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Autore: Nana_13    17/04/2018    1 recensioni
Prof. McGranitt: Molto bene. Tutti sapete, naturalmente, che Hogwarts è stata fondata più di mille anni fa dai due maghi e le due streghe più famose dell'epoca: Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso, Cosetta Corvonero e Salazar Serpeverde. Ora, tre dei fondatori vivevano in grande armonia tra loro. Uno, invece no...
Cosa è successo realmente? Perché Salazar ha lasciato il castello?
Scopriamolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cosetta Corvonero, Godric Grifondoro, Salazar Serpeverde, Tosca Tassorosso
Note: Otherverse | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Altro contesto
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Capitolo 3 – Rowena Ravenclaw
 
“Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio, se siete svegli e pronti di mente, ragione e sapienza qui trovan linguaggio che si confà a simile gente.” 

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Anno Domini 954, Scozia
 
La neve cadeva lenta fuori dalla finestra e il suono morbido del suo poggiarsi riusciva a rilassare la mente di Rowena Ravenclaw.
Era china da ore su un antico tomo di aritmanzia, cercando di decifrarne il contenuto, quando un brivido freddo lungo la schiena la distrasse dai suoi studi.
Solo in quel momento si accorse che la candela che aveva portato con sé era ormai del tutto consumata, così si alzò dalla sua posizione e, sgranchendosi un po’ la schiena, si diresse verso la cassettiera accanto alla finestra dove le domestiche riponevano le candele di riserva.
Fu allora che lo vide. Proprio lì, in mezzo al parco ricoperto di neve fresca, un uomo a cavallo si stava avvicinando alla villa.
Portava un mantello color smeraldo e un cappello nero e floscio che gli copriva parte del viso, ma Rowena l’avrebbe riconosciuto tra mille.
Lascio perdere il tomo di aritmanzia e la candela consumata e si diresse di corsa all’entrata.
Quando arrivò, ansante, vide che suo padre stava già dando il benvenuto al nuovo arrivato; poi, senza essere vista, si diede un contegno e ritrovò la sua compostezza, prima di avvicinarsi a lui.

“Salazar Slytherin.”

Un grosso sorriso si dipinse immediatamente sul viso del ragazzo non appena la vide. I due si salutarono calorosamente e lui le baciò la mano.

“Rowena, è davvero un piacere vederti. Sei ancora più bella di come ti ricordassi.” Si complimentò Salazar in modo galante, facendola arrossire. Si conoscevano da quando erano bambini, il padre di Salazar era alle dipendenze della sua famiglia, e dopo la loro partenza, avevano mantenuto i contatti soltanto con delle lettere via gufo. Era bello rivedersi di persona dopo così tanto tempo.

“Vogliate perdonare i miei modi inopportuni, mio lord, ma non ho potuto fare a meno di sentire i vostri discorsi e soprattutto notare l’arrivo di questo giovane.”

Un uomo dall’aria pomposa era appena sceso dalla scalinata principale, interrompendo l’idilliaco momento. Aveva una voce melliflua e strascicata, un naso adunco e un lungo pizzetto riccioluto a coprirgli il mento.

Rufus Ravenclaw, il padre di Rowena, provvide subito a presentare i due uomini. “Barone, lasciate che vi presenti un vecchio amico di famiglia, Salazar Slytherin.”

Il barone fece appena un cenno con la testa, stringendo poi gli occhietti neri su Salazar; poi suo padre riprese: “Salazar, questo è il Barone McHarlan, nostro ospite per questa notte.”

Salazar lo salutò con garbo e prese a squadrarlo anche lui, così Rowena decise di mettere fine a quella storia.

“Perché non vieni nello studio con me, Salazar. Avrai bisogno di riprenderti dal lungo viaggio e  scaldarti dopo tutta questa neve.” Detto questo prese il braccio del suo vecchio amico, trascinandolo nell’altra sala.

“Un tipo bizzarro quel Barone.” Sogghignò Salazar, vedendola sospirare.

Lei alzò gli occhi al cielo esasperata. “Non me ne parlare. Lo avrò rifiutato un centinaio di volte, eppure continua imperterrito a tediarmi con assurdi discorsi sul nostro matrimonio…”

Salazar alzò un sopracciglio. “Matrimonio?”

