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Autore: Signorina Granger    29/04/2018    10 recensioni
[Raccolta di OS dedicate ai protagonisti di “Magisterium - 1933”]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Elena & Gabriel 
 
Elena MacMillan Image and video hosting by TinyPic& Gabriel Greengrass Image and video hosting by TinyPic



“I tuoi genitori continuano a sperare che tra noi finisca in fretta?”
“Adesso che lo “scandalo” di tuo padre si è sgonfiato sono meno preoccupati. In realtà TU gli piaci, se non fosse successo quel che è successo non credo avrebbero mai cercato di ostacolare la nostra relazione.”

“Certo che gli piaccio! Io piaccio praticamente sempre a tutti.”

Gabriel rise di fronte al debole sbuffo e all’espressione contrariata di Elena, continuando a camminare accanto a lei tenendola per mano e sotto il sole di Luglio. 

“Naturalmente, Elly. Rilassati, mia madre era smaniosa che trovassi una ragazza Purosangue che mi piacesse e ora che è così si farà una ragione del divorzio dei tuoi genitori… sei Purosangue, intelligente, bellissima e persino ricca, non potrebbe chiedere di meglio.”
“Tu non potresti chiedere di meglio.”

Elena abbozzò un sorrisetto e lo colpì leggermente sulla spalla mentre Gabriel, sorridendo di rimando, le prendeva delicatamente il viso tra le mani dopo essersi fermato di fronte a lei:

“Lo so.”
“Sto scherzando.”
“So anche questo. Tuo padre ha firmato? Sei felice?”

“Sì, credo. Finalmente abbiamo chiuso questa storia… mia madre e mio padre non hanno più niente che li leghi e lei potrà farsene una ragione e vivere più serenamente, spero.”
“Elly, hanno eccome qualcosa che li lega, ce l’ho davanti agli occhi adesso.”

“Non è detto, Gabri, non parlo con mio padre da mesi e non ho intenzione di cambiare le cose tanto presto.”


*


Elena non vedeva suo padre da molto tempo, ma sapeva che prima o poi, per quanto potesse sforzarsi di evitarlo, le cose sarebbero cambiate. 
Henry aveva mantenuto la sua promessa, non l’aveva più cercata, sostenendo che avrebbe aspettato che fosse lei a farlo… ed Elena, in tutta onestà, non sapeva proprio quando quel momento sarebbe arrivato.
Almeno fino a quella tarda mattinata estiva, quando si trovava a Diagon Alley per cercare un regalo di compleanno per sua madre.
C’era molta gente, come sempre a quell’ora il sabato mattina, ma gli occhi castani di Elena vennero attratti quasi come da una calamita su un familiare uomo dagli occhi azzurri e i capelli ormai scuri ormai brizzolati. Un uomo che teneva gli occhi fissi su di lei, a poco metri di distanza.
Henry era solo, con suo gran sollievo: non le andava proprio di incontrare la nuova famigliola felice al completo, era già abbastanza difficile vedere suo padre e basta.
Suo padre che le si avvicinò senza dire niente, limitandosi ad osservarla e aspettando che parlasse per prima, inducendola a schiarirsi la voce con leggero nervosismo ed evitando di ricambiare lo sguardo penetrante di quegli occhi chiari che la studiavano attentamente:

“Ciao.”
“Ciao Elena… come stai?”
“Bene.”
“Ho saputo che i tuoi esami sono andati bene… mi fa piacere.”

Elena fece per chiedergli come facesse a saperlo, ma poi roteò gli occhi quando la sua mente si spostò immediatamente su sua nonna, esitando prima di parlare, le mani in tasca e continuando ad evitare di guadarlo negli occhi:

“Come mai sei sola?”
“Cerco un regalo per la mamma.”
“Certo… Ci ho quasi pensato a mia volta, è strano non prenderle niente dopo tutti questi anni.”
Henry abbozzò un sorriso ed Elena annuì con aria cupa, parlando a mezza voce:
“Beh, non siete più sposati. Come… Come sta Victoria? Manca molto?”

“… tua nonna non te l’ha detto?”

Elena alzò lo sguardo e si decise, finalmente, guardarlo negli occhi. Suo padre la stava osservando con un sopracciglio inarcato, sorpreso… e in effetti la ragazza, osservandolo più da vicino, si accorse di quanto sembrasse stanco.
“Non mi ha detto cosa?”

“Victoria ha perso il bambino, Elena, da circa un mese.”
“Oh. Mi… mi dispiace, davvero. Se l’avessi saputo sarei venuta a trovarti.”

“Non è il primo figlio che perdo prima ancora che nasca. Forse è destino che ne abbia soltanto una.”

Henry si strinse debolmente nelle spalle e la figlia non disse nulla, esitando prima di schiarirsi la voce:

“Devo andare.”
“Posso accompagnarti?”

Elena non era mai stata brava a fare regali, specie per sua madre, e suo padre la conosceva sicuramente meglio di lei ma no, non voleva che scegliesse il regalo per sua madre, non dopo tutto quello che aveva fatto.

“No, preferisco di no. A presto.”
Elena fece per voltarsi e andarsene ma il padre la precedette, prendendola per un braccio e costringendola a voltarsi:
“Emily come sta?”
“Meglio. Beve molto meno.”
“Bene. Sei stata molto brava con tua madre, Elena.”

“Qualcuno doveva pur prendersi cura di lei, considerando che sei sparito da un giorno all’altro senza dire niente.”

La ragazza fece scivolare il braccio dalla presa del padre e si allontanò in fretta e furia, scivolando tra la calca e desiderando solo di sparire rapidamente. Sentì di nuovo il suo sguardo su di sè ma non si voltò comunque indietro, procedendo dritta per la sua strada. Un po’ come aveva fatto lui mesi prima e negli anni passati.


