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Autore: Old Fashioned    29/04/2018    14 recensioni
Grandi pianure dell'Ovest, circa dieci anni dopo la fine della Guerra di Secessione. Al di là dell'immagine patinata che un certo cinema ci ha dato di loro, i cosiddetti soldati blu, ovvero la US Plains Cavalry, erano più che altro l'ultimo approdo di reduci, stranieri in cerca di una collocazione e uomini cui veniva prospettato il servizio sotto le armi come alternativa al carcere. Sistemazioni pericolose, cibo cattivo, poco sonno e una paga di tredici dollari al mese erano tutto ciò che uno di questi soldati si poteva aspettare di ricevere nel corso del suo periodo sotto le armi.
Se ne hai voglia, inclito lettore, segui con me la vicenda di due di loro.
Prima classificata al contest "Solo Cenere" indetto da molang sul forum di Efp.
Genere: Angst, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Cari,
eccoci alla conclusione di questa vicenda di soldati blu e indiani. Ringrazio tutti quelli che hanno avuto la pazienza di seguirmi fin qui: chi mi ha letto, chi mi ha messo in qualche lista, ma in particolare chi è stato così gentile da lasciarmi un parere, ovvero John Spangler, Enchalott, Saelde_und_Ehre, Syila, aelfgifu, alessandroago_94, Star_Rover, mystery_koopa, fiore di girasole e queenjane.




Capitolo 3

Rory rinfoderò la pistola e si precipitò verso il compagno. “Clarence!” ripeté angosciato. Lo aiutò a sedersi, poi cominciò a sbottonargli la giubba. “Fammi vedere,” gli disse.
L’altro lasciava fare, cosa che al ragazzo parve più preoccupante di qualsiasi altro sintomo. “Clarence,” ripeté a bassa voce. Si tolse il guanto e gli passò una mano sulla fronte coperta di sudore freddo.
Sto bene, Rory,” mormorò l’altro socchiudendo gli occhi.
Il ragazzo lo fissò preoccupato, poi rispose: “Certo, starai bene, non preoccuparti.” Nel frattempo gli aveva messo a nudo la spalla sinistra, sulla quale c’era una profonda ferita da punta, proprio sotto la clavicola. “Ora ti bendo e poi ci riposiamo un po’, d’accordo?”
Non possiamo riposarci.”
Devi riprendere fiato, Clarence. Non puoi cavalcare così.”
L’altro non rispose. Il ragazzo gli appoggiò sulla ferita una compressa di stoffa realizzata col fazzoletto che portava al collo, poi si guardò intorno alla ricerca del proprio cavallo, dato che nelle bisacce della sella aveva bendaggi da campo, ma lo vide scomparire dietro uno sperone di roccia. Subito si alzò per inseguirlo. “Aspetta! Dove vai?” gli disse, cercando di non spaventarlo con clamori troppo forti.
L’animale non sembrava imbizzarrito o innervosito. Si muoveva tranquillo, come chi sa perfettamente cosa fare. Ogni tanto si fermava e fiutava l’aria con atteggiamento pensoso, dilatando le froge, poi riprendeva il cammino. Halloran notò che il sentiero che esso stava percorrendo era già battuto da altre impronte di zoccoli.
Cos’hai trovato, una giumenta?” borbottò. Si voltò indietro indeciso, temendo di allontanarsi troppo dal compagno, ma preoccupato che il cavallo decidesse di scappare via dimenticandosi dei suoi doveri.
Poi la bestia si fermò e raspò la terra con lo zoccolo. Fiutò di nuovo l’aria, abbassò la testa e fiutò anche il suolo, aggirò un ultimo sperone di roccia e poi allungò il passo fino a un piccolo rigagnolo. Vi immerse il muso con uno sbuffo di soddisfazione e prese a bere avidamente.
Rory lo raggiunse, poi gli diede una pacca sulla spalla e disse: “Sentivi l’odore dell’acqua, vero?”
L’animale continuò a dissetarsi senza prestargli attenzione. Il ragazzo notò poco lontano i segni di un bivacco, e nella cenere ancora calda monconi d'osso bruciacchiati. Appoggiata da una parte c’era una lancia Apache. Si guardò intorno, ma tutto sembrava tranquillo. Concluse che quello era il rifugio degli Indiani che li avevano attaccati.
Beh, andiamo a prendere l’altro cavallo,” disse fra sé e sé. “Anche lui vorrà bere. E Clarence, ovviamente. Quella ferita ha un gran bisogno di essere lavata. Gli Apache sporcano le punte delle frecce con interiora putrefatte per far infettare le ferite, e scommetto che lo fanno anche con le lame dei coltelli.”

