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Autore: __Talia__    24/04/2018    48 recensioni
Isabella era una ragazzina sciocca ed innocente la prima volta che aveva visto Dean Winchester, e lui aveva sperato di trovare un angolo di normalità con lei.
Sono passati 3 anni; Isabella è stata costretta a crescere e Dean ha capito che le distrazioni non sono più concesse. Eppure la prima volta che si sono visti vecchi sentimenti e nuovi rancori hanno invaso le anime del due ex amanti, che non sono più gli stessi. Dopotutto Isabella era cambiata, ora inseguiva una vendetta che l'avrebbe, forse, portata alla distruzione mentre Dean aveva superato troppo dolore ed orrori indicibili per pensare che ci possa essere un lieto fine alla sua vita.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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<< Ti sei innamorata di lui? >> urlò suo padre, il volto paonazzo, i piccoli occhi porcini sembravano uscire dalle orbite. Le era arrivato ad un soffio dal volto e poteva sentire il suo fiato caldo e puzzolente di alcol sfiorarle il viso. Era disugustoso. Lei tremava dalla testa ai piedi, teneva basso il viso a guardare i propri piedi; non voleva vederlo in quello stato, ancora una volta. Ogni volta sperava che tutto ciò fosse solamente l'ennesimo brutto sogno.
<< No, non è così, non è niente per me >> mentì Isabella sentendo le gote infiammarsi. Aveva finito la frase da qualche secondo quando si ritrovò col volto girato e colpito, la bocca piena di sangue e il labbro rotto mentre la testa sembrava galleggiare nel nulla. Isabella ondeggiò ed appoggiò una mano al muro per rimanere in piedi. Alzò lo sguardo per vedere il padre continuare a muovere la labbra, gesticolare arrabbiato eppure alle sue orecchie arrivava solamente un suono lontano ed ovattato, qualcosa di più di un semplice brusio.
<< Ti avevo detto di non innamorarti ancora di lui... ti avevo avvertito >> esplose lui, tirandole un altro schiaffo che la fece finire a terra, la guancia sul freddo pavimento bianco. Tossì e sentì un grumo di sangue salire in bocca.
<< Non devi più vederlo... mai più capito? Altrimenti giuro che ti ammazzo >> sussurrò lui, lasciandola sola. Isabella vide le sue scarpe lucide ed eleganti allontanarsi da lei, fino a sparire dietro una porta del suo studio. Isabella si mosse lentamente, del sangue le scendeva dagli angoli della bocca, le membra pulsavano e dolevano e non riusciva in nessun modo ad alzarsi, le sue gambe tremavano, erano deboli. Si trascinò fino al muro e cercò di tirarsi su, aiutandosi con la parete, fino a che non si ritrovò in piedi a pochi metri dalla sua stanza. Ci arrivò trascinando i piedi e continuando a sorreggersi con la parete, arrivò in camera e chiuse la porta, buttandosi sul letto prima di prendere il telefono con mani tremanti e ancora sporche di sangue. Non fece altro che scrivere un messaggio, semplice e corto; “Domani, alla vecchia chiesa, ore 21”.

 

Aveva fatto di tutto per nascondere i lividi che le ricoprivano il lato sinistro del viso, ma essi continuava a rimanere lì, il labbro spaccato continuava a sanguinare debolmente e la testa le faceva ancora male. Aveva aspettato rinchiusa a chiave dentro la sua camera finchè fuori non era diventato scuro e l'orologio non aveva segnato le otto e mezza, si era vestita in maniera semplice con una felpa, una maglia a maniche corte ed un paio di leggins aderenti ed era sgattaiolata via dalla finestra come una ladra, sperando di non fare rumore alcuno. Si era sporta dalla finestra, aveva messo i piedi sul davanzale prima di fare un balzo e afferrare il ramo del grosso albero che serviva da divisorio tra la sua casa e quella dei vicini. Aveva dondolato un poco prendendo sempre più spinta fino ad ancorarsi al grosso snodo che aveva davanti a sé per poi scendere lentamente fino a toccare terra, un sorriso elettrizzato sul volto. Aveva camminato per la cittadina con i capelli davanti al volto e il cappuccio calato sul capo, salutando distrattamente i suoi vicini che la guardavano come se fosse una estranea, un fantasma. Era sempre vissuta in quella cittadina, eppure nessuno la conosceva veramente e tutti sembravano voler stara alla larga da lei e dalla sua famiglia, facendola sentire un'emarginata. Non le erano mai piaciute quelle persone, erano false e tutte loro sapevano cosa succedeva nella loro casa, ma nessuno aveva mai alzato un dito o fatto niente. Camminò per due chilometri, uscendo dalla città, prima di trovare la vecchia chiesetta sconsacrata. Era un edificio piccolo e bianco, fatto completamente in legno ed era un bel pezzo di architettura se non fosse per la sua trascuratezza dovuta al legno marcio e all'erbaccia alta ed incolta, le vetrate completamente infrante e i buchi nel pavimento. Si avvicinò guardinga finchè non vide una figura scura appoggiata alla staccionata e subito un sorriso nacque sul volto della giovane che cominciò a correre verso quella figura, gettandosi poi nelle sue braccia sentendosi finalmente al sicuro, protetta. Posò la guancia sul petto muscoloso ed ampio del giovane, sentendo il battito veloce e potente.
