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Autore: htmlmidori    27/04/2018    0 recensioni
[Le Iene]
Perché forse è così che ci si sente, Freddy pensa, inconsciamente, in tutto quel mare di rosso. È così che ci si sente quando si sta per morire, freddati da una pallottola nelle budella. Sente freddo, come se fosse nudo e vulnerabile, pensando definitivamente che la sua stessa mente stia per fotterlo e auto-fottersi. Non sarebbe stata nemmeno la prima volta che Larry lo teneva così, con la testa poggiata sulle sue ginocchia come un ragazzino.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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I defy you, stars.
 
“He's more myself than I am. Whatever our souls are made of, his and mine are the same.”
― Emily Brontë, "Wuthering Heights"
 
Rosso. È tutto quello che riesce a vedere, ora come ora. Rosso sulla camicia, attorno a lui, nella macchina, fuori dalla macchina, sulla strada. È sicuro di stare per morire, è sicuro di riuscire a vedere solo un’enorme macchia rossa prima ti tirare le cuoia. Ha ancora in testa le ultime cazzo di parole di Brown, quel pezzo di idiota, che è morto in macchina come un coglione dopo aver urlato ai quattro venti di non vederci più. È la sua fine, lo sente, tra poco non ci vedrà più. Il dolore è insopportabile e continua a urlare, urlare, fino a che White – Larry, cazzo, Larry – non gli acchiappa la mano in una stretta, mentre guida come un forsennato, rischiando che gli scivoli sulla pelle da un momento all’altro per tutto il sangue. Non riesce a sentire nient’altro se non le proprie urla e quelle di Larry, che continua a sbraitare sul fatto che andrà tutto bene, sarà tutto okay, non appena Joe gli troverà un dottore. Sarà tutto okay, perché Larry vuole che sia tutto okay, perché sta sentendo che Larry è ancora più nel panico di quanto non lo sia lui, Freddy, un pezzo di bastardo poliziotto che si è preso una pallottola nello stomaco per lui. Larry è incredibilmente vicino, lo è sempre stato, ma mai quanto ora – quando gli stringe la mano, quando se lo trascina sulle spalle fino nel magazzino, quando lo abbandona a terra e inizia a pettinarlo, cazzo, ad asciugargli il sudore dalla fronte e a rassicurarlo, perché andrà tutto bene, andrà tutto bene finché Larry è vicino a lui. Fino a che Freddy non sente gli sbraiti di Pink, che si sta già lamentando di come la rapina sia finita e vuole parlare con Lar- White. Freddy, in un impulsivo momento di debolezza, vuole aggrapparsi a Larry e tenerlo stretto a sé ancora per un po’, ma Larry lo rassicura, anche se il ragazzo può distinguere lo stress nei suoi occhi. Allora lo lascia di malavoglia, con le mani che tremano, prima che tutto diventi definitivamente rosso, come la pozzanghera di sangue che si sta formando sotto di lui e che inzuppa la sua camicia e quella di Larry.

Perché forse è così che ci si sente, Freddy pensa, inconsciamente, in tutto quel mare di rosso. È così che ci si sente quando si sta per morire, freddati da una pallottola nelle budella. Sente freddo, come se fosse nudo e vulnerabile, pensando definitivamente che la sua stessa mente stia per fotterlo e auto-fottersi. Non sarebbe stata nemmeno la prima volta che Larry lo teneva così, con la testa poggiata sulle sue ginocchia come un ragazzino.
Da quando si era messo in testa di voler stare sotto copertura per acchiappare quei bastardi di Joe Cabot e la sua banda, era diventato più tosto che mai. Si sentiva duro, il più fico di tutti – perché era così che tutti lo dovevano vedere, per accettarlo in quel piccolo branco pieno di bestie feroci. Aveva sempre voluto “fare il buono”, salvare la gente e proteggerla dai cattivi, come i supereroi dei suoi fumetti preferiti (che, senza alcuna vergogna, leggeva ancora ora). Perché era lui il buono. Non Joe, o Eddie, o i cazzo di Blonde, Blue, Pink e Brown. Né tantomeno Larry.