Finch, che sembrava addormentato ai piedi della parete di roccia, al suo arrivo aprì gli occhi e lo fissò attento.
Il ragazzo si avvicinò e si chinò accanto a lui. In tono morbido, gli chiese: “Ce la fai ad alzarti? Sembra che il mio cavallo abbia trovato dell’acqua. È un ra... come si chiamano quei tizi che trovano l'acqua con la bacchetta biforcuta?”
Rabdomanti?”
Sì, quelli,” rispose subito il ragazzo, poi ripeté: “Rabdomante.” fece una pausa, annuì convinto. “Mi piace, ha un suono solenne. Il mio cavallo si chiamerebbe Hushpuppy, che ne dici se d'ora in poi lo ribattezzo Rabdomante?”
Finch tentò una risata, che però si trasformò subito in una smorfia di dolore.
Halloran controllò il tampone di stoffa che gli aveva lasciato sulla ferita: da giallo che era, il fazzoletto era diventato di un rosso cupo, più intenso dove il sangue l’aveva impregnato maggiormente. “Ora andiamo, Clarence,” gli sussurrò all'orecchio. Si piegò a posargli un lieve bacio sulla tempia. L'altro non si ribellò.
Ce la fai?” gli chiese dopo un po', vedendo che non si muoveva. Lo prese per il braccio sano, lo aiutò ad alzarsi, lo strinse a sé. Finch si appoggiò a lui con un gemito.
Ti fa male?” chiese subito Halloran.
Un po'.”
Dai, ora ti lavo la ferita, e poi te la fascio. Sono bravo con le bende, sai?”
Davvero?”
Uh-huh. Bravissimo.”
Dove hai imparato?”
Quando ero piccolo e c'era la guerra, mia madre ha fatto per un po' l'infermiera in un ospedale da campo.”
Tu eri lì con lei?”
Beh, sì. Dove vuoi che mi mettesse? Eravamo solo noi due.”
Quanti anni avevi?”
Una decina. Aiutavo con le fasciature o altro, quando c’era bisogno.”
Così parlando, il ragazzo si incamminò verso il punto dove aveva lasciato il cavallo. L'altro cavallo, evidentemente addestrato a non allontanarsi dal padrone, seguiva Finch anche senza bisogno di essere condotto per le redini.
Quando arrivarono a destinazione, Rory aiutò per prima cosa il compagno a sedersi a terra accanto al rigagnolo, con la schiena contro una roccia, poi andò ad attingere un po' d'acqua, si inginocchiò di fianco a lui e gliela fece bere. “Come va?” gli chiese.
Sono stato meglio.” Finch cercò senza successo di raddrizzarsi, poi proseguì: “Ma tu... dopo tutto quello che avrai visto negli ospedali, hai scelto lo stesso di fare il soldato?”
Il ragazzo gli rivolse un sorriso amaro. “Diciamo che non ho avuto molta scelta, in realtà. O soldato o in prigione, e puoi immaginare cosa succede a quelli come me in prigione.”
Così parlando, riprese il suo fazzoletto, lo lavò, lo strizzò e cominciò a pulire la ferita. Finch si irrigidì appena.
Ti faccio male?” chiese Rory preoccupato.
Non tanto.”
Posso continuare?”
L'altro accennò di sì con la testa. Dopo un po' che il ragazzo si occupava del taglio, a bassa voce, in tono quasi esitante, gli chiese: “Rory... a te piaceva?”