La strega però scosse la testa e, con aria stanca, si lasciò cadere su una poltrona di fronte al camino; poi gli rivolse uno sguardo più acuto. “Piuttosto dimmi, cosa ti porta qui dopo tutti questi anni?”

Salazar accennò un sorriso e prese a spiegarle il suo maestoso progetto su una scuola di magia. Rowena ne era già a conoscenza, ne aveva parlato molte volte nelle sue lettere, ma ora sembrava come se qualcosa avesse reso i sogni di un bambino possibili. O meglio, qualcuno.

“Come hai detto che si chiama?” gli domandò.

“Godric. Godric Gryffindor. È un vero talento, non ho mai incontrato qualcuno come lui… a parte te, forse.” Si corresse alla fine, sogghignando in un modo che la fece arrossire. “Perciò sono qui. Per dar vita al mio progetto ho bisogno di tutto l’aiuto possibile, e chi meglio della strega più dotata, geniale e creativa di tutta la Scozia?”

Gli occhi di Salazar brillavano di luce propria mentre raccontava la sua idea. Era così entusiasta che Rowena non poté fare a meno di imitarlo e infiammarsi anche lei all’idea di collaborare alla realizzazione del suo sogno; oltre al fatto che sapeva benissimo quale oscuro momento stavano passando i maghi e le streghe di tutto il paese e che quindi sarebbe stata più che lieta di aiutare quelle povere persone. E poi solo il fatto che avesse bisogno del suo aiuto e delle sue capacità era un motivo più che valido per convincerla.

“Va bene.” Disse infatti. “Mi unirò alla tua causa.”

Salazar saltò in piedi, esultando e facendola ridere. “Sapevo che avresti accettato, ne ero sicuro sin dall’inizio.” Aveva un sorriso a tutta bocca come Rowena non gli aveva mai visto; poi si fece più vicino e le prese le mani, tornando serio. “Tu non hai idea di quanto questo sia importante per me.”

I loro occhi si incontrarono e Rowena si perse in quel ghiaccio così limpido. Per la prima volta in vita sua era senza parole, completamente rapita da quello sguardo così fiero e determinato.

“Le nostre menti, così come le nostre capacità, unite a quelle di Godric… Potremmo davvero farcela Enna.”

Il cuore di Rowena perse un battito quando lui pronunciò il vecchio soprannome che usavano da bambini, e annuì felice.
 
-o-
 


"Mens dominatus potentia"
(La mente prevale la forza) -RR


Anno Domini 998, Scozia.
 
Lo sguardo di Helga era sconcertato. Se ne stava lì che la guardava con la bocca semi aperta e Rowena poteva quasi sentire gli ingranaggi del suo cervello che lavoravano in cerca di una spiegazione.

“Come sarebbe… tu sei… aspetti un bambino?” balbettò infine.

Rowena annuì con aria mesta, distogliendo lo sguardo verso la finestra. Una neve leggera, la prima dell’anno, cominciava a scendere giù dal cielo e a posarsi sul davanzale. Le era sempre piaciuta la neve. Anche se in quel momento provava una profonda tristezza.
Avendo notato il suo stato d’animo, le mani di Helga si poggiarono delicatamente sulle sue. “Raccontami cosa ti è capitato. Vuoi?” chiese esitante, mostrandole il suo sorriso più cordiale.
A quel punto Rowena non poté rifiutarsi e poi sapeva di poter contare su un’amica fedele come Helga.

“La notte in cui sono andata via ero intenzionata a tornare da mio padre, ma…” fa un grosso sospiro, il solo ricordo la spaventa ancora. “A poca distanza dalla villa l’ho incontrato, era tornato ancora una volta a chiedere la mia mano.” Gli occhi di Rowena le si riempirono di lacrime che non riuscì più a trattenere.

Helga era confusa. “Perdonami cara, di chi stai parlando?”

Rowena prese un bel respiro per calmarsi prima di rispondere. “Il Barone. Lui… ha provato a parlarmi, ma ero troppo sconvolta per la storia di Salazar e l’ho respinto in malo modo. Devo averlo offeso tremendamente, così mi ha lanciato un incantesimo immobilizzante e poi mi ha… rapita.” Confessò infine. Era così doloroso rivivere quei momenti che le parole le uscivano a malapena di bocca.
Helga però era famosa per la sua pazienza e senza metterle fretta rimase tutto il tempo ad ascoltare, in silenzio.

