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Autore: AnnVicious    24/04/2018    0 recensioni
Lana è una ragazza di ventisette anni che fa ritorno a Woodville, il suo paese di nascita, a causa di una recente perdita in famiglia che l'ha parecchio scossa. Essendo stata sempre una ragazza insicura, incapace di osare e trasgredire anche alla minima cosa, si sente persa, ancora più debole ed insicura, per giunta in quel paese che ora le sembra totalmente diverso, privo dell'energia che emanava una volta.
Ma proprio quando è al laghetto, il luogo dove da ragazzina andava a giocare, a distanza di dieci anni, rivede Alex.
Per lei è stato il primo amico, la prima cotta, il primo amore, il primo a lasciarla sola.
Alexander è a sua volta in un periodo difficile della sua vita: con un lavoro che non soddisfa le sue ambizioni, una delicata situazione in famiglia e la relazione con la sua ragazza in bilico ma riesce comunque ad avere coraggio e a vivere appieno la propria vita, nonostante sia solito indossare delle maschere pur di non mostrarsi per la persona che è nel profondo.
Entrambi sono cambiati molto, in alcune cose in meglio ed in altre in peggio, ma il ricordo della loro spensieratezza e del loro primo amore vive nelle loro menti.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Lana stava osservando, con una tazza contenente una tisana, che reggeva in una mano, il suo manoscritto che aveva appena terminato: sebbene la tecnologia si fosse sviluppata molto negli ultimi anni, lei non sapeva fare a meno di carta e penna ed in generale, nella sua vita di tutti i giorni, si rendeva conto di essere rimasta indietro in quel campo ma lei, almeno non era da sola: almeno la metà dei cittadini di Woodville non avevano nemmeno la vaga idea di cosa fossero un tablet od un drone e lei si sentiva ancora un po’ rincuorata nel poter guardare negli occhi delle persone che non erano impegnate a controllare gli schermi dei loro cellulari ogni cinque minuti. Ma Taylor le aveva detto che era praticamente impossibile che ci fosse anche solo un editore al mondo che accettasse ancora manoscritti e non formati digitali, quindi le aveva promesso che avrebbe ricopiato tutto al computer. Lana ricordava di esserle stata molto grata e sebbene inizialmente l’amica avesse rifiutato, le aveva offerto una piccola somma in denaro per il lavoro che sarebbe andata a svolgere. Lana, dopo aver sorseggiato la propria tisana che nonostante avesse lasciato raffreddare almeno cinque minuti, le aveva comunque scottato appena le labbra, andò ad accarezzare tutti quei fogli che ad occhio e croce, erano almeno un paio di centinaia o forse tre e ne lasciò scorrere i bordi tra le dita, inspirando profondamente nel sentire l’odore dell’inchiostro fuoriuscire da essi. Come avrebbe mai potuto rinunciare a quel piacere di toccare, vedere e poter annusare la carta sulla quale si erano riversati tutta la propria ispirazione e tutto il frutto del suo duro lavoro degli ultimi due mesi? Senza parlare poi, di tutte le volte in cui si era dovuta fermare perché le proprie lacrime avevano iniziato a cadere di nuovo, magari in un momento in cui aveva ricordato qualcosa di estremamente toccante che era avvenuto tra lei ed Alex, oppure quando si era trattato di descrivere lui e tutta l’energia che era sembrata circondarlo anche mentre dormiva. A volte, Lana piangeva perché aveva la strana sensazione che lui le fosse ancora vicino in qualche modo e le pareva di sentire la sua presenza ovunque: accadeva soprattutto mentre scriveva di lui e di come fossero riusciti ad essere felici insieme; aveva la sensazione di sentire un leggero vento fresco sulla mano destra quando prendeva il plettro per suonare la vecchia chitarra classica che lui spesso aveva usato, creando con essa delle melodie così dolci e melanconiche nelle sere, ormai un solo ricordo lontano, in cui decidevano di dormire in spiaggia o nei mattini d’inverno, quando, invece si accampavano vicino ad una foresta ed all’inizio del nuovo giorno accendevano un piccolo fuoco per riscaldarsi e lasciavano volare lo sguardo verso i colori chiari che offriva loro il cielo. Quando si soffermava a guardare uno dei tanti dipinti di Alex che ormai riempivano da tempo tutta la casa, Lana sentiva una sorta di venticello fresco carezzarle le spalle, come se avesse voluto dirle che si, era li a guardarlo con lei… Oppure vista la sua ossessione per i colori, sarebbe stato più convincente se lui avesse semplicemente cercato di dirle di non provare a toccare i propri dipinti per nessun motivo o avrebbe rischiato di rovinarli. A Lana sfuggì una risata a quel pensiero e dopo essersi finita la tisana, poggiò la tazza vuota sul tavolo e dopo essersi stretta il fermaglio che teneva raccolti i