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Autore: Elle_vi    22/04/2018    0 recensioni
Cosa si prova a essere rinchiusi nella casa della persona che più odi al mondo?
Damian Wayne era popolare, e non perché fosse il figlio di Bruce Wayne, ma era bello, intelligente, interessante, e beh...era il figlio di Bruce Wayne, a.k.a. uno degli uomini più influenti della città e ciò lo rendeva estremamente ricco e figo, a quanto pare. Fosse stato solo lui il problema però non sarebbe stato nemmeno troppo grave, ma nella sua università si trovavano tre dei figli Wayne: Damian, Richard e Timothy.
Jonathan, era all'ultimo anno di liceo, mentre il quinto, Jason, era già laureato e lavorava col padre.
A pensarci bene, Andrew si stupì di come non ne avesse fatto già fuori uno di loro tra le elementari e il liceo, perché li aveva sempre avuti a scuola con lui.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Damian Wayne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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I
 
Damian Wayne era popolare, e non perché fosse il figlio di Bruce Wayne, ma era bello, intelligente, interessante, e beh...era il figlio di Bruce Wayne, a.k.a. uno degli uomini più influenti della città e ciò lo rendeva estremamente ricco e figo, a quanto pare.
Fosse stato solo lui il problema però non sarebbe stato nemmeno troppo grave, ma nella sua università si trovavano tre dei figli Wayne: Damian, Richard e Timothy.
Jonathan, era all'ultimo anno di liceo, mentre il quinto, Jason, era già laureato e lavorava col padre.
A pensarci bene, Andrew si stupì di come non ne avesse fatto già fuori uno di loro tra le elementari e il liceo, perché li aveva sempre avuti a scuola con lui.
 
Non che gli avessero fatto qualcosa in particolare, ma non sopportava la loro insensata popolarità: non erano nulla di speciale, dei normali ragazzi che però eccellevano in tutto ciò che facevano, dallo sport allo studio, erano sempre stati in cima alle classifiche dei voti e la gente li idolatrava per questo. Insopportabile.
 
Ma di quei quattro, quello che meno soffriva era proprio Damian.
 
Era sempre lì, nel banco poco più avanti del suo, con quel suo atteggiamento da superiore. Intoccabile e impassibile, e allo stesso modo, un passo avanti a lui in ogni cosa.
Era irrilevante quanto lui si impegnasse, era sempre secondo in tutto.
Il primo dei perdenti.
 
Questo pensiero lo aveva perseguitato da quando lo aveva conosciuto, e fu anche il motivo che lo portò ad iniziare a tormentarlo.
Iniziò a fargli degli scherzi, ma lui non si era mai arrabbiato e questo non aveva fatto altro che aumentare la maldisposizione nei confronti del corvino.
 
I suoi pensieri furono interrotti dal professore di chimica, corso che seguiva assieme al suo nemico giurato, che riconsegnò gli esami che avevano sostenuto la settimana prima, dopo uno studio di mesi.
Sapeva tutto, aveva studiato il libro più e più volte, sarebbe andato meglio del suo rivale.
L'insegnate iniziò a chiamare gli studenti e pronunciare i voti.
Lui si concentrò solo sul suo nome e quello di Wayne.
''McHoney: novantasei'' sorrise, beandosi degli sguardi allibiti degli altri che erano rimasti sulla media degli ottanta ''Wayne: novantasette''.
 
Un punto. Un solo punto di differenza.
 
Alzò lo sguardo ed incontrò il sorriso beffardo del corvino che lo guardava con quegli occhi color
ghiaccio.
 
Odio. Odio profondo.
 
C'era una cosa che nessuno sapeva di Damian Wayne, ed era il fatto che in realtà fosse un egocentrico, manesco, bastardo. Gli piaceva far sentire gli altri inferiori.
Ma l’unico che sapeva di quella particolare sfaccettatura del suo carattere era lui.
La campanella suonò segnando la fine delle lezioni, stava per raggiungere il corvino quando una ragazza lo anticipò civettando in maniera odiosa: ''Damian mi aiuti a studiare?''. Ridicola.
Riconsegnò il test accettando il voto e si diresse verso il parcheggio per recuperare il suo Scassone, così lo aveva chiamato, che aveva comprato alla fine del liceo, grazie a diversi lavori e notti in bianco.
Era un vecchio pick-up grigio che stava perdendo la vernice in qualche punto ma funzionava ancora abbastanza bene e a lui andava bene così.
Posò lo zaino sul sedile del passeggero e accese l'auto.
Si rilassò sul sedile e sospirò, vide in lontananza tutti i Wayne raggiungere il fuoristrada moderno del più grande e salirci.
 