Si raccoglie ciò che si semina, diceva sempre suo nonno, e aveva ragione.


*


“Bene, la Passaporta partirà tra dieci minuti… è arrivato il momento di salutarci, Gabri.”

Katherine sorrise all’amico dopo aver lanciato una fugace occhiata al suo orologio da polso, incontrando però solo un’espressione tesa sul volto del ragazzo che le stava davanti, nel salotto di casa sua:

“Non riesco a credere che tu te ne vada, Kat.”
“Mi sono diplomata da sei mesi Gabri, durante i quali non ho fatto niente se non appurare che la cosa migliore, per me, è raggiungere mio fratello in Romania. Con il suo aiuto e un po’ di fortuna lì potrò dedicarmi davvero allo studio dei draghi, finalmente.”

“Lo so, è solo che mi mancherai, sarà strano non averti intorno.”
“Mi mancherai anche tu. Ma non temere, tornerò per le feste o comunque periodicamente, mi basta prendere una Passaporta dopotutto.”

Katherine sorrise prima di abbracciare l’amico, sinceramente dubbiosa su chi dei due stesse cercando di convincere con quelle parole.

“Ok… cerca di comportarti bene, ascolta Max.”
“Tu semmai! Non fare idiozie, tratta bene Elena e cerca di fare a meno dei miei preziosi consigli, se ci riuscirai.”
“Come potrò sopravvivere senza?”  Gabriel, parlando con tono melodrammatico, spalancò gli occhi chiari mentre scioglieva l’abbraccio, guardando l’amica annuire e sospirare con studiata teatralità prima di dargli qualche colpetto consolatorio su una spalla:

“Non so proprio dirlo, ma in qualche modo dovrai cavartela. Bene Darcy, sei pronto ad andare in Romania?”
“Non sembra molto felice.”
“È solo un felino viziato, non badarci, si abituerà… a presto Gabriel.”

“A presto Katherine.”


*


“Mamma, smettila di parlare così. La tua vita non è finita, è finito il tuo matrimonio! E so che tenevi molto a papà, ma sei ancora giovane e relativamente attraente e…”
“Vacci piano signorina, sei la mia fotocopia, quindi attenta a come parli.”

“… dicevo, dal momento che hai appena 41 anni…”
“Ne ho 40!”
“Appunto! Non puoi permettere che l’ombra del matrimonio con papà continui a perseguitarti. Merlino, giuro che se non fosse per Gabriel odierei il matrimonio!”

“Dici così, ma sono sicura che quando te lo chiederà gli dirai di sì senza pensarci due volte.”
“Chi ti dice che me lo chiederà?!”

Elena inarcò un sopracciglio, guardando la madre con evidente attenzione mentre Emily si stringeva nelle spalle, parlando con un tono noncurante in netta contrapposizione con quello quasi allarmato della figlia:

“Sua madre. Pare che Gabriel abbia chiesto a Robert di dargli l’anello…”
“E ME LO DICI COSÌ?! MAMMA, LO DEVO VEDERE DOMANI! Devo dirlo a Steph!”
Elena, che fino a quel momento era rimasta seduta di fronte a sua madre al tavolo in sala da pranzo, scattò in piedi sotto lo sguardo quasi divertito della donna per allontanandosi di corsa e sentendo solo distrattamente le parole di Emily:
“E meno male che eri scettica sul matrimonio…”


*


Gabriel stava leggendo un libro in biblioteca – rifugiatosi lì per sfuggire a sua madre e alla sua insistenza affinché i preparativi per le nozze accelerassero – ma la calma andò in frantumi quando la porta venne spalancata con irruenza. Il ragazzo sobbalzò sulla sedia e alzò lo sguardo, confuso e certo che sua madre non avrebbe mai aperto la porta in quel modo, e sgranò gli occhi con sincera sorpresa quando si trovò davanti una ragazza dall’aspetto molto familiare ma che non vedeva dentro casa sua, specie in quella stanza, da molto tempo:

“GABRIEL CYNRIC GREENGRASS! Che storia è mai questa?!”
“Kat! Sono felice di veder-“

“FAMMI FINIRE, SCIAGURATO!”

Gabriel avrebbe voluto abbracciarla, ma a giudicare dalla sua espressione truce decise che avrebbe aspettato, limitandosi a guardarla mentre l’amica gli puntava un dito contro con aria accusatoria:

“Mi dici come sia possibile che tu, TU, ti sposi e io, IO, lo vengo a sapere da mia madre?! COME TI SEI PERMESSO DI NON INFORMARMI!”
“M-ma io ti ho scritto, dev’essere andata persa la lettera…”
“BAGGIANATE!”
“È la verità!”
“È esattamente quello che dice la gente che non ha inviato nessuna lettera! E il mio invito?! Andato disperso anche quello?!”
“Li manderemo domani, ti arriverà. Posso abbracciarti?”

“No. Sono venuta solo per palesare il mio profondo sdegno, non per le effusioni. Gabriel. Lasciami. La mia stima una volta perduta è perduta per sempre.”

“… è una frase di Orgoglio e Pregiudizio?”
“Capitolo 11.”
“Devi smetterla di leggere quel libro, Kat.”
“Non sei nella posizione adatta per fare commenti, Greengrass. Congratulazioni, comunque.”


*


Dopo aver fatto da balia alle sue migliori amiche per quasi dieci anni Axel Farrel non si stupì minimamente quando, il giorno del matrimonio di Elena, si ritrovò a mantenere fede al suo ruolo ispezionando mezza Villa Greengrass per cercare il bouquet che Stephanie aveva perduto. 

