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Autore: ToraStrife    19/04/2018    1 recensioni
Pollyanna e Mercoledì Addams si incontrano.
Incrollabile ottimismo contro inguaribile pessimismo.
Riusciranno a fare amicizia, o una soccomberà all'altra?
Genere: Dark, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Pollyaddams
PollyAddams





E' una bambina molto particolare.

Probabilmente era questo che le due ragazzine stavano pensando l'una dell'altra, con quattro occhi a squadrarsi a vicenda, due con genuina curiosità, gli altri con sistematica freddezza.

Era iniziato tutto nella Grande Città, dove la solare bambina dai capelli castani aveva per la prima volta conosciuto la paura.
Aveva già avuto a che fare con la tristezza e lo sconforto, quando erano morti i suoi genitori, e aveva anche contemplato il nero fumo della disperazione e dell'angoscia, quando, dopo essere stata investita da un balordo automobilista, le avevano paventato un futuro da paralitica.
Eppure, grazie al gioco della felicità e al bene che le volevano tutti quanti, il buon Dio aveva intercesso un miracolo, quando era venuta fuori la speranza di un'operazione, e di un conseguente periodo di riabilitazione.
Per questo lei non aveva mai smesso di sorridere, neppure quando era aveva lasciato la zia Polly e i suoi amici di Beldingesville per seguire la terapia.
E neppure quella mattina, quando aveva lasciato la casa di Mrs. Carew, per cercare il suo piccolo scoiattolo Pon Pon.
Ma la maschera che in quel momento si era impossessata di lei era di paura: il terrore dell'ignoto, la consapevolezza di essersi persa in un quartiere sconosciuto, fatto di gente di cui non capiva le parole e soprattutto, le intenzioni.
Se chi la conosceva l'avesse vista in quel momento, non avrebbe mai creduto che si trattasse della stessa bambina sempre sorridente che trovava il lato positivo anche nelle cose più terribili.
Si rimproverò di aver dato retta, nella sua ingenuità, agli iniziali, ottimistici propositi di ricerca: non solo non aveva ritrovato il suo animale, ma ella stessa aveva finito con lo smarrirsi.
Affrettò il passo zoppicante, aiutandosi col piccolo bastone da riabilitazione, nella speranza, in mezzo a quelle strade tutte uguali, di ritrovare magicamente la via di casa.
Si sentiva come un pesce fuor d'acqua, un piccolo pesciolino che si dibatteva agitato per ritrovare il proprio ruscello.
Capì però di essere passata dalla padella alla brace quando trovò sul cammino tre ragazzacci.
Bastò il loro atteggiamento da bulletti a spaventarla: il più grande del gruppo, che non doveva superare i quindici anni, tirò su la visiera della coppola e si staccò dal muro al quale era appoggiato.
Venne immediatamente imitato dagli altri due: un soldo di cacio castano, con indosso una giacchetta ed in testa anch'egli una coppola, ed uno smilzo poco più alto, vestito con una maglietta coperta a stento da una salopette sgangherata, la cui pettorina era fissata da una sola bretella.
Pollyanna arretrò di qualche passo, tremante.
- Guardate chi abbiamo qui - Commentò il primo, in perfetto italiano. - Una nuova arrivata.
- Io non capisco se sia una bambina o una ragazzina. - Aggiunse il secondo, sempre nella stessa lingua.
La bambina, però, americana qual era, non capiva una parola, e questo non fece che agitarla ancora di più, balbettando frasi sconnesse che i tre a loro volta non compresero.
Ma questo non fermò la loro minacciosa avanzata.
- Dimmi il tuo nome: come ti chiami? - Incalzò il primo.
Pollyanna stava continuando ad arretrare quando inciampò e cadde col bacino a terra.
Atterrita, indietreggiò ancora, trascinandosi con mani e piedi.
Doveva sembrare patetica, perché il terzo ragazzo si lasciò sfuggire una risata.
A quel punto la bambina cedette al panico ed esplose in grida di aiuto, afferrando il bastone e agitandolo alla cieca.
La mossa sorprese in un primo momento i tre, che si scostarono per evitare i colpi, ma poi il più grande si limitò ad afferrare l'oggetto con una mano sola, strappandolo dalle deboli mani della bambina.
Pollyanna non riuscì a capire, dalle parole che questi mormorò subito dopo, se fosse irritato o divertito.
Intuì però che questi, bastone alla mano, volesse ricambiare il favore.
Disperata, chiese a gran voce l'aiuto all'unico essere a cui potesse appellarsi.
