojito?» la sua esce più come una domanda che come un'affermazione, «Ma non serve, sul serio! Posso pagarlo!» cerca di rifiutare l'offerta ma il ragazzo la interrompe subito.

«Non dire sciocchezze! Sono in debito con te e devo ripagarti per il favore di prima.» conclude prima di infilarsi nel retro e ritornare qualche minuto dopo con in mano due cocktail, raggiunge la ragazza e gliene porge uno.

«Andiamo a sederci in un posto un po' più tranquillo?» domanda iniziando a sorseggiare la bevanda alcolica osservandola da sopra il bicchiere.

Oddio. Sa cosa vuol dire, ha visto più volte gente appartarsi, non è nata ieri.

Come qualche ora prima si ritrova a chiedersi “perché?”, lei non è mai stata quel tipo di ragazza che viene notata. Certo, non si reputa brutta ma sa anche che, comunque, ci sono molte altre giovani più belle ed appariscenti di lei.

Andrea è ancora fermo, sta aspettando una risposta. Quando vede che tentenna le sorride e le dice, avvicinandosi un poco al suo orecchio, «Avrei sempre voluto parlare con te ma non sono mai riuscito a trovare l'occasione giusta...» si allontana dal suo corpo e, indicando il monumento con un cenno della testa, continua «Ed ora ho finalmente una scusa e, credimi, non ho intenzione di lasciarmela sfuggire».

Martina lo guarda, gli occhiali si sono leggermente alzati a causa del sorriso che solca il suo viso. È… Stupita, non se l'aspettava di certo una cosa del genere.

«Okay» afferma quindi stringendo il bicchiere tra le mani, che tremano leggermente per l'agitazione. “Chissà cosa dirà Letizia quando lo verrà a sapere! Probabilmente “Te lo avevo detto!”, già me la immagino” pensa immaginando già la conversazione che avrà con l'amica quando le racconterà cosa è successo.

Lui si affianca a lei e, dopo averle posato la mano sinistra a metà schiena, la spinge lievemente seguendola subito dopo. Si avviano a passo svelto verso una delle panchine nel piccolo prato che circonda il memoriale; non è troppo lontano dalla festa, la gente deve passare di lì per andarsene e questo la tranquillizza un po'.

Si siedono, alla loro destra c'è la strada che li separa dai festeggiamenti, sulla sinistra il monumento si eleva alto verso il cielo creando una lunga ombra proprio nella loro direzione. La musica arriva attenuata, il chiacchiericcio delle persone che aspettano impazienti la mezzanotte per godersi lo spettacolo dei fuochi d'artificio fa da sottofondo in un primo momento, quando nessuno dei due parla.

Stanno entrambi sorseggiando il loro drink, lo sguardo fisso davanti a loro. I capelli di Martina sono mossi dalla leggero venticello che si è alzato, alcune ciocche fluttuano un po' nell'aria prima di riposarsi in modo scompigliato sulle sue spalle, cerca più volte di sistemarli senza però riuscirci.

«Allora, che programmi hai per la prossima settimana?» il silenzio che si era creato tra di loro viene rotto dalla voce di Andrea che si è sistemato meglio sulla panchina in modo da poterla osservare, «Adesso che la festa è finita avrai un sacco di tempo libero!» scherza, le sorride prima di tornare a bere dal suo bicchiere.

«In realtà nessuno...» inizia lei, ma viene subito interrotta da una ciocca di capelli che le finisce quasi in bocca e dalla conseguente risata proveniente dal giovane al suo fianco. Si gira completamente verso di lui e porta tutta la sua folta chioma sulla spalla destra in modo che non venga più arruffata dal vento. «Dicevo, non ho programmi, a parte studiare ovviamente. La sessione è quasi finita ma mi mancano ancora due esami».

Si blocca di colpo. Ha già iniziato a parlare troppo, lo sa. La cosa è più forte di lei, ha sempre avuto questo vizio e non è mai riuscita a toglierselo. Sa anche che in quel preciso momento sta arrossando, le sente, sente le sue guance che si riscaldano assumendo il caratteristico colore rosso.

«Cosa studi?» non sembra infastidito, si è girato anche lui verso di lei e le sta dedicando tutta la sua attenzione.

«Beni culturali, sono al primo anno» appoggia a terra il bicchiere, ormai vuoto, mentre risponde. È contenta di vederlo interessato a lei, alla sua storia, «Tu invece cosa fai?» chiede.

«Ho una mia azienda agricola, con una stalla e parecchi campi da coltivare.» gli si illuminano gli occhi mentre le spiega qual è il suo lavoro. Aveva sentito qualche volta lui e i suoi amici parlare delle loro occupazioni, molto probabilmente una volta, ad una delle cene dei collaboratori dell'evento di beneficenza, aveva persino assaggiato dello yogurt prodotto proprio da lui con il latte delle sue vacche ma non ne è del tutto sicura.

