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Autore: Laura_Cross    17/04/2018    2 recensioni
Un'enorme astronave aliena si era piazzata poco meno di mezz’ora prima nel cielo sopra il centro storico della capitale Italiana. Per ragioni di sicurezza, la zona interessata era stata fatta evacuare perché nessuno sapeva che cosa sarebbe potuto accadere: l’enorme disco volante era alto nel cielo e sembrava fatto di metallo, gettando un’ombra sulle strade e sui vicoli sotto di sé.
Genere: Angst, Malinconico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Nave Aliena

Inizialmente non era sicuro che lasciare il suo appartamento fosse stata la soluzione migliore, ma tra il restarsene chiuso in camera ad aspettare di morire per mano di qualche alieno e la possibilità di salvarsi, sicuramente non c'era storia. Svuotato il suo borsone dai libri, ci mise un paio di bottigliette d’acqua e dei pacchetti di patatine, prese il marsupio e poi fuggì di casa in fretta e furia. La situazione in città era critica: la gente si era riversata nelle strade, abbandonando le proprie case in preda al panico, urlando e piangendo terrorizzata. Fortunatamente, Kevin ancora non aveva perso la lucidità, nonostante la situazione del tutto surreale: un'enorme astronave aliena si era piazzata poco meno di mezz’ora prima nel cielo sopra il centro storico della capitale Italiana. Per ragioni di sicurezza, la zona interessata era stata fatta evacuare perché nessuno sapeva che cosa sarebbe potuto accadere: l’enorme disco volante era alto nel cielo e sembrava fatto di metallo, gettando un’ombra sulle strade e sui vicoli sotto di sé. Da quando era arrivato però, non si era più mosso, restandosene fermo a mezz’aria completamente immobile.

Kevin tentò in vano di telefonare ad Anna, una sua amica di studi conosciuta all'università, ma ovviamente le linee telefoniche erano intasate: senza pensarci due volte, decise di incamminarsi verso casa della ragazza, percorrendo le strade gremite di persone scese dalla propria auto o dai palazzi vicini. La polizia stava cercando di evitare il peggio: Kevin già aveva visto un paio di persone trattenute vicino ad una volante, perché a quanto pare avevano cercato di derubare un negozio approfittando del caos. Si tenne stretto il suo marsupio, cercando di accelerare il passo; era certo che Anna fosse a casa, perché erano solo le cinque e mezza di pomeriggio e quel giorno non aveva avuto lezioni all’università.

“La fine è vicina!” Un vecchio signore si era messo un giornale in testa e gridava la stessa frase in italiano, standosene in piedi accanto ad una edicola; strano ma vero, l'edicolante ancora non aveva abbandonato il suo posto e lo guardava truce. “Ma piantala, ti senti? Mi sembri scemo!”
Il vecchio si avvicinò al chiosco verde, aggrappandosi con forza alla collottola dell’edicolante, “quelli ci ammazzano, te lo dico io, ci ammazzano a tutti!”
L’edicolante si tirò indietro, staccandoselo di dosso; lo guardò truce, imprecando a gran voce. Kevin non ebbe difficoltà a capirli visto che si trovava in Italia per studio da quasi un anno: sarebbe tornato a casa ad Atlanta, Georgia, solo dopo due mesi… Ebbe un tuffo al cuore, pensando ai suoi genitori che con molta probabilità stavano nel loro letto al sicuro sul continente Americano, ignari di cosa stava accadendo.

“Veloci, gente, veloci, ma senza farvi male! Forza, da questa parte!”
Raggiunta Piazza del Popolo, Kevin sapeva come raggiungere casa di Anna. Osservò incuriosito la massa di gente che si accalcava davanti all’entrata della metropolitana A che era stata chiusa per ragioni di sicurezza.
“Perché è chiusa!?”
“Devo tornare a casa da mia figlia!”
“Devo passare! FATEMI PASSARE!”
La folla lì davanti scuoteva le inferriate ed urlava inferocita, mentre due uomini in divisa cercavano di calmarli, "per favore, signori, vi prego, seguite la folla, purtroppo non è sicuro prendere alcun mezzo, non sappiamo ancora nulla di quello che sta accadendo, vi prego..."
Kevin passò oltre, asciugandosi la fronte sudata, sperando di trovare la sua amica ancora a casa.
 
***

Mancava solo un ultimo livello e finalmente avrebbe finito anche quel videogioco, Demon Hunters Vol.5; la barra di caricamento stava per terminare, da lì a pochi secondi sarebbe divenuta la salvatrice del mondo…
“Anna, vieni qui,” sua madre le disse con un tono stranamente allarmato, “vieni, vieni, vieni, guarda la TV!”
“Proprio adesso? Non può aspettare?”

Sentì i passi della donna allontanarsi per andare fuori al balcone, seguiti da un urlo: c’era decisamente qualcosa che non andava… Forse aveva visto un ragno? Una cavalletta le si era incastrata fra i capelli? Doveva controllare.
Sbuffando, Anna mise in pausa il gioco proprio mentre il suo mago si preparava all’attacco e si alzò dalla sedia, andando da sua madre; stava per uscire fuori in terrazza quando buttò l’occhio alla TV. Il telegiornale stava trasmettendo le immagini di un enorme disco volante che si trovava piazzato proprio sopra il Colosseo, poco lontano da lì. Un fotomontaggio, pensò subito, un fotomontaggio fatto proprio bene.

“Mamma?”
Anna vide sua madre in ginocchio fuori al balcone, con gli occhi sgranati a fissare il cielo e le mani sulla bocca: non poteva crederci, ma c’era davvero qualcosa di enorme nel cielo azzurro, il disco volante della TV.
“Ma cosa…?”
Rimase a bocca aperta a guardare quella cosa, non credendoci per niente: si tolse gli occhiali per poi rimetterseli subito. “Non è possibile, no.”

