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Autore: Aletorre22    19/04/2018    1 recensioni
Marta, dopo vari anni, ritorna nel suo vecchio liceo, ma stavolta si troverà nelle vesti di un'insegnante di inglese alle prime armi e con tanta voglia di imparare. Non le mancheranno i rapporti confidenziali con qualche alunno, le amicizie tra professori e gli amori.
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Avevo iniziato a scriverla l'anno scorso e poi ho interrotto. Ma adesso sono tornata carica di nuove idee.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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~~"Martolinaa come ti sei fatta bella!" trillò mia cugina sbucando dietro Gianluca e venendomi incontro per abbracciami.

"Non è vero Gianlu?" disse tenendomi ancora stretta.

Perlomeno ci aveva salvato da quella situazione imbarazzante. Nel frattempo io rimanevo ancora davanti la porta con una bottiglia di vino rosso nelle mani. Parve accorgersene e mi invitò ad entrare, come se fosse casa sua. Forse lesse il mio disappunto perché dopo aggiunse:

"Tua mamma ci ha detto di fare gli onori di casa mentre loro sono impegnati in cucina..ma con te non credo ce ne sia bisogno. Non restare imbambolata e vieni ad aiutare".

La seguii osservandola meglio. Il tubino nero le stava divinamente con quelle gambe chilometriche che si ritrovava. Mi sentivo una nana in confronto a lei, che sembrava uscita da una rivista di Victoria Secret.

In salone c'era parecchia gente e non ero nemmeno sicura di conoscerli tutti. Iniziai a salutare qualcuno e poi collassai sul divano, non ce la facevo a stare in piedi, odiavo i tacchi. Tutti intorno a me si divertivano, mentre io facevo l'asociale. Ero senza accompagnatore, in una festa in cui l'obiettivo di mia madre era quello di far vedere il contrario. Gianluca si sedette di fianco a me per farmi compagnia, forse gli facevo pena.


"Posso?" mi chiese.

Ormai ti sei già seduto e me lo chiedi pure. Va beene. Marta rilassati e sii cordiale, pensai. Forse, però, aveva imparato a leggere nel pensiero, perché dopo aggiunse: "Sì, in realtà mi sono già accomodato. Tutta sola stasera?".

"Come vedi.." abbassai lo sguardo.

"Oh andiamo una bella donna come te avrà sicuramente qualcuno! Prima non ho avuto modo di farti i miei complimenti, stai molto bene vestita così" sembrava sincero.

"Grazie.." alzai lo sguardo e quasi non mi venne un colpo quando fece il suo ingresso in salotto Enrico.

Allora mi aveva ascoltato ed era venuto a salvarmi. L'avrei baciato dalla testa ai piedi in quel preciso istante. No, magari i piedi no, la testa sicuramente. Più che la testa, la bocca. Poveri piedi però..non potevo mica escluderli. Secondo me dovevano essere curati. Oddio non potevo fare simili pensieri, non quando mi accorsi che era venuto con Melissa. Che stronzo. Forse mi ero dimenticata di precisare di non portare la donna dalla chioma rossa splendente. Mia colpa.
Dovetti alzarmi di scatto dal divano, perché si stava per prospettare una scena disastrosa. Eh si, perché mia mamma li aveva appena visti con uno sguardo interrogativo. Non so neanche io come trovai la forza di alzarmi dal divano e correre sui tacchi.

"Mamma!" dissi con il tono di voce più pacato possibile.

La fortuna giocò a mio favore e Melissa dovette allontanarsi per rispondere ad una chiamata al cellulare, senza avere il tempo di presentarsi. Tirai un sospiro di sollievo.

"Ti presento Matteo.." .
"Piacere Enrico" dicemmo all'unisono.

Lo guardai con gli occhi del terrore. Ma non poteva starsi zitto?

"Come prego? " chiese allora lei.

"Matt.."
"Enrico!" di nuovo insieme. Gli pestai il piede e lo fulminai con lo sguardo.

"Aiah! Ma che cazz.." si lamentò a bassa voce.

"Marta! Ma che stai facendo? Pesti i piedi alla gente?" e stavolta mi fulminò lei con lo sguardo.