Quando giunse di fronte alla porta della stanza dove la sposa si stava preparando si premurò di bussare delicatamente, aprendola dopo aver ricevuto il permesso di una decisamente preoccupata Elena:
“Se sei Axel entra!”
“Chi vuoi che sia?! Steph, ecco il tuo bouquet, era di sotto.”
“Oh, grazie Axel. L’avrei cercato io ma dovevo aiutare Elly a sistemarsi i capelli.”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio con visibile scetticismo mentre la bionda lo accoglieva con un sorriso gentile, trattenendosi dal farle notare che non solo avrebbe potuto appellarlo, ma che la sposa aveva avuto una schiera di cameriere a sua completa disposizione per renderla impeccabile. 
Ma per esperienza personale sapeva che non era il caso di contraddirla, non quando Stephanie aveva iniziato l’addestramento all’Accademia.

Elena invece era ancora seduta davanti alla toeletta e si stava sistemando nervosamente una ciocca di capelli rossicci quando l’amico le si avvicinò, stringendo lo schienale della sedia mentre si chinava per darle un bacio su una guancia:

“Sei pronta?”
“Sì e no.”
“Arrivare un po’ in ritardo va bene Elly, ma non c’è bisogno di esagerare. Rilassati, sarà tutto perfetto.”

“Ho un brutto presentimento. Quando sono arrivata qui, stamattina, ho visto un gatto nero!”
“Quello era il gatto di Katherine…”
“E chi si compra un gatto nero?!”

“Qualcuno di non ridicolmente superstizioso come te, evidentemente. Credo che essere un po’ nervosi sia normale Elly, ma non andrà a finire come per i tuoi genitori, ne sono certo.”
“Anche io. E se anche fosse, io e Axel andremmo ad uccidere Gabriel.”

Stephanie annuì e Elena abbozzò un sorriso prima di accettare la mano che Axel le porgeva e alzarsi in piedi, abbracciandolo e facendo cenno anche all’amica di avvicinarsi:

“Grazie. Vi voglio bene.”
“Anche noi ti vogliamo bene, ma ora andiamo prima che il trucco e la torta si sciolgano e Gabriel cambi idea!”
“Cambiare idea non è ammissibile, se mi pianta in asso diventerò il suo peggior incubo!”

“Minacce, un bel modo per iniziare un matrimonio…”


*


“Vi prego, ditemi che Reg non è in ritardo! Ha lui le fedi!”

Gabriel, in piedi davanti allo stuolo di ospiti che avevano già preso posto sulla schiera di sedie, si rivolse a Sean e a Jack in un sussurro mentre il primo gli sistemava il papillon, destando un sorriso da parte di Sean:

“Tranquillo, gli abbiamo raccomandato di non fare tardi.”
“Rilassati Gabri, sono qui, e le fedi sono con me.”

I tre si voltarono verso il quarto, che si avvicinò agli amici con un largo sorriso ad illuminargli il volto mentre Jack ridacchiava di rimando:

“Segnatevi sul calderaio che oggi oltre all’anniversario di Gabriel ed Elena diventerà anche quello della puntualità di Carsen.”
“Passano gli anni e tu sei sempre più simpatico, Jack. La povera Evie sa a cosa sta andando incontro?”
“Ovviamente.”
Jack sorrise e, voltandosi brevemente verso gli ospiti, rivolse un fugace sorriso in direzione della fidanzata, che, seduta accanto ad Aurora, ricambiò con calore, rivolgendogli un breve cenno.

“Tutto questo zucchero nell’aria mi sta facendo salire la glicemia prima ancora di arrivare al rinfresco.”
“Inizi a parlare come tua sorella, Sean.”
“Senza contare dal pulpito da cui viene la predica, quello con il sorriso ebete ogni qualvolta in cui Aurora è nei paraggi.”

“Possiamo tornare a concentrarci sullo sposo, per favore?!”
“Fate silenzio una buona volta, sono già nervoso senza il vostro ciarlare!”
“Paura di essere abbandonato all’altare?”
“Considerando che ha esitato prima di dirmi di sì, non ho tutti i torti.”
 

Ed era vero, per quanto l’avesse vista sorridere quando le aveva chiesto di sposarlo Elena non aveva acconsentito subito, ci erano volute parecchie rassicurazioni e promesse che non sarebbe stato come il matrimonio dei suoi genitori da parte sua. 
Non aveva dubbi sui sentimenti che Elena provava per lui, bensì su quanto si sentisse effettivamente pronta per quel passo. 

Per questo tirò un sospiro di sollievo e sorrise con gioia quando la vide attraversare il lungo corridoio creato dalle file di sedie con l’abito bianco addosso e stretta al braccio di un Axel altrettanto sorridente, che le diede un bacio su una guancia prima di lasciarla e andare a sedersi in prima fila accanto a Stephanie e alla madre della ragazza.

“Sei bellissima.” Gabriel le sorrise dopo aver stretto le mani tra le sue, dandole un bacio sulla tempia prima di sedersi e guardarla sorridergli di rimando, gli occhi castani luccicanti:
“Grazie. Anche tu.”




“Sei sicura di non voler invitare tuo padre?”
“Sicurissima.”
“Lo farà soffrire molto, lo sai.”
“Beh, anche se come avevo previsto tra lui e quella non è durata non ha mai chiesto scusa ed è andato avanti con la sua vita, ora lo sto facendo anche io. Ti prego, non parliamone più, la lista è questa e tale rimarrà.”
“Ok… come vuoi tu, mi basta solo che quel giorno tu sia felice tesoro.”



*


“Signor Greengrass!”
Era piuttosto raro che l’ordine e il silenzio dell’Ufficio Misteri venissero deturpati da richiami tanto concitati e Gabriel, confuso, era appena uscito dalla Stanza della Morte quando intercettò lo sguardo della donna che lo stava raggiungendo praticamente di corsa:

“Ellen, che cosa c’è?”
“Finalmente, la sto cercando da diversi minuti!”
“Mi dispiace, stavo lavorando. Prenda fiato, è successo qualcosa di grave?”