“Mi ha portato nel suo palazzo.” Riprese Rowena dopo un attimo di esitazione. “E mi ha rinchiusa in una stanza nei sotterranei. Mi ha tenuta lì dicendomi che se non avessi acconsentito al matrimonio non avrei più rivisto la luce del sole. Ovviamente aveva rubato la mia bacchetta e non avevo modo di fuggire.”

Helga, sconvolta, si portò una mano al petto. “E sei rimasta lì tutto questo tempo?”

Rowena annuì, prima di continuare. “Sembrava come impazzito, era ossessionato da me, dal volermi sposare e più che mai bramava di… possedermi. Così di notte, ogni singola notte, veniva nella mia cella e…” A quel punto non fu più in grado di continuare, ma era chiaro come andasse a finire la storia.

Lo sguardo di Helga era colmo di lacrime. “Oh Enna… perciò questo bambino…”

“È di quella bestia!”

Helga non riuscì a concludere la frase perché una voce tonante attirò al loro attenzione, facendole voltare entrambe verso l’entrata dell’infermeria.
Salazar, con lo sguardo torvo e la mascella serrata, se ne stava lì in piedi, i pugni contratti dalla furia. Aveva sentito tutto.

“Sal… io…” tentennò Rowena, senza sapere cosa dire. Di tutte le persone, lui era l’ultimo che doveva venire a conoscenza dell’accaduto.

“Lo ucciderò! Soffrirà le pene dell’inferno per quello che ti ha fatto, hai la mia parola!” esclamò furibondo, uscendo di corsa dalla sala.

“No! No, ti prego, Salazar!” lo chiamò Rowena inutilmente, troppo fuori di sé per starla a sentire. “Helga, fermalo, solo tu puoi farlo ragionare!” Guardò l’amica implorante, le lacrime ormai che le solcavano il viso senza freni.

Helga non se lo fece ripetere due volte e corse subito fuori per raggiungere il mago e impedirgli di commettere una sciocchezza.
 
-o-
 
Anno Domini 997, Scozia
 
È la vigilia di Natale e, come da tradizione, il castello di Hogwarts è in fermento per l’annuale ballo delle feste. La sala grande è stata addobbata per l’occorrenza, ci sono alberi e festoni e spiritelli di neve che svolazzano qua e là, creando una splendida atmosfera. L’orchestra suona una musica soave e tutti sono allegri, festosi.
Rowena osserva gli studenti che si divertono da un angolo della sala, fiera di come stia andando la festa che lei stessa si era premurata di organizzare nei minimi dettagli. Dopo lo screzio con Salazar di qualche mese prima, gli altri si erano un po’ abbattuti e pensavano che non fosse il caso di organizzare il ballo, ma Rowena sapeva quanto gli studenti ci tenessero e senza mezzi termini si era proposta di organizzare il ballo, promettendo che sarebbe stato magnifico. Era molto orgogliosa del risultato.

“Splendida festa Enna. Sei stata semplicemente fantastica!” si complimentò Helga, passandole accanto mentre danzava con il professor Cloggs, arrivato da poco al castello come insegnante di Quidditch. Il giovane mago si era perdutamente infatuato di Helga fin dal loro primo incontro, Rowena l’aveva intuito subito, la dolce e ingenua Helga invece no. La cosa la fece sorridere.
La musica cambiò in un lento e diverse coppie si formarono nella sala.

“Potrei avere l’onore, milady?”

Rowena si voltò quando udì quella richiesta e si ritrovò davanti Godric che le porgeva la mano. Con non poco imbarazzo accettò la sua offerta, anche per non essere scortese, e insieme iniziarono a ballare. Godric era sempre stato portato per il ballo, mentre lei si sentiva ogni volta a disagio, un po’ goffa.

“Sei splendida stasera.” Le mormorò a un orecchio, stringendola più vicina a lui.

Rowena arrossì. “Grazie.”

Godric le sorrise dolcemente, prendendo poi a guardarla, beandosi di lei.

Rowena sapeva cosa aveva in mente, l’aveva intuito ormai, solo che non si era mai sentita di mettere le cose in chiaro con lui per non ferirlo. Godric era un buon amico, la faceva ridere e passare il tempo con lui era molto piacevole, ma per lei finiva lì. Non provava altro sentimento se non quello di amicizia nei suoi confronti, e di lì a poco, a conferma dei suoi sospetti, capi che per lui non era lo stesso.