suoi lunghi capelli in una coda, decise di tornare concentrata: doveva scrivere alcune note finali, una sorta di epilogo: finalmente sentiva le parole iniziare a ronzarle per la testa e prese una delle tante penne nere delle quali molte avevano esaurito l’inchiostro, messe alla rinfusa sul tavolo di legno che era coperto interamente da fogli su fogli macchiati, scarabocchiati, puliti o accartocciati per metà. Il disordine generale si estendeva anche alle altre stanze della casa materna, ma da quando aveva iniziato a scrivere, esattamente due mesi prima, Lana non aveva lasciato la penna nemmeno per un momento se non per dormire e mangiare. Almeno una volta a settimana passavano a trovarla Christine o Nicholas a cercare di rendere quella casa più vivibile o a preparare qualcosa di sano a Lana che non fosse il solito cibo in scatola che ormai lei era abituata a mangiare, come legumi, zuppe precotte o i soliti cibi pronti che bastava infilare nel microonde per avere un’aria vagamente commestibile ai suoi occhi. Lana li aveva ringraziati molto spesso, ma per lei quel genere di cose non erano importanti: per lei lo era solo poter esprimere attraverso la penna tutto ciò che aveva sentito insieme ad Alex in quegli anni fatti di viaggi ed avventure. Scosse appena la testa e cercò di concentrarsi, quindi dopo essersi spostata un ciuffo di capelli dietro all’orecchio, andò finalmente a prendere un foglio nuovo ed iniziò a scrivere: Epilogo: Dopo aver gettato fuori tutto ciò che ho sentito di voler condividere con chiunque avrà avuto la pazienza di seguire il mio racconto fino a questo punto senza ancora odiarmi per essere a volte, fin troppo logorroica e tendente ad essere molto sentimentale, vorrei ringraziare di cuore chiunque si sia preso la briga di ascoltare anche solo una frase detta da me, dopo la scomparsa di Alexander. Solo grazie ad ognuna di codeste persone, ho capito che era solo la sua storia ad aver raggiunto un punto nero d’inchiostro, una fine. E non la mia. Spesso, soprattutto nelle prime settimane dopo il funerale, ho avuto diverse volte il forte desiderio di voler raggiungere lui, ovunque si trovasse, convinta del fatto che solo in quel modo avrei potuto mettere fine alle mie pene e ai miei dolori. Poi, in un giorno uggioso, ho ritrovato quei diari di viaggio, sia miei che suoi, dei quali ho trascritto, oltre alle mie riflessioni, almeno il novanta percento di essi, tenendo per me solo pensieri strettamente personali. Ho voluto trascrivere tutto in un unico libro per due motivi: per salvare me e per cercare di essere una mano che accarezza il viso ed asciuga le lacrime di chi, purtroppo, si è trovato o si trova attualmente nella mia stessa situazione. Con Alex, ho vissuto tutto ciò che a parole mie non sarei mai riuscita a dire o ad esprimere e penso che per renderne una vaga idea, l’unico modo fosse proprio quello di rivivere attraverso tutti i nostri numerosi diari che abbiamo tenuto nel corso di dieci anni, tutto ciò che, oltre all’amore, abbiamo provato l’una per l’altro, che ci ha resi così felici, così liberi. Come avete potuto leggere, la nostra felicità non è stata costruita su mattoni formati da soldi, oggetti scintillanti dal peso di appena un grammo che valgono più di un organo, vacanze in posti ricercati, luoghi comuni o da applausi di milioni di persone. La nostra felicità non è stata manipolata, ma semplicemente è accaduta e l’abbiamo vissuta insieme. Credo che lo scopo finale di ogni persona, per quanto agli studiosi ed ai facoltosi possa risultare semplice e scontato, sia proprio quello di voler vivere la propria esistenza accanto alle persone che si amano e trovando insieme la propria strada per la libertà. Potete odiarmi per queste parole, potete non essere d’accordo, potete addirittura prendere questo libro e bruciarlo o farne mille pezzi o sfogarvi su di esso nel modo più creativo che vi verrà in mente, ma resta il fatto che grazie ad esso, ho ricominciato a vivere e non più solo a sopravvivere, come un automa senza spirito. Ricordo che da bambina avrei voluto vivere tante vite diverse: quella dell’attrice, quella della cantante, quella della modella, quella dell’astronauta, quella del genio... Ma non avevo capito che la mia felicità era distante ad appena qualche pollice da me, giusto a qualche filo d’erba di divario, sdraiata per terra come me e con il naso puntato verso le nuvole bianche, che, ai tempi della puerizia, ispiravano i nostri sogni più fantasiosi. Non avevo capito che quel bambino con un paio di lentiggini sul viso, gli occhi pieni di purezza, ma con una scintilla di furbizia, il naso dritto, le labbra strette ed un sorriso tipico di chi le nuvole non si accontenta di osservarle, ma che vuole anche navigarci dentro, avrebbe, a