Gabriel inarcò un sopracciglio e, sistemandosi distrattamente la manica blu della giacca, rivolse un’occhiata leggermente preoccupata alla segretaria del suo superiore, che annuì prima di parlare con tono affannato:

“È arrivata una lettera per lei, ovviamente non l’avrei aperta ma c’era scritto che era molto urgente e dal momento che non si trovava da nessuna parte…”
“Ellen, vada al dunque!”
“È da parte di sua suocera, riguarda sua moglie. Credo che dovrebbe tornare a casa, Signor Greengrass.”

Gabriel prese la lettera che la donna gli porse e dopo averla aperta lesse rapidamente e con il cuore in gola le poche righe che Emily aveva scritto, visibilmente molto in fretta, prima di annuire e superare quasi di corsa la donna:

“Grazie. Mi prendo un permesso, lo dica al Signor Fawley!’




“Elly!”
“Signor Greengrass, dovrebbe restare…”
“Fuori dai piedi, voglio vederla e ne ho tutto il diritto.”  Gabriel liquidò l’infermiera con un’occhiata inceneritoria prima di superarla a grandi passi, spalancando senza tante cerimonie la porta della sua camera da letto e posando immediatamente lo sguardo sulla moglie, che giaceva appoggiata ad una sfilza di cuscini piuttosto pallida e con i lunghi capelli rossicci che le ricadevano sulla camicia da notte.

“Elly! Che cosa è successo?!”   Gabriel deglutì mentre si avvicinava alla moglie, affrettandosi ad attraversare la stanza per sedersi di fronte a lei, stringerle una mano pallida tra le sue e guardarla sorridergli debolmente con espressione tesa:
“La signora è scivolata sulla scalinata dell’ingresso dopo aver perso i sensi, l’ha trovata un elfo… per fortuna non sembra aver riportato danni dalla caduta.”

“Meno male… ti sei sentita male? Vuoi che ti faccia portare qualcosa?”
“Non si preoccupi Signor Greengrass, si rimetterà. Forse non in tempi celeri, ma si rimetterà. Buona giornata!”

“Aspetti un attimo, che cos’ha?! Ma dove sta andando?!”  Gabriel si voltò e guardò il medimago uscire dalla stanza con la sua borsa in fretta e furia. Ebbe anche il sentore di averlo intravisto sorridere con aria divertita, ma si voltò di nuovo verso Elena quando la sentì esercitare una lieve pressione sulla sua mano, sorridendogli dolcemente:

“Sostiene di aver già fatto tutto quello che poteva. Rilassati, sto bene.”  
“Le persone che stanno bene non svengono, e a te non succede mai. Sei pallida.”
“Gabri, sono solo incinta.”

Elena sorrise, decisa a non perdersi un attimo della reazione del ragazzo, che rimase impassibile per un istante, forse impegnato a rielaborare quanto appena sentito, prima di sorridere e guardarla con gli occhi chiari spalancati, sorpresi e luccicanti:

“E perché non l’avete detto subito? Mi sono preoccupato per niente… è meraviglioso. Finalmente una bella notizia.”

Gabriel si sporse per abbracciarla e Elena lo imitò, annuendo debolmente mentre appoggiava il capo sulla sua spalla:

“Sono felice di sentirtelo dire.”


*



Elena si lasciò cadere sui cuscini e si morse il labbro inferiore con tanta veemenza da farlo sanguinare, non per la prima volta nell’arco di un’ora.
Aveva la vista annebbiata a causa del dolore e delle lacrime che minacciava di versare, ma riuscì comunque a scorgere la figura di sua madre avvicinarlesi e, dopo averle stretto la mano con decisione, le chiede di guardarla:

“Tesoro, puoi farcela.”
“Non… non posso. Sono stanca, non ce la faccio più.”

Elena gemette, scuotendo il capo con decisione, ma lo sguardo della madre non vacillò e si chinò invece leggermente, lasciandole un bacio sui capelli:

“Certo che puoi. Solo qualche altra spinta, Elly… Altri cinque minuti di dolore per una vita di felicità.”
Elena alzò lo sguardo per incontrare quello della madre e il suo sorriso rassicurante, annuendo dopo un attimo di esitazione:

“D’accordo.”
“Bravissima.”



Poco dopo le urla ripresero a risuonare anche all’esterno della camera, tanto da far accapponare la pelle ad un Gabriel che stava stringendo i braccioli della poltrona con tanta veemenza da conficcare le unghie nella pelle lucida.

Fu un vero sollievo vedere Emily uscire, sorridergli e dirgli che poteva entrare: era certo che non avrebbe comunque retto a lungo e avrebbe fatto ben presto irruzione nella stanza.


Elena chiuse gli occhi, lasciando che il respiro tornasse ad essere regolare prima di riaprirli, lasciando che i suoni tornassero ad essere perfettamente nitidi: il pianto disperato di un neonato attirò immediatamente la sua attenzione e si sforzò di sollevarsi il più possibile contro i cuscini per cercare il bambino con lo sguardo, guardandolo fasciato in un asciugamano prima di essere preso in braccio dalla levatrice:

“È un maschio?!”
“Una bambina, Signora Greengrass.”
“Dove… dove la portate?”

“La laviamo e basta, non si preoccupi. La rivedrà tra pochissimo.”

Elena fece per obbiettare, mormorare flebilmente che voleva vederla subito, ma scorgere Gabriel sulla soglia la costrinse a tornare alla realtà, guardandolo sorriderle prima di raggiungerla di rosa e sedere accanto a lei, mettendole una mano sul viso pallido:

“Come stai tesoro?”
“È stato un INFERNO, ora capisco perché tua madre ha avuto solo te… mi dispiace, è una femmina.”
“E allora? L’importante è che stia bene… non vedo l’ora di prenderla in braccio.”