Halloran si fermò. “Cosa?”
Quello che...” Clarence esitò, forse alla ricerca di un’espressione che non suonasse troppo cruda. Alla fine scelse: “Quello che facevi per vivere.”
Il ragazzo ebbe l'impressione che fosse molto tempo che il compagno stava rimuginando quella domanda. Ponderò se dirgli di sì o di no, cercò di immaginare cosa avrebbe comportato l’una o l’altra risposta. “Dipende,” rispose alla fine con sincerità.
Da cosa?”
Il più delle volte lo facevo solo per tirare avanti, ma con alcuni mi piaceva.” Deglutì: nel bene e nel male, si rese conto che ormai si era spinto troppo avanti per tornare indietro. Con voce incerta aggiunse: “Con te mi piacerebbe.”
A quella frase seguì un lungo silenzio, tanto che il ragazzo si convinse di aver osato troppo, e che la confidenza così faticosamente raggiunta si fosse irrimediabilmente incrinata, poi Finch in tono grave disse: “Mi fai onore.”
Rory sentì il cuore saltare un battito. Lo fissò negli occhi, cercando ansiosamente nel suo sguardo una conferma di ciò che aveva appena udito. “Cosa?” mormorò con voce appena udibile.
Mi fai onore,” ripeté Clarence con fermezza.
Il ragazzo abbassò gli occhi sulla propria mano, che stringeva ancora il fazzoletto intriso di sangue. Senza accorgersene, aveva serrato le dita così forte che rivoli rossi gli scomparivano giù per la manica.
Ti faccio… onore?” mormorò con voce incerta. Si era sentito dire di tutto, nella sua breve vita, ma mai nulla che avesse a che fare con l’onore.
Sei un giovane leale e coraggioso, sarei stato orgoglioso di averti nel mio squadrone.”
Il ragazzo si rese conto che quello probabilmente era per l’uomo il complimento più grande che avrebbe potuto rivolgergli. “E io...” Alzò lo sguardo fino a incontrare il suo. Sbatté gli occhi, che di colpo si erano fatti umidi, e si accorse che un groppo in gola gli rendeva difficile parlare. “Io sarei stato orgoglioso di servire ai tuoi ordini.”
L’altro sollevò il braccio sano a cingergli le spalle, e lo tirò verso di sé. Egli si piegò appena in avanti, e gli posò un bacio sulle labbra, che a quel tocco fremettero.
Poi si fece indietro e rimasero a guardarsi incerti, forse timorosi di fare di più. Alla fine il ragazzo si passò una mano sul viso asciugandosi gli occhi, sorrise e disse: “Sarà meglio che finisca di sistemare la tua spalla, che ne dici?”
Va bene.”
Gli sfiorò il petto con una carezza, sentì il suo cuore battere forte e involontariamente sorrise. Di nuovo pensò al passato: era stato scopato in ogni modo possibile, aveva concesso tutto di sé a uomini che poi non aveva mai più rivisto. Aveva preso cazzi, brutalmente parlando, di ogni genere. Ma l’unico che gli era entrato veramente nell’anima era Clarence Finch-Hatton, al quale aveva dato solo un bacio come quelli che si scambiano i ragazzini alla prima cotta.