Larry era un criminale certificato, legato alla famiglia Cabot da migliaia di colpi, sempre fedele al capo branco come se fosse stato il suo braccio destro. Freddy non vedeva l’ora di catturarlo. Non aveva nessun motivo di essere il buono, nemmeno quando gli aveva offerto i tacos dopo aver parlato tranquillamente di tagliare le dita a chi ti dà fastidio. Nemmeno quando era salito nel suo appartamento dopo averlo tenuto sotto gli occhi tutta la sera. Nemmeno quando l’aveva inchiodato al muro e aveva iniziato a toccarlo dappertutto. Nemmeno quando aveva iniziato a baciarlo disordinatamente, in modo quasi convulso e disperato, tirandogli leggermente i capelli. Nemmeno quando gliel’aveva succhiato senza che Freddy nemmeno se l’aspettasse, perché da uno così ti aspetti solamente che ti seppellisca la faccia nel materasso e faccia quello che vuole di te. Nemmeno quando il mattino dopo se l’era ritrovato a girare in mutande per il suo misero appartamento, borbottando qualcosa sul fatto che in casa ci fossero solo caffè e schifezze con una sigaretta in bocca.
Non che Freddy non lo volesse: al contrario, Larry in un certo senso si era rivelato il meno peggio tra tutti quei figli di puttana, pronti a sparare diffamazioni irrispettose su tutti e tutto (soprattutto donne e neri) per sentirsi più duri, più uomini. Freddy tuttavia sapeva di essere totalmente, completamente fottuto. Se doveva essere sincero, lo sapeva da quando si era sentito gli occhi di Larry addosso, da come gli sorrideva e rideva delle sue battute, quasi come se avesse voluto incoraggiarlo a raccontare quella stupida storia del cesso, prendendolo sotto la sua ala protettiva così che Joe e quegli altri stronzi non lo potessero toccare. Gli aveva persino chiesto dell’anello al dito, per assicurarsi della presenza di una possibile “Mrs. Orange”, come l’aveva chiamata – lo stronzo. Larry era un criminale che gli offriva i tacos e che lo faceva mugolare come una ragazzina alla sua prima scopata. Larry era un criminale che di notte lo faceva ridacchiare come una scolaretta per il solletico che causavano le sue dita sul suo corpo e di giorno lo lasciava senza parole, in un silenzio imbarazzante, quando gli parlava di come ridurre la gente a brandelli come se fosse la cosa più normale al mondo. Freddy non sapeva mai come rispondere, e si limitava a tenere su la sua piccola farsa di piccolo criminale inesperto.
Freddy non aveva le palle di dirglielo, e i giorni che avevano passato assieme erano stati i più belli della sua cazzo di vita, prima della rapina andata a puttane. A Freddy rodeva il fegato di non dirgli che era uno sbirro, che avrebbe rovinato tutto, e che Larry probabilmente sarebbe stato ucciso per colpa sua. Si sentiva peggio della merda ogni volta che ci pensava, cercando di nascondere tutta la sua vergogna nel petto dell’amante, che si ritrovava a stringere ogni notte nel suo letto con le molle rotte. E il fatto che Larry lo guardasse con così tanto affetto e devozione, come se gli volesse servire la luna su un piatto d’argento per ogni notte che passavano assieme, non aiutava per niente. Larry, che si assicurava sempre che Freddy si mettesse in pancia qualcosa di commestibile e non i soliti schifosi Captain Crunches. Larry, che quando Freddy provava ad aggiustarsi i capelli di avvicinava a lui da dietro e con un po’ di gelatina e l’aiuto del pettine guidava le sue mani e accarezzava la sua pelle. Larry, che quando scopavano lo teneva stretto come se l’avesse amato da sempre, come se avesse avuto il terrore acuto che Freddy potesse scivolargli tra le braccia in qualsiasi momento.