Imbarazzatissima cercai di spiegare la situazione.

"Lui è Enrico Matteo. Io preferisco chiamarlo Matteo, ma si presenta come Enrico.." sorriso più falso non potevo farlo.

Le si illuminanoro gli occhi e iniziò a stringergli la mano e dopo neanche un secondo iniziò ad abbracciarlo.

"Oh sono così contenta, finalmente ti conosco".

"Mamma smettila per favore..." la implorai. La faccia di Enrico era diventata nera.

"La tua descrizione non gli rende giustizia. Non è bello, di più" finì per dire mia mamma, facendomi diventare rossa per la vergogna.

"Il tuo viso ha lo stesso colore del vestito Marti" scherzò di nuovo la donna che mi stava mettendo in ridicolo. Vidi Enrico fare un ghigno. Ora mi avrebbe preso in giro per sempre.

"Mi sono persa qualcosa?" piombò di colpo Melissa.  "Piacere io sono la ragazza di Enrico, Melissa Arpiano".

Mia mamma per poco non si strozzò con l'acqua.
"Crede nella poligamia?" chiese sbigottita.

Dovetti appartarmi da sola con mamma, spiegandole la situazione a modo mio. Inventai che in realtà loro non stavano insieme, ma erano fratellastri. Melissa aveva dei problemi mentali e andava dallo psicologo perché pensava che Enrico Matteo fosse il suo ragazzo, essendo molto simile al suo ex. Lui ogni tanto l'assecondava. Aveva deciso di portarla alla festa, non volendo lasciarla sola. Mia mamma ci credette o fece finta di crederci. Il resto della serata passò in modo tranquillo, ogni tanto Melissa ed Enrico si prendevano per mano, guadagnandosi delle occhiatecce da parte dei miei ed ogni volta che lei tentava di baciarlo, lui la evitava. L'avevo pregato di non farlo raccontando solo a lui la verità degli accaduti e stranamente aveva acconsentito, dopo avermi fatto mezz'ora di ramanzina insultandomi  e dicendo che ero io quella che doveva andare dallo psicologo. Di fatto non aveva tutti i torti. Mi ero cacciata in un bel guaio.

"Allora non mi sbagliavo..qualcuno nel tuo cuore c'è" un sospiro all'orecchio destro. Mi voltai di scatto sfiorando con la punta del naso quella di Gianluca. Avevo riconosciuto subito la voce.

"A quanto pare.." abbassai lo sguardo.

"Peccato che non ti sta filando di striscio. Avete litigato? Ho sentito delle voci strane prima" mi guardò curioso. Dovetti sollevare la testa e notai le sfumature verdi dei suoi occhi, le stesse che mi avevano fatto innamorare anni prima.

"Non credo ti riguardi l'argomento. Va tutto bene. Torna da mia cugina, che ci sta osservando". Si voltò di lato e poi ritornò a fissarmi sorridendo sornione.

"Ma non è affatto vero! Come mai vuoi allontanarmi? Non hai fatto altro che evitarmi".

"Senti Gianlunca, non sei al centro del mondo. Ho avuto altro per la testa..non sono un'animatrice" dissi dura.

"Come vuoi.." ora sembrava quasi dispiaciuto.

"Non ho niente contro di te seriamente, sono passati anni. Le persone cambiamo e cambiano anche i sentimenti. Puoi stare tranquillo..e ora se non ti dispiace vado un attimo da Luca".

Ero convinta di ciò che avevo avevo appena detto. Gianluca era acqua passata e quella sera stessa l'avevo finalmente capito. Mi era bastato rivederlo per giungere alla conclusione che era stato definitivamente cancellato dalla mia mente. Ormai nella mia testa si stavano facendo strada altre persone e lui non rientrava più. Se l'avessi ricontrato prima, magari avrei capito tutto già da un po'. Ma la vita va così.

"Sorellina..quella Melissa é una bomba sexy. Perché non me l'hai mai presentata prima?" Luca era su di giri.

"Fammi pensare....forse perché fino ad oggi credevo che fossi felicemente sposato?".

"Brutta strega" serrò gli occhi.