- Ti prego, Dio, - Urlava. - Aiutami!
Il tipaccio, però, aveva appena alzato lo strumento, pronto a calarlo inesorabilmente.
Pollyanna chiuse gli occhi, una lacrima a segnarle il volto.
Ma il dolore che attendeva non arrivò mai.
Pollyanna aprì gli occhi e guardò con stupore la mano...provvidenziale che aveva afferrato il polso del bullo, costringendolo a mollare l'arma, ma la vera sorpresa arrivò quando gli occhi si posarono sulla sua salvatrice.
Era una bambina inquietante: aveva il volto pallido di una bambola di porcellana, e probabilmente a toccarlo avrebbe avvertito la medesima sensazione di freddo.
L'espressione era impassibile, incurante dei vistosi sforzi del ragazzo italiano che intantostava cercando di divincolarsi dalla ferrea presa.
Il vestito era completamente nero, di quelli usati in occasione dei funerali.
- Esiste un Dio? - Fu la sola, secca e diretta domanda che quella bambina rivolse a Pollyanna.
E secco fu anche il roteare su sé stessa per atterrare, con una mossa di Judo, il piantagrane.
Gli altri due sgranarono gli occhi, increduli, e fecero per reagire, quando si accorsero di un'ombra gigantesca che si era posata su di loro.
Entrambi guardarono verso l'alto, urlarono di terrore e fuggirono a gambe levate.
Incuriosita, Pollyanna guardò anch'essa nella medesima direzione e non riuscì neppure lei a trattenere un grido, quando i suoi occhi sbarrati incrociarono quelli di un gigante, umano solo nelle forme, ma mostruosamente massiccio e imponente.
Lo sguardo spento, il pallore cadaverico, simile a quello dell'altra bambina, la bocca semiaperta che emanava solo sinistri lamenti, ed infine quelle enormi mani in procinto a ghermirla, furono l'ultima goccia.
Sopraffatta, Pollyanna svenne.

Pollyanna si ridestò di scatto, dopo un agitato sogno di incubi spaventosi di cui non ricordava tuttavia nulla.
Si guardò attorno: si trovava su di un letto, dentro una camera arredata con uno squisito gusto aristocratico, dalle condizioni però piuttosto fatiscenti. Vi erano ragnatele e sporcizia dappertutto.
Si guardò attorno, quando notò una cosa orribile: la bambina pallida di prima, con un'accetta ben sollevata, pronta a calarla sul collo di un altro bambino, inginocchiato e con la testa poggiata su un ceppo.
Ferma! - Gridò Pollyanna, scendendo di scatto dal letto e infrapponendosi a braccia spalancate tra i due. - Che cosa stai facendo?
- Non è evidente? - Le rispose lei, senza scomporsi - Sto giocando con mio fratello.
- Ma non puoi farlo! E' pericoloso! Potresti ucciderlo!
- Il divertimento sarebbe quello.
La ragazzina lentigginosa poté osservare per un breve istante il suo riflesso, atterrito, sulla superficie metallica della scure, lucidata scrupolosamente per l'occasione.
Non sapeva cosa trovasse più inquietante, se guardare una bambina della sua età armata e in procinto di compiere una decapitazione, tanto più fratricida, o la glaciale spontaneità delle sue risposte.
- Ti prego! - La scongiurò. - Posa quell'ascia!
Di fronte alle preghiere della bambina, la pallida interlocutrice sospirò.
- Molto bene.
Le braccia si abbassarono e abbandonarono la presa sull'attrezzo, che con un tonfo si incastrò, creando un solco, sul pavimento di legno.
Poi, con voce atona, si rivolse al fratello.
- Pugsley, continueremo più tardi.
- Uffa! Sempre sul più bello! - Protestò il bambino biondo, sollevandosi in piedi e lanciando un'occhiataccia risentita verso Pollyanna. - Vorrà dire che andrò da Zio Fester a giocare con la dinamite
. - Aggiunse, uscendo dalla camera.
- Con la ... dinamite? - Domandò Pollyanna, incerta sull'aver capito bene.
- Sono sicura che mio fratello non intendesse offenderti, dimenticando di invitare un'ospite ad aggregarsi. - Ribatté l'altra. - Ma in questo momento credo che tu abbia bisogno di riposo.Mi sembri confusa.
Delicatamente afferrò Pollyanna per le braccia e la fece sedere sul vecchio letto, che scricchiolò sonoramente.
- Non so neppure dove sono - Realizzò ad alta voce l'ospite.
