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Autore: Stella Dark Star    29/04/2018    0 recensioni
[Tartarughe Ninja (film 2014)]
Quando April O’Neil si lascia scappare il segreto delle tartarughe mutanti con sua cugina, per un attimo crede di aver combinato un disastro. Invece no! Julie entra subito in confidenza con i fratelli e crea con loro un ottimo rapporto. Tranne con Raffaello, il quale sembra evitarla per diffidenza salvo poi spiarla per ben altri scopi. Ma al di là di questo gioco a nascondino tra loro, dei fili invisibili sembrano volerli legare a dispetto del buonsenso e della razionalità. E si sa che quando ci si mette di mezzo il destino…
Nota: il titolo è l’intreccio tra una nota canzone di Lana Del Rey (che fa da colonna sonora a questa storia) e il rosso, il colore caratteristico di Raffaello.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Teenage Mutant Ninja Turtles:
Young and beautiful red
 
1
Guai di tutti i colori
 
“Sono tartarughe mutanti!”
April non si rese subito conto di averlo detto ad alta voce, ma poi, quando realizzò di averlo fatto davvero, avrebbe tanto voluto essersi mozzata la lingua prima. Lo sguardo si rimise a fuoco sul viso sorpreso di sua cugina Julie. E adesso? Ormai era tardi per tornare indietro e di certo non poteva fingere che si trattasse di uno scherzo. Il danno era fatto.
“Tartarughe mutanti?” Julie pronunciò quell’ultima parola come se avesse avuto della senape in bocca. Magari non le avrebbe creduto e sarebbe finito tutto con una risata. Magari! E invece no, perché poi il volto di Julie si illuminò come il sole e dalla sua bocca ricominciarono a sgorgare domande insistenti. Era come una bambina di fronte ad un trucco di magia, completamente estasiata. Continuava a salticchiare per l’emozione, facendo muovere tutto il divano su cui erano sedute, le sue guancie chiazzate di rosso e gli occhi azzurri che brillavano. Sì, decisamente si poteva scambiarla per una bambina, almeno fino a quando non si alzava in piedi rivelando così la sua notevole altezza di 174 centimetri e il suo corpo dalle forme perfette.
April cercò di spiegare con la massima serietà che tutto ciò che le stava rivelando doveva restare un segreto, ma sua cugina sembrava troppo concentrata su dettagli assurdi per dare importanza a questa cosa.
“Ma sono più umani o più tartarughe?”
April spaziò lo sguardo sul salotto, riflettendo: “Be’…devi considerare il fatto che hanno la pelle verde, un grosso guscio sulla schiena, la corazza sul petto e solo tre dita nella mano. Però sono molto alti, hanno gambe e braccia parecchio muscolose e…”
“Praticamente sono dei Dwayne Johnson verdi!”
A quella frase April si sentì quasi mancare. Se invece che sul grande e comodo divano color azzurro pastello fosse stata seduta su una sedia, sarebbe caduta giù battendo le natiche sul pavimento. Per quanto ci provasse, non riusciva proprio a trovare un elemento sensato nei discorsi di sua cugina.
“Io… Io devo andare un attimo in bagno, scusami.” Attraversò il salotto quasi di corsa e andò spedita verso il bagno, dove poi si chiuse dentro, le spalle contro la porta. Si era messa in un bel casino! Prese respiro e cercò di fare il punto della situazione. Conosceva Julie abbastanza da sapere che non sarebbe finita lì. Non appena lei fosse uscita da quella porta avrebbe ricominciato a tempestarla di domande assurde o imbarazzanti e si aspettava che fra queste ci fosse anche quella di portarla a vedere le tartarughe. Aveva bisogno di un consiglio da un esperto. Prese il cellulare dalla tasca della giacca gialla, che indossava praticamente sempre, e aprì la rubrica. Si portò  il cellulare all’orecchio e dopo il secondo squillo ricevette risposta. Parlò con voce incerta: “Donnie, credo di aver combinato un guaio.” Se c’era qualcuno in grado di trovare una soluzione, quello era Donatello.