<< Sei venuto... >> sussurrò Isabella, continuando a rimanere abbracciata a lui notando solo in quel momento che le braccia muscolose del ragazzo non la stavano avvolgendo come al solito, ma erano rimaste lungo i fianchi, prive di vita. Qualcosa era cambiato, qualcosa era differente...
<< Isa... >> mormorò lui, le sue mani si posarono sulle spalle ossute di lei e la spinsero via dolcemente
<< ...devo tornare a lavoro, domani devo andare dall'altra parte del paese...mi sono soffermato qua già troppo >> continuò lui tirando su con il naso ed Isabella lo vide abbassare lo sguardo verso le sue scarpe sporche di terra, come se si vergognasse delle parole che aveva detto. In quel momento la mora non capì più nulla e tutto le sembrò vano e assurdo. Alzò lo sguardo verso il giovane ragazzo davanti a lei e vide i suoi occhi verdi incupirsi ed abbassarsi, incapace di guardarla.
<< Avevi detto che saresti stato qua almeno per altre due settimane, che c'era ancora qualcosa che dovevi sistemare >> balbettò lei, continuando a guardarlo negli occhi, cominciando a sentire le lacrime pungerle gli occhi e rischiare di correre lungo le guance. Due giorni prima aveva detto che ci sarebbe stato ancora tempo per loro, che avrebbero potuto passare ancora qualche giorno insieme e ora tutti i suoi sogni stavano per essere infranti. Le aveva mentito?
<< Mio padre ha bisogno di me, lo sapevi Isa, sapevi che sarebbe arrivato questo momento te l'ho sempre detto, sono sempre stato sincero con te >> disse lui improvvisamente duro, improvvisamente sulla difensiva, come se fosse stato colpito sul suo nervo scoperto
<< Avevi detto che saresti stato qua ancora per due settimane... >> gemette lei, lo sguardo basso a guardare le sue gambe fasciate da jeans larghi e fin troppo lunghi, logori. Si sentiva un'idiota.
