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Autore: themermaidwriter    27/04/2018    0 recensioni
Nathan Nichols è un uomo che ha sempre rincorso il successo e nelle vesti di leader di una band locale di musica anni '70 ci si è sempre trovato un po' stretto. Ha costruito per lui e per il suo pubblico una diva sfacciata che a lungo andare ha preteso sempre di più. Stephanie Savage invece, si trova a fare i conti con un divorzio improvviso; una vita che cambia e l'inizio di un nuovo amore che sconvolgerà la vita di entrambi. Una sfida, quella di innamorarsi sull'orlo della fama: Sarà Diana Jones a uscirne vincitrice?
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"Perché non si poteva amare Nathan, se non eri il suo pubblico, quando lui era Diana Jones."
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Epilogo.


Nathan Nichols/Diana Jones.

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"Welcome to your life 
there's no turning back. 
It's my own design 
It's my own remorse 
Help me to decide 
Help me make the most 
of freedom and of pleasure 
Nothing ever lasts forever 
Everybody wants to rule the world." 
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zzz. 
Quel rumore andava a veniva. Proveniva da un cartellone pubblicitario di una sala giochi. 
A giudicare dalla grandezza doveva essere anche ben conosciuta o altrettanto disperata. Una slot di grandi dimensioni si ergeva in tutta la sua imponenza sul cartellone dallo sfondo viola dal quale spiccavano i margini fucsia fluorescenti che a loro volta contornavano la figura della sfera gialla più famosa negli anni '80. 
Un pac-man che fece tornare Nathan indietro nel tempo e che con la luce delle grandi lettere che scriveva 'Cherry Games' lo ipnotizzò per più di un quarto d'ora. 
Era tutta così. Los Angeles era tutta cosi: Abbagliante. 
Lo scorcio che offriva il panorama circondato dalla tettoia del parcheggio, proprio fuori l'aeroporto, lasciava parecchio spazio all'immaginazione. Si intravedevano solo lunghi e grigi palazzi affiancati da rigogliose palme verdi, illuminate da queste luci multicolore assordanti. Ora anche più evidenti con il grande sole arancione che calava dietro di essi e che portava via con sé anche quella inconfondibile cappa di umidità. 
Lo incantarono a tal punto da non riuscire a realizzare di essere atterrato proprio all'imbocco dell'agognato sentiero per Hollywood che lui stesso stava per percorrere. 
Un ragazzo molto giovane, poi, lo distolse dai suoi pensieri, ma solo dopo aver finito di caricare i suoi bagagli nella macchina parcheggiata sul ciglio della strada, nera come un'oliva. Nathan ci si fiondò dentro senza ricordarsi il nome del'hotel che la sua nuova casa discografica pagava per lui. Tanto il suo autista sapeva tutto. Che strana sensazione. 
Un panorama del genere l'aveva visto solo nella trasportazione grafica di GTA. Fu quella la prima cosa che gli venne in mente mentre guardandolo si sentiva viaggiare indietro con gli anni in un luogo che sapeva di futuro. 
Era ridicolo quasi come il vintage di quella città fosse più innovativo che mai. 