Gli raccontò la situazione, senza mancare di scusarsi più volte per aver tradito il loro segreto e, una volta terminato, ormai convinta di doversi prendere una bella strigliata per essere stata così irresponsabile, si sentì dire…
“A questo punto direi che la cosa migliore è portarla qui e farla parlare con uno di noi, per cominciare.”
Incredibile. L’aveva scampata? Quasi non ci credeva. Era già pronta a pagare penitenza e invece…. Un momento. Incontrare uno di loro? Per cominciare?? Cioè le stava suggerendo di portare quella pazza e infantile di sua cugina nel loro rifugio? Be’, pensandoci bene, l’idea non era malaccio. Era consapevole di non poter fare nulla per impedire a Julie di ottenere ciò che voleva, ma per evitarle traumi e farle capire la serietà della faccenda era più saggio che li incontrasse uno alla volta. Ma chi farle incontrare per primo?
*
La telefonata a Donatello l’aveva calmata. Era quasi terapeutico parlare con lui. Erano bastati dieci minuti e poi era tornata dalla cugina con ritrovata serenità e le aveva detto tutto. Dopo aver sopportato pazientemente una serie di abbracci, esclamazioni infantili e la promessa di risentirsi presto, era infine riuscita ad andarsene da quell’appartamento e aveva preso l’ascensore per percorrere i dieci piani che la separavano dal suolo.
Julie era sua cugina di primo grado, ma tra loro c’erano differenze abissali sia fisicamente che caratterialmente. Lei era bruna, di altezza media, la pelle olivastra e una grande determinazione e serietà in tutto ciò che faceva. Julie invece era alta, aveva una chioma bionda da far invidia agli angeli e la sua pelle era chiara come il latte, un’autentica bellezza insomma, però il suo carattere aveva mille sfaccettature. Era gentile e dolce nel migliore dei casi, ma sapeva diventare infantile ed ossessiva per le cose più bizzarre. Era una brava ragazza, amava la danza classica, ma purtroppo era viziata da morire. Al contrario della sua, la famiglia di Julie era schifosamente ricca, i suoi genitori avevano tre ville sparse per il mondo e il padre le aveva comprato un appartamento da capogiro a Manhattan per i suoi diciotto anni, all’arrivo della primavera. Conoscendo lo zio Nick, doveva averlo fatto come mossa strategica, sperando che la vicinanza con lei, la cugina più grande e indipendente che lavorava come reporter, avrebbe saputo metterla sulla giusta strada. Sarebbe stato più facile andare sulla Luna con una navicella fatta di lattine di bibite gassate! E così, a partire da una mite giornata di metà maggio di quel già burrascoso anno 2014, April si era ritrovata a fare la spola tra il suo piccolo e umile appartamento di periferia a quello lussuoso di Julie, nel tentativo di convincerla a maturare un po’. Un mese di vita sprecato. Non poteva negare di adorare la compagnia della cuginetta, nella maggior parte dei casi, però i problemi erano cominciati quando Julie aveva intuito che lei stava nascondendo qualcosa e da allora era divenuta quasi insopportabile. April non poteva incolpare se stessa per essere esplosa e averle spiattellato tutto! Ridacchiò tra sé. Un po’ si sentiva sollevata nel condividere quel grande segreto con qualcuno di cui si fidava. Perché di Julie si fidava cecamente e sapeva che, nonostante il carattere capriccioso, era in grado di mantenere un segreto di quella portata. E poi loro due avevano sempre avuto un legame speciale, fin da bambine, in barba ai sei anni di differenza che c’erano tra loro!
