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Autore: lady lina 77    29/04/2018    3 recensioni
"Hai ragione, non puoi più essere la mia serva" - disse Ross, decidendo quasi senza pensarci di sposarla.
E poi, cosa succede fra quella scena e il matrimonio fra Ross e Demelza nella Chiesetta di Sawle? Con un pò di fantasia ho cercato di riempire quel buco di trama che racconta i giorni che hanno portato, da una notte d'amore inaspettata, a un matrimonio riparatore che col tempo si rivelerà la miglior scelta della loro vita, dando inizio a un grande e travagliato amore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Hai ragione, non puoi più essere la mia serva".

Un piacevole vento muoveva i capelli rossi e selvaggi di Demelza e il pelo di Garrick, mentre pronunciava quelle parole che erano uscite dalla sua bocca ancor prima che la sua mente ne avesse elaborato il fine o soprattutto le conseguenze.

La ragazza lo guardò con aria interrogativa, senza capire o forse capendo che qualunque strada avessero deciso di intraprendere, il loro rapporto non sarebbe più stato lo stesso. "Sir, infatti sto tornando da mio padre".

La sua voce era timida e stentata, si vedeva chiaramente quanto fosse in difficoltà a parlare con lui, dopo quanto successo la notte prima. Ross si affrettò però a puntualizzare. No, non doveva andarsene, non così. Era una buona domestica, una fidata confidente, era diventata l'anima pulsante di Nampara e conosceva ogni suo vizio o bisogno. Ed era una ragazzina a cui lui, con un gesto avventato e dettato da rabbia ed alcol, aveva tolto l'innocenza e la possibilità di una vita affettiva stabile. Decise che Demelza non lo meritava e che fosse suo preciso dovere prendersi la responsabilità di quanto accaduto quella notte, anche se in fin dei conti era stata lei a sedurlo e lui aveva onorevolmente cercato di resistergli. Ma a differenza di Demelza che forse non aveva ben chiare le conseguenze di quanto successo fra loro, lui era un uomo adulto, aveva dieci anni più di lei e in fondo era in età da matrimonio. Certo, non amava Demelza e per lei sentiva solo una sorta di affetto e stima, ma in fondo perché no? Lui apparteneva a una antica e facoltosa famiglia, anche se decaduta, e di certo con le sue scarse finanze non poteva ambire a chiedere la mano a una nobile ragazza del posto. Non avrebbe potuto mantenere lo stile di vita della sposa e con Demelza, abituata a fame e miseria, non avrebbe avuto questo genere di problemi. E poi era carina, a modo suo, lo rispettava ed andavano d'accordo. E si era rivelata in più di un'occasione un buon braccio destro e una fidata compagna di chiacchierate e di lavoro. Inoltre – e non poteva negarlo a se stesso – quella notte, fra loro, era scattata una passione talmente profonda e inaspettata che lo aveva lasciato piacevolmente sorpreso. Per lei era la prima volta ma era come se il suo corpo da ragazzina e il suo, ormai adulto, fossero stati creati per fondersi insieme travalicando differenze di età, rango e ruoli. E poi... E poi l'avrebbe sposata all'istante solo per vedere la faccia boriosa dei giudici che avevano condannato Jim Carter contorcersi davanti allo scandalo di un nobile che sposa una sguattera. "Non devi tornare a casa, non è la soluzione giusta al problema".

"Io credo di sì" – rispose lei sulla difensiva e con lo sguardo basso, accarezzando il muso di Garrick.

Ross sospirò. Si sentiva in colpa per come si erano svolte le cose poco prima, quando era giunta Elizabeth, e lui non aveva potuto far altro che ignorare Demelza per non mettere a disagio la sua ospite e, forse, se stesso. Ma l'aveva ferita e lui si era comportato da cafone, ne era consapevole. Come del fatto che Demelza non lo meritava. "Mi dispiace, Elizabeth non era un ospite attesa, oggi" – si scusò.

Lei alzò le spalle. "Non dovete darmi spiegazioni, Sir".

Ross scese da cavallo, avvicinandosi a lei di alcuni passi. "Non puoi tornare da tuo padre, andare ad Illugan è una mossa che non ti consiglierei di fare".

"Mi troverete lavoro presso la famiglia di qualcuno dei vostri soci?".

Quella domanda lo intenerì. Molte donne avrebbero approfittato dal fatto di essere andate a letto con lui, lo avrebbero ricattato, avrebbero cercato di trarne profitto ed avrebbero preteso... Lei no, non chiedeva niente e in questo scorgeva una notevole nobiltà d'animo per essere una ragazzina tanto giovane e di origini tanto umili. "No, niente affatto! Vorrei che restassi a Nampara".