- Sei in camera mia, nella magione della mia famiglia. A proposito, io mi chiamo Wednesday Addams.
- Wednesday?
L'ospite ponderò per un po' il nome.
L'aria smarrita aveva lasciato posto a uno sguardo pensieroso, incuriosito.
Chiamarsi come il nome di una settimana?
Quella novità la eccitò.
- E' un po' inusuale, ma è davvero un bel nome! Io mi chiamo Pollyanna! Posso chiamarti Wendy?
- No.
Il gelido muro di ghiaccio nell'atteggiamento di Wednesday affievolì immediatamente l'entusiasmo iniziale di Pollyanna.
Una secca, impietosa risposta aveva alzato una barriera invisibile tra loro.
Era tornata ad essere la bambina con la scure che la inquietava tanto.
Persino il fratello, nonostante condividessero le stesse...manie, aveva un atteggiamento più, come dire, vitale.
Era una bella sfida, giocare al Gioco della Felicità con lei.
Si accorse, comunque, che nonostante tutto non vi era ostilità.
Fece per aprire bocca, quando qualcuno bussò alla porta.
- Entra pure, Lurch.
Accordato il permesso dalla piccola Addams, la porta si aprì con un cigolio sinistro, e Pollyanna vide con terrore la stessa creatura abnorme che l'aveva fatta svenire.
Con un urlo, la bimba si nascose dietro Wednesday, tremando come una foglia.
Dopo essersi ingobbito per poter entrare nella porta per lui minuscola, il gigante si estese finalmente in tutta la sua altezza, così imponente che ne bastò l'ombra per oscurare entrambe le bambine.
Una serie di lugubri gemiti accompagnarono il gigante, che estese le mani verso entrambe.
Pollyanna cercò di rimpicciolirsi dietro l'altra bambina, quando la mano gelida, ma dal tocco delicato, di Wednesday non le accarezzò la testa.
- Non ti preoccupare. Il nostro domestico è solo un po' timido con gli estranei.
La parola "domestico" resituì un'aria di normalità all'angosciante figura del mostro di Frankestein.
Ma era soprattutto "timido" a stuzzicare l'incredulità della bambina: era lei che stava morendo di paura!
Sospettosa, Pollyanna azzardò un'occhiata da sopra le spalle di Wednesday.
L'imponente figura che sembrava uscita da una novella horror aveva le braccia tese, ma per porgere un vassoio con una teiera e due tasse ricolme di un liquido non meglio identificato. Vi erano anche dei biscotti, ma non avevano per nulla una forma o un odore familiari.
"Merenda" fu la prima parola di senso compiuto che Pollyanna finalmente comprese dalle labbra dell'uomo.
- Puoi posare il tutto sul tavolo, Lurch, grazie.
La bambina di
Beldingesville studiò con circospezione i lenti movimenti del gigante che, tenendo fede al nome, ondeggiava.
La faccia, sebbene ad un secondo esame mostrava tratti molto meno spaventosi di quanto le era parso all'inizio, non destava comunque meno inquietudine.
Gli occhi erano persino più inespressivi di quelli di Wednesday, mentre il colorito della pelle ne condivideva il pallore.
Gli abitanti di quella casa non dovevano apprezzare molto il sole.
Quando ebbe finito, Lurch fece per andarsene, quando si fermò.
Biascicando un lento "Dimenticavo", si avvicinò a Pollyanna, e messa una mano nella giacca, ne tirò fuori...
- Pon Pon! - Esclamò gioiosa la ragazzina, mentre lo scoiattolo saltava dalla mano tesa di Lurch verso la sua amata padroncina.
- Trovato in casa. - Spiegò il domestico.
Al colmo della gioia, Pollyanna si alzò dal letto per fiondarsi ad abbracciare quell'uomo. Data l'altezza, riuscì solamente ad aggrapparsi alle gambe.
- Grazie! - Esclamò, sul punto di piangere dalla felicità.
Wednesday osservò la scena, con aria quasi divertita.
- E dire che cinque minuti fa le facevi paura. Hai fatto colpo, Lurch.
Lurch si limitò a scuotere la testa e a gemere.
- Dovere andare. - Bofonchiò, allontanandosi.
Pollyanna lasciò la presa, quando la sua gamba malandata cedette e lei perse l'equilibrio.
Lurch fu tempestivo nel prenderla al volo e sorreggerla.
- Grazie ancora! - Esclamò  la bambina.
Lurch evitò di proposito di incrociare quegli inquietanti occhi pieni di gratitudine, e ne approfittò per porgerle un oggetto familiare.