Scosse la testa sorridendo senza smettere di guardare fuori dal finestrino. Lasciò che le luci dei lampioni, dei negozi, delle insegne e perfino delle gonne fluorescenti delle ragazze ai bordi dei marciapiedi, lo segnassero velocemente in volto. L'idea di togliersi quel vizio di fermarsi e chiedere indicazioni ad una di esse - magari una di quelle con la chewgum in bocca - cavalcò per il suo immaginario diverse volte lungo la via. Poi gettò al largo quello che nell'uso comune era il pensiero di trovarsi in uno di quei film, uno come Pretty Woman e si concentrò invece nello scorgere un solo angolo oscuro per le gigantesche strade di una città in cui era tutto uno stratosferico abbaglio. 
Sperò almeno che quello splendore non fosse uno strano scherzo della sua testa e che il cesto di vimini che ora stava tenendo in mano, non fosse frutto della sua immaginazione. 
Come quello, altri sette, otto - non aveva contato - cestini erano sparsi nella sua stanza d'hotel di un candido azzurro. Arredamento che si accompagnava perfettamente alla magnifica vista sulla spiaggia che offriva la balconata di una delle più lussuose torri dello stabilimento. 
Sgranocchiò uno dei biscotti che aveva trovato dentro a un cestino pieno di cibo dalle marche più costose e guardando ancora quelle ipnotiche luce dal sedicesimo piano accettò di un buon grado il brivido che gli attraversò la schiena. 
In quello spazio silenzioso di un attimo il terrore di stare intraprendendo, non la via sbagliata, ma una nuova e complessa in totale solitudine prese il sopravvento almeno fino al rumore di un clacson lungo la strada che lo riportò alla decisione di godersi tutta l'adrenalina che aveva addosso dalle passate settimane a Detroit. 
"Diana?" 
L'uomo si voltò alla pronuncia del nome con cui era solito sentirsi chiamare. Non trovava più strano che per abituarsi c'aveva messo meno del previsto; non si sorprese neppure della facilità con cui pian piano si stava sostituendo ad una miserabile e acerba versione di se stesso. 
Ormai Nathan viveva nell'ombra di Diana Jones in America e non ci trovava più dispiacere in esso. 
"I am coming." strillò dalla parte della porta che non aveva aperto. 
Aveva riconosciuto nella voce femminile di uno dei membri del suo staff con cui aveva già fatto amicizia da un po' ed era pronto a conoscerne di nuovi quella sera ad una riunione - o come aveva detto il suo manager - ad un cena che puzzava di riunione. 
E mentre Nathan Nichols spariva nelle tenebre del suo passato, Diana Jones ingurgitò il biscotto senza che ne rimanessero briciole sui vestiti. 
Con eleganza si avvolse nella sua giacca color panna come in un danza, coprendo i segni di una muta incompleta e tra un passo e l'altro si scrollò via dalle spalle l'odore stantio del passato a cui si era concesso il privilegio di pensare. 
C'era posto solo per la diva che era destinato a diventare così com'era sempre stato. 
Mise gli occhiali da sole con entrambe le mani, anche se era sera, in una lenta sflilata fino alla porta. "I am coming." sussurrò stavolta sotto un sorriso accattivante. "Diana is coming."



