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Autore: PabloX    22/04/2018    1 recensioni
Faith- L'inizio è un racconto unico, diviso per comodità di lettura in capitoli, in cui ho ricostruito la storia di Faith prima di diventare una cacciatrice di vampiri. Più precisamente racconta il momento in cu Faith scopre quale sarà il suo destino e lascia la sua vecchia vita per intraprendere quel percorso che poi la porterà a Sunnydale e a tutti gli avvenimenti che conosciamo attraverso la serie. Questo racconto l'ho scritto in realtà dopo aver realizzato due lunghe FF con Faith protagonista. Credo però sia giusto partire dall'inizio, prima di passare a tempi successivi. Note. Il nome della Osservatrice di Faith non viene mai detto nella serie ed è quindi mia invenzione. Il nome l'avevo già usato proprio in una delle precedenti Fan Fiction. Nel racconto l'Osservatrice dice che la cacciatrice in carica è Buffy, in relatà sarebbe Kendra ma lei non lo sa. Spero vi piaccia e spero di riuscire a pubblicare tutto l'arco narrativo da me ideato. Mi piacerebbe avere feedback. Buona lettura
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Faith Lehane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The more we learn
The less we believe to be true
The more we prove
The more remains to be proved
We’ve gotta be strong men
And follow a path again
We’ve got to have Faith in something bigger
Faith in something bigger
Faith in something big
Inside ourselves
(THE WHO, Faith in something bigger)

-Driin, Driin- Il suono secco della sveglia svegliò Faith. Lei si rigirò nel letto cercando di rimanere abbrancata all’ultimo scorcio del sogno che stava facendo, ma la voce roca e annoiata della madre la tolse definitivamente dalle braccia di Morfeo.
-Su, Faith, alzati. Devi andare a scuola. Non fartelo ridire una seconda volta-
-Va bene, Mà-
Faith si tirò su e scese dal letto senza nemmeno aprire gli occhi. Sempre ad occhi semichiusi si incamminò e trovò la porta del bagno. La roulotte dove lei e sua madre vivevano da qualche anno all’estrema periferia di Boston non era piccola, ma certamente la sua planimetria era facile da imparare, e dopo pochi mesi ci si poteva muovere dentro letteralmente ad occhi chiusi. L’unico rischio era inciampare su qualche bottiglia o qualche bicchiere lasciato per terra, le sere in cui sua madre eccedeva nel bere.
In “quelle” sere sua madre era insopportabile, e Faith soffriva a vedere sua madre così. La preferiva piuttosto quando la trovava in compagnia di qualche sconosciuto. Quest’ultima cosa la faceva vergognare un po’, ma non soffrire. Alle volte quegli sconosciuti erano simpatici, e le facevano dei complimenti. E alle volte sua madre si ingelosiva dei complimenti che Faith riceveva. Glielo leggeva negli occhi e nella voce. Forse era per quello che sempre più di rado si faceva vedere con degli uomini. O forse semplicemente sua madre era sempre meno attraente, mentre lei, Faith, lo era sempre di più.
L’acqua gelata sul viso la distolse da questi pensieri, ma cancellò contemporaneamente le ultime labili tracce del sogno che stava facendo. Aveva sognato ancora il suo cavaliere, che in groppa ad un cavallo bianco la veniva a portare via da quel presente fatto di povertà e squallore.
Faith, non sei più una bambina, si disse. Non c’è nessuno cavaliere in groppa a nessun cavallo che ti possa portare via di qui. Dovrai essere tu, con le tue gambe, un giorno, ad andartene.
Si vestì rapidamente, mandò giù un paio di biscotti con una tazza di caffè lungo e molto zuccherato, prese i libri ed uscì.

La scuola non gli piaceva, ci andava per perdere un po’ di tempo, per stare lontana da sua madre ed evadere per poche ore al giorno dallo squallore della sua esistenza. A scuola poi potevano conoscere dei ragazzi, ma in ultima analisi non gli importava un granché nemmeno di questo.