- Il mio bastone!
Finalmente indipendente, grazie al sostegno, Pollyanna ora osservava Lurch con occhi molti diversi.
- Prima mi facevi paura perché ti avevo visto visto così grande e grosso, ma mi sbagliavo! Non solo hai ritrovato Pon Pon e il mio bastone, ma mi hai anche presa al volo! Sei forte e gentile! Un maggiordomo straordinario e una persona meravigliosa.
Stordito da tanti, angoscianti complimenti, Lurch preferì svignarsela con la scusa del dovere, bofonchiando un: "Strana bambina".
Pollyanna rimase un po' stupita. - Non capisco, ho detto qualcosa di male?
- Ma no, sono sicura che gli abbia fatto davvero piacere sapere di averti fatto paura.
Scambiandolo per sarcasmo, Pollyanna, si allarmò.
- Ma no! Io intendevo che...
- Ma se vuoi ringraziarlo davvero, il mio consiglio è di fare onore alla sua cucina.
- Buona idea!
Pollyanna si avvicinò con entusiasmo al vassoio, ma venne accolta da dei miasmi disgustosi.
Gli effluvi erano così irritanti che Ponpon si districò dalle braccia della bambina e corse ad accucciarsi all'angolo opposto della stanza.
Pollyanna osservò sospettosa quel misterioso liquido.
- Sembra... sembra veleno.
- Cicuta di Ceylon. - Confermò Wednesday, dopo averne deliziosamente sorseggiato una tazza. - Sopraffina come sempre.
Pollyanna fece un passo indietro, inorridita.
- Qualcosa non va?
- Ecco, beh... - Non sapendo cosa rispondere, Pollyanna fece la cosa più istintiva che le venne: andò insieme Ponpon a rannicchiarsi nell'angolo.
- Che ne dici di vedere la mia collezione di bambole? - Propose la piccola Addams.
- Bambole? - Pollyanna si rialzò, incuriosita, con Ponpon in braccio. Il suo sguardo era ormai scettico. - E sono bambole normali?
- Certo che sì!
Pollyanna non ebbe neppure più la forza di protestare, quando scoprì che la fila,sia pur elegantemente assortita, di giocattoli che Wednesday aveva nell'armadio era accomunata da una evidente, macabra caratteristica: la mancanza della testa.
- ... E' il divertimento migliore - Continuava intanto Wednesday. - E' il "battesimo" che dedico ad ogni bambola.
Il battesimo era, intuibilmente, una ghigliottina giocattolo accanto ad un cestino pieno di teste di bambole decapitate.
Roba che vedendole, Sara Crewe sarebbe fuggita buttandosi dalla finestra, stretta a Priscilla.
- Vuoi provare? - Propose Wednesday, consegnandole una bambola con ancora la testa.
Era troppo. Pollyanna lasciò cadere il giocattolo e cominciò a tremare.
Wednesday la incalzò, avanzando di un passo. - Mi sembri spaventata.
Gli occhi della bambina sembravano particolarmente funesti, e la sua presenza minacciosa fecero scattare la paura in Pollyanna, che si voltò e si diresse verso la porta.
Prima che potesse attraversarla, un cancello medievale le calò davanti, sbarrandole la strada.
Pollyanna si voltò, e vide la bambina demoniaca farsi sempre più vicina.
Wednesday alzò la sua mano cadaverica e... la posò sulla spalla dell'ospite.
E infine, spiegò.
- Nello stato in cui sei, non è sicuro viaggiare nel resto della casa. A meno che tu non voglia fare la conoscenza con il giardino delle piante carnivore, il fossato, la sala delle torture o le prigioni.
Quell'elenco di luoghi pericolosi stordirono la già provata bambina. - Sono finita per caso all'inferno?
- Per quanto mi lusinghi il complimento, è solo casa nostra. - Liquidò Wednesday con nonchalance. - Semplicemente, è solo un po' diversa a ciò a cui siete abituati voi...forestieri.
- Molto diversa. - Precisò Polly. - Sembra di essere ad Halloween.
Halloween.
Come folgorata, la bambina ripeté quel nome.
Stava cominciando a capire lo sbaglio. Era logico che il gioco della Felicità non stesse funzionando a dovere.
La festa di Ognissanti spiegava tutto.
Il macabro diventava un gioco, i mostri diventavano fonte di divertimento
Si trattava semplicemente di ribaltare i concetti. Il positivo col negativo.