Demelza si accigliò, pensando ovviamente alla cosa più ovvia: restare, continuare a lavorare per lui e la notte essere la sua amante e soddisfare i suoi appetiti...

Rimase in silenzio e davanti alla mancanza di una risposta, Ross si affrettò a spiegarsi meglio. "Non per quello che pensi tu!".

Lei parve esserne delusa, ma continuò a rimanere in silenzio. E lui capì che sarebbe rimasta anche senza nulla in cambio, senza impegni ufficiali e che, se lui gli avesse chiesto di dormire con lui, lei lo avrebbe fatto senza fare domande. Come sempre...

Ross prese un profondo respiro, la sua vita stava cambiando in maniera vertiginosa nel giro di poche ore. "Vorrei che mi sposassi! Credo sia la cosa migliore da fare, per noi. E' un modo onesto e responsabile di sistemare quanto successo la notte scorsa". Non l'amava, non l'avrebbe mai amata, il suo cuore apparteneva a Elizabeth e Demelza lo sapeva. Se accettava la proposta, non avrebbe dovuto premurarsi di tenerle nascosto quello che era un dato di fatto. L'avrebbe rispettata e si sarebbe preso cura di lei, avrebbe elevato il suo status sociale e gli avrebbe donato una vita meno dura. Pur senza amore, Demelza aveva solo da guadagnarci da quel matrimonio.

La ragazzina spalancò gli occhi mentre Garrick, attratto dai movimenti di una lucertola, scavava nella terra per stanarla. "Sposarvi?".

"Sì, sposarci! E' una buona soluzione per entrambi, giusto? Io onorerò il mio cedimento di stanotte e tu avrai la cura e la tutela di un marito".

Demelza, improvvisamente, indietreggiò. Sembrava spaventata e smarrita e forse era normale, non era che una ragazzina di diciassette anni. "Matrimonio...? Sir, io...".

"Devi solo dire di sì!".

Lei scosse la testa. "Ma io non posso, voi non potete! Che dirà la gente se vede un uomo rispettabile che sposa la sua sguattera?".

Lui fece un sorrisetto irriverente, immaginandosi già la scena. "Ti è mai sembrato che mi importasse cosa dice di me la gente?".

"Sì ma un matrimonio... Non si fa, signore! Non dovete, molti uomini nobili fanno ciò che vogliono con le loro sguattere e mica le sposano... Non potete! E non volete" – disse infine, calando il tono di voce. E ancora una volta, il riferimento ad Elizabeth era palese e davanti ai suoi occhi. Era piccola ma non stupida e doveva parlarle con sincerità.

"Ma va fatto!" - insistette lui, stupito dalla maturità che lei stava dimostrando e dalla sua testa dura. O forse no, che Demelza avesse la testa dura, era una cosa che aveva notato da molto. Era selvaggia e indomita, intraprendente – come gli aveva dimostrato la sera prima – coraggiosa e aveva uno strano e seducente fuoco dentro di se che, in un senso che ancora non sapeva interpretare, lo irretiva e attraeva. Non voleva che se ne andasse e non per una questione di onore o per riparare a un torto, non voleva che se ne andasse e basta. Non ne era innamorato ma non riusciva più ad immaginare Nampara senza di lei.

Demelza giocò col piede, smuovendo dei sassolini, in un gesto impacciato e infantile. "Ed Elizabeth?".

Si irritò a quella domanda, quelle erano cose che a lei non dovevano importare. Elizabeth e i suoi sentimenti per lei erano qualcosa che a Demelza non dovevano riguardare, anche se sarebbe diventata sua moglie. "E' sposata con mio cugino".

"Ma voi la volete! E non volete me".

Ok, doveva chiudere subito quel discorso! "Ciò che voglio o non voglio, non son cose che ti riguardano! Ora sono quì, con te e sto chiedendo a TE di sposarmi. Questo è sufficiente, credo, per dimostrarti i miei intenti".

"Sì, ma...".

Ross le prese il polso, attirandola a se. Forse essere tanto brusco stava finendo per intimorirla e così facendo, rischiava di ottenere l'effetto di farla scappare. "Senti, conosci il mio carattere, sai interpretarlo e anticipare i miei desideri. Sei preziosa per la vita di Nampara e la tua presenza è importante per me. Non ti parlo di amore, sai benissimo che sarebbe fuori luogo, ti parlo di correttezza e di una soluzione che farebbe la differenza per te e aiuterebbe me a fare pace con la mia coscienza. Non ti mancherei mai di rispetto e ti assicuro che le tue origini per me non hanno importanza. Il mondo da cui provieni tu è il mondo a cui appartengono tutti i miei amici e lo sai... Andiamo d'accordo e ciò che è successo fra noi stanotte non ha fatto altro che confermarlo e io credo che in fondo potrebbe funzionare". Non aveva mai parlato tanto a lungo ma al diavolo, era una proposta di matrimonio quella e sperò di cuore che Demelza apprezzasse il suo sforzo di apparire un pò sentimentale e gentile.