Lo aveva conosciuto cinque anni prima, durante un' estate afosa. Erano successe cose strane nella sua città, la gente moriva misteriosamente e in maniere atroci e loro erano arrivati al terzo omicidio; un uomo dalla lunga barba scura e gli occhi costellati da rughe e un ragazzo di qualche anno più grande di lei, i capelli biondo cenere e penetranti occhi verdi sorridenti che continuavano a guardarla, facendola cadere nell'imbarazzo. Erano rimasti per due settimane e lei si era avvicinata sempre di più a lui, scoprendo lo strano lavoro che faceva per caso; il fantasma aveva preso di mira anche lei a causa del passato della sua famiglia e lui l'aveva salvata per il rotto della cuffia. Isabella ricordava ancora il lungo bacio che si erano scambiati dopo che lui aveva sparato al fantasma, il primo bacio della sua vita. Il giorno dopo era partito sulla Impala nera insieme al padre ed era tornato l'anno dopo, quando la neve aveva ricoperto il suolo della cittadina. Era comparso con un po' di barba sul volto e un grande sorriso e una scusa strampalata per dire cosa l'aveva portato in quel luogo. Avevano passato due giorni insieme, come una coppia di ragazzi normali e lui la faceva stare bene, la faceva ridere...fino a quando era dovuto andarsene ancora una volta lasciandole un vuoto strano dentro di sé. Si erano sentiti qualche volta e lui aveva fatto ritorno più volte durante l'anno e si erano conosciuti lentamente, fino a piacersi ed innamorarsi. Lui le raccontava le sue strane avventure, la faceva sorridere e la proteggeva, fino a che la sua vicinanza non l'aveva portata al pericolo; un demone voleva vendicasi del ragazzo e prese di mira lei e, ancora una volta, rischiò la vita, ma alla fine lui la salvò. Quella volta non ci furono baci. Lui si era sentito in colpa per tutto quello che le aveva procurato e Isabella dovette mettersi davanti alla sua Impala rischiando di venire investita per dirgli che non era colpa sua e che, forse, stava cominciando ad amarlo. Rabbrividiva ancora al pensiero di quello che c'era stato dopo, nella sua macchina. E fu sempre così nelle volte a venire, anche se era una toccata e fuga da poco, ma lui tornava sempre, lei doveva solamente aspettare settimane, o mesi, ma poco le importava. Isabella rimaneva davanti alla finestra aspettando di vedere l'Impala nera comparire per la strada.
<< Ha bisogno di me, non posso farci niente, ma sai che tornerò Isa, te lo prometto >> mormorò lui inserendo le mani sotto il cappuccio, sfiorandole il viso, facendole male. Avrebbe voluto fermarlo, dirgli di non guardarla così, in quello stato pietoso, brutto, ma gli occhi verdi del cacciatore furono più veloci e subito si focalizzarono sulla parte del suo viso distrutta e livida a causa delle percosse di suo padre. Vide il suo bel volto trasfigurarsi dalla rabbia, le mani che tenevano il suo viso tremarono per qualche secondo e qualcosa rabbuiò i suoi occhi
<< Chi ti ha fatto questo? >> domandò lui abbassandole il cappuccio e spostandole i corti capelli scuri dal volto. Isabella tentò più volte di nascondersi, ma le dita del ragazzo erano forti e non le lasciavano fare nessun movimento
<< Portami via di qui...>> rispose lei, lasciando che le lacrime le scivolassero lungo le guance, ormai incapace di trattenerle ulteriormente.
<< Portami con te >> ripetè lei, la voce incrinata dal pianto. Si sentiva improvvisamente senza forze; sapeva che una volta tornata a casa tutto si sarebbe ripetuto nuovamente perchè lui sicuramente aveva già scoperto che gli aveva disobbedito e che l'aveva visto.
<< Chi ti ha picchiato Isabella dannazione dimmelo! >> urlò il ragazzo facendola tremare. Non l'aveva mai visto così furioso e incazzato, non aveva mai visto quella strana luce nei suoi occhi, quasi malata come se fosse accecato
<< Non vuole che ci vediamo, non dopo quello che è successo con quel demone, non dopo che ogni volta te ne vai e mi lasci qui a raccogliere i cocci...>> singhiozzò la giovane, guardandolo dritto negli occhi, vedendolo tremare ed indietreggiare. Aveva capito. Aveva capito che tutto quello era dovuto a lui e a quella pseudo-relazione clandestina che stava, forse, facendo soffrire entrambe. Finchè loro due erano insieme tutto andava alla grande, tutto funzionava, ma quando si separavano Isabella non faceva altro che aspettarlo, soffrendo fino a che non vedeva tornare la vecchia macchina nera dal particolare rombo. Era un continuo aspettare, un continuo stare alla finestra e sperare
<< Devi denunciarlo...devi fare qualcosa, non può continuare a trattarti così >> gemette lui continuando a guardarle il volto, come se non potesse farne a meno. Isabella tirò su nuovamente il cappuccio, nascondendo il grosso livido sulla tempia e sulla guancia, nascondendo il labbro spaccato e gonfio. Aveva accennato al cacciatore che la storia con suo padre non era da copertina, non era rosa e fiori, ma probabilmente lui non aveva mai immaginato che l'uomo poteva spingersi fino a quel punto
<< Finirà quando smetterò di vederti, forse... >> mormorò lei girandosi di scatto quando sentì il rumore di una macchina che le sembrava fin troppo familiare, ma nulla apparì all'orizzonte. Isabella nascose le mani dentro i tasconi della felpa che indossava, tornando a guardare il ragazzo con sguardo stranito, un brivido freddo lungo la schiena
<< Allora smettila...>> rispose lui, facendo gelare l'atmosfera intorno a loro. Persino il vento, che prima soffiava leggero, diventò sempre più imponente e impetuoso, sempre più freddo, tanto da farla rabbrividire.