distanza di tanti, forse troppi anni, riempito il mio cuore di una gioia tale al punto da non riuscire più a fare a meno di lui. Ci sono persone che impiegano tutta la loro esistenza e tutte le forze a loro disposizione per scovare, nel nostro vasto pianeta, la persona con la quale vorrebbero invecchiare, passare la loro esistenza insieme, senza mai dividersi. Ma forse potremmo lasciare che, semplicemente, accada. Erano appena un paio di pagine, eppure Lana, subito dopo aver finito di scriverle, dopo aver messo il punto alla fine dell’ultima frase, si sentì più libera che mai, come se finalmente avesse lasciato andare tutto quel tremendo dolore che l’aveva perseguitata fino a quel momento. Lasciò che le proprie spalle, tese e ritte fino a pochi istanti prima, si afflosciassero sulla sedia di legno e slegò i suoi capelli, scrollando appena la testa ed infine, si lasciò andare ad un sospiro, forse il più lungo che fosse mai uscito dal suo naso. Era un sospiro di liberazione, che aveva accompagnato ad un piccolo verso di appagamento. Infine si alzò ed uscì nel piccolo giardino sul retro, quindi volse gli occhi verso il cielo: Dicembre era alle porte e Lana si strinse in un gesto automatico nel caldo cardigan blu scuro che indossava e sorrise appena nel vedere che nel cielo, sebbene fossero le sei del pomeriggio, una luna piena risplendeva ed accendeva gli occhi dei sognatori che si sarebbero fermati anche solo per un istante a guardarla, limpida e misteriosa. Il pensiero di Lana, ovviamente andò ad Alex, che ringraziò mentalmente, come tutte le sere da quando aveva iniziato a scrivere quel libro su di loro e guardando la luna, iniziò a fischiettare le prime note di Always, una delle innumerevoli canzoni che si erano dedicati a vicenda e quella che lei aveva trovato da subito, la più significativa per loro. Aveva ancora ben presente nelle propria testa, quella sera in cui, dopo uno dei loro rari ma terribili litigi, lui l’aveva invitata a passare la sera in uno di quei locali dove vi erano un paio di piste da ballo, birra a fiumi e persone che, dopo il lavoro, andavano subito in quel posto per addormentare lo stress con alcool ed un karaoke fatto da voci brille e stonate, ma ancora piene di calore. Lana ricordava che quel posto, da subito, non le era piaciuto, abituata come era in quel periodo al silenzio solenne di boschi e foreste piuttosto che al rumore ed alle risate delle persone, ma gli occhi dolci di Alex erano stati così convincenti da averla fatta cedere e dopo avergli tenuto il muso per tutta la sera, tra un paio di birre scure ed anacardi sgranocchiati, alla fine lui l’aveva invitata a ballare sulle note di Frank Sinatra e lì, sulla pista da ballo, se prima lei era riuscita a mantenere il polso freddo, a volte riuscendo anche a non guardare Alex per lunghi lassi di tempo, in quegli istanti aveva perso tutta la concentrazione nell’essere arrabbiata e si era sciolta. Ricordava di averlo abbracciato tanto forte da temere di avergli rotto qualche osso e poi era scoppiata in lacrime, dandosi della stupida una miriade di volte. Ma lui era stato paziente e aveva cullato la ragazza tra le proprie braccia fino alla chiusura del locale, ovvero le tre del mattino. Lana tornò alla realtà nel sentir bussare alla porta. Sapeva chi fosse: siccome sapeva che in quella sera avrebbe finito il libro, aveva chiesto a Nicholas di venirla a trovare, perché aveva anche previsto il fatto che si sarebbe certamente lasciata andare ai ricordi ed alle lacrime facili, proprio come era appena accaduto. Portò un paio di polpastrelli sul proprio viso e dopo essersi asciugata le lacrime che le avevano rigato il volto non appena nella propria testa aveva preso ad echeggiare Always di Sinatra, prima di andare ad aprire al suo caro amico che ormai considerava un fratello, gettò un ultimo sguardo a quella luna così maestosa in quella fredda sera invernale e pensò: “so che sei da qualche parte e so che mi stai osservando. Ce l’ho fatta. Se le cose andranno bene, tutti potranno desiderare di essere liberi come lo siamo stati noi”. La neve scendeva abbondante su Woodville. Erano i primi giorni di Dicembre ed era passato esattamente un anno da quando Lana aveva messo il punto all’ultima frase di Let’s Ride, il libro che narrava dei suoi viaggi con la persona che più aveva amato, nell’arco di dieci anni. Nevicava ormai da tre giorni nel piccolo paese, che nel frattempo non aveva smesso di fare progressi: oltre ai nuovi edifici e a quelli che invece erano lì da una vita, da qualche mese era stato aperto un piccolo centro commerciale che aveva segnato la svolta. Ora, Woodville era una meta per i giovani dei piccoli paesi vicini che non sapevano dove andare quando nei sabati pomeriggi, erano finalmente liberi