“I tuoi genitori speravano in un maschio…”
“È figlia nostra, non figlia loro, sai come la penso a riguardo. Sono solo felice che tu stia bene Elly.”

Gabriel sospirò prima di prenderle il viso tra le mani e baciarla, guardandola sorridergli debolmente di rimando subito dopo e infine voltarsi quando sentirono dei passi alle loro spalle: un largo sorriso incurvò le labbra di Elena mentre, sollevandosi con l’aiuto di Gabriel, allungava le braccia per prendere il fagottino che la levatrice le porgeva, sorridendo con calore alla bambina:

“Non riesco a crederci… ciao piccolina.”
“Allora per il nome siamo d’accordo per Eleanor?”

Elena si limitò ad annuire e Gabriel sorrise dopo aver messo delicatamente una mano dietro la piccola testa della figlia, guardandola con calore prima di dire qualcosa a bassa voce:

“Allora ciao Baby Elly.”


*


Gabriel sorrideva mentre, camminando all’indietro, teneva gli occhi fissi sulla bambina che stava gattonando sul pavimento cercando di raggiungerlo, gli occhi chiari fissi su di lui e un piccolo sorriso sdentato ad illuminarle il volto:

“Cosa c’è piccola Greengrass, non riesci a prendermi?”

Eleanor rise e quando il padre si fermò lo raggiunse carponi e gli strinse il lembo dei pantaloni con le minuscole mani, guardandolo con aria vittoriosa:

“Mi hai preso! E adesso?!”  Gabriel spalancò gli occhi, parlando con aria grave mentre la figlia sorrideva ulteriormente, prima che la voce divertita di Elena li raggiungesse:
“E adesso è l’ora della pappa, basta giocare.”

“Ma ci stavamo divertendo!”
“Questo lo vedo, ma potrai riprendere a giocare con la tua nuova migliore amica più tardi, papà.”

Elena prese in braccio la bambina, che le sorrise e iniziò a giocare con interesse con la sua collana mentre Gabriel sbuffava debolmente:

“Da quando è nata l’ho avuta tutta per me sì e no dieci minuti Elly, tra le nostre famiglie, i nostri amici e Katherine che si è autoproclamata sua madrina ed è stata qui una settimana intera!”
“Per darci una mano, ha detto.”
“Per averla tutta per sè, ecco perché.”


*


Eleanor era seduta sul tappeto e Gabriel, accomodato sul divano, stava disegnando distrattamente, ritraendo la bambina impegnata a giocare davanti al caminetto acceso.
Ben presto però la piccola sembrò dimenticarsi dei suoi cubi, sorridendo con gioia quando vide il gatto della madre, Godric, avvicinarsi. Probabilmente il felino voleva solo acciambellarsi davanti al camino, ma non aveva tenuto conto della padroncina, che allungò immediatamente le braccine verso di lui: un attimo dopo il povero gatto era succube della bimba, che lo aveva preso e stretto a sè, facendolo miagolare in segno di protesta:

“Ele, lascialo stare.”
Ovviamente Eleanor non lo fece, fu lo stesso gatto a scivolare dalla sua presa per darsi alla fuga, destando una smorfia contrariata e malinconica sul viso della bambina, che fece per seguirlo alzandosi in piedi, ma essendo ancora molto precaria sulle gambe finì col perdere l’equilibrio, cadere all’indietro e ritrovarsi supina sul tappeto senza riuscire a tirarsi su. 
Gabriel la guardò cercare di mettersi seduta senza grandi risultati e finì col ridacchiare di fronte ai lamenti della bambina, che minacciava di piangere da un momento all’altro:

“Cielo, sei proprio agile come tua madre, piccolina. Ecco.”

Il padre l’aiutò a rimettersi seduta e Eleanor, forse capendo che alzarsi non era l’idea migliore, iniziò a gattonare per andare alla ricerca del gatto sotto lo sguardo esasperato di Gabriel, che si alzò per seguirla e controllare che non si facesse male: continuava a chiedersi cosa avesse fatto di male per meritarsi di vivere con due rosse, ma ancora non aveva trovato una risposta a quella domanda.


*



“Una femmina?! Ancora?”

Esattamente come aveva previsto nell’eventualità in cui la secondogenita fosse stata una bambina suo padre non sembrò prendere bene la notizia datagli dalla consuocera, che per tutta risposta strinse le labbra e gli rivolse un’occhiata a dir poco torva:

“Mia figlia è giovane e in salute, sono sicura che lei e Gabriel avranno altri figli, tra cui anche un maschio, Signor Greengrass. Onestamente non capisco tutta questa avversione per le figlie femmine, i maschi saranno anche i soli a poter trasmettere il cognome ma senza il genere femminile crede che l’umanità andrebbe avanti, per caso?”

“Papà, una bambina va benissimo, Emily ha ragione. Mi basta solo che non abbia i capelli rossi, non potrei farcela circondato con tre donne rosse!”
“No, ha i capelli scuri. Vieni, vogliono vederti.”

Gabriel sorrise e, incurante dell’espressione seccata del padre, superò la suocera per entrare nella stanza e avvicinarsi al letto, sedendo accanto ad Elena dopo averle dato un bacio sulla fronte:

“Ciao… come ti senti?”
“Sono stata anche meglio, ma ne è valsa la pena. Mi dispiace che sia una bambina, però… faranno a gara per accaparrarsele entro pochi anni.”  Elena rivolse un’occhiata quasi malinconica alla bambina che teneva tra le braccia mentre le sfiorava la nuca con due dita, ma Gabriel scosse il capo e parlò continuando a tenere gli occhi chiari fissi sulla figlia:

“Non succederà, te lo prometto, non metterò le mie bambine all’asta. Ciao Eloise.”