April imboccò una via laterale, lasciandosi così il sole del tardo pomeriggio alle spalle. I suoi pensieri si concentrarono sulla questione più urgente. Doveva decidere chi dei quattro mutanti avrebbe incontrato Julie per primo. Raffaello era da scartare a priori. Ricordava bene il modo in cui si era presentato a lei la prima volta, usando la ‘voce da Batman’ e terrorizzandola facendole credere che l’avrebbe uccisa. Certo poi aveva scoperto che in realtà lui non era cattivo, però non voleva rischiare che facesse un’impressione simile a Julie, portandola a correre via a gambe levate e gridando per il terrore. Leonardo era una scelta migliore, con il suo modo di fare galante e cortese. Non faticava ad immaginare la scena di lui che accoglie Julie esibendosi in un regale inchino. Peccato che, conoscendo sua cugina, probabilmente l’avrebbe visto come una specie di eroe di un film o di un libro d’amore e avrebbe potuto benissimo cadere ai suoi piedi come una pera cotta giurandogli amore eterno. No, non stava esagerando, Julie poteva davvero reagire così! Donatello magari… Arricciò le labbra da un lato, dubbiosa. Lui era un gran bravo ragazzo, però la sua intelligenza e la sua abilità informatica, nonché quegli occhiali da vista, gli davano tremendamente un’aria da secchione! Julie si sarebbe annoiata a morte, ne era certa. Allora non restava che Michelangelo. Semplice, superficiale, bonaccione e simpatico, poteva intrattenere Julie facilmente. Già li vedeva immersi in chissà quale conversazione su mondi fantastici, oppure incollati alla tv a mangiare pizza o ancora ad ammazzarsi di videogiochi. In effetti quei due si somigliavano sotto molti aspetti, quindi avrebbero fatto subito amicizia. E così lui avrebbe finalmente smesso di farle avances inopportune! A questo pensiero lasciò un sospiro di sollievo e si sentì più leggera. Era affezionata a Mikey, ma a volte lui sapeva essere così… appiccicoso. Si fermò all’improvviso, pensando all’altra faccia della medaglia. Si sarebbe scrollata di dosso le sue attenzioni, vero, ma avrebbe avuto il coraggio di dare la sua cuginetta in pasto ad una tartaruga mutante adolescente  in piena tempesta ormonale? Un brivido le attraversò la schiena e il cuore le si strinse un istante. Era davvero così meschina o aveva ancora una coscienza? Riprese a camminare, svoltò un altro angolo e si ritrovò sulla strada di casa nel quartiere basso della città. La suoneria del cellulare la fece sobbalzare, tanto era persa in pensieri. Mise mano alla tasca della giacca con gesto automatico e lo estrasse. La foto di Julie riempiva lo schermo, April alzò gli occhi al cielo prima di rispondere.
“Ci siamo lasciate poco fa, Julie.” La voce le uscì più seccata di quanto avrebbe voluto.
“Lo so, ma volevo chiederti se hai preso una decisione! Te lo giuro, April, la tensione mi sta uccidendo! Fosse per me correrei subito nelle fogne a cercarli!” Al contrario di lei, Julie aveva la classica voce squillante da ragazzina e il suo tono si fece ancora più alto nell’aggiungere: “Hey! Potrei anche farlo! Vado alla ricerca delle tartarughe e lascio che sia il destino a decidere chi farmi incontrare per primo!”
April si batté una mano sulla fronte, era esausta, non poteva più sentire quelle assurdità: “No. Tu non farai niente di simile. Te lo proibisco. Anche perché ti perderesti di sicuro.”
“E allora dimmi chi incontrerò e quando! Dimmelodimmelodimmelo!” Insisté lei.
Basta, non ne poteva più, era come se nella mente avesse avuto una trottola impazzita che le sparava ad intermittenza dei flash rossi, blu, arancio e viola.
“Michelangelo!” Gridò, esasperata. Ancora una volta si fermò, rendendosi conto di quello che aveva appena detto. Oh oh…
Dal telefono arrivò un grido di gioia: “Quello arancio!”
“Ehm, aspetta, io…” Tentò di rimediare, ma la voce all’altro capo non glielo consentì: “Domani non ho lezione di danza, quindi potremmo vederci in mattinata. Facciamo alle dieci? Va bene allora! Un bacione cugina!”
Il bip pose fine alla conversazione ed April si ritrovò immobile con lo schermo del cellulare ancora premuto all’orecchio e alla guancia. Quella ragazza era davvero un uragano incontrollabile. Sbatté le palpebre due volte, perplessa. Aveva detto domani alle dieci, giusto? E l’avrebbe portata ad incontrare Michelangelo.
“Forse, dopotutto, non è una cattiva scelta. Si faranno compagnia a vicenda.” Minimizzò, facendo spallucce. Ora non le restava che richiamare Donnie e avvertirlo.