dagli impegni scolastici; anche le famiglie accorrevano numerose e il piccolo paese sembrava prosperare. A Lana non erano mai piaciuti i centri commerciali, come tutti i luoghi affollati in generale e si era vista costretta ad andare in quel posto, di tanto in tanto, solo per necessità estrema. Il posto nel quale continuava a recarsi con una certa costanza, sebbene a volte non fosse il luogo più solitario del mondo, era proprio il cimitero. Si stava recando in quel luogo proprio in quegli istanti, a bordo della sua auto ibrida che aveva deciso di comprare dal momento in cui non aveva alcuna intenzione di usare il camper che era stato suo compagno di vita per tanto tempo: per lei rappresentava una grossa fetta della storia della sua vita e non voleva imprimere in esso altri ricordi che sarebbero poi andati a mischiarsi con quelli importanti, quelli che non voleva mescolare con altri a cui dava meno rilevanza. Stava proprio per parcheggiare, quando sentì il telefono che aveva poggiato sul cruscotto, iniziare a vibrare in un modo continuativo. Dopo aver spento la macchina proprio davanti al cimitero, nel vedere il numero che lampeggiava sul dispositivo, si affrettò a rispondere e salutò con un cordiale: “ciao Douglas!”. L’interlocutore maschile, risposte con una voce piena di calore e gioia: -Lana, mia cara! Siamo in cima alle classifiche dei libri più venduti della provincia, lo sai? La donna non poté fare a meno, nel sentire quella notizia, di sorridere e dire: -wow, dici davvero? Douglas, però sembrava non essere soddisfatto della risposta datagli da Lana, perciò le rispose, scherzoso: -wow è tutto ciò che ti viene da dire? E’ un gran risultato contando che il tuo libro in formato cartaceo è in vendita da appena tre settimane! Lei non poté fare a meno di sorridere ancora, ma fu lo stesso sorriso di prima: emozionato ed indubbiamente felice, ma privo della carica che invece si aspettava il suo editore. -Beh, e che altro potrei dire? Chiese lei, con un leggero timbro di disagio nella voce. Poi aggiunse: -E’ un buon risultato, no? -Ma certo che si! Rispose Douglas, entusiasta. -Abbiamo pubblicato un libro proveniente da un paesino che persino Google Maps fatica a rintracciare con il satellite, ciò vuol dire che c’è stato un passaparola enorme sia sui social network che a voce, hai fatto un ottimo lavoro! Ancora una volta, Lana non sapeva cosa dire e si rilassò contro il comodo sedile della propria auto, posando gli occhi fuori dal finestrino, sul paesaggio collinare, rivestito ed accarezzato continuamente dal soffice manto di neve tipica della stagione invernale e prese un sospiro. La neve continuava a cadere ed oramai vi erano già alcuni centimetri di una carezzevole massa bianca che si era andata a posare al suolo, dal momento in cui aveva iniziato a nevicare anche per tutta la sera prima. -Questo significa che in molti potranno leggere ciò che ho scritto, no? Chiese semplicemente Lana. -Si ed è tutto merito tuo e dell’impegno che ci hai messo per realizzare quella storia. Disse Douglas, ancora felice per le statistiche degli introiti. -Non è solo merito mio. Rispose Lana, improvvisamente malinconica e con gli occhi che si stavano andando lentamente a perdere nel paesaggio di Woodville, che in certe occasioni trovava così poetico da essere sicura del fatto che non avrebbe mai trovato parole per descriverlo bene come invece le mostravano i suoi occhi. Fortunatamente, Douglas capì a cosa si riferisse Lana e si congedò dicendo semplicemente: -fa un salto nel mio ufficio domani pomeriggio, okay? Dentro di sé, Lana ringraziò Douglas per aver finalmente capito che lei in quel momento sentisse l’urgenza di passare del tempo da sola e sussurrò, con voce flebile: -va bene, ti ringrazio molto per avermi chiamata. Sono felice che le cose stiano andando bene. Disse Lana in conclusione, mentre iniziava a scendere con cautela dalla macchina e contemporaneamente apriva il piccolo ombrello bianco che si era portata dietro dal momento in cui la neve sembrava non voler smettere di atterrare al suolo che ormai era coperto da almeno una trentina di centimetri di manto bianco. -Non vedo l’ora, tengo sempre da parte un cognac invecchiato di sette anni per queste occasioni. Rispose Douglas, con l’entusiasmo nella voce che ancora non si era perso. Lana sorrise di cuore nel sentire le parole del suo editore e poi lo salutò educatamente. Dopo essersi messa il telefono in tasca ed essere scesa del tutto dalla macchina, fece un sospiro: purtroppo certe cose le fiutava da un miglio di distanza da quando aveva perso Alex, tempo prima e il proprio istinto le diceva subito quando qualcuno volesse spingersi oltre all’amicizia o al cameratismo con lei e Lana, prontamente, rifiutava sempre con tatto