"Strega a chi scusa?" lo spinsi. Tentai più che altro, visto la sua stazza.

"Ma voi a 30 anni fate ancora così?" ghignò Enrico avvicinandosi mano nella mano con Melissa. Gli feci cenno di staccarsi, ma sembrava non capire. Scuotevo la testa mimando un < no > con le labbra.

"Tutto bene? Hai un tic per caso?" mi domandó la rossa stupita.

"Ha il Parkinson" sorrise Luca.

"Oh..." sembrava dispiaciuta.

"Ma cosa dici? Non sono cose su cui scherzare! Sei un deficiente.. si capiscono tante cose ora" alzai il tono della voce.

"Cosa vorresti dire tu?" mi puntò il dito sul petto.

"Capisco perché Rebecca ti abbia lasciato!! Ti comporti come un bambino e fai battute di pessimo gusto. Non ti meriti nessuno" sibillai a denti stretti.
 
Lui mi guardò infuriato, ma non disse una parola. Prese la sua giacca e uscii sbattendo la porta.

Ben fatto Marta, complimenti. Sembrava  fosse la frase che stessero per dire tutti quelli che avevano assistito alla scena, ma prima che qualcun altro potesse aprire bocca, me ne uscii anche io.

Il giorno dopo lo tempestai di chiamate. Volevo scusarmi per aver detto quelle cose brutte davanti agli altri, ma non ci riuscii. Non aveva intenzione di rispondere alle chiamate? Bene sarei andata a casa a parlargli.

" E dai Luchino" attaccava sempre fare il labbruccio. "Mi dispiace veramente". Era da un'ora che dicevo la stessa frase a ripetizione, ma lui era impassibile.

"Ma tu hai idea di quello che ho dovuto passare ieri? Enrico, Melissa, Gianluca, amici di mamma...ero avvilita. Tu al solito tuo non risparmi le battutine".

"Battutine? Ho detto che avevi il Parkinson per scherzare!" si difese.

"Lo vedi? Per scherzare....a me non faceva ridere. È una malattia e non si scherza su certe cose" lo rimbeccai.

"Non fare la maestrina con me. Ma poi come ti sei permessa di parlare di Rebecca, eh?? Non la devi nominare" era ancora decisamente arrabbiato.

"E va bene, però adesso basta. H-O S-B-A-G-L-I-A-T-O. Ma anche tu" misi le braccia conserte.

"La amo..." voce bassissima, che non ero sicura di aver capito bene. Dovetti chiedere di ripetere.

"La amo" disse nuovamente.

"Ma chi? La ragazza per cui hai lasciato Rebecca?" spalancai gli occhi.

"Eh?" inarcò il sopraciglio. "Noooo non mi dire Melissa! Di già a questo punto siamo arrivati. È impegnata vedi" spalancai gli occhi ancora di più.

"Ti droghi forse? Non sto parlando nè di Francesca né di Melissa, che poi l'ho vista solo ieri. Gran bel fondo schiena l'amica tua, non c'è che dire.."

"Luca!!" strillai.

"Con chi è impegnata?"

"Non cambiare argomento farabutto" mi si accese una lampadina in testa poi.

"Rebecca???? Ami ancora Rebecca?" gli occhi ora mi stavano uscendo dalle orbite.

"Oh vedo che le scimmiette nella tua testa stanno sbattendo i piattini" asserì.

"Ah ah divertente...andiamo al dunque forza. Ieri dicevi A ed ora dici B. Forza spiegami meglio" e mi sedetti per terra, convincendolo a fare lo stesso.

"Non c'è molto da dire. La verità è semplice: mi sono invaghito di una, siamo andati a letto, l'ho detto a Rebecca e senza che le mi dicesse nulla, me ne sono andato via da casa, tornando qui in Italia per schiarirmi le idee. Ieri a pranzo non avevo voglia di parlare e quindi vi ho fatto credere, che non mi importasse nulla. La realtà è diversa. Sono uno stronzo e voglio stare con lei. Ma come hai detto anche tu, non mi merito nessuno. Rimarrò solo come un cane. Fine" una lacrima scese dall'occhio destro, ma l'asciugò subito. Mi avvicinai e lo abbracciai forte. Il mio piccolo Luca.