*
Lo sguardo vigile e severo e le dita della mano a lisciarsi i baffi, il Maestro Splinter stava esaminando con cura il grande atrio, magicamente pulito e ordinato. Non era stato difficile trovare un luogo dove stabilirsi, dopo che gli odiosi uomini di Shredder avevano distrutto il rifugio dove avevano vissuto per anni, tant’è che sotto la città c’era un mondo sotterraneo per lo più dimenticato -ad eccezione del sistema fognario e delle gallerie della metro. Avevano salvato il più possibile dalle macerie del vecchio rifugio, e poi, notte dopo notte, si erano dati da fare per setacciare le discariche della città e raccogliere tutto ciò di cui necessitavano per vivere. E molto altro. L’unico problema era quella pigrizia che si faceva strada in loro quando era il momento di riordinare e fare le pulizie. Non che la causa della notte passata in bianco per rendere quel luogo adatto ad accogliere un ospite.
“Mh. Va abbastanza bene, direi.” Sentenziò Splinter.
I quattro fratelli, che per tutto il tempo erano rimasti immobili, respirando piano, in attesa di sapere il giudizio del Maestro, finalmente poterono lasciare un sospiro di sollievo.
Michelangelo ridacchiò: “E’ stata una faticaccia, eh?”
“Mi chiedo a quale scopo.” Sbottò Raffaello, gesticolando: “Viene la cugina di April, e allora? E’ probabile che sarà disgustata da noi e magari andrà alle autorità per farci catturare tutti.”
“Tu e la tua malafede ve ne starete in camera, per fortuna. Non è difficile capire perché April non voglia farti incontrare sua cugina.” Sottolineò Donatello.
A quel punto intervenne Leonardo, con aria dubbiosa: “Già, anche se mio chiedo perché non abbia concesso a me l’onore di presentarmi per primo. Io sono l’unico della famiglia a possedere le qualità per far sentire un ospite a proprio agio. A maggior ragione se si tratta di una ragazza.”
Michelangelo scoppiò a ridere: “Sembra quasi che tu abbia delle mire su di lei! Ancora prima di vederla!” Dovette interrompere la risata sentendo la stretta del fratello Donatello sulla spalla e la sua voce all’orecchio: “A tal proposito, vedi di non farci fare brutta figura tu.”
“Hey, così mi offendi. Non ho intenzione di tradire la mia fidanzata.”
“Puah, fate quello che vi pare.” Concluse Raffaello, infastidito da quei discorsi. Voltò le spalle ai famigliari e aggiunse: “Forse non ci prenderà per mostri, ma per dei pagliacci da circo sì.” Invece di usare la rampa di scale, si aggrappò ad una trave e balzò al piano superiore, dove andò a rinchiudersi nella propria camera facendo sbattere la porta.
“Ma che gli è preso?” Chiese Michelangelo, sorpreso.
Fu Leonardo a dargli una risposta: “E’ sempre il solito. Farò in modo che stia lontano da Julie altrimenti rischiamo davvero di farle una cattiva impressione.” Non approvava il comportamento del fratello, come sempre. Credeva che dopo la grande lotta per salvare la popolazione della città, appena un paio di mesi prima, tra loro quattro non vi fossero più barriere, invece Raffaello poco alla volta si era richiuso nel guscio, soprattutto ora che April aveva fatto quella gaffe con la cugina. Lui invece era fiducioso, al riguardo. Sì, la notizia che il loro segreto fosse nelle mani di una nuova ragazza sulle prime lo aveva turbato, ma poi si era scrollato di dosso ogni timore. Se April riteneva la cugina degna di fiducia, perché loro non avrebbero dovuto fidarsi?
“Ora, figlioli, potete mangiare qualcosa prima dell’arrivo delle ragazze.” Il tono gioviale di Splinter pose fine al discorso e le sue parole scatenarono un’ondata di approvazione.