Bella la vita da ricchi eh? Niente lavori extra, niente fatica, nessuno sforzo per pagare le bollette o l'affitto...probabilmente non sapevano nemmeno cosa volesse dire 'bolletta'.
''Respira Andrew, respira...'' era un mantra che si ripeteva da quasi tutta la vita.
Accese l'auto e si diresse verso il suo lavoro, dall'altra parte della città.
Non era nulla di speciale, lavorava in un fast-food non troppo lontano da casa sua, ed essendo un posto discretamente piccolo era riuscito ad organizzarsi con gli altri in modo da far convivere studio e lavoro.
Gli aspettavano altre cinque ore di fritto, unto, e stress, ma era l'unica cosa in grado di fargli pagare l'affitto ed arrivare a casa non oltre mezzanotte.
Nessuno sapeva che lavorava lì: si era imposto di non dirlo neanche ai suoi amici più intimi, riteneva che fosse troppo imbarazzante e quindi preferiva che nessuno delle sue conoscenze lo sapesse.
 
Era venerdì, il suo turno era iniziato da appena un'ora, e già non ce la faceva più.
Altre quattro ore sembravano un incubo, soprattutto per le orde di ragazzini che si rifugiavano nel locale a mangiare prima o dopo il cinema, che si trovava lì vicino, e che creavano un caos non da poco.
L'unica fortuna che gli era stata riservata per quella sera, era che un suo collega gli doveva un favore e quindi aveva accettato di fare scambio con lui in cucina, quindi invece che ritrovarsi alla cassa e subirsi le chiacchiere incessanti, stava in cucina a preparare i panini.
Era uscito un momento a consegnare un ordine vegetariano, che non doveva essere confuso, quando si accorse che un ragazzino in fila per pagare lo fissava incessantemente.
La cosa lo stava mettendo alquanto a disagio, una volta consegnato il panino tornò di fretta in cucina per sfuggire da quello sguardo intenso.
Finalmente il suo turno finì e poté tornare a casa.
 
 
Mai, nemmeno nei suoi peggiori incubi avrebbe pensato che Wayne avrebbe messo piede in quella zona della città, lui era ricco, bello e non si confondeva tra la massa, lo sapeva, eppure perché stava passando davanti alla vetrina del locale?
Si nascose dietro la porta della cucina che aveva un piccolo oblò in modo da controllare se il ragazzo entrasse o meno.
Fortunatamente passò oltre e lui poté tornare a cucinare gli ultimi ordini del suo turno prima di passare alla cassa.
Erano le ventitré e ventidue, mancavano otto minuti alla fine del suo turno quando la sfiga tornò a bussare alla sua porta: Damian era entrato e guardava curioso il menù. Miracolosamente sembrava non averlo riconosciuto, abbassò di più la visiera del cappello che aveva indossato al posto della retina e aspettò l'eventuale ordine del ragazzo che arrivò poco dopo.
Prese l'ordine annuendo, invece che rispondere a voce.
Probabilmente lo stava guardando stranito, ma la cosa era irrilevante in quel momento.
Andò a sedersi aspettando il suo panino mentre Andrew sudava freddo cercando di dissimulare la sua voce in modo credibile...ma forse lo aveva riconosciuto da subito ed era il motivo per cui si trovava lì: umiliarlo più di quanto già non facesse di solito.
 
Gli diede un'occhiata veloce: era seduto ad uno dei tavoli vicino alla vetrata e scriveva messaggi ad una velocità disumana, sogghignando. Magari parlava di lui, di come fosse ridicolo e sfigato.
Doveva calmarsi.
Nel frattempo era arrivato il suo ordine.
Si schiarì un po' la voce e parlò ''Numero cinquantasei''.
Il corvino si alzò dalla sedia senza togliere lo sguardo dallo schermo del telefono continuando a ridacchiare, alzando lo sguardo solo per afferrare il vassoio per vedere nuovamente il cappello del moro invece che il suo viso.
''Sai, assomigli proprio a qualcuno che conosco ma non saprei dire chi'' disse ghignando
Quindi aveva capito?
''Ah si?'' rispose lui sempre tenendo lo sguardo basso
''Già, ma proprio non mi viene in mente'' disse facendo schioccare la lingua ''Moro, taciturno, e che non sempre guarda le persone negli occhi''.
 
Quelle parole furono una conferma.
 