§

Il crepitare del piccolo fuoco era l’unico suono che si udiva nella gola. In alto, tra le cuspidi ormai nere dei monti, il cielo andava tingendosi di indaco e cobalto, e qua e là cominciavano a fare capolino le prime stelle.
Illuminato dai riflessi arancioni delle fiamme, il ragazzo sedeva quieto, lo sguardo fisso su un piccolo recipiente di metallo nel quale sobbollivano magre razioni militari di lardo e fagioli. Un po’ di pane raffermo si stava scaldando su una pietra.
Poco lontano, avvolto nelle due coperte, Finch dormiva un sonno inquieto, probabilmente gravato da incubi. Rory si alzò, gli andò vicino. “Va tutto bene, Clarence,” sussurrò accarezzandogli i capelli. Gli aggiustò le coperte e l’uomo parve calmarsi un po’. Si chiese se stesse sognando della guerra, o della sua casa distrutta dalle truppe del generale Sherman.
Si tastò la tasca, nella quale c’erano ancora le fotografie di Clarence, che lui aveva frettolosamente messo via quando gli Indiani avevano attaccato l’accampamento.
Tornò al suo posto accanto al fuoco, rimestò il pasto con una forchetta, poi le tirò fuori e di nuovo le scorse lentamente, soffermandosi su ognuna di esse. Era come se ormai conoscesse anche lui tutte quelle persone: la sorella di Clarence, i suoi genitori, la sua governante di colore, il suo cane di razza, il purosangue… E lui stesso, in uniforme, bello e severo, con lo sguardo rivolto verso l’osservatore in un’espressione che riusciva a essere al tempo stesso indagatrice e altera. Era più giovane, in quell’immagine, era baldanzoso. Aveva lo sguardo sereno e fiero, come chi è chiamato a compiere un dovere duro ma necessario.
Rimise via le foto, raccolse le ginocchia contro il petto e vi appoggiò sopra il mento. Fissò di nuovo lo sguardo sul compagno. Il baluginare mutevole delle fiamme lo faceva apparire e scomparire nella penombra: ogni tanto il fuoco si rifletteva sui suoi capelli biondi, oppure metteva in risalto la linea netta e decisa della mascella, o il rilievo nervoso dei muscoli del collo.
Avrebbe voluto abbandonare la cena al suo destino, andare a sdraiarsi accanto a lui e stringerlo a sé. Immaginò il peso e il calore di quel corpo forte contro il suo e dovette distogliere lo sguardo mentre un’ondata di eccitazione lo attraversava come fluido elettrico.
Rimestò di nuovo la cena. Non molto, obiettivamente, ma abbastanza per dar loro un po’ di forze fino a Coyote Point. “Ammesso che riusciamo ad arrivarci,” disse a mezza voce, rivolgendosi ai due cavalli, che masticavano tranquilli col muso immerso nel sacco della biada.
Quella pur sussurrata constatazione ebbe il potere di ridestare Finch, che aprì gli occhi e si guardò intorno stranito. “Che ore sono?” chiese con voce roca.
Il ragazzo si voltò verso di lui e rispose: “Non lo so, non ho l’orologio, però ormai è buio.”
L’altro fece per mettersi seduto, ma una fitta di dolore lo costrinse a interrompere il movimento. “Perché mi hai lasciato dormire?” chiese comunque, guardandosi intorno come se faticasse a riconoscere ciò che lo circondava.
Ne avevi bisogno,” rispose il ragazzo, “hai perso molto sangue.”
Non c’è tempo di dormire.” Finch sondò i dintorni, aggrottando le sopracciglia nella luce ormai scarsa. “La mia giubba?” chiese. Si toccò la fasciatura. Cercò di muovere il braccio, ma il volto gli si contrasse in una smorfia di dolore. “Dobbiamo andare,” disse comunque.
Siediti, Clarence,” disse il più giovane. “Sai anche tu che dieci minuti in più o in meno non faranno poi quella differenza.”
Finch chinò la testa come per un rimprovero. “Se solo non avessi dormito così tanto...” mormorò, con lo sguardo fisso sulla sabbia, che alla luce delle fiamme prendeva una tonalità di ruggine scura come vecchio ferro dimenticato.
Sei ferito.”
L’altro rialzò il capo con uno scatto. “E che importa?” replicò, il tono improvvisamente duro. “Che importa se sono ferito o stanco, quando la salvezza dei miei compagni dipende da me?”
Se non sei in grado di stare in sella perché sei troppo debole, importa eccome.”
Finch non replicò, e si chiuse in un silenzio che a Rory parve carico di brutti ricordi.
Il ragazzo lasciò passare qualche minuto, poi tolse dal fuoco il recipiente che aveva posto a scaldare, raccolse le fette di pane e lo raggiunse. “Mangiamo qualcosa,” gli propose. Si sedette accanto a lui, sufficientemente vicino da sfiorarlo con la spalla, e si protese a baciarlo piano sui capelli. Gli mise in mano un cucchiaio. “Mangiamo,” ripeté.
Io...”
Non dire che non ti va, l’ho fatto con le mie mani.”
Clarence fece un pallido sorriso e rispose: “D’accordo, mangiamo qualcosa.” Piegò la testa fino a sfiorare quella del ragazzo.