Dimenticando completamente il fratello scontroso, i tre si precipitarono sulle credenze della cucina per arraffare il loro tanto amato cibo spazzatura, ovvero tutto ciò di cui un corpo non necessitava ma che loro potevano trangugiare senza alcun rischio. Così, nel giro di pochi minuti, il tavolo divenne un campo di battaglia di patatine al formaggio, tranci di pizza riscaldata, spaghetti cinesi della sera prima e via dicendo. Una bella mangiata dopo una notte di lavoro se la meritavano! E mentre loro si riempivano lo stomaco, Splinter faceva meditazione nella sua sala personale e Raffaello se ne stava sdraiato sul letto ad osservare il soffitto con il suo tipico sguardo arrabbiato.
“Continuo a pensare che sia una pessima idea.” Sussurrò al vuoto, per poi imporsi di chiudere gli occhi e ricercare la cura del sonno.
*
Pigiamino leggero con maniche e gambe a trequarti, capelli raccolti in un mollettone, postazione sul tappeto tra il divano ed il tavolino e una ciotola colma di frutta tagliata a pezzetti. Ah e un episodio di ‘How I met your mother’ alla tv! Era questo il tipico modo di fare colazione di Julie, da quando si era trasferita in quell’appartamento. Una fetta di libertà guadagnata dopo anni di colazioni con amici di famiglia o ospiti a lei sconosciuti, e sempre abbigliata al meglio. Sembrava una vita fa…
“Barney mi fai morire!” Disse rivolta al personaggio, ridendo di gusto. Quella serie tv la metteva sempre di buon umore e poterla vedere di prima mattina, appena alzata, era una gioia. La sua risata non si era ancora spenta quando suonò il cellulare, diffondendo le note di una canzone di Lana Del Rey. Julie mise in pausa l’episodio e si alzò per andare  a prendere il cellulare dalla penisola della cucina, dove lo aveva lasciato. Un’ombra le attraversò lo sguardo nel vedere il nome sullo schermo. Prese respiro e rispose: “Ciao mamma.”
“Buongiorno tesoro! Spero di non averti svegliata.”
“No, stavo facendo colazione. Tra poco vedrò April e così…”
“Sono lieta che tu stia frequentando tua cugina. Vedrai che ti farà bene.”
Ecco che si comincia… Julie alzò gli occhi al soffitto: “Sì, mamma, lo spero anch’io.”
“A patto che tu non perda troppo tempo, però. Le lezioni di danza le frequenti?”
“Sì, regolarmente. Lo sai che mi piacciono. E poi vorrei essere scelta come protagonista per lo spettacolo che si terrà a luglio.”
“Oh è vero, lo spettacolo! Quasi lo dimenticavo. Se verrai scelta io e tuo padre verremo a vederti, probabilmente.”
Il che significava che il caso contrario non si sarebbero fatti vedere. Bene. Che genitori amorevoli.
“E invece le lezioni all’università?”
Julie si sentì raggelare. Il corso estivo era iniziato da due settimane e lei ci era andata solo qualche volta. Se lo avesse detto, di certo sua madre l’avrebbe uccisa per telefono. Per quanto fosse fisicamente impossibile. Si schiarì la voce e cercò di fingersi un po’ irritata: “Va tutto bene. Te l’ho detto cento volte!”
“Sì è vero, come io ti ho detto cento volte di impegnarti. Mi raccomando Julie. Non è stato facile convincere il rettore ad accettarti, coi voti che avevi al liceo. Tuo padre ha dovuto fare una generosa donazione affinché ti venisse data la possibilità di…”
Ora basta. Julie batté una mano sul ripiano: “Devi sempre ricordarmelo? Lo so bene che papà ha sganciato dei soldi per farmi accettare. Ma ti ricordo che anch’io dovrò fare la mia parte. Seguire il corso estivo e rilasciare un esame. E ti assicuro che ce la farò!”
Per qualche momento dal capo opposto del telefono non arrivò alcun suono. Poi un respiro profondo e un tono di voce tagliente: “Me lo auguro per te. Anche se mi chiedo perché tu non voglia prendere marito. Ci sono dei buoni partiti qui a Bel Air e così saresti sistemata.”
Inutile tentar di ragionare. La posizione sociale era al di sopra di tutto per sua madre. Oltre al denaro, ovviamente.