«Wow» è sul serio sorpresa, non immaginava che un ragazzo così giovane potesse avere un'azienda tutta sua, «Anch'io quando ero piccola avevo una stalla, ma scommetto che la tua è molto più grande.» dice ripercorrendo con la memoria gli anni passati. Rivede una bambina, con i capelli talmente biondi da sembrare bianchi, rincorrere il nonno mentre va in stalla a mungere le mucche e sorride al ricordo.

«In effetti è abbastanza grande, ho 120 capi e 60 ettari di terra ma conto di aumentare entro il prossimo anno.»

«Sì, è decisamente molto più grande di quella che avevo io!» entrambi scoppiano a ridere.

 

 

«Dici sul serio? O mio Dio, non ci credo!» la risata del ragazzo si diffonde nell'aria.

«Giuro! Se non ci fosse stato mio zio sarei stata investita da quel pony.» si stringe le ginocchia al petto mentre racconta ad Andrea la sua disavventura con quel piccolo cavallo. Le viene da ridere mentre ricorda la scena anche se, all'epoca, era scoppiata a piangere dalla paura.

«Avrei voluto esserci!» Martina lo spinge per la spalla e lui finge che gli abbia fatto male. Dopo i primi minuti di conversazione un po' impacciata si sono subito sciolti iniziando un lungo discorso sulle loro disavventure e storie più o meno comiche, entrando così in sintonia; entrambi si sono messi più comodi, seduti uno di fronte all'altro, la ragazza tirando sulla panchina i piedi e piegando le gambe mentre il ragazzo incrociando le gambe.

«Credimi, è stata una delle esperienze più spaventos-» non riesce a finire la frase che un botto esplode nell'aria facendole prendere uno spavento, la mano appoggiata sopra il cuore cercando di calmare il battito accelerato.

«Sono iniziati i fuochi!» esclama lui alzando lo sguardo verso il cielo, lei alza la testa e punta gli occhi verso le mille scintille colorate che illuminano la notte.

Si sono seduti di nuovo appoggiando la schiena sullo schienale della panchina, a dividerli lo spazio dove prima c'erano le loro gambe.

Le esplosioni si susseguono velocemente creando degli intricati disegni sul cielo, le luci di vari colori si alternano ad ogni scoppio e della cenere finissima fluttua nell'aria fino a raggiungere il suolo, delle nuvolette di fumo coprono il cielo scuro dopo ogni botto.

Martina sente lo sguardo di Andrea su di sé, probabilmente si starà rendendo ridicola ad osservare lo spettacolo pirotecnico con occhi incantati e con la bocca aperta ma non può farci niente. Ha sempre amato guardare i fuochi d'artificio.

«Sono bellissimi.» sussurra cercando di non dare peso agli occhi del giovane puntati insistentemente ancora su di lei.

«Già.» risponde lui con voce flebile. Si è avvicinato un po', ora le loro spalle si sfiorano.

Quando finalmente lo spettacolo finisce la giovane è più che consapevole del cambio di atmosfera che c'è stato, la spensieratezza che fino a qualche minuto prima li aveva accompagnati ora è stata sostituita da una specie di elettricità, quasi un fastidioso senso di attesa. E lei non sa se esserne felice o meno, perché sa. Sa che cosa potrebbe succedere da un momento all'altro, ma non è questo che la spaventa. Quello che le fa più paura è la battaglia che sta avendo luogo dentro di lei: da una parte vorrebbe con tutta sé stessa che succedesse, dall'altra è allarmata perché crede di non essere all'altezza delle aspettative. In fin dei conti nei suoi quasi vent'anni di vita ha baciato una sola volta un ragazzo e, sicuramente, lui ha molta più esperienza.

Senza muovere la testa, sposta il suo sguardo dal cielo verso di lui senza farsi notare. Lo vede. È indeciso, sembra quasi diventato timido tutto ad un tratto. È come se anche dentro di lui ci fosse in corso una battaglia.

«Io… Dovrei andare, Letizia mi starà sicuramente cercando.» esclama lei, raccoglie il bicchiere da terra e si alza.

Il giovane la imita e si ritrovano entrambi in piedi, lui la supera di qualche centimetro, forse una decina.

«Grazie» dice indicando con un cenno il bicchiere, «Ci vediamo!» si incammina superando le basse aiuole che delimitano l'area del monumento.

«Martina!» il suo tono di voce è quasi urgente.

Si volta verso il ragazzo che, fermo nello stesso punto, la fissa ancora.

«Ci sarai alla cena?» chiede facendo un passo verso di lei. La sua figura è in ombra ma è quasi del tutto certa di aver visto i suoi occhi illuminarsi mentre parlava.

Annuisce sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. L'aria è aumentata e un brivido di freddo le percorre la schiena, le gambe e le braccia scoperte vengono ricoperte dalla pelle d'oca.

«Allora, ci vediamo là!» la sua sembra quasi una promessa.

Martina si volta e si incammina verso l'area giovani, parecchie persone si dirigono nella direzione opposta alla sua, probabilmente intenzionate a ritornare a casa. Cerca con lo sguardo l'amica e, una volta intercettata, si dirige a passo svelto verso di lei.

Sì, ci vediamo là.”

  
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