Quando ebbero finito, Finch si guardò intorno e chiese: “Dov’è la mia giubba?”
L’ho lavata, era fradicia di sangue.”
Dov’è?” ripeté l’altro imperterrito.
Il ragazzo gliela porse. “Sarà un po’ umida,” lo avvertì.
Fa niente.” Poi, dopo una pausa: “Aiutami a indossarla, per favore.”
Rory gliela fece passare sulla spalla ferita, stando attento a non rovinare il bendaggio di fortuna che aveva improvvisato con la propria camicia di ricambio. Guardò il cielo, che era ormai nero, e punteggiato delle prime stelle, poi chiese: “Vuoi partire adesso?”
Sarà più difficile che ci vedano.”
Il ragazzo fece girare uno sguardo tutt’intorno, come se temesse di veder spuntare degli Apache da un momento all’altro. “C’è pericolo?” gli chiese.
Finch annuì. “Gli Indiani non sono stupidi, sanno che i convogli mandano in giro delle pattuglie a esplorare i dintorni. Benché solo soldati semplici, tu ed io abbiamo pur sempre due cavalli, due carabine, due pistole, delle coperte e dei vestiti. È un buon bottino.” Fece una pausa, poi soggiunse: “Senza contare che vorranno evitare il rischio di una spedizione punitiva.”
Tu dici che ci sarà una spedizione punitiva?”
Fa parte del gioco. Se riusciamo ad arrivare a Coyote Point e a dire che hanno ucciso un bel po’ dei nostri e razziato tutti i rifornimenti, ci sarà la ritorsione.”
Halloran non rispose. Quella era una strana guerra, che sembrava combattuta di ritorsione in ritorsione. Indiani che attaccavano i convogli dei pionieri, soldati che attaccavano gli accampamenti degli Indiani che avevano attaccato i convogli, Indiani che attaccavano i forti dei soldati che avevano attaccato gli accampamenti… e così via. “Finirà mai?” chiese, quasi rivolgendosi a se stesso.
Carica le armi,” disse Finch per tutta risposta, “e ricorda: tieni l’ultimo colpo per te.”

§

Si lasciarono alle spalle la fenditura tra le rocce e il rigagnolo dal lieve mormorio ipnotico. Il fuoco ormai spento aveva smesso di donare alle pareti di arenaria sfumature di miele e ambra, e davanti a loro si estendeva la brulla immensità della pianura, blu-grigia sotto la luce fredda della luna.
È meglio che stiamo a ridosso delle montagne,” disse Finch, “saremo meno visibili.”
Si misero in movimento.
Man mano che i suoi occhi si abituavano all’oscurità, il ragazzo riusciva a cogliere sempre più particolari di ciò che lo circondava: vide una volpe schizzare fuori da dietro una roccia, e afferrare qualcosa che emise un debole squittio, e vide la sagoma scura di un rapace notturno che li scrutava dal ramo di un albero secco.
Se si concentrava, riusciva a cogliere mille suoni, dal richiamo basso del gufo al frinire lontano degli insetti. L’aria era fresca, e si portava dietro il profumo amaro dell’enotera. Halloran si sorprese a scrutare il terreno alla ricerca delle sue corolle gialle.
La catena che stavano costeggiando era una massa nera e frastagliata, che ricordava un drago addormentato. Era incombente, nei suoi tratti più impervi, e si addolciva, coprendosi addirittura di una bassa vegetazione, nelle zone che il vento aveva scavato maggiormente. Fra le pietre erose di udiva a tratti il lontano mormorio dell’acqua.
Il ragazzo spronò il cavallo fino ad affiancarsi al compagno, e a bassa voce gli chiese: “Come va, Clarence?”
Posso farcela.”
Ti fa male la spalla?”
Non tanto.”
Per un po’ proseguirono in silenzio, poi a un tratto Finch disse: “Mi piaceva la notte. Quando arrivava l’estate, a Mon Repos fiorivano le gardenie, e c’erano cascate di glicini e gelsomini: l’aria era così carica di profumi che stordiva.” Si interruppe, il ragazzo lo fissò, ma non osò dire nulla. Fu l’altro che dopo un po’ riprese: “A Eleanor piaceva stare fuori, nelle notti d’estate. Si faceva portare una lanterna sul patio, e poi sedeva sulla sua poltrona di vimini e ricamava o leggeva, e intanto ascoltava il canto degli usignoli.” Di nuovo fece una pausa, a Rory parve di vederlo deglutire come quando si cerca di non piangere. Infine proseguì: “Quando sono arrivati, lei era sul patio che leggeva. Uno sparo pulito, in mezzo agli occhi. Penso che non si sia nemmeno accorta di morire.”
Il ragazzo ripensò alla fotografia della giovane donna graziosa, con l’abito chiaro e l’ombrellino di pizzo. “Mi dispiace,” mormorò.
L’altro alzò le spalle. “Io ero al fronte,” disse poi, “non ho potuto fare niente, se non continuare a combattere.” Poi tacque, e per un po’ gli unici rumori che si udirono furono lo scalpiccio degli zoccoli e il tintinnare dei finimenti.
Clarence?” mormorò il ragazzo dopo un po’.
Ma è servito a poco,” concluse l’altro in tono cupo. “Vedi dove sono finito.”
Clarence.” Rory fece spostare il cavallo finché non furono a contatto di staffa, e poi protese una mano a toccare le sue, strette sulle redini. “Per quello che può valere, io ti voglio bene,” gli disse.
L’altro esitò qualche secondo, poi rispose: “Anch’io te ne voglio, Rory.”