<< Come scusa? >> domandò la mora, sentendo improvvisamente un enorme blocco all'altezza della gola, qualcosa le stava impedendo di respirare normalmente. Il ragazzo andò verso di lei e le prese il volto fra le mani, guardandola intensamente negli occhi con una certezza, con una decisione, che le fece paura.
<< Smettila di farti del male Isabella, smettila di vedermi, smettila di sentirmi...dimenticami, sarà più facile per entrambe >> ripetè lui stringendo ulteriormente il suo volto quasi fino a farle male. Quelle parole le rimbalzarono addosso e la colpirono con forza, stordendola per diversi minuti. Come poteva chiederle di dimenticarlo? Come poteva chiederle quelle cose? Cinque anni. Erano passati cinque anni dal loro primo incontro e non avevano fatto altro che sentirsi, vedersi e piacersi.
<< Non posso farlo e non me lo dovresti neanche chiedere >> disse lei, brusca, allontanandosi da lui prima di scoppiare a piangere a dirotto, singhiozzando per poi asciugarsi le lacrime con la manica della felpa.
<< Basterebbe che tu mi portassi via con te...verrò ovunque tu voglia andare e imparerò quello che tu e tuo padre mi insegnerete e... >>
<< Non puoi venire con noi Isa, non è un lavoro normale, non è un lavoro sicuro! Non dovresti neanche volere questo...viaggiare in continuazione, non avere nessuno che ti aspetta, non avere una casa, una famiglia...io non voglio questo per te >> cominciò lui, lasciando affievolire la voce non appena si era reso conto di ciò che aveva detto e fu quello a ferirla nell'animo, a colpirla come un pugno in pieno volto. Annuì un paio di volte col capo e accennò un sorriso stanco prima di incamminarsi nuovamente verso casa, calpestando con rabbia l'erba sotto di lei. Si sentiva presa in giro.
<< Aspetta non volevo dire quello >> si corresse subito lui e la mora lo sentì cominciare a camminarle incontro.
<< E cosa volevi dire eh?! Cosa?! È da cinque anni che ti aspetto, da cinque anni! Mi sono accontentata delle tue briciole per tutto questo tempo nella speranza, prima o poi, di avere qualcosa in più...e invece mi dici di dimenticare tutto questo tempo, come se fosse possibile cancellare questi anni! >> urlò lei, i pugni chiusi, le unghie conficcate profondamente nei palmi. Si sentiva una idiota. Si girò nuovamente e riprese a camminare verso la città quando una mano si serrò intorno al suo braccio, con forza, facendola voltare.
<< Non volevo dire quello...quello che voglio dire è che...io sto infrangendo tutte le regole Isa, ti ho detto il mio lavoro e vengo qui ogni volta che posso, anche se non potrei. Finchè si tratta di mettere in pericolo me stesso mi sta anche bene, ma non posso permettere che qualcuno faccia del male a te, sei troppo importante >> sussurrò lui, sfiorandole il volto con le dita fredde, continuando a guardarla intensamente. Era sempre così, passavano da un momento di rabbia e sconforto ad uno di dolcezza e passione, continuamente, senza sosta.
<< Non me lo chiedere ti prego...>> gemette lei, abbassando il capo, sapendo esattamente ciò che le avrebbe chiesto dopo. Le dita del biondo fecero forza sul suo viso, costringendola ad alzarlo e a guardarlo e la giovane notò che persino lui aveva gli occhi lucidi, malinconici.