La mattinata trascorse tranquilla, cioè noiosa. Faith non parlò praticamente con nessuno, appena l’indispensabile, e questo era un bene, perché quando aveva la luna di traverso, e quel giorno ce l’aveva, finiva per essere aggressiva e strafottente, e questo la rendeva solo impopolare nella sua classe. Non era stata nemmeno interrogata, e anche questo era un bene, aveva evitato qualche brutta figura e i sorrisi compiaciuti e di disprezzo delle ragazzine dei primi banchi, quelle tutte ordinatine e ben vestite che la guardavano dall’alto in basso solo perché sapevano la sua situazione disgraziata.
I loro sguardi erano più significativi di mille parole, e se non esprimevano quello che pensavano con le parole era solo perché sapevano che Faith gli avrebbe chiuso la bocca a suon di schiaffi, come era successo qualche mese prima.
Faith si ricordava quel giorno, ma se lo ricordavano soprattutto loro. Aveva subito una strigliata da parte di insegnanti e preside, ma non da sua madre. Quella volta sua madre era stata dalla sua parte, non appena aveva saputo qual era la materia del contendere.
-Hai fatto bene!- gli aveva detto- Diamine! ma come si permettono queste snob, queste ragazzine viziate di parlare male di persone perbene come noi! Solo perché non viviamo in ville con macchinoni, con la piscina e la servitù, questo non vuol dire che non abbiamo dei sentimenti, questo non vuol dire che siamo peggio di loro. Certo alle loro madri non è capitato di sposare un buono a nulla come tuo padre, incapace perfino di fare una rapina come si deve! E’ solo questione di fortuna. Ecco qual è la differenza. La fortuna!-
Poi l’aveva guardata fissa negli occhi e aveva esclamato- Hai fatto bene, perdinci! Nella vita bisogna farsi rispettare e d essere orgogliosi di quello che si è. E’ l’unica cosa che abbiamo d’altro canto.-
Poi si era versata da bere. E Faith le aveva detto – No, Mà, ti prego non bere- Lei l’aveva guardata un po’ perplessa, poi le aveva risposto:- Va bene Faith, cosa vuoi che facciamo, allora?-
-Un giro, Mà-
La madre aveva acconsentito e per una volta, forse per premiarla di aver difeso il nome ed il decoro della famiglia, l’aveva portata fuori in giro a fare shopping. Anche se poi non avevano comprato praticamente nulla.
Lei voleva bene a sua madre, anche se spesso si vergognava di lei, ma il fatto che si vergognava era la dimostrazione che le voleva bene, che in fondo alla sua anima c’era da qualche parte un posto tutto per lei.
Quel mattino l’unica cosa rilevante era stato l’arrivo di un nuovo ragazzo, un tipo magrolino con gli occhiali e l’aria da secchione, il cui nome era Luc. Faith non ci aveva quasi fatto caso, anzi non ci avrebbe fatto caso per niente se nell’intervallo il tizio in questione non si fosse voltato verso di lei e l’avesse guardata, anzi più che guardata l’aveva proprio squadrata, le aveva fatto una specie di raggi X. Lei sapeva cosa voleva dire quello sguardo da parte dei ragazzi, e a volte le faceva piacere, ma il più delle volte le faceva ribollire il sangue.
Quella volta era stata incerta sul da farsi, aveva considerato che quel tipo pareva proprio inoffensivo, a differenza di certi altri di sua conoscenza, e dopo qualche secondo si era alzata dal banco e con aria indifferente gli si era avvicinata e poi all’improvviso era sbucata davanti a lui e l’aveva apostrofato assumendo quella sua aria strafottente e da poco di buono.
