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Autore: AlessandroConte    25/04/2018    0 recensioni
Storie varie brevi e lunghe, in porosa e in versi.
Genere: Generale, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ ULTIMO  DESIDERIO 
 
L’ultima sigaretta e anche la prima.
Non ho mai fumato ma il capitano kartofen che sta per comandare la mia kartofen esecuzione è ben fermo nel ripetere:
“Fuole fumare l’ultima sikaretta?”
‘Non c’è qualcos’altro?’ vorrei chiedere. ‘Un caffè, magari. Una limonata.’
No. Ha ripetuto l’offerta dell’ultima sigaretta prima di fucilarmi.
Guardo quella faccia baffuta e austriaca sotto quell’elmetto austriaco cui avrò mirato chissà quante volte dalla mia postazione mancandolo sempre.
Mi hanno catturato e, solo perché stavo nella zona di nessuno fra le due trincee, sono considerato una spia. Niente prigionia di guerra. Immediato passaggio per le armi.
“Ma no” ho cercato di farmi capire. “Che spia? Io obbedisco agli ordini. È il tenente che mi ha detto ‘mettiti lì e spara tu che hai una buona mira’.
Tutto inutile. Se mi capiscono fanno finta di non capire.
Il mangiacrauti mi porge la sigaretta senza neanche chiedermelo più. Che ho da perdere? Guadagno qualche minuto di vita. Me l’accende quel kartofen tanto gentile che vuole far presto a fucilarmi.
Tiro e quel fumaccio maligno mi entra nei polmoni, nei muscoli, nelle ossa. Non respiro più. Gli occhi mi escono lacrimando e l’aria dov’è mentre tossendo e sputando mi sembra di cacciare l’anima?
Quando riesco a dir qualcosa ansimo:
“Che aspettiamo? Vi prego, fucilatemi…”
 
Alessandro Conte
 
 
 
FUOCHI  TARDIVI   
 
Indenne ormai del tutto e messo in salvo
si riteneva già dai dolci sensi
perché da smaliziato e non da stolto
  
si richiudeva in sè come in un alvo.
Non eran più per lui i trasporti intensi.
Ma un certo stordimento oggi l’ha colto
 
con gli anni che l’han reso vecchio e calvo.
Si dice: ‘Caro mio, ma come pensi
poterti destreggiar? Non vali molto’.
  
Pur, ora, ha ritenuto la sua mente
sensibile all’amor, com’altra gente.
 
Alessandro Conte
 
 
 
NEANDERTHAL         
 
Cominciò tutto con uno scavo: al lavoro c’erano cinque studenti di entrambi i sessi, intenzionati a presentare la tesi di laurea su un argomento archeologico.
Un po’ scavando e un po’ praticando una dilettevole vita di campeggio quei cinque scoprirono il cimitero, la più significativa necropoli preistorica mai venuta alla luce.
Dai titoli sui giornali si può capire il subbuglio e il fermento suscitati da quella scoperta:
‘Quattordici tombe di adulti neandertalensi. Dalle ossa più o meno massicce e dalla forma del bacino, nove di quegli scheletri fossilizzati sono di donne’; ‘La Santa Sede afferma che la spiritualità, ìnsita nel culto dei morti, era già ben presente in questi nostri lontani progenitori’; ‘I resti, datati radiologicamente, risalgono al 30.000 a.C. Sono il più recente e, forse, evoluto raggruppamento di tali ominidi prima della loro definitiva estinzione.’
Non fu una sorpresa scoprire in tutte le fosse collanine ornamentali e pòllini di varie specie e, in quelle dei maschi, anche punte di selce.
Gli studiosi argomentavano, in linea con quanto già si conosceva di quella specie di Homo Sapiens, che era evidente una contaminazione, forse una vera commistione, con la cultura aurignaziana dei Cro-Magnon. Infatti tutti si ornavano, si ponevano fiori assieme al defunto e i cacciatori si seppellivano con le loro armi.
Era nella logica di allora e, a volte, anche in quella odierna cercare di portarsi nell’oltretomba gli oggetti più utili e sfruttati in vita nell’illusione di usarli e goderseli anche nell’altra vita.
La sorpresa e lo sgomento ci furono quando si rinvenne, in ciascuna delle sepolture femminili, una statuetta in steatite facente parte del corredo personale delle defunte. Erano tutte ben lisciate, dell’aspetto e dimensione del fallo ma con una correzione innaturale nella sua curvatura.
Un giornalista si chiese se l’arte scultorea non fosse nata così, creata dalle donne, suscitata dalla loro volontà masturbatoria. Certo era che quelle signore ci tenevano tanto a quegli oggetti da non volersene separare neppure nell’aldilà.
Qualche collega più malizioso cercò nuovamente l’intervento della Chiesa perchè illuminasse i credenti in merito alla faccenda: la spiritualità come si abbinava alla lampante pratica dell’autoerotismo così pubblicamente esibito? Non c’era da pensare che l’unico idolo di quella popolazione, almeno per le donne, fosse il membro? E così via. Nessun prelato, alto o basso, volle azzardare altri commenti.
I sessuologi, studiata la curva caratteristica delle statuette con prove pratiche su volontarie, furono concordi nel dedurne che le Neandertal conoscevano e sapevano stimolare il punto G. Quello che per la larga maggioranza delle donne di oggi è ancora un mistero inafferrabile per quelle brave cavernicole era una ovvia quotidianità.
Un antropologo formulò la teoria che quei tizi si siano estinti preferendo il sesso fai-da-te all’accoppiamento.
La faccenda si dibatte ancora ed è giusto che sia così perchè sono cose che danno da pensare, specie alle viziose smaneggione.
 
Alessandro Conte
 
(Ringrazio chi legge e gradisce. Vi do appuntamento a mercoledì prossimo, 2 maggio, con altre storie)
   
 
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