e gentilezza, una cosa che ormai aveva imparato a fare bene. All’età di trentotto anni, Lana splendeva ancora per la sua naturale bellezza, nonostante non si fosse mai applicata chissà quanto nel vestirsi o truccarsi bene. Il suo fisico era rimasto magro , ma carnoso nei punti giusti e sulla faccia le erano spuntate appena un paio di rughe proprio sotto agli occhi e delle piccole zampe di gallina che a malapena si vedevano. Forse l’unica cosa che avesse effettivamente sentito il passare del tempo in lei, erano proprio i suoi occhi che talvolta, venivano velati da un senso di solitudine e tristezza più grandi di lei, ma era consapevole del fatto che non sarebbe potuta guarire dalla perdita del suo amato e se ne era fatta una ragione. I suoi passi lasciavano delle impronte leggere sulla neve candida che aveva bloccato mezzo paese ed era già tanto che lei fosse riuscita ad arrivare alla collinetta dove era situato il cimitero, senza andare ad urtare nulla con la macchina, cosa che invece le era capitato il giorno prima e sperava dentro di sé che nessuno di sua conoscenza avesse visto la leggera ammaccatura che vi era sul lato posteriore destro della propria auto o i suoi amici l’avrebbero presa in giro fino alla fine dei suoi giorni dal momento in cui lei si era sempre vantata di saper guidare in un modo eccellente. Si lasciò sfuggire una risata tra sé e sé nell’immaginarsi la situazione, ma poi tornò subito seria nell’attraversare i cancelli aperti del cimitero che nel corso degli anni, restava sempre lo stesso. Raggiunse subito la postazione in cui avevano seppellito Alex e che ormai Lana conosceva a memoria, ovvero accanto a sua madre, Valerie, che tanti anni prima aveva abbandonato lui ed il marito David, che Lana sapeva non godere di ottima salute nell’ultimo periodo. Come di consuetudine, la donna fece per inginocchiarsi dinanzi alla tomba, ma ricordandosi del fatto che ci fossero almeno trenta centimetri di neve, si fermò per un attimo, ma scosse poi la testa, decidendo subito che non le importava nulla del fatto che le si sarebbero inzuppati i leggins che indossava: quando restava in piedi per poter parlare alla lapide, le sembrava sempre di sentirsi distante ed ormai di Alexander, le era rimasta solo quella che sembrava essere una macchia di marmo nero, con su incisi il suo nome e la sua data di nascita e morte, come se di una persona defunta importassero solo quelle due cose, solo un nome e due date e nulla di più… Dopo essersi inginocchiata di fronte alla tomba, immergendo le ginocchia nella neve fresca, Lana poggiò l’ombrello per terra e la prima cosa che fece, con un gesto che nel corso del tempo era diventato automatico in situazioni simili, fu quello di togliere la neve che copriva il nome sulla lapide e poi dalla piccola foto che Lana ancora non poteva guardare per troppo tempo senza rischiare di sentire gli occhi lucidi: era una semplice immagine di lui che sorrideva, un accenno di barba sul viso, con una mano tra i lunghi capelli castani in disordine e l’altra che imbracciava la sua chitarra preferita. Quella foto era stata scattata proprio da Lana, all’interno del camper, proprio un paio di mesi prima che venissero a sapere della sua malattia, quando ad entrambi era ancora concesso di sognare un futuro insieme, quando erano ancora convinti di poter arrivare ad ottant’anni insieme, tenendo ancora le loro mani unite e nonostante tutta la stanchezza accumulata in una vita, con ancora la forza di baciarsi e di prendersi cura l’una dell’altro… Lana spostò lo sguardo sul nome perché sentiva già gli occhi iniziare a pizzicarle e si era promessa che non sarebbe arrivata a casa ancora una volta con gli occhi gonfi di chi ha appena finito di piangere a dirotto. -Ehi, indovina chi alla fine è riuscito a pubblicare una storia su di noi? Lana accennò un sorriso nel sentirsi sussurrare quelle parole: ancora non poteva credere di esserci riuscita davvero. -Ora chiunque lo vorrà, potrà leggere di noi, dei nostri viaggi, della nostra vita passata insieme, di tutto il lasso di tempo in cui siamo stati felici insieme… Prese un respiro profondo e poi, senza poterne fare a meno, riportò gli occhi sulla foto incastrata nel marmo nero della lapide, incapace di parlargli di quell’argomento senza poter avere almeno quella sua foto – che ormai conosceva a memoria, davanti agli occhi. - Lo so, sarai stanco di dover sentir parlare ancora di questo maledetto libro, ma cerca di capirmi, ormai parlo sempre di noi proprio per evitare di perdere anche il più piccolo frammento di ricordo di te. Abbassò appena la testa e nel togliersi di dosso dei fiocchi di neve, disse a voce più bassa: - quando sarò più vecchia sarà un bel problema cercare di tenere assieme tutti i ricordi che ho con