-Ciao, ti sono venuta a facilitare il compito-
-Cosa?- disse lui con aria imbarazzata mentre si aggiustava gli occhiali
-Ho visto che mi guardavi, e visto che già porti gli occhiali mi sono detta, non vorrei che perda delle altre diottrie per colpa mia-
-Io…veramente… -farfugliò il ragazzo
-Veramente cosa?- gli disse sorridendo maliziosa
-Guardavo i vestiti, cioè, l’abbigliamento-
-Ah, i vestiti…non ti piacciono?- Faith era vestita in modo tutt’altro che ricercato. Pantaloni neri, scarponi che non avevano nulla di femminile, una semplice maglietta un po’ stinta indossata sotto il giubbino di jeans anch’esso stinto, ed a completare il tutto capelli arruffati e un filo di trucco soprattutto a sottolineare gli occhi e le labbra carnose.
-Sì,vesti bene.- Rispose intimidito il ragazzo.
-Ma chi vuoi prendere in giro?- gli rispose con tono aggressivo Faith. In quel momento rientrò l’insegnante di geografia e Faith si allontanò aggiungendo frettolosamente un “ci vediamo”, che non si capiva fosse una promessa o una minaccia.
Più tardi all’uscita vide dei tipi che se la prendevano con il magrolino.
Li conosceva quei tali, Con uno di questi, Jack, aveva avuto una di quelle che si possono chiamare storie, con un po’ di fantasia. Una pomiciata in discoteca, ma poi al dunque, il tipo si era tirato indietro.
Peggio, Faith aveva saputo che il tipo si era vantato in giro della sua “conquista”, quando in realtà non c’era proprio niente di cui vantarsi. Proprio un bullo del cavolo, solo un gran pallone gonfiato, questo era quello che pensava di lui Faith.
E adesso lo vedeva prendersela con quel ragazzino, quel Luc. Spintonarlo e prendergli gli occhiali. Era veramente troppo per Faith. Chissà, magari qualche settimana prima si sarebbe divertita a quello spettacolo, sarebbe rimasta lì a guardare e a ridere come facevano i tirapiedi di Jack, ma oggi era di tutt’altro umore. Aveva un conto da regolare con quel bulletto e, in fondo, il ragazzino gli era simpatico, era l’unico che non l’aveva ignorata quel giorno.
Faith si avvicinò a Jack , gli strappò dalle mani gli occhiali e li porse a Luc
-Scusalo, Luc, il ragazzo non conosce la buona educazione-
Luc la guardò con uno sguardo in cui si leggevano sorpresa e gratitudine, mentre Jack era letteralmente allibito. Dopo un attimo di sorpresa disse:- Ehi Faith, non sapevo che fosse il tuo ragazzo. Sei caduta in basso, ti piacciono i finocchi quattrocchi ora-
Faith si girò verso Luc e poi tornò a fissare Jack con sguardo di sfida- Non è il mio ragazzo e non so se sia finocchio o meno, ma sicuramente è più uomo di te. Perché a quanto mi risulta non è che tu  lo sia molto-
Jack la guardò sempre più allibito e biascicò- Faith dopo tutto quello che c’è stata tra noi…-
-Già cosa c’è stato, ho bisogno di un ripasso perché non ricordo nulla-
I due ragazzotti che spalleggiavano Jack rimasero a bocca aperta ed uno dei due disse –Ma Jack non avevi detto…-
-Zitto Tu!- gli urlò in faccia Jack- Forse non ti ricordi perché il piacere che hai provato è stato troppo intenso, o magari perché ti sei fatta sbattere da qualcun altro-
-Hai ragione! Per farmi sbattere devo proprio rivolgermi a qualcun altro, perché se aspetto te…-
Jack la guardò pieno di odio e lanciò un’occhiata altrettanto minacciosa ai suoi due compari.
-E’ inutile che perda tempo con te… Sei come tua madre!- disse lanciandole un ultimo sguardo pieno di disprezzo e allontanandosi. Faith accennò un passo in avanti ma poi si trattenne. Gli aveva dato la lezione che meritava, anche se quell’accenno a sua madre non le era andato giù.
-E tu quattrocchi attento, appena ti becco senza la tua santa protettrice, ti sistemo-
-Sissì, va via, buffone- commentò a bassa voce Faith.