“Scusate, qualcuno vuole vedere la nuova arrivata. Vai da mamma e papà, tesoro.”
Emily comparve sulla soglia tenendo Eleanor per mano, facendole cenno di avvicinarsi dopo averle dato una leggera spintarella sulla schiena: la bambina dai capelli rossi di due anni non se lo fece ripetere e, sorridendo, trotterellò verso i genitori, lasciandosi prendere in braccio dal padre per guardare la sorellina. Un attimo dopo la primogenita aggrottò la fronte, confusa, e si voltò verso i genitori indicando la sorella:

“Ma è piccola!”
“Pensavi forse che i bambini arrivassero già grandi piccola? Anche tu eri uno scricciolo, sai?” Gabriel sorrise, sinceramente divertito dalle parole della figlia prima di darle un bacio tra i capelli color carota, guardandola rivolgergli un’occhiata malinconica:
“Ma io volevo qualcuno con cui giocare!”
“Beh, giocherete quando Eloise sarà più grande.”

“Quando?! Domani?”
“Ehm… no, facciamo un annetto.”


*



“Ma DOVE si sono cacciati?!”
Elena, che teneva una Eloise agghindata di bianco in braccio, sbuffò debolmente mentre, in piedi accanto a Gabriel, aspettava l’arrivo di Regan e di Stephanie. 

“Io non mi preoccuperei, arriveranno.”
“Si spera entro la maggiore età di Eleanor.”

La ragazza alzò gli occhi al cielo mentre cullava distrattamente la bambina, che stava giocherellando con i capelli della madre, e Gabriel abbozzava un sorriso, morendo dalla voglia di poter rinfacciare quell’episodio all’amico per molto tempo.

“Eccomi, scusate il ritardo! … ma dov’è Reg?!”
“In ritardo.”
“Scusatelo, ha un’indole da primadonna…. Ciao pasticcino!”

Stephanie sorrise dolcemente alla bambina, accarezzandole la fascetta di seta bianca prima di sfilarla dalle braccia della madre e darle un bacio su una guancia. 

“Lo zio Reg è in ritardo, perdonalo, avrà voluto farsi bello per non sfigurare accanto a te.”

“Non penso che ad El cambi molto, ma a me sì! Sono sfinita, non ha dormito per niente stanotte.”

Elena lanciò un’occhiata malinconica in direzione della figlia minore, che ora stava ammirando il ciondolo portato al collo dalla sua madrina, prima di sentire una voce piuttosto familiare:

“Scusate, scusate, scusate! Sono qui, possiamo cominciare.”
“Alla buonora, Elly alle nozze si è fatta attendere meno di te. Coraggio, andiamo e approfittiamo che ora sia calma e tranquilla, non vorrei che iniziasse a strillare nella Cappella.”

Regan sfoggiò un sorriso colpevole e, dopo essersi sistemato distrattamente la cravatta, prese Stephanie sottobraccio e rivolse un caldo sorriso alla bambina, parlando a bassa voce:

“Il tuo papà si lamenta sempre, dovrai avere molta pazienza!”
“Almeno la metà di quella che devo portare io…”


*


Elena, ruotando su se stessa e scrutando la folla che la circondava, si morse il labbro inferiore e imprecò mentalmente: si era distratta probabilmente per dieci secondi, osservando una vetrina, e le figlie erano sparite.

Da quando Eloise aveva iniziato a camminare non si era più fermata per un istante e ora non faceva altro che sfrecciare da una parte all’altra, con gran rammarico della madre che avrebbe voluto comprarle un guinzaglio per tenerla sempre vicina.

“BAMBINE!? DOVE SIETE?!”

Avrebbe dovuto avere cinque paia d’occhi per non perderle mai di vista, altro che uno solo.



“El, vieni qui! Dov’è finita la mamma?!”
“Gelato!”

Eloise indicò l’affollata gelateria Fortebraccio e guardò la sorella maggiore con sguardo implorante, ma Eleanor si limitò a prenderla per mano e a scuotere il capo:

“Dopo. Dov’è la mamma?!”
“Mamma…” 

Eloise sgranò gli occhi castano-verdi e si voltò per cercare la madre con lo sguardo, rendendosi conto con orrore che non era più accanto a lei prima di rivolgersi di nuovo alla sorella, allarmata:

“Dov’è?!”
“Non lo so, ho seguito te… andiamo a cercarla.”  La maggiore iniziò a guidare la sorellina, che ora si era avvinghiata al suo braccio, tra la folla, cercando la familiare figura della madre con lo sguardo.
Bastarono pochi minuti perché Eloise iniziasse a piangere e la bambina le strinse la mano, sorridendo appena:

“Adesso la troviamo.”
“Vi siete perse?”

Eleanor si voltò e aggrottò la fronte quando si ritrovò davanti un uomo che le sorrideva, ma che non aveva mai visto in vita sua. O forse sì?

“Non troviamo la mamma!”  Eloise annuì, strofinandosi gli occhi mentre l’uomo si inginocchiava e le sorrideva gentilmente:

“Vi aiuto a cercarla.”
“La mamma ha detto che non dobbiamo parlare con gli sconosciuti.”
“Ma io conosco la vostra mamma. Si chiama Elena e ha i capelli come i tuoi.”

Eleanor gli rivolse un’occhiata sbigottita, socchiudendo la bocca con stupore prima di annuire:

“Sì…”
“Allora venite con me, non dovete gironzolare da sole.”



Quando Elena scorse finalmente le figlie venne attraversata da un’ondata di sollievo, guardando Eleanor sfoggiare un larghissimo sorriso quando l’ebbe individuata a sua volta. 
La chiamò a gran voce ma la strega non ci badò, troppo impegnata ad osservare la persona con cui erano: suo padre teneva Eloise in braccio ed Eleanor per mano mentre camminava verso di lei con il suo solito incedere calmo, rilassato ed elegante, sorridendole debolmente quando le fu davanti e le lasciò la figlia minore tra le braccia:

“Ho trovato queste due monelle intente s gironzolare da sole.”
“… Grazie. Quanto a voi due, adesso sono dolori! NON DOVETE ALLONTANARVI, quante volte ve l’ho già ripetuto?!”