<< Ci abbiamo provato, ma non sta funzionando e tu stai solo soffrendo per tutto questo...forse non siamo semplicemente pronti >> mormorò il ragazzo, continuando a fissarla. Isabella si chiedeva come ci riusciva; come poteva guardarla negli occhi e chiederle questo dopo tutto ciò che era successo tra loro. Forse erano i sei anni in più che aveva a renderlo così maturo, così coscienzioso. Un singhiozzo la fece tremare, sobbalzare. Il biondo la avvolse in un abbraccio, stringendola forte a sé
<< Mi dispiace, mi dispiace per tutto questo tempo, per tutto ciò che ti ho fatto passare >> gemette lui, carezzandole dolcemente i capelli scuri con movimenti lenti e regolari. Tutte le volte che se ne era andato lei aveva pianto, tutte, nessuna esclusa. Aveva passato gli ultimi cinque anni della sua vita a rincorrere un fantasma.
<< Anche a me...>> disse lei, tirando su col naso prima di alzare lentamente il viso, guardandogli intensamente le labbra, quelle labbra che lei conosceva bene. Le guardò per un tempo che sembrava interminabile prima di lanciarsi contro, baciarle prima dolcemente per poi sfociare nella disperazione. Lo baciò con frenesia, incurante del dolore al volto, incurante del dolore che sentiva al petto, una morsa d'acciaio che la stritolava lentamente.
<< Isa, diventerebbe tutto più complicato, lo sai anche te >> mormorò lui a fatica, le parole che a stento sembravano volergli uscire dalla bocca, come se neanche lui volesse dire veramente quelle parole, come se si stesse sforzando a pronunciarle. La mora non gli diede tempo di dire altro; posò le mani sulle spalle del giovane e gli fece scivolare lentamente il giubbino di pelle marrone andando a toccare i bicipiti muscolosi e gonfi, la pelle calda e liscia
<< Un'ultima volta...>> sussurrò lei guardandolo intensamente negli occhi prima di venire travolta dalle sue labbra dandole il via libero e così le mani di lei andarono a sfiorargli dolcemente il viso come ad infondergli sicurezza mentre le sue si erano intrufolate sotto la felpa e la maglia toccandole la pelle della schiena, facendola rabbrividire e sospirare mentre lo sentiva stringere la pelle dei fianchi cominciando a baciarla con sempre più passione, quella che sembrava ardere dentro entrambi, quella che sembrava renderli improvvisamente vivi. Il giovane si abbassò e mise le sue mani sulle gambe magre, sollevandola da terra per prenderla in braccio prima di portarla indietro verso la chiesetta e poi qualche centinaia di passi ancora più indietro, non smettendo un solo attimo di baciarla. Si accorsero di essere arrivati davanti alla Impala nera quando lei sentì la carrozzeria fredda sotto di lei. Lo sentì imprecare mentre cercava di aprire la portiera posteriore della macchina, riuscendoci dopo qualche tentativo, le loro labbra sempre a contatto anche se, ora, erano increspate da un sorriso sincero, da un sorriso aperto e genuino mentre finivano sdraiati sui sedili posteriori dell'auto. Nessuno disse niente, entrambi si abbandonarono uno all'altro con dolcezza e passione, con l'amarezza e la consapevolezza che quella sarebbe stata veramente l'ultima volta.
<< Non voglio tornare a casa, non ora >> sussurrò Isabella tenendo la testa poggiata sul petto nudo del ragazzo. Le piaceva rimanere lì, nuda e a contatto con lui, coperta solamente da coperte o da un lenzuolo, la pelle sudata a contatto.
<< Tuo padre potrebbe aver ormai scoperto che non sei più in camera, non voglio che ti faccia ancora del male >> rispose lui, un sorriso leggero sul volto mentre le carezzava la spalla con le dita in un tocco delicato che le faceva venire la pelle d'oca. La mora si puntellò sul gomito e lo guardò con aria di sfida, un sopracciglio alzato.
<< é la nostra ultima sera, per favore, fammela godere appieno >> sussurrò lei scendendo lentamente verso di lui, sfiorandogli le labbra nuovamente prima di baciarlo con passione sempre crescente, mettendosi sopra di lui.