Prese sua madre per le braccia, aiutandola ad alzarsi per farla tornare dentro casa, cercando di farle passare lo shock iniziale. Chiuse la porta finestra dietro di sé, facendo attenzione che sua madre non si lasciasse cadere a terra. Non sapeva perché ma Anna stava affrontando la situazione piuttosto bene. “Mamma, forza, dai, respira,” disse, dirigendosi verso il divano. La fece accomodare con dolcezza e le passò una mano fra i capelli.

“Le autorità non sanno ancora di cosa si tratti, ma l’oggetto sembra non muoversi e non sembra abbia un atteggiamento ostile, ovviamente non lo possiamo sapere ma-”
Anna sbuffò e spense la televisione: l’ultima cosa di cui avevano bisogno era sentirsi ancora peggio.
“Ah, ah, ah”
“Mamma?”
La donna aveva iniziato a ridere, il corpo scosso da piccoli singulti; fissò Anna con gli occhi pieni di lacrime, incapace di fermare le risate che la facevano tremare.
Il citofono suonò due, tre volte: sua madre trasalì, stringendosi nelle sue spalle. Si abbracciò nella giacchetta di cotone, guardandosi a destra e a sinistra. Anna andò subito a rispondere, “chi è?”
“Sono Kevin, fammi salire!”

Anna ebbe un tuffo al cuore nel sentire la voce dell’amico, aprendo subito il portone del palazzo: aprì la porta di casa e il ragazzo arrivò subito al secondo piano, facendo le scale due a due. La faccia era stanca, come se avesse corso per ore e ore. Nella tromba delle scale c’era un grande caos: i suoi vicini di casa stavano abbandonando i loro appartamenti vestiti alla meno peggio, chi con il cane in braccio, chi con una borsa di fortuna in spalla. Erano tutti impazziti?

“Hai visto?” Kevin biascicò in un italiano quasi incomprensibile, “visto che roba?” Entrò nell’ingresso, chiudendo la porta. Anna lo fece sedere sul divano, accanto a sua madre che ancora non si era ripresa del tutto: anzi, sembrava non essersi accorta affatto che qualcuno fosse entrato in casa. Si stava ancora abbracciando e si era fatta piccola piccola sul suo posto, sembrava una bambina.
Kevin la guardò preoccupato, “è tua mamma?”
Anna annuì e sospirò, “è così da quando è uscita a guardare quella cosa nel cielo.” Bel modo di conoscersi, davvero.
Dalla strada si udiva il rumore della folla che si ammassava nelle strade, il suono dei clacson che non cessava, i cani che abbaiavano allarmati: la città era veramente impazzita.

“Cosa facciamo? Dove andiamo?” Kevin chiese, mentre riprendeva fiato. Non si era neanche tolto lo zaino di dosso. “Lasciamo Roma? Non sapevo cosa fare, così ho pensato a te, non potevo lasciarti sola…”
Anna si morse il labbro inferiore, incrociando le braccia al petto; riusciva a sentire dalla sua camera la musica di sottofondo del videogioco messo in pausa, la sua quotidianità che l’attendeva nella sua stanza. Sarebbe stato semplice lasciare tutti lì nel salotto, chiudersi in stanza a chiave e dimenticarsi della gigantesca cosa spaziale nel cielo. “Possiamo restare qui,” mormorò Anna, “possiamo aspettare, magari qualunque cosa sia se ne andrà senza fare troppo rumore, no?”
Kevin strabuzzò gli occhi, incredulo, “ma stanno evacuando il centro città!” Si alzò in piedi, passandosi le mani fra i capelli spettinati, “non sappiamo quello che può succedere! Non possiamo restare qui!”
“Appunto, l’hai appena detto te, non sappiamo niente,” Anna aveva deciso: non si sarebbe mossa da casa sua, nemmeno se fosse arrivato un terremoto. “Non posso lasciare casa, non con lei in questo stato,” si sedette vicino a sua mamma, mettendole un braccio intorno alla schiena e stringendola al suo corpo per calmarla. La donna non rideva più ma sembrava come se fosse entrata in uno stato di shock, paralizzata dalla paura. Kevin non poté fare a meno di sentirsi come un intruso in quel momento: se ne stava lì in piedi con il cuore che ancora batteva all’impazzata a fissare le due donne, incapace di poter dire o fare qualcosa per poterle aiutare. Il solo pensiero di dover lasciare la sua amica lì da sola lo faceva stare male. “Anna, per favore, venite via con me,” cercò di essere il più convincente possibile, ma risultò solo patetico alle sue orecchie. Anna non si girò nemmeno, “vai,” gli disse, “ci sentiamo quando tutto è finito, okay?”
 
***
 
Kevin si detestò quando scese le scale del palazzo di Anna, tornando di nuovo in mezzo alla strada; guardò in alto verso il balcone della sua amica e sperò con tutto sé stesso che le cose fossero andate diversamente. Non l’aveva seguito e lui era da solo a Roma in preda al panico totale. Prese a camminare, asciugandosi due lacrime solitarie che gli erano scese giù per le guance, fissando lo sporco marciapiede. In lontananza, le sirene dei vigili del fuoco e della polizia rimbombavano nei vicoli e nelle strade, si perdevano nel caos della folla in fuga…
 
Erano quasi le sei di sera: Kevin non poteva sapere che entro pochi minuti, solo il centro di Roma sarebbe stato risparmiato dalla distruzione della minaccia aliena.
   
 
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