L’alba arrivò con una linea dorata sull’orizzonte, e con pennellate di rosa e viola sulle ondulazioni della pianura. Le rocce persero l’aspetto di fantasmi neri e cominciarono a colorarsi di ocra nel cielo che andava impallidendo.
I primi raggi del sole facevano brillare come gemme le rare gocce di rugiada.
Finch tirò le redini e si guardò intorno. “Non siamo lontani,” disse poi.
Il ragazzo scrutò a sua volta la distesa brulla, che si estendeva a perdita d’occhio: niente faceva pensare che di lì a poco avrebbero trovato un fortino difeso da soldati blu.
Qualche miglio e ci siamo,” precisò l’altro.
Come fai a saperlo?”
Ho visto una mappa nell’ufficio di Lane, la catena che abbiamo seguito corre parallela alla pista. Se consideri che quando ci hanno attaccati mancava più o meno un giorno di marcia a Coyote Point, direi che ormai dovremmo esserci.”
Beh, non sarà mai troppo presto,” commentò il ragazzo, che con l’aumentare della luce cominciava a sentirsi sempre più vulnerabile.
Ripresero la marcia. L’aria era ancora fresca, ma già risuonavano i richiami dei primi uccelli diurni. Il sole basso sull’orizzonte costringeva a tenere il cappello calato sugli occhi.