“Per ora voglio solo concedermi questa occasione. Se andrà male, ti prometto che penserò anche a questa opzione.” Il tono arrendevole e stanco, Julie terminò con un: “Ora scusami ma devo prepararmi. Ci sentiamo presto, mamma. Salutami papà.”
Un formale ‘buona giornata’ come risposta e la conversazione finì, lasciando Julie più abbattuta che mai. Abbandonò il cellulare sul ripiano e tornò a sedersi sul tappeto, stavolta però appoggiandosi al bordo dove era il bracciolo. Strinse le ginocchia al petto, come abbracciando se stessa per darsi conforto. Essere l’unica figlia di un uomo d’affari e di una donna che si vestiva di grandi marche, non era facile. Il denaro ti dava tutto, ma ti toglieva anche tutto. Fin da bambina aveva avuto solo il meglio, aveva visto praticamente tutto il mondo e conosciuto migliaia di persone. E questo, secondo lei, era la causa per cui ora non aveva sogni nel cassetto. Quello di iscriversi alla facoltà di lettere di New York era solo un capriccio, come anche quello di voler avviare una carriera come scrittrice di romanzi d’amore. Una scelta dettata dalla sua ammirazione per il personaggio di Carrie in ‘Sex and the City’, la sua serie tv preferita. Ma poi…quale amore? Conosceva quello per gli oggetti, non quello per le persone. Non per niente aveva perso i contatti con quasi tutti gli amici di Bel Air. L’unica persona al mondo a cui voleva bene davvero era April, la cugina più grande che fin da piccola aveva dimostrato di avere grandi progetti ed una determinazione sconfinata. Lei sì che era una tosta! La ammirava e a volte desiderava essere come lei.
Le prime frasi della canzone di Lana dicevano:   
I've seen the world, done it all
Had my cake now
Diamonds, brilliant, in Bel Air now

Ora poteva tranquillamente cancellare ‘Bel Air’ e scrivere al suo posto ‘New York’. Nuova città, nuova vita, nuovi…amici? Il suo sguardo s’illuminò, ricordandosi cosa stava per accadere.
“Vado ad incontrare le tartarughe mutanti!” Emise un gridolino d’entusiasmo, quindi balzò in piedi e corse a prepararsi.
*
“Ma ma ma credi che gli piacerò?” Starnazzò Julie, tanto che la sua voce riecheggiò per il tunnel che lei e April stavano percorrendo, inoltrandosi sempre più a fondo nei sotterranei della città. Se almeno avesse aspettato una risposta…invece no, riprese a parlare e gesticolare in preda al nervosismo: “Cioè, voglio dire, magari non avendo molta confidenza con le persone potrebbero pensare che voglio vederli per uno scopo...oscuro. O che magari sono una spia della NASA che vuole catturarli e portarli…”
“Julie, ti prego.” La zittì April, esausta di sentire i suoi vaneggiamenti e sentendo il mal di testa martellante che minacciava di farle esplodere il cranio. Smise di camminare e si piazzò davanti alla cugina per guardarla negli occhi, le mani sulle spalle: “Ascoltami, per favore. I tuoi timori sono irrazionali. Non c’è nessun motivo per cui tu non possa piacergli e, fidati, sono certa che non gli passa nemmeno per la testa l’idea che tu sia una spia o quant’altro. E ti dirò di più! Prima ho sentito nuovamente Donnie e ha detto che tutti loro sono entusiasti di conoscerti e di avere una nuova amica.” In qualche modo le sue labbra si erano curvate in un sorriso nel pronunciare quell’ultima frase e questo contribuì a calmare l’agitazione di entrambe. A volte poche parole gentili potevano fare miracoli. Nel caso di Julie, le regalarono un sorriso e la fecero smettere di sclerare! April la lasciò e le due si rimisero in marcia, in un clima più piacevole.
“Sai April… Volevo ringraziarti. Lo so che ti ho estratto quel segreto prendendoti per sfinimento, ma sono felice che poi tu abbia acconsentito a farmi entrare in questo vostro gruppo.”