"Sir?".

"Sì".

"Io non lo so come si fa a sposarsi".

Le sorrise. "Ci penserò io agli aspetti burocratici, tu non devi far nulla se non sceglierti un vestito e raccogliere dei fiori per il bouquet".

"E mio padre?" - chiese lei, tremando lievemente.

Ross la prese per la vita, mettendola sul cavallo. "Ciò che pensa tuo padre è mai stato un problema, per noi?".

Lei rise. "No".

"Bene, non lo sarà di certo adesso quindi!".

"Sir?".

Ross alzò gli occhi al cielo. Era stata la sua amante la notte precedente ma ora era tornata ad essere la ragazzina inesperta che giustamente, per età, era. "Dimmi".

Demelza arrossì, impercettibilmente. "Sì".

"Sì, cosa?".

Lei dondolò le gambe nel vuoto. "Sì, vi sposo".

Ross inspirò profondamente. Beh, non si poteva più tornare indietro e onestamente era felice che lei avesse ceduto. Non aveva mai partecipato in vita sua a una trattativa tanto sfiancante. "Ottima scelta" – rispose, salendo sul cavallo.

Lei lo guardò. "Cosa diranno Prudie e Jud?".

"Prudie e Jud non son pagati per esprimere le loro opinioni" – tagliò corto, rendendosi conto anche lui delle difficoltà pratiche di quel matrimonio ma cercando di ignorarle, per il momento.

Con un leggero colpo di redini, fece partire il cavallo. E Demelza, con un fischio, chiamò a se Garrick ancora intento a dar la caccia alle lucertole.

Scosse la testa, guardandola storto. Santo cielo, stava per sposare una ragazzina selvaggia e senza istruzione, stava davvero facendo la cosa giusta? Erano talmente diversi per educazione, loro due... Come si sarebbe mosso fra i suoi soci e i suoi pari, con una moglie come lei? Improvvisamente sentì in lui un leggero ripensamento ma si rese conto che era troppo tardi per tornare indietro ormai. L'avrebbe educata, le avrebbe insegnato a leggere e scrivere e a parlare correttamente. Non avrebbe mai avuto la grazia e l'eleganza di Elizabeth ma sarebbe diventata una buona signora di campagna, con un pò di impegno. "Demelza?".

"Sì Sir".

"Credo sia meglio che tu eviti di fischiare, d'ora in poi. Non è educato che una signora lo faccia".

"Sì Sir".

Bene, aveva messo le basi. "E poi, visto che ci sposeremo fra pochi giorni, sarebbe opportuno che tu iniziassi a chiamarmi per nome. Non sarai più la mia sguattera".

Lei spalancò gli occhi, quasi spaventata da quella proposta. "Chiamarvi per nome? Non sarebbe appropriato!".

"Non è appropriato nemmeno che una moglie si rivolga a suo marito formalmente, chiamandolo 'Sir', no?" - obiettò lui, stringendo le redini.

"Ma ora io non sono ancora vostra moglie" – osservò Demelza, voltandosi verso di lui.

Ross sospirò. "No, questo è vero. Ma non posso nemmeno più considerarti la mia sguattera e quindi, temo, dovrai chiamarmi per nome".

Lei abbassò lo sguardo, tornando ad essere timida. "Posso chiamarvi ancora per un pò 'Sir'? Credo di aver bisogno di tempo per abituarmi".

Cedette, che doveva fare? In fondo non doveva essere facile nemmeno per lei. "Va bene, se questo ti aiuta, chiamami come ti pare fino al matrimonio. Ma poi, basta formalismi".

"E posso continuare a lavorare?".

Ross si accigliò. Questo proprio non se lo aspettava! "Perché?".

"Che farei tutto il giorno? Io non so far altro... E poi...".

"Poi?".

"Poi diventerei nervosa ad avere troppo tempo libero per pensare che vi sposo. Se lavoro e mi tengo impegnata, per me sarebbe meglio".

Ross prese un profondo respiro. Santo cielo, stava davvero facendo la cosa giusta per entrambi? Lei era spaventata e, guardandola, iniziava ad esserlo anche lui. "Devi pensare al vestito e al bouquet. Non saresti inoccupata" – cercò di argomentare.

"Per quelli ci metto poco, Sir".

Beh, in fondo aveva ragione, era una ragazza pratica e decisa e non si perdeva dietro a frivolezze come merletti e vestiti. "Va bene, fa come ti pare e come sei contenta. Ma ricorda che dopo le pubblicazioni, ci sposeremo subito".

"Si Sir" – rispose lei, prima di iniziare a canticchiare sotto voce una canzone.

  
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