-Ti devo ringraziare- le disse Luc
- Non c’è bisogno-gli rispose Faith, senza nemmeno guardarlo in faccia- E’ stato un piacere-
- Non so nemmeno come ti chiami, Io mi chiamo Luc-
-Lo so- gli rispose Faith guardandolo finalmente in viso- Io mi chiamo Faith-, disse porgendogli la mano e sorridendogli.
Luc la continuò a guardare come inebetito e Faith decise che era rimasta lì anche troppo a lungo e si avviò seguita a ruota da Luc.
-Non so proprio come ringraziarti-
-L’hai già fatto-
-No, dico sul serio, come posso sdebitarmi?-
Faith si fermò e gli disse – Senti Luc, mi hai già ringraziato a sufficienza, e poi, avevo un conto da regolare con quel tipo, quindi è un favore che ho fatto a me, prima che a te-
Luc annuì con aria seriosa, poi ripartì alla carica- Ma non posso accompagnarti a casa?-
Faith incominciò a spazientirsi- No, non puoi: si dà il caso che sappia trovare la strada di casa da sola. E senti, tanto per chiarire, non è che io ti abbia difeso da quei tipi perché mi sono innamorata di te a prima vista. Anzi, francamente ti considero un quattrocchi secchione pure io, nonché un impiastro perciò Luc- fece un gesto con la mano- Puoi smammare, Ciao- e detto questo si allontanò velocemente.
Luc questa volta non la seguì, ma qualcosa fece sì che Faith si fermasse. Stette qualche secondo ferma, immobile, poi si girò. Luc era ancora lì e la fissava inebetito.
Faith non sapeva se essere contenta o arrabbiarsi definitivamente, In fondo era un nuovo ragazzino piombato da chissà dove, sperduto e solo, e questo glielo faceva simpatico, anche se dall’altra parte non aveva voglia di dargli troppa confidenza. Tornò indietro sui suoi passi e gli disse-
-Senti, non è vero che sei un’impiastro- Luc continuava a guardarla con quel suo sguardo vuoto.
-E non sei nemmeno un quattrocchi, cioè lo sei, ma gli occhiali ti donano. Sul serio-
Luc dette segno di essersi rilassato. Non sembrava più offeso.
-Solo che…ho le mie cose da sbrigare, e non mi va di darti troppa confidenza. Capisci?-
Luc assentì con sguardo rassegnato e borbottò- Capisco-
-Bene, ci vediamo domani allora-
-A domani…Faith-

**

Faith sentì qualcuno bussare alla porta della roulotte: possibile? Domenica mattina e qualcuno veniva a disturbarla.
-Vai un po’ a vedere chi è, Faith- le disse sua madre con aria assonnata. Faith si alzò dalla tavola della colazione e aperse uno spiraglio della porta gettando un occhio di fuori.
-Ah sei tu?- disse strabuzzando gli occhi. Di fronte a lei il ragazzino quattrocchi, quel Luc che aveva salvato qualche giorno prima dalle attenzioni poco amichevoli di Jack e dei suoi amici.
-Sorpresa?-
-Già. Aspetta un attimo che arrivo.-
-Chi è? – chiese la madre.
-Un mio amico-
-Ah, ti sei trovata un ragazzo. Era ora-
-Non è il mio ragazzo, è solo un mio compagno di scuola. E’ un po’ strano, sai com’è-
- Be’ fallo entrare-
-Non è il caso- disse Faith mentre si infilava le scarpe e prendeva il giubbetto di jeans.
-Ciao Ma’-disse uscendo dalla roulotte e chiudendo dietro di sé la porta.
-Allora? Hai scoperto il mio segreto-
-Quale segreto?- chiese con la sua aria ingenua Luc-
-Che abito qui- rispose Faith accennando alla roulotte alle sue spalle.