- Tutto questo è semplicemente orribile! - Proclamò, improvvisamente. - Non ho mai visto una famiglia così spaventosa, né una casa così lugubre.
Si sentiva un po' ridicola a ribaltare le parole, ma forse era un gioco simile a quello della felicità.
Anzi, era il gioco dell'Infelicità.
- Mi rendi infelice con tutti questi complimenti. - Rispose la piccola Addams.
Lo disse con qualcosa che però parve un sorriso, che Pollyanna riuscì a cogliere.
Probabilmente, per quella famiglia, era il mondo esterno ad essere come Halloween.

Bussarono alla porta.
Era di nuovo il gigante Lurch.
Stavolta, però, portava notizie.
- Trovato casa di piccola ospite.


Pollyanna guardò il passerotto ferito, che si dibatteva pigolando in mezzo alla strada.
- Poverino, è ferito.
Chinandosi, raccolse il volatile con delicatezza
- Ci penserò io a farti guarire, piccolo.
In lontananza, un rumore di clacson riecheggiò.
La piccola bambina, però, era così assorta nel piccolo paziente raccolto da non prestarvi attenzione.
Fu una questione di pochi secondi: una macchina, una di quelle diavolerie meccaniche che il progresso aveva recentemente inventato, stavasopraggiungendo a velocità sostenuta.
Pollyanna si era appena alzata, sempre concentrata sul passero.
Il suono del motore giunse finalmente alle sue orecchie, attirando la sua attenzione.
Senza capire, Polly guardò distrattamente in direzione del rumore, e solo allora realizzò della vettura che si avvicinava a tutta velocità.
Il guidatore si accorse troppo tardi della presenza della bambina, e invano cercò di frenare.
Un rumore di impatto.
Pollyanna giaceva inerte, in mezzo alla strada, col passerotto che agitato, si dibatteva.
Era stato lo scontro che le aveva falciato l'uso delle gambe, che l'aveva condannata alla paraplegia.
Il villano automobilista, non pago, aveva persino avuto l'ardire di lamentarsi, scaricando sulla bimba la colpa di non aver fatto attenzione.
Almeno era ciò che ricordava Pollyanna.
Non riusciva a capacitarsi del perché, in quel momento, lei fosse invece perfettamente illesa, col passerotto tra le mani.
Le orecchie avevano appena percepito il vivido rumore della frenata, ma dell'impatto lei ricevette solo il suono.
Guardò, stupita, in direzione dell'automezzo, e lo scoprì ridotto ad un rottame.
Il guidatore, malconcio, uscì dal mezzo, in vena di proteste, lamentandosi verso l'ostacolo che era improvvisamente apparso sulla via, infrapponendosi tra lui e la bambina.
Cominciò a inveire, irritato, in direzione di questo, quando si accorse che questi era in realtà una persona, un uomo molto alto, che girandosi, lo fissò con occhi vitrei e profondi lamenti.
L'espressione terrorizzata del guidatore, che decise di ammutolirsi per darsela a gambe, non stupì la bambina: dopotutto, era lo stesso sguardo che l'aveva fatta svenire in precedenza.
Non si spiegava, però, la sua presenza lì.
- Signor Lurch!
Il maggiordomo si affrettò a porgere un oggetto che nel ritorno Pollyanna aveva dimenticato.
- Bastone. - Aggiunse, atono.
Pollyanna sorrise, osservando alternativamente la macchina demolita e lui.
- Grazie a lei, Signor Lurch, credo proprio che non ne avrò bisogno.


- Lurch, gielo hai dato alla pagina sbagliata. - Lo rimproverò Wednesday.
Il maggiordomo si limitò a scuotere la testa. I doveri di fattorino, dopotutto, non erano mai stati il suo forte.
- Chi si sarebbe mai immaginato, comunque,  -  Aggiunse la bimba,  - che la nostra strana ospite venisse da qui?
Con un gesto, chiuse finalmente il libro, la cui copertina aveva inciso in chiaro il titolo che la piccola Addams rilesse ad alta voce.
- Pollyanna.
Un libro che conteneva sfrenato ottimismo, mielosi buoni sentimenti, e soprattutto, un agghiacciante lieto fine.
- Lurch, capisco la tua passione per gli horror, ma quando li finisci di leggere lasciarli mai aperti nella biblioteca di famiglia, lo sai cosa succede.
Lurch gemette come suo solito, rimembrando di quando Zio Fester aveva causato un uragano addormentandosi con "Via col Vento" ben spalancato.
Si divertirono un mondo, però.


  
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