Stephanie Savage.

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"Feeling unknown 
and you're all alone 
flesh and bone 
by the telephone 
lift up and receiver 
I'll make you a believer." 
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"Stephanie!" Quando la donna s'era svegliata quella mattina non aveva pensato di trovare una faccia conosciuta a farle da tutor. 
Era arrivata quindici minuti prima dell'appuntamento: 11 e 20. Ed era rimasta ad aspettare sotto il sole di una bella giornata sui frenetici scalini color pesca della zona popolata dagli edifici, anch'essi in tinta, nei quali si tenevano esami e lezioni della sua nuova facoltà. 
Stephanie, dal giorno in cui aveva deciso di ricostruire la sua vita si era ripromessa di portare le vesti della protagonista; sarebbe stata lei stessa il sole delle sue giornate. 
Proprio come quello lì. 
Le tornò in mente uno stupido pensiero riferito a l'unica persona che avesse conosciuto, fino a quel momento, capace di abbagliare allo stesso modo. 
Scosse la testa facendo balzare sul naso gli occhiali da sole Versace dai ricami di rose rosse sulla montatura, premendo forte con il dito medio per non farli cadere sul gradino. 
Non c'era più spazio per altri nella sua recita. 
"Quanto tempo!" sussultò sorpresa non più del normale. 
Morgan le si avvicinò accarezzando la sua guancia con la barba ispida, la quale Stephanie non notò, concentrandosi di più su i suoi morbidi e lunghi capelli neri che scivolavano sulle sue spalle. Facevano un bel contorno a quei suoi occhi neri e intensi. 
"Come stai?" Le propinò una domanda che si sentiva rivolgere ormai troppo spesso. 
"Bene." sorrise e non era finzione. "Tu? Cosa ci fai qui? Fai da tutor?" 
"Si.." sciolse dei libri dalla sua presa ordinata posandoli su quel gradino. "Da quando gli Ages Of Divas si sono sciolti ho trovato un altro modo per far quadrare le spese." 
"Non hai trovato nessun ingaggio come musicista?" 
"Ogni tanto, ma molto instabile. Vengono quando vengono, sai.. e la mia Harriet deve pur mangiare." 
L'immagine di lui come padre premuroso fu la prima che accolse dalle sue parole; un po' le ricordò Julian, ma vagamente. Julian non sapeva più chi fosse. 
Sospirò lasciando Morgan parlare ancora di qualcosa che non stava ascoltando.
Almeno lui era ancora sposato. 
"Ti va di cominciare?" 
"Certo." rise "è per questo che sono qui." 
Stephanie tirò fuori un'agenda e Morgan diversi libri e schede fotocopiate. Chiacchierarono una buona mezz'ora trovando svariati punti in comune e lei stessa potette assorbire con chiarezza tutti i suoi consigli che trovava preziosi. 
Si dedicarono anche ad un tabella degli orari ben evidenziata da mille colori e quando passarono ai libri, a Morgan cadde l'occhio su uno di quelli che aveva portato lei. 
"Wow, questo lo usavo anche io ai miei tempi." rise prendendolo in mano e lisciando la copertina malmessa. Aprì la prima pagina sotto il timore di Stephanie di atterrare su quell'argomento. "E' di Nathan!" esclamò con la voce di chi non avrebbe dovuto urlarlo. 
"Si, me l'ha prestato." abbassò lo sguardo su qualcosa che la distrasse. 
"Prima di partire?" 
"Si.. mi ha lasciato le chiavi di casa sua. Ha detto che potevo prendere i suoi libri." 
Morgan restò a guardarla per un po' in silenzio e con un'espressione incantata aspettando qualche secondo prima di spostarsi di nuovo verso il libro borbottando qualcosa di indecifrabile. 
"Sai, non avrei mai detto che sei il suo tipo." 
No, Stephanie non se l'aspettava tutta quella sincerità. 
"Forse non lo conosci così bene." sembrò anche un po' irritata. 
"Lo conosco meglio di chiunque altro." sorrise rimembrando qualcosa a lei oscuro. 
Tornarono su faccende riguardanti un certo esame di lingua spagnola e Stephanie decise di non indagare oltre. Quando smise di parlare notò dalle sue labbra tremanti che Morgan stava trattenendo in sé qualcosa che implorava con le unghie e con di denti di venir fuori. Stephanie si chiese quale terremoto fosse, di sicuro doveva essere importante per Morgan. La donna si improvvisò sua amica posando una mano sulla sua con la speranza che si facesse coraggio o che semplicemente decidesse di tranquillizzarsi. Fu così brava che le parole non uscirono neppure con un briciolo di imbarazzo, anzi parevano la perfetta definizione dell'avversione verso di lei che aveva da poco scoperto in Morgan. 
"Sai.." chiuse l'agenda che aveva in mano. "Tra me e Nathan c'è sempre stato un rapporto speciale. Siamo sempre stati noi due e il mondo fuori." Fece una pausa in cui Stephanie si morse il labbro per aver inconsapevolmente aiutato l'uomo a tornare sull'argomento Nathan. 
"Probabilmente non te l'ha mai detto." si fermò per guardare la sua espressione. "No, non te l'ha detto. E' successo tanto tempo fa e lo ricordo come ieri." la sua testa si lasciò andare a ricordi che non voleva scappassero via. Con l'espressione sognante che aveva sembrò che gli stesse catturando per racchiuderli in uno scrigno segreto. 
No, Stephanie non se lo aspettava. Più che la notizia, fu il modo con cui le parole si palesarono taglienti a turbarla. Il principio di una minaccia. 
Morgan se ne infischiò di ciò che poteva procurarle. Era da tempo che aspettava di metter in chiaro le cose e niente contava più del loro passato, nemmeno gli Stephanie e Nathan, che a detta di Victor - da cui prese informazioni in modo molto vago - potevano benissimo personificare la leggenda di una storia presa da un romanzo inglese. No, si sbagliava, non erano loro. E nemmeno voleva sentirli nominare insieme. Tutto ciò che contava era la sua verità. "Io e Nathan abbiamo vissuto una storia, una storia da film. C'era tutto, c'era amore e dubito che se la sia dimenticata."



Julian Walker.
 