 

<< Tra poche ore me ne andrò, ma prima penso che ti aspetterò davanti a casa, per un saluto d'addio >> disse lui, lasciandole un ultimo bacio prima di allacciarsi i pantaloni, tirandoseli su con vigore. Suo padre sarebbe stato a lavoro e avrebbero avuto gli ultimi momenti per loro
<< Ci sarò >> disse lei, facendogli l'occhiolino prima di mettersi sul sedile anteriore, infilando distrattamente le scarpe. Erano le cinque del mattino e cominciava ad albeggiare. Il ragazzo mise in moto l'Impala e la portò davanti a casa in meno di cinque minuti visto che non c'era assolutamente nessuno per le strade in quel momento.
<< Addio allora...se hai cambiato idea, sai dove trovarmi, ma non so se aspetterò a lungo >> mentì lei allungandosi per dargli un bacio passionale, l'ultimo, uscendo poi dall'auto senza più voltarsi indietro. Non voleva guardarlo un'altra volta perchè sapeva che, se l'avesse fatto, non sarebbe riuscire ad andarsene, ad allontanarsi. Cominciò ad arrampicarsi sull'albero vicino a casa fino ad arrivare alla sua finestra, lasciata ancora aperta e ci si infilò dentro trovando la sua stanza buia e confortevole. Sorrise al pensiero di quello che c'era stato quella notte, il ricordo delle labbra del biondo sul suo collo e sul suo sterno, le sue braccia che la stringevano a sé e le graffiavano la pelle della schiena, le stringevano le cosce e i glutei facendola rabbrividire. Stava cominciando a spogliarsi quando notò una figura nera seduta sulla poltrona in camera e lei subito capì di chi si trattava. Lentamente cominciò ad indietreggiare fino a schiacciarsi contro la finestra, portando le braccia al volto, a proteggersi.
<< Lo hai visto... >> disse il padre, avanzando verso di lei con fare minaccioso
<< Vi ho visti Isabella, vi ho visti mentre vi baciavate e posso solo immaginare cosa avete fatto dopo >> continuò, venendole sempre più vicino fino a che la mora non potè vedere i suoi occhi persi nel nulla. Allora non era stata solo la sua immaginazione, la macchina che aveva sentito era realmente quella di suo padre
<< Ti avevo detto di non vederlo >> disse lui, colpendola una volta al viso, facendoglielo girare. Non riuscì neanche a rispondere che un secondo colpo le arrivò in pieno stomaco, talmente forte da farla piegare in due, facendole perdere il fiato
<< Penso di amar....>> stava per dire, ma un altro colpo la raggiunse, la fece piegare e cadere a terra, vulnerabile. Provò più volte a finire la frase, decisa a dire quello che realmente sentiva, ma ogni volta che ci provava suo padre le tirava un calcio o un pugno sul suo corpo indifeso e continuò così per ore fino a quando Isabella sentì il rombo dell'Impala far tremare i vetri. Eppure era stanca, il corpo le doleva e sulle piastrelle c'era il suo sangue e suo padre ancora non aveva finito con lei, le aveva solamente dato qualche minuto di tempo. Con difficoltà strinse il lenzuolo del letto e si fece forza, alzandosi a fatica, trascinandosi fino alla finestra dove vide la nera macchina e il biondo appoggiato su essa, il telefono in mano e lo sguardo dritto verso la porta di casa sua. La schiena le doleva come non mai, impedendole di muoversi, rendendo ogni movimento una stilettata di dolore
<< Sono qui...>> sussurrò, la voce che a malapena usciva dalle sue labbra in un sussurro roco e appena udibile. Cercando tutta la forza possibile cercò di tirare su la finestra, riuscendo ad aprirne solo metà.
<< Sono qui...>> gemette ancora, tentando di far forza sulla finestra per farla aprire, ma questa non si mosse neanche di mezzo centimetro ed Isabella vide il volto rabbuiato del biondo, girarsi e guardare la macchina e poi ancora la porta dietro di lui per un'ultima volta. Se ne stava andando. Doveva girarsi...doveva girarsi e vederla e ciò sarebbe bastato, questa volta avrebbe acconsentito e sarebbero andati via insieme, portandola via da suo padre.
<< Dean...Dean! >> urlò lei e potè giurare di aver visto il biondo guardarla, vederla, in quell'attimo precedente alla presa di suo padre sui suoi capelli, tirandola indietro, lontano dalla finestra e questa volta non combattè neanche, lo lasciò fare, rimanendo ferma, inerme, morta.

   
 
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