Poteva essere passata un’ora quando Finch d’improvviso tirò le redini, e prese a scrutare ansiosamente in lontananza. Halloran guardò nella stessa direzione, e si sentì gelare il sangue: qualcosa si muoveva.
Si voltò verso il compagno, e vide che aveva la sua stessa espressione tesa. “Apache?” mormorò.
Andiamo,” disse l’altro per tutta risposta.
Ripresero la marcia. Già stanchi per il trasferimento notturno, i cavalli sbuffavano e inciampavano sulle pietre.
Halloran, che ogni tanto si voltava indietro, vedeva le figure farsi sempre più grandi. “Clarence, cosa facciamo?” osò chiedere dopo un po’.
Possiamo solo andare avanti, e pregare che Coyote Point non sia lontano.”
Procedettero. Gli Apache ormai li avevano individuati, e fin da quella distanza si udivano flebili le roche grida di guerra con le quali si incitavano l’un l’altro.
I due cavalli erano coperti di sudore, ansimavano e sbuffavano costretti a un’andatura che non sarebbero riusciti a mantenere a lungo.
All’orizzonte comparve una sagoma scura, leggermente ammantata di foschia. “Coyote Point!” urlò il ragazzo. Il sibilo di una freccia spense immediatamente il suo entusiasmo: si girò e vide che la banda di guerrieri Apache si era avvicinata ulteriormente.
Ormai siamo a tiro,” disse Finch al suo fianco.
Che facciamo?”
Ci fu qualche secondo di angoscioso silenzio, infine Clarence chiese: “Rory, ti fidi di me?”
Il ragazzo si voltò stupefatto verso di lui. “Sì, certo,” gli rispose di getto.
Allora devi fare esattamente quello che ti dico.”
L’altro aggrottò le sopracciglia mentre una sorda sensazione di angoscia lo pervadeva. “Sarebbe a dire?”
Mi lasci la tua carabina e le munizioni, io mi metto su una roccia in copertura e li tengo lontani. Tu intanto ti porti dietro il mio cavallo e parti più veloce che puoi verso il forte. Appena il tuo cavallo non ce la fa più monti sul mio, vai a chiedere aiuto e poi torni qui, d’accordo?”
Rory si sentì mancare la terra sotto i piedi. “Ma io non voglio lasciarti!” esclamò.
L’altro gli rivolse uno sguardo duro e rispose: “Non abbiamo altra scelta. Gli Apache stanno arrivando, non ce la faremmo mai a raggiungere il forte in queste condizioni, ci prenderebbero entrambi. Così invece hai una possibilità.”
E tu?”
Io li tengo a bada da qui.”
Ma Clarence...” Avrebbe voluto dirgli che non sarebbe andato da nessuna parte senza di lui, che preferiva mille volte morire piuttosto che abbandonarlo, che nessun guerriero Apache era in grado di spaventarlo se aveva lui accanto, ma l’altro lo incalzò: “Non abbiamo molto tempo, Rory.”
Il ragazzo sentì le lacrime pungergli gli occhi. “Non voglio lasciarti,” mormorò con voce rotta, ma l’altro replicò: “Devi andare, Rory. È la nostra unica possibilità.”

E Rory Halloran, soldato della cavalleria delle pianure, si trovò a galoppare, con le ultime energie del suo povero cavallo stanco e le lacrime che gli annebbiavano la vista, verso la mole tozza del fortino di Coyote Point.

§

Clarence Finch-Hatton si sistemò nella nicchia sopraelevata che aveva individuato nel fianco dell’altura, e controllò che la copertura dal basso fosse completa. La ferita gli doleva, ma era alla spalla sinistra, non gli avrebbe dato fastidio per sparare. Con gesti misurati appoggiò accanto a sé le due carabine cariche. Sapeva che non avrebbe avuto il tempo di ricaricarle. Si sporse a controllare il numero di guerrieri in avvicinamento, quindi estrasse dal fodero anche la Colt e la posò su una pietra poco lontano.
Inspirò profondamente: provava per la prima volta dopo tanto tempo una sensazione di pace interiore, di completezza. Era come se Dio gli stesse offrendo la possibilità che dieci anni prima gli aveva negato.
Non ti prenderanno, Rory,” disse fra sé e sé. Imbracciò la prima delle carabine, si stese sulle pietre cercando di far sì che il suo corpo aderisse completamente a esse, strinse l’arma quasi con tenerezza. Inquadrò nel mirino il primo degli Indiani e fece fuoco. L’uomo rotolò giù da cavallo.
Impassibile, Finch azionò la leva di caricamento. Il bossolo rovente schizzò via e atterrò dietro le sue spalle con un tintinnio, il secondo proiettile entrò nella camera di scoppio.

§

Il cavallo letteralmente gemeva a ogni falcata, i fianchi erano coperti di schiuma.
Resisti! Resisti!” implorava il ragazzo, con le lacrime che gli scendevano dagli occhi come linfa da una vite tagliata. “Ti prego, resisti!”
La pianura era diventata una macchia indistinta, il forte in avvicinamento era un cubo scuro che da quella distanza sembrava quasi un giocattolo per bambini.
Resisti!” urlò per l’ennesima volta, spronando l’esausto animale.
Il forte cominciò a delinearsi nei suoi contorni, comparvero delle torrette, spuntò una bandiera a stelle e strisce che ondeggiava pigra nella brezza del mattino. Individuò dei soldati.
Aiutatemi!” gridò. “Aiuto! Vi prego, aiuto!” Agitò il braccio sopra la testa.
Ormai non sapeva più nemmeno cosa stava dicendo, implorava, piangeva, incitava il cavallo, si raccomandava a Dio e ai Santi, pregandoli di risparmiare la vita di Clarence. Di prendersi la sua, se proprio volevano, ma di lasciare in vita lui.