te. Accennò ad un sospiro, poi tornò a guardare quella foto ed una lacrima che non era riuscita a trattenere, rigò il suo viso ovale. Si guardò intorno per assicurarsi del fatto che il cimitero fosse ancora deserto come lo aveva trovato entrando e nel vederlo ancora vuoto, con un dito, andò poi ad accarezzare il viso sorridente di Alexander nella foto e si allungò poi per dare un veloce e fugace bacio ad essa, ingoiando infine, il groppo in gola che sentiva. - Sarà egoistico pensarlo da parte mia, ma non sai quanto io desideri, in questo momento, di averti qui anche solo per cinque minuti, giusto il tempo di dirti che ti amo e ti amerò per sempre, che dopo aver pubblicato quella raccolta di parole scritte nei nostri diari, finalmente mi sento libera dal peso della tua scomparsa, ma non dalla solitudine del dovermi sdraiare nel letto, di notte, senza poter trovare il tuo corpo da abbracciare e senza poter trovare i tuoi baci al mattino, che sono stati gli unici in tutta la mia vita che mi abbiano fatta sentire amata e satura di amore nei tuoi confronti. E per quanto possa sembrare semplice e sciocco, vorrei dirti che sei sempre nei miei pensieri, che non passa giorno in cui il mio pensiero non vada a te. Oramai siamo nel tempo della condivisione multimediale e queste parole si sentono ogni giorno nella musica o nei film, ma per me hanno ancora un valore immenso e non mi stancherò mai di dirti che anche nel mio cuore, non manca mai un posto per te. Lana, dopo quel breve monologo, tirò un sospiro immenso, lasciando che alcuni fiocchi di neve andassero ad infiltrarsi nel proprio naso, cercando ancora una volta di non piangere, cercando di resistere alla tentazione di mandare la propria vita a quel paese per poter stare su quella tomba per giorni interi. Accarezzò per un’ultima volta quella foto ricoperta da un sottile strato di vetro e resistette ancora una volta dal piangere abbondanti lacrime. Doveva resistere perché aveva ancora un’altra visita da fare in quel cimitero della quale non si sarebbe scordata per nulla al mondo. Si alzò e dopo essersi pulita le gambe divenute umide a causa della neve che si era sciolta sui leggins rivestiti che portava quel giorno, poi riprese il proprio ombrello e lasciò altri passi leggeri sulla neve, che conducevano alla tomba di Richard Lovestone. Lana guardò per un momento dall’alto quella tomba coperta dalla neve e con l’aiuto di un guanto che teneva nella borsa, pulì lo spazio dove vi era inciso il nome di suo padre, poi si inginocchio nuovamente, come aveva fatto poco prima per Alexander e sorrise di cuore nel vedere quella fotografia, la stessa di molti anni prima, che sembrava essere intramontabile anche nella propria mente, che ormai riusciva ad immaginarlo solo in salute e nel fiore degli anni, come quando lei ne aveva appena compiuti una decina e lui la portava nell’unica piazza di Woodville nelle sere estive dove allestivano delle giostre e vendevano sempre dei palloncini, quelli ai quali lei ambiva ogni volta. -Lo so, ormai sembro una pazza nel venire qui ogni volta e iniziare a parlare da sola… Ma in qualche modo questo atteggiamento mi fa sentire più vicina a te e ad Al… Lana sospirò, senza poter fare a meno di portare lo sguardo altrove: era sempre difficile per lei, doversi fare forza in ogni singola volta in cui parlava sottovoce con le lapidi di suo padre ed il suo amato, trattenersi dall’esplodere in un pianto fragoroso, sebbene ormai non fosse più una ragazzina ed aveva imparato a gestire i propri sentimenti. La tristezza era sempre stata il suo punto debole e non riusciva mai a liberarsene del tutto da quando Alex l’aveva abbandonata, anzi vi erano spesso momenti nei quali restava a fissare il vuoto, la sera prima di addormentarsi, ripensando a tutti i giorni meravigliosi passati sia con lui che con suo padre ed inevitabilmente, il mattino dopo, trovava il cuscino bagnato di lacrime. - Volevo… Lana prese un sospiro che le fece aspirare qualche fiocco di neve e rabbrividì. -Volevo solo dirti che nonostante io ora possa sembrarti molto fragile, in realtà sto vivendo bene e credimi quando ti dico che ho passato una buona parte della mia vita tra sogno e realtà. Strinse il manico bianco dell’ombrello, poi continuò: -Mi hai sempre detto di fare quello che mi avrebbe resa felice, nel rispetto del prossimo. Ed è stato il miglior consiglio che tu mi abbia mai dato. Quelle parole hanno sempre trovato spazio nella mia testa, poi un giorno è arrivato lui con un camper sotto casa mia e ho scelto di concretizzare il mio sogno di libertà. L’unico vero sogno che io abbia mai avuto e che mi era sempre parso irraggiungibile, più lontano delle stelle e della luna… Si voltò in fretta e poi si asciugò una fredda lacrima che le stava scivolando