Alzò lo sguardo rabbioso per incontrare quello sempre pacato dell'altro, che sgranò leggermente gli occhi.
''Io guardo sempre le persone negli occhi'' sputò acido
''Mio fratello aveva ragione... sei davvero tu!'' era sorpreso?
''Cosa?''
''Non pensavo davvero che fossi tu, volevo solo tirarti in mezzo...e invece guarda cosa ho scoperto, fantastico''
Andrew scattò in avanti avvicinando al viso del corvino ''Se solo provi a dirl-''
''McHoney, non vorrai mica che si venga a sapere del comportamento che stai tenendo con un tuo cliente, vero?'' sogghignò Damian interrompendolo ''Quindi evita di dire cazzate e servimi il mio ordine, ah portamelo al tavolo. Grazie'' concluse lasciando il vassoio e voltandosi, tornando al suo tavolo.
Buttò un'occhiata all'orologio, mancava un minuto, non aveva modo di scappare a quell'ultimo servizio.
Mandò giù il groppo di rabbia, antipatia e pura repulsione, e consegnò il vassoio al tavolo incriminato.
''Grazie'' sorrise amabilmente Damian 
''Prego. E non tornare mai più'' rispose secco il moro dirigendosi poi direttamente ai camerini.
 
Si sentiva sporco: sudato, appiccicoso, puzzolente e stanco. Dannatamente stanco.
In più si aggiunse il malessere provocato dalla vista di Wayne che era troppo vicino anche così, solo l'idea che fosse nello stesso posto e condividessero la stessa aria lo disgustava in qualche modo.
Decise che avrebbe fatto la doccia a casa, non ne poteva più di stare lì.
Una volta arrivato al suo piccolo monolocale, si rilassò.
Aveva parcheggiato a qualche isolato di distanza per non rischiare di farsi rubare lo Scassone e una volta entrato in casa, posò lo zaino e chiuse la porta a chiave.
 
La zona dove viveva non era proprio sicura, non era raro che di notte scattassero anti-furti o addirittura rimbombassero degli spari, per cui aveva comprato diversi lucchetti per l'entrata, mentre, vivendo al terzo piano, non ne aveva avuto bisogno per le finestre, che davano su un vicolo buio.
Accese il riscaldamento per evitare di morire congelato date le basse temperature di Dicembre, e visto che ci avrebbe messo un po' a partire, si fece la tanto agognata doccia togliendosi di dosso tutta la sporcizia che sentiva al tatto.
Prese il panetto di sapone burroso e profumato e iniziò a strofinarselo ovunque, era una sensazione magnifica.
Una volta asciugatosi indossò un'altra felpa, raggiunse la minuscola cucina e si preparò da mangiare, che per quella sera era del semplice ramen istantaneo.
Guardò un paio di video sul telefono e poi si mise a dormire nel divano-letto che aprì in sala visto che non esisteva una vera camera da letto.
Chiuse gli occhi pregando che il corvino non avesse già rivelato a tutti il suo segreto.
 
Dormì abbastanza bene, la casa si era scaldata il giusto per non sentire freddo e al mattino si fece una doccia veloce.
Doveva razionare bene il riscaldamento e la caldaia, in quanto erano le cose che faceva più fatica a pagare, nonostante la proprietaria del monolocale gli avesse abbonato le spese condominiali.
Se fosse stato per lui avrebbe lasciato i caloriferi andare anche di giorno, ma non poteva permetterselo.
Fortunatamente quel giorno sarebbe stato più leggero degli altri, si limitò a cambiare i libri e a dirigersi in università.
Il fatto che vivesse così lontano lo costringeva a svegliarsi almeno due ore prima delle lezioni e la cosa a volte lo stressava più del normale, rendendolo nervoso e poco incline alla sopportazione. Coi mezzi ci avrebbe messo molto di più, quindi doveva prendeva la macchina e si faceva andare bene la sveglia mattiniera.
Ma quel giorno si era svegliato col piede giusto, nemmeno la vista dei Wayne lo aveva disturbato più di tanto.
Nessuno gli aveva detto nulla riguardo al suo lavoro, quindi le possibilità erano due: o Damian l'aveva raccontato dicendo di far finta di nulla, o non lo aveva detto in giro.
La domanda gli ronzò per la testa tutto il giorno ma riuscì ad ascoltare le lezioni e prendere appunti.
La giornata passò velocemente cosa che lo portò, troppo in fretta per i suoi gusti, a cambiarsi per l'allenamento di boxe, che gli aveva permesso di avere la borsa di studio, corso che frequentava anche uno dei Wayne...se non si ricordava male, quello dell'ultimo anno.
Richard doveva chiamarsi, non ne era certo poiché tutti e cinque sembravano delle dannate fotocopie: capelli rigorosamente neri, con tagli diversi, ed occhi che variavano dai toni dell'azzurro al verde.
Quel tipo nonostante tutto aveva una faccia simpatica, sempre pronto alla battuta, era il più sopportabile tra i fratelli.
Lo osservò mandare a terra il suo avversario ed avvicinarglisi per aiutarlo a sollevarsi.
Era il suo turno ora.
Richard gli diede una pacca sulla spalla e gli sorrise ''Dacci dentro'' disse prima di superarlo e andarsi a sciacquare dal sudore.
 