“Enna sono settimane… anzi mesi che porto un peso nel cuore. In un primo tempo non riuscivo a capire cosa fosse, ma ora mi è tutto più chiaro. Passare questo periodo in tua compagnia mi ha insegnato tante cose, una su tutte, la più importante, è il riuscire ad amare. Sono innamorato di te e spero con tutto me stesso che per te valga qualcosa e che tu mi possa ricambiare.”

Lo disse tutto d’un fiato. Non senza qualche esitazione, certo, ma Rowena doveva ammettere che doveva averne di coraggio per farle una simile dichiarazione d’amore in pubblico. Lo sguardo che aveva era determinato e innamorato al tempo stesso e Rowena provò un tale dispiacere per lui, prima di rispondergli in tutta sincerità.

“Godric…” sospirò, in cerca delle parole giuste e il più garbate possibili. “Vorrei davvero che le cose fossero differenti e provare i tuoi stessi sentimenti, ma… il mio cuore appartiene ad un altro. Sono lusingata dalla tua ammirazione, ma quello che sento nei tuoi confronti è più simile a un amore fraterno.”

Lo sguardo di Godric si fece cupo. Aveva cercato di essere il più delicata possibile, ma ovviamente doveva averlo ferito lo stesso.

Desolata provò a consolarlo. “Mi dispiace aver deluso le tue aspettative… spero che questo non comprometta la nostra amicizia.”

La musica terminò e Godric si allontanò, lasciandole le mani. Dopo il suo discorso non aveva staccato gli occhi da terra.

Rowena imbarazzata non sapeva più cos’altro dire, ma fu lui a rompere quella patina di ghiaccio che si era andata creando. Alzò lo sguardo su di lei e abbozzò un sorriso sghembo. “Sapevo di compiere un azzardo, ma il rischio non mi ha mai spaventato. Quello che ho detto era vero e ho apprezzato la tua sincerità e, nonostante la sconfitta mi bruci, sta certa che non smetterò di essere tuo amico. Ci sarò sempre per te.”

Rowena quasi si commosse alle sue parole e annuì, grata. Dopodiché i due si allontanarono dalla pista, lasciando agli studenti il prossimo ballo e prendendo strade diverse.

Ispirata dal coraggio di Godric, Rowena decise di dichiarare i suoi sentimenti a colui che amava davvero, perciò fu con passo deciso che si uscì dalla sala grande e si diresse lungo il corridoio del primo piano, dove sapeva di trovarlo.
Salazar infatti se ne stava seduto in disparte accanto a una delle grandi finestre ad osservare la neve cadere e posarsi sulle torri del castello. Si voltò non appena udì i suoi passi e si alzò in piedi.

“Rowena…” la guardò incuriosito e preoccupato, vedendola arrivare ansante. Lei presa da uno slancio di euforia gli si avvicinò e lo baciò con entusiasmo, come se non aspettasse altro da tempo.

Spiazzato da quel gesto Salazar non ricambiò subito, si lasciò andare pian piano, per poi allontanarla con delicatezza. “Cosa significa questo?”

“Che ti amo, Sal! Ti ho sempre amato, ma sono sempre stata troppo sciocca e superba per ammetterlo, anche a me stessa. Finalmente ho trovato il coraggio che mi mancava e sono corsa fin qui per dirtelo.” Si sentiva una sciocca ragazzina, le guance arrossate e i capelli arruffati, ma non le importava. La cosa più importante era che finalmente aveva dichiarato il suo amore.
La reazione di Salazar però non fu proprio come lei se l’aspettava. La sua espressione, dapprima sorridente, si fece via via sempre più confusa, fino a indurirsi del tutto e rivolgere lo sguardo altrove.
Una morsa di ghiaccio si impadronì di Rowena, contraendole lo stomaco. “Dì qualcosa…” mormorò ansiosa.

Salazar tornò a fissare la finestra, la luce fioca delle torce gli donava un aspetto se possibile ancora più cupo. Sembrava stesse riflettendo attentamente su ciò che doveva dire, prendendosi il suo tempo, incurante delle emozioni e dei pensieri che in quel momento turbinavano nella testa di Rowena.

Quando finalmente parlò, la sua voce era fredda e distante. “Mi rammarica dirti che non provo lo stesso per te.”