Ora che la sua voce era dolce e tranquilla, sembrava un’altra persona. Una ragazza più mite e giudiziosa. La cugina che lei adorava. Per questo April le sorrise ancora una volta e rispose gentile: “Ti conosco da tutta la vita e presto o tardi credo che ti avrei raccontato tutto ugualmente. Quando li ho trovati mi sono resa conto di aver bisogno di loro, vedrai che per te sarà lo stesso.” Quindi volse lo sguardo in avanti e fece un cenno col capo: “Siamo arrivate.”
Entrò nell’ultimo tunnel che faceva da ingresso al rifugio, seguita a breve distanza da Julie.
“Mikey, siamo qui!”
La sua voce si espanse come un’eco nel silenzio del rifugio. Nell’atrio non c’era anima viva.
Dopo essersi concessi una colazione abbondante, i tre fratelli si erano poi dedicati ognuno ad un’attività di svago in attesa dell’ora X. Leo era andato nella sala dell’allenamento in compagnia della fedele Katana, Donnie si era piazzato al computer a fare qualche ricerca tecnologica e Mikey era andato nella sala dei videogiochi. Dove si trova ancora, addormentato sul divano, a russare come un treno a vapore! Perciò, ad accogliere le ragazze, ci fu solamente il vuoto.
April chiamò ancora: “Hey, Mikey! Ci sei?” Sperò che la prima impressione non facesse testo o Julie non sarebbe più tornata. Ma a guardarla, col naso all’insù e le labbra socchiuse ad osservare l’ambiente, era più probabile che non si facesse problemi al riguardo.
“Ma dove diavolo…?” Disse tra i denti, per poi imporsi di mantenere la calma. Cosa che Leo, dalla sala in cui si trovava, non riuscì a fare altrettanto bene. Continuare a non sentire la voce del fratello non era un buon segno. O forse sì. A conti fatti, se Mikey era sparito chissà dove, poteva andare lui ad accogliere l’ospite! Era dannatamente curioso di vedere Julie, quindi perché non approfittarne? Ripose l’arma e uscì dalla sala a passo sicuro.
“Benvenuta nel nostro rifugio, signorina!” Esordì, sorridendo e spalancando le braccia. L’occhiata interrogativa di April, mista a un rimprovero, non gli piacque molto, ma cercò di non dargli troppa importanza. Andò dritto dalla bellissima bionda che lo guardava con occhi sgranati e le praticò un elegante baciamano. “Posso darti del tu?”
“C-certo!” Il cuore le batteva così forte che quasi le scoppiava. Era emozionatissima. “Tu sei Leonardo, giusto?”
“Per servirti.” Cantilenò lui, con un sorriso affascinante che la fece arrossire.
April si sentì in dovere di intervenire: “Direi che può bastare, amico mio.” E per accentuare quelle parole, lo afferrò saldamente per un braccio per distoglierlo da quelle smancerie inappropriate. Poi aggiunse: “Noi dovevamo incontrare Michelangelo. Dov’è???”
Capita l’antifona, Leo si abbassò per parlarle all’orecchio: “Non ne ho idea.”
“Se lo trovo giuro che lo ammazzo.” Quindi sfoggiò un falso sorriso e si rivolse alla cugina: “Ma a questo punto è tardi per rimediare! Che ne dite di sederci e bere qualcosa?”
Julie non riusciva a staccare gli occhi da Leonardo, com’era comprensibile, e lui ne approfittò per tornare alla carica. Le porse il braccio: “Prego, ti accompagno al tavolo.”
Di tutto quel teatrino, Donnie non si era perso né una parola né un’espressione. Quando aveva udito la voce di April si era subito alzato dalla comoda poltrona girevole per andare a vedere cosa stesse facendo Mikey, ma poi aveva udito l’entrata in scena di Leo ed era rimasto come paralizzato. Va bene che voleva essere gentile e ospitale, ma c’era un limite! Dopo l’ennesima fanfaronata, si batté la mano sulla fronte, esasperato: “Ma che sta dicendo?” E inevitabilmente abbandonò la postazione per andare a salvare la situazione. Saltò fuori giusto in tempo per vedere una furiosa April dare una spinta a Leonardo per mandarlo a prendere delle bibite dal frigorifero.
“Hey ragazze, tutto bene?” Disse un po’ impacciato, nonostante i buoni propositi.