- Ci sono tante persone che vivono in roulotte. Non c’è da vergognarsi-
-Non mi vergogno infatti. Non della roulotte.-sospirò la ragazza. –Come mai sei venuto a trovarmi
-Ecco io, ho portato dei libri. Pensavo che avessi bisogno di un aiuto scolastico.-
Faith sorrise, prese in mano i libri che Luc le porgeva e li richiuse-Sei matto. Come puoi pensare che io studi di domenica, non lo faccio nemmeno gli altri giorni.-
- Dovresti. Sei in gamba. Potresti andare bene a scuola-
Faith sorrise e scosse la testa. –E’ inutile, non sono fatta per quelle cose. E poi è domenica. E’ festa. Facciamo qualcos’altro.-
- Bene cosa vuoi fare?-
-Facciamo un giro. Mi annoio a stare ferma.
I due si incamminarono insieme, Faith leggermente avanti di un mezzo passo, camminava con aria annoiata, Luc la seguiva, senza osare parlare.
Dopo un po’ le disse - Ma dove stiamo andando?-
-Non, so in giro-
-Sì, ma dove?-
-Non so, mi piace andare dove le mie gambe mi trascinano, senza pensarci su. E’ più comodo sai?
Bisogna solo seguire le proprie gambe, il proprio istinto, e lasciare che loro ti guidino da qualche parte-
-Io penso invece che sia il nostro cervello che guidi le nostre gambe-
-Può darsi- disse Faith alzando le spalle – Ma non farei troppo l’intellettuale se fossi in te. Dovresti lasciarti andare. Lasciarti vivere. Cogliere l’attimo.-
-E adesso dove siamo finiti?-
-Direi che siamo finiti dove c’è il circo.- Disse Faith osservando i carrozzoni. –Che bello, quando ero piccola mi piaceva tanto andare al circo. E quando se ne andava via contavo i giorni che mancavano al suo ritorno in città.-
- Non mi piace tanto il circo, a me- rispose Luc con aria leggermente schifata –E’ tutta gente strana che fa cose strane ed inutili, E anche pericolose-
-Gente strana?. E’ gente meravigliosa. Addestrare tigri, leoni, fare acrobazie sospesi a metri di altezza, senza rete. Ci vuole coraggio, altroché. Lo trovo eccitante.-
-Sarà- rispose Luc a voce bassa.
Poi videro un domatore che dava da mangiare al suo compagno di giochi, che era un orso Baribal.
-Che bello, andiamo a vedere- disse entusiasta Faith
Luc la seguì senza mostrare grande entusiasmo.
-Ehi, Yogi, vieni qui- Faith si sbracciava verso l’animale che era la di là del recinto
Le sue grida attirarono l’attenzione del domatore
-Non si chiama Yogy, si chiama Timothy-
-Ciao Timothy, vieni qui!-
Il domatore sorrise – Timothy è buono, ma non usa dare confidenze agli estranei-
-Posso stare qui a guardarlo?-
-Certo, ma non si avvicini troppo signorina, è pur sempre un animale feroce-
Faith chiese a Luc- Non è bello?—
-Certo è bello, anche se ho visto degli orsi più belli-
-No, dico, non è bella la vita del circo? Sempre in giro in nuove città verso nuove avventure. Come mi piacerebbe!-
-Probabilmente dopo un po’ ti stancheresti-
-Forse, però sarebbe bello ugualmente-
Dopo un po’ l’addestratore portò via l’orso,e i due si allontanarono senza più parlare, poi Luc disse guardando nervosamente l’orologio –E’ tardi, devo andare-
-E dove devi andare?-
-Mi aspettano. Devo andare-
-Vai allora. -Disse Faith riprendendo la sua solita aria menefreghista
-Ci vediamo Faith-
-Ci si vede-
Faith guardò incuriosita il ragazzo scappare via a gambe levate “Che tipo strano. Mi sa che l’ho spaventato. Li spavento tutti, chissà perché”
Ma in fondo non gli importava un granché, o almeno questo è quello che le faceva comodo credere.
 
   
 
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