sul viso, come se lui avesse potuto vederla. -Lo so… Mi ero promessa di non cedere… Ma ora sembra tutto così diverso senza di te, senza di voi… La testa di Lana era come succube di un proiettore che non faceva altro che trasmetterle ricordi su ricordi di continuo e non sapeva come fare a fermarli, quindi decise di andare via da quel posto al più presto possibile o ne sarebbe rimasta inghiottita per ore, come le era accaduto tante altre volte nel corso dell’ultimo anno. -Ora devo andare, papà. Tua moglie mi aspetta e sappi che non ti ha mai dimenticato. Lasciò un’ultima carezza su quella foto, poi tornò in fretta nella propria auto, dove cercò di rilassarsi fumando una sigaretta, cosa che faceva raramente ma che la aiutava a distendere i nervi. Dopo aver parcheggiato il veicolo accanto al camper che ormai era somigliante di più ad un relitto che un mezzo di trasporto, prese la busta sul sedile del passeggero contenente qualche copia del libro che aveva pubblicato, le quali erano state recapitate da Douglas, Lana entrò nella propria abitazione: dalle finestre si poteva vedere il tramonto che a Dicembre avveniva circa verso le cinque del pomeriggio ed appoggiò la busta contenente i libri su uno dei banconi della cucina per prendersi un momento per ammirare il paesaggio. La notte arrivava molto in fretta a Woodville, soprattutto d’inverno, ma offriva un cielo limpido e chiaro di cui si poteva godere solo da paesi situati in collina come quello e Lana non si stancava mai di rimanerne meravigliata, preferendolo quasi ad una buona raccolta di poesie che solitamente leggeva con ingordigia. Aveva smesso di nevicare da poco ed il cielo si era schiarito proprio in tempo per far godere agli abitanti di Woodville qualche macchia di arancio pallido come quello di un pastello, nel punto in cui le colline ed il cielo si andavano ad incontrare. La propria mente colse subito l’attimo e le donò tanti altri sprazzi di ricordi che sembravano essere riuniti insieme con ago e filo alla rinfusa: poteva vedere davanti ai propri occhi, come fossero state figure realmente esistenti lei da piccola e suo padre che facevano una gita a cavallo tra le colline e poi subito dopo, ecco apparire altre due figure. Era sempre lei, ma con qualche anno in più, nel fiore dell’adolescenza che rideva correndo, mentre un giovane e spensierato Alexander la stava rincorrendo con al loro seguito un piccolo cane nero che era solito accompagnarli nelle loro gite infinite nella natura sconfinata di Woodille. Inevitabilmente, si ritrovò in lacrime. Ma al contempo, Lana sapeva di essere viva e con lei, i suoi ricordi, ai quali teneva come un gufo tiene ai suoi piccoli e proprio come esso, Lana sarebbe stata disposta a volteggiarvi intorno fino alla sua stessa morte pur di non perderli. Cercò di asciugarsi le lacrime, stavolta usando la manica del pullover rosso che indossava e tornò a guardare il cielo dalla finestra, ma rimase delusa perché il tramonto era già terminato e nel cielo risplendevano già le stelle che conosceva a memoria, le quali spesso erano state le sue uniche confidenti, quelle che conoscevano ogni sua più piccola lacrima ed ogni suo tentativo di rincuorarsi innumerevoli volte. Nel vedere una di loro cadere, veloce come una saetta, però ebbe il più bello dei ricordi, quello che le fece spuntare un sorriso genuino che ormai le era concesso solo in rare occasioni: ripensò a tanti anni prima, quando era tornata a Woodville per la morte di suo padre e si era seduta su una panchina, vicino al piccolo lago che esisteva ancora ed aveva espresso il semplice desiderio di poter essere libera e di vivere senza tutte quelle ansie che ai tempi si portava dietro come catene strette alle caviglie tanto da non permettere al sangue di passare. Ricordò anche che il momento seguente a quello, fu quello che aveva dato una svolta alla vita della ragazza, ovvero Alexander che, dopo aver appena fatto una litigata al telefono con Diane che ai tempi era la sua ragazza, aveva riconosciuto Lana e le si era avvicinato. Per Lana era incredibile poter realizzare finalmente, quanto poco effettivamente fosse bastato per scatenare tutta quella serie di eventi che inevitabilmente li avevano riportati l’una tra le braccia dell’altro e per la prima volta in tutta la sua vita, Lana iniziò a chiedersi se non ci fosse nel mondo, qualcosa, una strana magia, un’energia particolare che teneva uniti con un sottile filo invisibile le vite di persone in qualche modo destinate a rivedersi, nel bene e nel male. Era davvero possibile che tutto ciò che le era accaduto prima nella vita, era accaduto semplicemente per far si che le due estremità dei fili invisibili andassero a riconnettersi? Lei non aveva la risposta e probabilmente nessuno al mondo