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"It can cut you like a knife
If the gift becomes the fire
On the wire between will and what will be."
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Quella sera non si tolse nemmeno la cravatta. Faceva caldo nella stanza dalle ombre rosse. 
Figuriamoci se Julian ci stava badando; era sicuramente più impegnato a finire il suo lavoro. 
Si allentò il colletto della camicia bianca e con delicatezza estrasse anche le ultime due foto - le più fresche di stampa - per appenderle al filo di nylon che dondolava sulla sua testa. 
La stanza era diventata la sede perfetta per la tela di una vedova nera. 
Ingarbugliata, ma efficace. 
Ci lavorava già da un po' di tempo e sembrava essere passata una vita ormai. 
Aveva cominciato quando, durante quella memorabile mattina soleggiata, aveva deciso di portare a Stephanie le carte per il divorzio. Si intrufolò sperando di evitarla, perché il coraggio di guardarla in faccia dopo quello che era diventato non ce l'aveva più. 
E poi faceva troppo male. Gli formicolavano le dita delle mani e continuarono a farlo per tutta la giornata. Non smetteva di pensare che ciò che immaginava fosse reale e più si auto convinceva che stesse farneticando e più falliva nell'impresa. Per questo si portò quel nervosismo insopportabile per tutto quel tempo, suggerendogli di non incontrarla. 
Si era insospettito sin dall'inizio, ma il vecchio Julian, quello buono che tutti vedevano, non aveva avuto il coraggio di rompere la quiete familiare per un sospetto, magari del tutto infondato e così, prima di separarsi, fece quattro chiacchiere con se stesso per scoprire in sé un nuovo Julian a coprirgli le spalle nel momento del bisogno. 
Rise guardando la sua opera con le mani ai fianchi e i denti stretti. 
Diede un'occhiata alla vecchia collezione scivolando verso il basso, senza mai distogliere lo sguardo dal filo che seguiva come un percorso sicuro. 
Prima di prenderle e riporle con cura, si lasciò anche andare a una lenta osservazione del suo operato: le immagini erano nitide, persino dalle ombre erano riconoscibili. 
Non poteva di certo portarle da un fotografo, sarebbe stato strano. 
Si grattò il mento e immaginò le domande che gli sarebbero state poste; si strano, molto strano. Ma loro non sapevano quanto alla fine ne sarebbe valsa pena. E' questo che lo rincuorava nelle notte insonni in bilico tra ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. 
Il vecchio Julian tornava a fargli visita spesso. 
Sospirò rumorosamente, facendo un verso strano con la bocca e schioccando la schiena. Arrivati a quel punto, non c'era modo di tornare indietro. 
Riseguì nuovamente la corrente del fiume di immagini che aveva preziosamente ordinato in ordine cronologico. Tirò fuori la valigetta che s'era portato e meticolosamente le staccò una per una ponendole nelle apposite cartellette trasparenti. 
Julian era un uomo d'affari, sapeva come si facevano certe cose. 
Quando richiuse la valigetta si diresse verso la porta stringendola tra le mani. Davanti ad essa quella vecchia versione di se stesso guidò la sua mano per lasciargliela posare sul bancone alla sua sinistra. 
Solo un altro momento di esitazione, ma sarebbe durato poco. Riprese la valigetta con le mani tremanti, riportandosela al petto così velocemente, come se ci fosse qualcuno che potesse vederlo. 
Sudava freddo. 
La decisione era da prendere adesso: i tentennamenti andavano lasciati indietro e il coraggio doveva averne la meglio. 
Una, due, tre, quattro cambi di idea in brevissimo tempo. 
Se avesse mancato anche solo una step della sua fitta lista verso l'obbiettivo, non sarebbe riuscito a raggiungerlo e non con la stessa soddisfazione. 
Decisioni, decisioni repentine. Oh andiamo, Julian le prendeva da tutta vita, perché sarebbe dovuto essere diverso allora? Il suo spietato se stesso gli diede uno schiaffo immaginario e una spinta che gli fece varcare la porta senza più pensare. 
E va bene, non era ancora convinto del tutto di poter far male a chi aveva amato. 
Di certo, una cosa era sicura: avrebbe fatto di tutto per sua figlia.


PLAYLIST CHAPTER:
- Everybody Wants To Rule The World/Tears For Fears
- Personal Jesus/Depeche Mode
- She's A Maniac/Hall & Hotes


the mermaid's notesbenvenuti lettori e lettrici nell'ultima nota di questa lunga storia. Siamo giunti all'epilogo e come avrete già letto nuovi segreti sono stati svelati e nuove avventure sono state intraprese per i nostri personaggi e per uno nuovo (!) che minaccia di portare scompiglio. Originariamente è stato previsto un seguito per "You're giving love instinctively", ma non è ancora in produzione (probabilmente potrei dedicarmici questa estate). Nel frattempo godiamoci il finale di un inteso lavoro che spero sia piaciuto a chi ha letto. Come sempre - e questa volta per l'ultima volta - ringrazio i miei lettori: coloro che hanno recensito sia su efp che wattpad e coloro che semplicemente lo hanno letto (le letture sono tantissime! Grazie infinite). Vi lascio e vi annunciò che presto pubblicherò più di una storia nuova di diverso genere e spero che anche in questa avventura mi seguirete in tanti. Alla prossima.
La Sirena.

 

   
 
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