"Torna a Londra e riconquistala" gli dissi all'orecchio.

"Forse è meglio lasciarla sbollire ancora un po'...".

"No. Corri subito, falle vedere che sei presente e non fare l'orgoglioso. Non cercare di comprarla con dozzine di rose rosse, non funzioneranno da sole. Parlale" .

"Grazie. Ti...voglio un po' di bene" e mi diede un bacio sulla guancia.

Così partì il giorno dopo, pagando un biglietto un occhio della testa.

Il rientro a scuola non fu affatto male. Ero di buon umore. In classe avevo inziato a fare le prime interrogazioni a chi si era offerto volontario, ovviamente Luisa e Fabiola. Si erano guadagnate un 9 e 8 e mezzo e delle occhiatacce dal resto della classe. Nessuno aveva osato fiatare perché quel giorno c'era pure il professor Conti, che seminava terrore, in piedi nelle ultime file. Appena vedeva qualcuno parlare, gli sequestrava il cellulare. Non ero molto d'accordo sulle sue tecniche, ma non avevo il diritto di oppormi.

"Professoressa, io andrei. Mancano 10 minuti all'inizio della mia lezione nella 3A, l'aula è diametralmente opposta e impiegherò 7 minuti, arrivando con 3 di anticipo" disse Conti, mentre già varcava la soglia della mia classe.

"Sono quasi le 11, c'è la ricreazione! Quindi è posticipato l'inizio, se ricordi..." lo inseguii.

"Ricreazione? E cos'è? Non esiste nel mio vocabolario. Oggi ho intenzione di fare un compito a sopresa...ma da quando ci diamo del tu? ".

"A domani..professore" mi voltai e me ne andai. Mi trattava come una ragazzina. Ma poi era stato anche d'accordo sul darci del tu il primo giorno e ora cambiava idea. Odioso.

Io avevo deciso di rispettarlo, ma ero pur sempre una donna e il rispetto doveva essere reciproco.

Sbaam.
Elena era appena andata addosso a Conti ed entrambi erano caduti per terra. Il corpo di Conti era letteralmente schiacciato da quello di Elena.

Risate generali. Foto scattate da tutte le angolature, che presto sarebbero finite su internet.

"Il ginocchiooo! Che dolore! Si alzi immediatamente. Mi sta soffocando. Aiuto, aiutatemi" si lamentò il professore.

"Non riesco ad alzarmi neanche io. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace tanto" rispose Elena.

Io non avevo intenzione di muovermi minimamente dal mio posto di osservatrice. L'avrei fatto per Elena, ma non avevo la forza minima per sollevarli. L'unico che si fece avanti per primo fu Enrico, forse sentendosi in colpa dato che era quello sportivo tra i prof. Dopo aver aiutato Elena ed essersi accertato che non si fosse fatta male, fu il turno di Giaocmo. Prima le donne poi gli uomini, da bravo gentiluomo.

Solamente che Giacomo Conti non era di certo leggero e ci volle l'aiuto di un altro professore. Elena lo guardava mortificata, non sapeva che aggiungere oltre le proprie scuse. Stranamente non le rispose.

"Dai portiamoli in infermieria" presi la parola.

"Ma quale infermiera? Io voglio andare in ospedale! Non riesco a piegare la gamba, mi fa male il ginocchio e voglio una risonanza magnetica" sibillò Conti.

"Vi accompagno io che ho l'ora buca. Dai dai andiamo" disse velocemente Enrico incamminandosi, senza pensare che Giacomo volesse un appoggio per camminare. Rimasti soli, Elena si offrii di aiutarlo. Era molto gentile e lui non meritava tutto ciò, visto che solitamente non le rivolgeva neanche la parola, ma sicuramente la prof si sentiva in colpa per l'accaduto e voleva dare una mano.

Io dovetti rimanere a scuola per fare supplenza nell'ora di Conti per grande gioia dei ragazzi. Anche se non lo sapevano, erano stati appena salvati da un compito a sorpresa. 

 

   
 
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