“Io ho seguito Eloise… scusa.”
Eleanor chinò il capo e parlò con un filo di voce ma il nonno sorrise, accarezzandole la testa:

“È stata brava, ha badato a sua sorella ed è venuta con me solo quando ha capito che ti conoscevo.”
“Come hai… come le hai riconosciute?”


“Somigliano molto a te quando eri piccola, e sapevo che avevi avuto due bambine. A breve tre, vedo. Congratulazioni.”
Henry abbozzò un sorriso, accennando al ventre arrotondato della figlia mentre Eleanor, facendo dondolare la mano della madre, la guardava con curiosità:

“Mamma, chi è questo signore?”
“Mio… mio padre.”

Elena parlò con un filo di voce, gli occhi nocciola fissi in quelli azzurri del padre, che esitò con stupore prima di inclinare le labbra in un sorriso: non si sentiva chiamare in quel modo da anni, ormai.
Eleanor invece sorrise prima di annuire, ricordando dove avesse già visto quel signore: 

“Ma allora sei quello della foto insieme alla nonna!”
“Foto? Quale foto?”
“Quella che tieni nel tuo portagioie!”
“HAI CURIOSATO NEL MIO PORTAGIOIE?!”
“Ops…”

 Eleanor sfoggiò un sorriso colpevole mentre la madre si rivolgeva nuovamente al nonno, osservandolo con attenzione: non lo vedeva da anni ed era cambiato, i capelli un tempo quasi neri erano ormai leggermente brizzolati e il suo sorriso risultava più stanco, ma gli occhi chiari erano sempre gli stessi e nonostante qualche ruga comparsa precocemente c’erano ancora tracce di quella bellezza che molti anni prima aveva fatto innamorare sua madre.


“Perché non sei mai venuto a trovarci?”
“Aspettavo che la mamma me lo chiedesse.”

“Beh, puoi… puoi venire a trovarle, di tanto in tanto, se ti va.”
“Mi farebbe tanto piacere.”

Il sorriso di Henry si allargò, osservando la figlia ricambiare debolmente prima di fare un cenno alla figlia maggiore e girare sui tacchi per allontanarsi, questa volta tenendo Eloise saldamente in braccio.

“Elly?”
“Sì?”
Elena si voltò sentendosi chiamare, guardandolo sorriderle e scrutarla con un che di adorante con un sopracciglio inarcato:
“Sei bellissima.”
“… grazie. Bambine, non si saluta?”

“Ciao!”
“Ciao ciao!”

Eloise agitò una manina da dietro la spalla della madre, osservandolo con curiosità, e il mago ricambiò senza smettere di sorridere, guardando la figlia dire qualcosa – forse rimproverare – la nipotina più grande mentre si allontanava.

Andare ad Diagon Alley quella mattina era stata una buona idea, tutto sommato.


*


Elena era seduta sul divano, impegnata a leggere il giornale e tutti gli orrori che le pagine riportavano, mentre il piccolo Gale giocava sul tappeto con un sonaglietto e le sorelle, invece, se ne stavano ferme in un angolo a confabulare e a ridacchiare.

La donna rivolse un’occhiata in tralice alle due, chiedendosi sinceramente quale guaio stessero architettando – avevano disgraziatamente ereditato quella vena paterna e ne combinavano ogni giorno di tutti i colori – quando un elfo comparve nella stanza e dopo essersi inchinato la informò che era arrivata una lettera per lei.

“Grazie. Ragazze, tenete d’occhio vostro fratello, torno subito.”
“Sì mamma!”

Le due bambine parlarono in coro prima di ridacchiare e la madre rivolse loro un’ultima occhiata di sbieco prima di uscire dalla stanza, preferendo di gran lunga leggere la lettera da sola per evitare le domande delle figlie fin troppo curiose.

Stava giusto per prendere un rotolo di pergamena per rispondere a Stephanie, che le chiedeva di andarla a trovare il giorno seguente per scegliere i fiori per il matrimonio, quando il pianto di Gale attirò inevitabilmente la sua attenzione, facendola scattare sull’attenti:

“Gale?!”

Non era il pianto da “fame” o da “sonno” ed Elena lasciò lettera, calamaio e piuma per affrettarsi a tornare nel salottino, fermandosi sulla soglia e sospirando quando scorse le due figlie chine sul fratellino, ridacchianti e incuranti delle due proteste:

“BAMBINE! Cosa state facendo?! … Non ci posso credere. Lasciatelo in pace una buona volta!”
Elena alzò gli occhi al cielo quando le due bambine si spostarono, permettendole di guardare il figlio singhiozzante che si agitava, prima di correre via sghignazzando: la madre sospirò mentre si avvicinava al figlio, chinandosi per prenderlo in braccio subito dopo e asciugandogli le guance paffute piene di lacrime – e del suo rossetto con cui le due gli avevano imbrattato tutto il viso – prima di sorridergli dolcemente:

“Piccolo, non è niente… quelle due ti fanno gli scherzi? Un giorno le ripagherai a dovere, ne sono certa.”

Elena fece comparire un fazzoletto umido per pulire il viso del bimbo, che tirò su col naso e si strinse a lei mentre la madre si riprometteva di sigillare i suoi cosmetici con la magia d’ora in avanti: quel bellissimo rossetto cremisi non si ricomprava certo da solo, dopotutto!