Riaprì gli occhi circondato da una decina di soldati vocianti. Era sdraiato per terra, non vedeva più il cavallo. Cercò di alzarsi, ma qualcuno lo spinse giù. Gli porsero una borraccia, lui si divincolò e l’acqua gli finì addosso. “Aiutatemi!” ansimò. “Vi prego, dobbiamo andare subito! Il mio compagno è rimasto indietro!”
I militari si scambiarono occhiate perplesse. “Indietro?” disse qualcuno, “Allora è bell’e morto.”
No!” L’urlo che uscì dalla gola del ragazzo fece indietreggiare chi si trovava più vicino. Halloran saltò in piedi. “No!” ripeté angosciato. “Non è morto! Dobbiamo andare ad aiutarlo, vi dico!”
Arrivò un graduato, che lo fissò perplesso e chiese: “Che cosa succede, soldato?”
Il mio compagno è rimasto indietro!” ripeté per l’ennesima volta. Si guardò intorno agitato, con la sensazione di essere circondato da immobili statue di cera. Perché nessuno voleva dargli ascolto? Perché non si precipitavano fuori a salvare Clarence? “Aiutatemi!” urlò, con la gola che ormai gli bruciava come fuoco.
L’altro lo prese per le spalle e lo scrollò. “Adesso calmati, soldato,” gli ingiunse. “Cosa sta succedendo?”
Gli Apache ci stavano inseguendo. Il mio compagno è rimasto indietro per trattenerli, in modo da dare a me il tempo di arrivare qui. Ora dobbiamo aiutarlo, vi prego!”
Al concitato racconto, l’altro annuì grave. Fissò il ragazzo negli occhi, una strana lunga occhiata, poi ordinò: “Una pattuglia con me.”
Fatemi venire!” lo implorò Halloran.
Il graduato gli diede un paio di pacche sulla schiena, come avrebbe fatto per calmare un bambino in preda al panico. “Certo che verrai, giovanotto. Senza di te, come faremmo a trovarlo?”
Solo quando fu in sella assieme agli altri rifletté su quello che il sottufficiale gli aveva detto: perché avevano bisogno di lui per trovare Clarence? Ovviamente il suo compagno si sarebbe presentato da solo, alla vista delle uniformi blu.

§

I guerrieri a terra erano più di dieci, degli altri non c’era traccia. Sulla zona regnava un silenzio assoluto.
Rory si guardò intorno stranito, e quasi sussultò quando il graduato gli chiese: “Ebbene, dove si era nascosto il tuo compagno?”
Era.
Con mano tremante, il ragazzo indicò la rientranza fra le rocce.
Beh, andiamo a vedere,” disse l’altro.
Il ragazzo smontò da cavallo. D’improvviso si accorse di sentire male in tutto il corpo, e di avere la testa pesante come dopo una sbronza. Si mosse come in trance, incespicando. Sentì qualcuno chiedere: “Che fai, piangi?”

Si imbatterono dapprima nel corpo di un guerriero raggomitolato, con due buchi di pallottole nel petto, poi ne trovarono un altro colpito all’addome.
Infine c’era lui.
Clarence Finch-Hatton stringeva ancora la pistola in pugno. Giaceva supino, il volto aveva un’espressione serena, sembrava quasi che sulle labbra gli aleggiasse un vago sorriso. La ferita alla tempia quasi non si notava: sembrava piuttosto che fosse addormentato, e immerso in un bel sogno.
Clarence,” balbettò Rory con voce incolore.
Andiamo, prima che quelli tornino,” disse qualcuno.
Il vento del mattino trasportava roche grida di guerra. Il ragazzo sorrise fra sé e sé e mormorò: “Forse ci rivedremo presto, Clarence.”

   
 
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