Vuoto.

Un vuoto, profondo e vorticoso, calò su di lei. Dopo tutti quegli anni passati insieme, le lettere e poi il tempo trascorso a progettare Hogwarts… pensava davvero che anche lui provasse i suoi stessi sentimenti. Non riusciva a credere il contrario.

“Stai mentendo.” Disse allora, mostrandosi audace.

Salazar non la degnava di uno sguardo, il suo volto rivolto sempre alla finestra. “Accetta la realtà dei fatti Enna. Sarà meglio per entrambi e soprattutto meno doloroso…”

“Non lo credo affatto!” Rowena cominciava a innervosirsi di quel suo atteggiamento così scostante. Lo afferrò per un braccio e lo costrinse a voltarsi. “Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami.” Lo incalzò con aria decisa.

Nello sguardo del mago c’era esitazione che si tramutò prima in tristezza e poi in risolutezza. “Non ti amo.”

Gli occhi di Rowena si riempirono di lacrime. Sapeva che stava mentendo, ma non riusciva a capirne il motivo. “Perché ci stai facendo questo? Cosa ti spinge a comportarti così?”

Salazar sospirò. “Non sono la persona giusta per te, Enna. C’è… qualcosa in me. Qualcosa di oscuro che a volte prende il sopravvento e… non voglio che contagi anche te.”

La sua voce era malinconica e alla luce delle lanterne Rowena notò le chiazze scure sotto i suoi occhi e gli zigomi più pronunciati. Sembrava come se qualcosa lo stesse logorando.
Rowena si fece più vicina, gli afferrò una mano e gli mormorò con tono dolce: “Io posso aiutarti.”

I loro sguardi si incontrarono e per un secondo Rowena lo vide esitare di nuovo, ma poi mollò la presa sulla sua mano e si allontanò dalla strega, quasi con disgusto.

“Nessuno può aiutarmi. Tantomeno una come te.” Sibilò con cattiveria.

Le lacrime che prima si era sforzata di trattenere adesso scendevano lente sul suo viso. Si sentiva delusa, ferita e arrabbiata, ma non aveva la forza di discuterne ancora. Voleva solo mettere quanta più distanza possibile tra lei e Salazar, così girò i tacchi e a passo svelto tornò da dove era venuta. A metà strada incrociò Godric.

“Enna? Cosa è successo?” le domandò preoccupato.

Probabilmente doveva avere un’aria sconvolta e l’ultima cosa che desiderava in quel momento era dover dare spiegazioni, soprattutto a Godric.

“Sto bene. Non è niente…” mentì.

Godric non era convinto e alzando lo sguardo dietro di lei vide Salazar arrivare. Facendo due calcoli arrivò a una probabile conclusione e così con furia si avvicinò al mago.
“Cosa le hai fatto?”

Salazar, al contrario, mantenne quella sua aria distaccata di sempre e non reagì alla provocazione. “Non ti riguarda.” Mormorò a denti stretti.

Al che i due iniziarono a discutere, ma Rowena era troppo provata e non poteva restare lì un minuto di più. Corse via, ignorando i loro richiami, salì le scale e arrivò nelle sue stanze. Con un colpo di bacchetta preparò in fretta i bagagli e in meno di dieci minuti era pronta a partire. Le faceva troppo male restare, aveva bisogno di qualche giorno per riflettere, lontana da tutti loro.
Indossò il mantello, prese le sue cose e passando attraverso i passaggi segreti che lei e Salazar avevano progettato, uscì dal castello senza essere vista da nessuno. Avrebbe voluto smaterializzarsi subito, ma tutti i fondatori avevano concordato di rendere la cosa impossibile nel perimetro di Hogwarts, per garantire la sicurezza dei ragazzi. Così cercò di fare il più in fretta possibile nel raggiungere i cancelli, anche se ostacolata dalla neve. Prima di mettere un piede fuori, però, si voltò un’ultima volta verso il castello. Il suo castello. Tutto quello che significava per lei era svanito in pochi attimi, ora nel guardarlo non provava più orgoglio ma solo tristezza e solitudine. Con un sospiro si decise ad uscire. Le avrebbe fatto bene andare via per un po’, sarebbe tornata a casa sua, da suo padre, a riflettere.
Nessun posto è sicuro come casa, lì nessuno le avrebbe fatto del male.
   
 
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