Quando erano insieme, Freddy non sapeva più cos’era il bene e il male. Era come se fosse un altro mondo, esterno a loro, che avevano creato il loro piccolo ecosistema indipendente da tutti, nel misero appartamento costellato da poster di Silver Surfer. Sapeva che avrebbe dovuto lasciar perdere Larry da un momento all’altro, perché lui era il cattivo, ma quando Larry lo guardava negli occhi prima di baciarlo, Dio, quello cambiava ogni cazzo di cosa. Freddy sentiva come se fosse vero, come se Larry in fondo fosse un brav’uomo, costretto a fare quelle azioni criminali perché dettatogli da una forza esterna. Perché anche se Larry cercava di apparire così duro e tosto, in realtà sembrava che ci tenesse un sacco, a quel secco mingherlino di Freddy. Gli aveva rivelato il suo nome dopo la prima volta, quando tutti e due erano esausti per pensare in modo razionale, perché era da troppo tempo che nessuno dei due scopava così. E Freddy gli aveva detto il suo, quello vero, prima di convincersi di aver commesso un errore madornale. Prima che però avesse potuto fare niente, Larry stava già con le labbra sulle sue, sussurrando quel nome come una parola proibita e gustandoselo sulla lingua, prima di mettere di nuovo le mani su di lui.
Freddy aveva capito definitivamente di essere completamente fottuto, di aver sbagliato tutto, subito dopo che era morto Brown. La loro macchina era scassata e le sirene della polizia erano sempre più vicine. Larry l’aveva rassicurato, lo credeva spaventato perché traumatizzato da tutto quel casino successo in pochi secondi, gli aveva dato una pacca sulla spalla prima di allontanarsi. Freddy era immobile mentre fissava Larry prendere le sue due pistole in entrambe le mani, gli occhiali da sole sul naso che lo rendevano ancora più anonimo, freddo e insensibile mentre sparava colpi a sangue freddo su quei due poveri poliziotti. Freddy non poteva muoversi – quei due ragazzi erano suoi colleghi, avevano delle famiglie, facevano solo il loro cazzo di lavoro – e sentiva che stava per venirgli un attacco di nausea, che se non ci fosse stato Larry a tornare da lui, sarebbe probabilmente svenuto come la fighetta che era. Perché Freddy non aveva le palle e aveva appena assistito impassibile mentre la persona che amava ammazzava a sangue freddo due poveri ragazzi.
E poi, tutto era finito. Loro due erano finiti, Freddy lo sapeva. Dovevano procurarsi un qualche mezzo per ritornare al magazzino e, nonostante il ragazzo si sentisse le gambe di piombo e Larry lo dovesse letteralmente spingere via per evitare che qualche altro dannato sbirro li seguisse, erano stati costretti a rubare una macchina. Tutto era finito quando Freddy, ancora scosso, aveva visto che la donna al volante aveva una pistola e non aveva esitato a fare fuoco e mandarlo a terra; aveva ancora però i riflessi pronti e aveva sparato alla troia dritta in petto. Sentiva già l’amaro in bocca e la ferita iniziava a fargli male: uccidere gli innocenti era l’ultima cosa che lui, che avrebbe voluto diventare un supereroe, avrebbe voluto fare. Era un criminale pure lui, ora.
 
La prima cosa che sente è della musica, dal volume abbastanza alto, che rimbomba fastidiosamente sulle pareti del magazzino quasi vuoto. Prova ad aprire gli occhi, circondato da un lago di sangue. In controluce, può vedere una sagoma che sembra legata a una sedia, che si dimena, anch’essa circondata da un mare di rosso. La sua mente va immediatamente a Larry, perché non sente più la sua voce provenire dalle stanze vicine: Larry probabilmente si accorgerebbe persino che lui è appena rinvenuto. Può sentire la nausea pizzicare ancora il suo stomaco al pensiero di ciò che potrebbero fargli, ma non appena vede il portoncino di legno spalancarsi, pensa che è meglio affrontare i propri demoni un’altra volta – se mai ci sarà l’occasione. Ad entrare è Mr. Blonde, con una tanica di benzina. Che cazzo vuole fare, quello psicopatico? Decide di rimanere immobile, di fingersi ancora svenuto, per non causare ulteriori casini. Con gli occhi socchiusi, lo vede inondare di benzina la persona sulla sedia, per poi tracciarne un rigagnolo sul pavimento. Vuole dare fuoco a tutto. Vuole far saltare in aria tutto il cazzo di magazzino. Questo è troppo.