*


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“Papy!”
Gabriel quasi sussultò quando si sentì chiamare e spalancò gli occhi, mettendoci qualche istante per rendersi conto che era notte fonda e di avere la secondogenita davanti, che lo osserva con sguardo implorante:

“Continuo a sentirle…”
“Non possono colpirci El… non preoccuparti, staremo bene.”  Gabriel si sforzò di sorridere mentre una fugace scia di luce, probabilmente generata da un aereo, illuminava debolmente la stanza e l’espressione tesa ed impaurita della bambina, che gli chiese se poteva dormire con lui. 

“Vieni qui.”
Gabriel annuì e la sollevò, sistemandola tra lui ed Elena e abbracciandola, mormorando che presto avrebbe smesso di sentire le bombe e che non doveva pensarci.
Si ripromise di aggiungere agli incantesimi protettivi anche uno che avrebbe insonorizzato l’esterno quando sentì l’inconfondibile rumore di passi affrettati sul parquet, seguito dalla voce flebile di Gale, che teneva il fratellino per mano:

“Possiamo dormire qui?”
“Va bene…”

Gabriel sospirò ma annuì, spostandosi il più possibile per permettere anche ai figli maschi di salire sul letto mentre la voce impastata dal sonno di Elena giungeva alle orecchie del resto della famiglia:

“Avevamo organizzato un pigiama party?”
“A quanto sembra…  manca solo Eleanor. Oh, come non detto. Vuoi dormire qui anche tu?”

Gabriel si rivolse alla primogenita con tono ironico, scorgendo la sua figura comparire timidamente sulla soglia della stanza prima di guardarla annuire e avvicinarsi rapidamente, i capelli rossi raccolti in due treccine:

“Posso?”
“Se trovi un po’ di spazio…”

La ragazzina fece il giro del letto per coricarsi accanto alla madre, che sbuffò debolmente e e suggerì caldamente al marito di allargare il letto con la magia:

“Non posso, sono incastrato!”
“Di chi è il ginocchio che mi sta perforando la spina dorsale?!”
“Non mio.”
“Graham, sposta il piede!”
“Io sono Gale!”
“Voio stare vicino a mamma!”

“Scordatelo Graham, nessuno si muove adesso!”


*


“Comportati bene e ascolta tua sorella, non voglio ricevere lettere piene di lamentele a causa della vostra condotta!”  Elena, dopo aver abbracciato Eloise, sistemò distrattamente i capelli scuri e rivolse alla secondogenita un’occhiata in tralice che venne ricambiato con un sorrisetto mentre la ragazzina si stringeva nelle spalle:
“Lo zio Axel ha detto che tu combinavi un sacco di guai!”
“Allo zio piace scherzare.”

Eleanor, in piedi alle spalle della sorella minore, ridacchiò mentre Eloise si avvicinava al padre per abbracciarlo, mormorando che le sarebbe mancato mentre Gabriel annuiva:

“Anche tu scricciolo. E ricorda, ignora la mamma e tieni alta la reputazione dei Greengrass insieme a Gabrielle.”
“Gabriel!”
“Beh, dovrà pur divertirsi! Non vedo l’ora di sapere in che Casa verrai smistata, piccola.”

Gabriel sorrise alla figlia prima di prenderle il viso tra le mani e darle un bacio sulla fronte, facendola sorridere di rimando prima di rivolgersi ai fratellini e salutare anche loro.

“Secondo te in quale Casa finirà tua sorella?”

Elena si rivolse alla primogenita, abbassando lo sguardo per incrociare gli occhi chiari della tredicenne che si strinse nelle spalle, osservando la sorellina mentre la madre le teneva un braccio sulle spalle e lei le stringeva la vita:

“Non saprei, forse Corvonero. Non credo saremo compagne di Casa, in effetti.”
“Non tutti hanno la fortuna e il privilegio di essere dei Grifondoro, tesoro.”

“Privilegio, tsz… El, non ascoltare quelle due, se non finirai tra i Grifondoro mi farai solo felice, ormai mi sento circondato.”
“Ok.” 

Eloise annuì e sorrise, leggermente rincuorata, prima di avvicinarsi alla sorella maggiore e seguirla sul treno dopo aver rivolto un’ultima saluto alla famiglia, sorridendo di fronte all’ennesimo raccomandazione della madre e promettendo ai fratellini di spedire loro moltissime lettere.

“Ciao El…” Graham agitò la mano per salutare la sorella e tirò su col naso mentre teneva la madre per mano, alzando lo sguardo subito dopo per chiederle quando avrebbe potuto andare a scuola insieme alle sorelle maggiori:

“Mi spiace tesoro, per te mancano ancora quattro anni. Cielo, adesso sarò l’unica donna in casa, saranno mesi molto lunghi…”
“Finalmente siamo in totale maggioranza ometti, ci divertiremo.”

Gabriel sorrise dopo aver rivolto un ultimo saluto alle figlie, avvicinandosi a Graham per sollevarlo e caricarselo su una spalla e allontanarsi mentre Gale, sfoggiando un sorrisetto poco rassicurante, lo seguiva di corsa. 
Elena, dopo aver rivolto un’ultima occhiata al treno che stava partendo, sospirò e girò sui tacchi per seguire marito e figli minori, le labbra inclinate in una mezza smorfia rammaricata:

“Quasi quasi torno a scuola anche io…” 







……………………………………………………………………..
Angolo Autrice: 

Salve mie care, so che probabilmente ormai pensavate di esservi liberate di me e che non avrei scritto la Raccolta, mi dispiace averci messo tanto ad iniziarla ma nelle ultime due settimane sono stata sommersa da cose da fare che mi hanno del tutto tolto il tempo per scrivere.
Detto ciò, ci sentiamo in tempi sicuramente più celeri con la seconda, che molto probabilmente sarà dedicata agli Iphew. 
A presto e buona giornata! 
Signorina Granger 
   
 
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