Il moro riuscì a vincere contro l'avversario e dando un'occhiata veloce agli spalti gli fu impossibile non riconoscere il corvino, che aveva seguito anche il suo match.
 
Quando realizzò che era stato lì tutte le tre ore, strinse i pugni e si avvicinò agli spalti che si erano svuotati.
''Cosa fai qui?'' abbaiò il moro
''C'è un divieto per gli spettatori?'' chiese a suo volta il corvino tranquillo
''Per te sì''
''Cos'è ti vergogni? Paura di essere giudicato? Oppure temi che dica in gir-''
''Zitto!'' disse un po' troppo forte facendo girare le poche persone rimaste ''Il tuo parere vale meno di zero, ciò che pensi tu è irrilevante''
''Lo stesso vale per me, quindi...'' continuò abbassando la voce ''Vedi di levarti dal cazzo, novantasei''.
Lo avrebbe ammazzato, davvero.
''Vaffanculo Wayne'' ringhiò assottigliando gli occhi
''Fottiti McHoney'' sorrise l'altro.
Non passarono alle mani solo per l'intervento del coach che lo richiamò.
Doveva resistere altri cinque mesi e poi avrebbe potuto staccarsi da quell'imbecille.
Dopo la doccia, una volta nello spogliatoio ormai vuoto, notò una figura che stava raccogliendo le ultime cose: Damian era lì a prendere le chiavi del suv che Richard aveva dimenticato nell'armadietto.
La fortuna sembrava girare dalla sua parte per una volta.
 
Poteva prendersi la sua rivincita ora che non c'era nessuno ad ostacolarlo.
 
Gli si posizionò dietro chiudendo con forza lo sportello di metallo, tenendovi la mano appoggiata sopra.
Il corvino non fece una piega, come se lo aspettasse, anzi sospirò.
''Vuoi davvero fare a botte con me?'' chiese ironicamente, senza voltarsi.
''Paura?'' Andrew era qualche centimetro più alto dell'altro e dalla sua altezza poteva notare la leggera sporgenza delle vertebre del collo del corvino, sparire sotto la maglia bianca.
Finalmente Damian si degnò di voltarsi appoggiandosi agli armadietti con la schiena.
Il suo sguardo era tra il beffardo e il curioso, come se volesse davvero capire se l'avrebbe menato o no, teneva le braccia incrociate sul petto.
''Sono qui, avanti, sfogati'' lo invitò pacatamente
''Non tirare troppo la corda Wayne, potresti pentirtene''
''Tu dici? Nah, io non credo''.
 
Riflettendoci, a che cosa gli sarebbe servito?
Tutti lo avrebbero incolpato e di certo lui non aveva voglia di dover stare a presso ad un sacco di altra gente noiosa, no... menarlo non era la soluzione migliore.
Sospirò senza mai distogliere lo sguardo dal viso dell'altro e si voltò pronto a rivestirsi.
 
''Codardo''.
 
Il pugno partì d'istinto diretto esattamente dove si trovava la testa del corvino, che si spostò leggermente, facendo schiantare le nocche del moro sullo sportello dove lasciò un buco.
''Prova a ripeterlo!'' gridò
''Come vuoi...'' Damian gli si avvicinò posando le mani attorno al suo viso delicatamente ''Ho detto... che sei un codardo'' sussurrò.
L'ultima parola fu accompagnata da un violento calcio allo stomaco che lo fece piegare in due, facendolo crollare a terra, boccheggiante.
''Vedi Andrew, non dovresti sfidare chi è più forte di te'' gli disse piegandosi davanti a lui accarezzandogli la testa
''Che cazzo stai facendo?''
''Faccio le carezze al cucciolo disubbidiente che ho dovuto punire'' rispose tranquillamente ''Sai, poi rischia di offendersi''
''Muori''
''Ehi, non si augura la morte, non te l'ha insegnato nessuno?'' gli chiese sbeffeggiandolo ''Credo...'' continuò in tono serio ''...che dovrò addestrare bene questo cucciolo''.
 
Damian si alzò, lasciandolo lì dolorante a terra a riflettere su quella che a lui era sembrata una minaccia fin troppo vera.
Dovette aspettare un po' prima che il dolore diminuisse e fosse in grado di vestirsi per andare a casa.  Dopo l'accaduto aveva chiamato al lavoro dicendo che si era sentito male e fortunatamente gli avevano dato il permesso di riposo.
Da quel giorno i due non si parlarono più, né una minaccia né uno sguardo.
Il corvino non si era nemmeno più presentato ai suoi allenamenti e non gli aveva dato più sorrisi beffardi ad ogni consegna dei test.
Veniva trattato come uno dei tanti, finalmente.
Sull'università sembrava essere scesa un'aura di pace e tranquillità.
Fu in questo momento che una ragazza iniziò ad interessarsi a lui.
   
 
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