Velocemente, Freddy tira fuori di tasca la sua pistola e preme il grilletto verso Mr. Cazzo-Di-Blonde. Ancora. Ancora, ancora, ancora, finché non lo vede tramortito sul pavimento, finché il suo petto non è ridotto a uno schifoso, sanguinoso colabrodo, fino a che la sua pistola finisce i colpi. Freddo, impassibile, silenzioso – esattamente come era stato Larry mentre ammazzava quei poliziotti. È la legge del più forte, pensa pigramente mentre lascia cadere la carica vuota a terra. Si regge per miracolo, la sua camicia intrisa di sangue, ma si sente bene, potente, sicuro di sé. Non sente neanche quasi più dolore. Perché anche se ha sparato a della gente, ha ammazzato un criminale psicopatico incallito, schifoso leccapiedi dei Cabot. Sente di aver fatto il suo lavoro, si sente un supereroe. Si lascia cadere sul pavimento e scopre che quel povero cristo legato è solo un poliziotto catturato come una normalissima preda, e che Blonde gli ha tagliato un orecchio e gli ha sfregiato la faccia. Dio, che schifo. Non gli è mai piaciuto, quello là. Con quel sorrisino finto, che fingeva di sparare a tutti per scherzo, e poi ti diceva di non prendertela. Un cazzo di bullo. Come quelli che lo prendevano in giro a scuola per essere una “checca del cazzo”.
Il poliziotto legato sa chi è. Lo sa che è uno schifoso infiltrato. Freddy sta per urlargli in faccia, perché fare l’infiltrato è stata la peggiore decisione che abbia mai preso (e perché il poveretto si lamenta del suo prezioso orecchio andato a fanculo), fino a che il portoncino di legno non si spalanca ancora e vede entrare Eddie, Mr. Pink e Larry, che corre immediatamente da lui. D’istinto, senza che gli importi che gli altri sospettino o facciano qualcosa, tende le braccia sanguinose verso di lui, pronto a tenerlo vicino. Sembrano passati giorni dall’ultima volta che l’ha visto e lo rassicura il fatto che gli altri si siano raggruppati attorno al cadavere di Mr. Blonde mentre Larry è l’unico a correre verso di lui. Larry gli posa una mano sulle spalle, inginocchiandosi di nuovo vicino a lui, ed è così felice di vederlo che potrebbe piangere. Ma tutto viene rovinato quando la figura grassoccia di Eddie si frappone fra lui e la fonte di luce che filtra nel magazzino. La sua voce è ovattata, Freddy pensa di non sentirci più. Capisce solo che è incazzato perché ha ammazzato Blonde e dalla rabbia spara pure al poliziotto. Perfetto, un’altra vita buttata. Non gli credono, e Eddie sta raccontando di quando Blonde sia stato fedele e onesto a non aver mai fatto il nome di suo padre durante gli anni in prigione. Eddie sembra un carnefice, con la faccia grassoccia macchiata del sangue di un innocente, mentre sputacchia che non ci crede e Freddy capisce di aver toccato un tasto dolente. Ma Freddy sa cosa gli aspetta. Lo hanno scoperto, sono sicuri ormai, è lui che ha fatto la soffiata.
Lo capisce quando vede entrare Joe, fuori dal nulla, una belva che lo accusa di far parte della polizia. Freddy capisce che le scuse sono inutili, ma quello che gli fa alzare gli occhi è Larry: riesce a vederlo, calmo e diritto come un padre, o un maestro, mentre prova a spiegare a Joe che ha sbagliato, che lui è un bravo ragazzo, che lui lo conosce. Dio, che cazzo ha fatto per meritarsi tutto questo? Larry gli sta mettendo il cuore in mano, e lui vuole sprofondare. Vuole sotterrarsi nelle cazzo di assi del pavimento, vuole dire a Joe che è tutto vero e che vuole che gli punti quella dannata pistola alla testa per farla finita, per lasciare almeno Larry.
E Joe lo fa, come se gli leggesse nel pensiero. Ma ancora una volta, Larry lo coglie di sorpresa. E gli punta la pistola contro di rimando. Al che, Eddie tira fuori la propria pistola, pronto a saltare addosso a chiunque provi a minacciare suo padre. È successo tutto in fretta, automaticamente, tutti e tre che agiscono d’istinto per salvare la pelle di quelli che amano. Freddy vuole solo morire, e Larry è pronto ad andare contro il suo capo, contro il suo datore di lavoro, contro il suo affezionato ‘Papa’ pur di salvarlo. Se gli spari, sei il prossimo, Joe. Se Freddy avesse la forza, si metterebbe a fare da scudo umano su Larry, su quella figura non più giovane ma ben costruita, in grado di tenere una pistola dritta come se fosse stata un arco con le frecce. Un guerriero forte e risoluto, che ha visto la morte in faccia più e più volte e che ora la sta per vedere sperimentata su di sé, pur di proteggere quel piccolo ipocrita che è Freddy. Ma quando Freddy prova ad alzare le mani nel vano tentativo pietoso di proteggersi, solo gli spari echeggiano nelle sue orecchie. Il colpo lo tramortisce nello stomaco ancora una volta, e le tre figure che si puntavano le pistole con così tanta spavalderia ora cadono contemporaneamente, come un castello di carte fatto male.