conosceva la verità sulla domanda che si era appena posta la donna, ma pensò che non era poi così importante avere di forza una risposta definitiva: era così bello per lei lasciarsi trasportare dai pensieri e dai dubbi che avere delle risposte, avrebbe significato anche mettere fine alla propria immaginazione, così scelse di guardare ancora le stelle, finché la vita non avesse bussato imminente alla porta di casa. -Lana, ma sei tornata! Non ti avevo sentita entrare. La voce di sua madre, la riportò bruscamente alla realtà e Lana si voltò subito per poter accennare un sorriso alla dolce donna che era sua madre: sebbene avesse ormai ogni capello bianco e le rughe sembravano volersi conquistare a tutti i costi un posto sotto agli occhi della donna, Christine era ancora vivace e nulla nel suo carattere ancora spensierato sembrava voler cedere alla vecchiaia ormai alle porte. -Non dovevate andare a casa tua, stasera? Chiese Lana mentre osservava la donna prendere qualcosa dal frigorifero. -In realtà si, ma c’è troppa neve e ho preferito non rischiare. Rispose lei e nell’udire quelle parole, gli occhi scuri di Lana, si illuminarono di calore. -Alexandra! Chiamò Lana a gran voce e subito una piccola sagoma sbucò dalla porta-finestra che dava sul giardino sul retro. La figlia di Lana gattonava ancora, ma era veloce come un fulmine. Quando Lana prese in braccio la piccola, notò che aveva i guanti sporchi di neve ed un sorriso giocoso che splendeva sulle sue piccole labbra sottili che avrebbe potuto far tornare istantaneamente l’estate su tutta Woodville. -Sei tutta bagnata amore mio, così ti ammalerai. Disse Lana, ma senza dimenticarsi di sorriderle, mentre con una mano libera le sfilava di dosso i guanti bagnati dalla neve, poi si portò una sua mano sulle labbra e vi alitò sopra per poterle scaldare, un gesto che inevitabilmente, finì per far ridere la piccola Alexandra a crepapelle. -So che non vuoi, ma era impazzita per la neve mentre eri via. Disse Christine con un vago senso di colpa nella voce, mentre scaldava il biberon della bambina e Lana scosse appena la testa. -Non preoccuparti, mamma. Credo ne valga la pena per poterla vedere sorridere in questo modo. Lana sorrise alla piccola che aveva preso a giocare coi capelli della madre e Lana andò a riempire il suo volto di baci. Alexandra aveva circa quattro mesi ed inizialmente, l’anno prima, ovvero subito dopo la morte di Alexander, Lana aveva pensato di avere spesso nausea e vomito per lo stress causato da quella situazione per lei insostenibile ma dopo un paio di mesi di incertezze, aveva deciso di sottoporsi ad un controllo e aveva inevitabilmente pianto di gioia nel venire a sapere da una dottoressa che stesse aspettando una bambina. Lana non aveva mai valicato la possibilità di avere dei figli quando ancora Alex era in vita, per il semplice motivo che non vi era bisogno di pensarci: si erano sempre trovati bene da soli, nella loro intimità, che fossero momenti spensierati o brevi litigi. Erano sempre stati entrambi troppo giovani dentro per poter prendere seriamente in considerazione l’idea di prendersi cura di una nuova vita e nessuno dei due aveva mai dato segno di avere istinti materni o paterni. Così, quando dissero a Lana del fatto che stesse cullando una vita nel proprio ventre e che poteva solo trattarsi di una vita alla quale aveva contribuito Alex, se ne prese cura al meglio che poté, con l’aiuto di sua madre e di Diane, la quale non aveva smesso per un secondo di restarle vicina e spesso, nell’ultimo mese prima della nascita, si era portata con sé i suoi bambini per poter dormire da Lana ed assicurarle un viaggio sicuro all’ospedale se le si fossero rotte le acque in un momento inaspettato. E nel bel mezzo dell’Agosto passato, Lana riuscì a dare alla luce una sana quanto robusta bambina che aveva già deciso da tempo di voler chiamare Alexandra, in onore di quel padre che non avrebbe mai visto, ma che sarebbe sempre stato una parte di lei. Tutto sommato, sebbene in alcune occasione si lasciasse andare a pianti causati dai propri ricordi che talvolta sembravano volerla tormentare, Lana conduceva nuovamente una vita felice e sapeva bene di non poter desiderare di meglio. Forse, era accaduto nuovamente tutto per un motivo preciso, forse tutto ciò che aveva passato da quando era nata fino a quel momento, era stato semplicemente per desiderare di stringere tra le proprie braccia la piccola Alexandra. O forse, era tutto dovuto alla strana casualità dell’universo. Ma ancora una volta, Lana non cercava risposte. Voleva solo godersi la sua piccola famiglia e ringraziare ogni giorno Alexander per averle insegnato a sentirsi viva. Restando sempre in sella. Fine.
  
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