Silenzio. Solo silenzio, con qualche mugolio di dolore lanciato ogni tanto. Freddy non riesce a muoversi più, ma evidentemente qualcuno di lassù deve volergli proprio male, perché nonostante lo sparo è ancora cosciente. Con gli occhi al soffitto scassato, sente dei passi veloci dirigersi verso l’uscita. Evidentemente quel paranoico di Pink se l’è già svignata con i diamanti. Lentamente, vede la figura solida ma barcollante di Larry che striscia verso di lui, coperto di sangue (il proprio, stavolta), allo stremo delle forze. Si aggrappano l’uno all’altro senza pensarci, d’istinto, e Freddy arpiona le mani alle spalle del compagno proprio come aveva fatto durante tutte quelle notti passate assieme, disperato nel sentire il calore fievole che sta ancora emettendo il corpo contro il suo. Può sentire in lontananza le sirene della polizia, e come mai in vita sua desidera di non essere mai stato uno di loro.
- Sembra che dovremo farci... - emette Larry, come se stesse scherzando, come se volesse rompere il ghiaccio anche in punto di morte. - ... qualche anno di galera. -
È finita, si dice, mentre Larry lo tiene per un’ultima volta, la testa sul suo grembo, la mano insanguinata di Larry sul suo viso.
- Sono uno sbirro. -
La sua voce è strozzata, affaticata, come se stesse cercando di acchiappare l’ultima scintilla di vita.
- Larry, mi dispiace. -
Freddy non sente, vede solo Larry barcollare su di lui, sanguinante, come se fosse ubriaco, e per un momento pensa (spera?) che non abbia sentito, che l’abbia lasciato andare come se fosse niente, come se fosse qualcosa di inutile. Ma poi vede Larry alzare lo sguardo sulla porta e sente il suo corpo contro il proprio, sconquassato da piccoli singulti. Vede delle piccole gocce cadere dal viso di Larry e andare a finire sulla propria camicia intrisa di sangue, confondendosi nell’immenso lago rosso. Sta piangendo, nei suoi ultimi momenti Larry sta piangendo, e Freddy vuole solo morire. Non si merita nemmeno di stare tra le sue braccia mentre succede, perché sente di aver tradito la persona più cara a lui, di essere stato uno schifoso ratto sin dall’inizio. Non gli importa nemmeno della soffiata, gli importa solo di Larry.
Lentamente, vede che Larry ha ancora la pistola in mano, la stessa pistola che ha ucciso a sangue freddo centinaia di uomini, di poliziotti, che ha ucciso Joe ed Eddie Cabot con due colpi ben assestati. Freddy è terrorizzato quando sente il freddo della canna sulla guancia, così freddo in confronto alla mano calda di Larry sull’altra. Non è il primo, forse sarà l’ultimo, si dice. Si sta cagando sotto dalla paura, ma è giusto che finisca così, con le sue braccia aggrappate al corpo di Larry e la canna della sua pistola dritta in faccia. Chiama ancora una volta il suo nome, disperatamente, ma non per paura o per impedirgli di farlo, come se stesse cercando di attrarlo a sé un’ultima volta, quasi urlandolo per sopraffare le urla dei poliziotti che si sono introdotti nel magazzino. Larry non lo sta guardando, e Freddy sta stringendo i denti, le unghie conficcate nella giacca del compagno, stringendo così forte che pensa che si potrà strappare da un momento all’altro. Fallo e basta, cazzo. Urla ancora una volta il suo nome, e Larry preme il grilletto.
Non ci vede più.
 
When you hold me
In your arms so tight
You let me know
Everything's all right...
   
 
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