“Oh ma guarda! Un altro che non è Michelangelo!” La marcatura di April non fece che confermare il suo stato d’animo. Se avesse avuto un’arma l’avrebbe usata senza indugi!
Quando giunse al tavolo, Donnie si rivolse all’ospite: “Tu devi essere Julie. Piacere di conoscerti!”
“Tu invece sei Donatello, quello viola!”
Ora che lui la vedeva, e da vicino, poteva capire al volo il perché suo fratello stesse facendo il cascamorto. Julie era bellissima, aveva i lineamenti delicati come quelli degli angeli negli affreschi delle chiese che aveva visto nei documentari, i capelli d’oro e due occhi luminosi che gli ispirarono subito grande simpatia.
“Ti unisci a noi, Donnie?” Chiese Leo, con in mano due bottigliette di Coca-Cola, che andò subito a riporre su un vassoio assieme all’aranciata.
“Lo sapevo che finiva male.” Disse April tra sé, lasciandosi scivolare su una sedia. Una battaglia inutile, la sua, tanto valeva prendere le cose come venivano.
“Voi che ci fate qui? Questo incontro doveva essere mio!” Michelangelo attirò l’attenzione di tutti, arrivando di corsa come se avesse il diavolo alle calcagna. Nei suoi occhi tutto il disappunto per quella situazione.
April lo punzecchiò: “Colpa tua che non sei arrivato prima.”
Donnie aumentò la dose: “Dov’eri finito, fratello?”
“Ehm, io…” Si grattò la testa, imbarazzato: “Io mi sono addormentato dopo aver giocato ad una versione rimasterizzata di Monkey Island…”
“Io ci rinuncio!” Crollò April, definitivamente.
“Ti rendi conto, Mikey? Dovevi fare UNA-SOLA-COSA! Accogliere Julie! Era tanto difficile?” Sbottò Donnie.
“Oh a me non dispiace che si sia addormentato.” Leo posò il vassoio sul tavolo, prese una Coca e la aprì personalmente, quindi la porse a Julie con eccessiva eleganza: “Per te.”
“Mica l’ho fatto apposta! Lo sai che quando mi abbuffo dopo mi viene sonno! Pensavo che giocare mi avrebbe tenuto sveglio e invece…”
Più la discussione continuava, più Julie si sentiva confusa, più i toni di voce si alzavano. E Raffaello, che era riuscito ad addormentarsi nonostante il brutto presentimento per quell’intrusione nel loro rifugio, venne svegliato dalla confusione. I suoi occhi si aprirono di scatto, lo sguardo vigile totalmente privo degli effetti del sonno spezzato. Si sollevò dal materasso, lamentandosi: “Ma che sta succedendo laggiù?” Fece per aprire la porta con l’intenzione di scendere e ristabilire il silenzio, ma proprio quando afferrò la maniglia, una voce si levò su tutte.
“Vorrei restare un momento sola, per favore.” Una voce spezzata dal turbamento, senza dubbio. La voce di…Julie?
Il silenzio calò all’improvviso, per alcuni istanti, poi udì la voce di April: “Vieni, andiamo di là.” Raffaello male interpretò quel tono preoccupato. Si sentì come se gli fosse caduto un masso sullo stomaco. Lasciò andare la maniglia.
“Lo avevo detto. Ci vede come mostri e nient’altro.”
Se qualcuno lo avesse udito, avrebbe di certo notato la sfumatura di tristezza che colorava quelle parole, ma nessuno avrebbe saputo della profonda delusione che provava per se stesso nell’aver ragione.
*
April accompagnò la cugina alla sala dei videogiochi e la fece accomodare sul grande e malconcio divano di un colore indefinibile tra il grigio e l’azzurro. Vederla così spaesata la fece preoccupare. Le prese le mani tra le proprie: “Hey, va tutto bene?”
Qualche incerto cenno del capo e poi Julie rispose: “E’ tutto così…incredibile.”
“Lo so. La prima volta che li ho incontrati sono svenuta, l’hai dimenticato?” Abbozzò uno scherzo per aiutarla a riprendersi. Capiva perfettamente ciò che provava. Anche se l’aveva preparata psicologicamente, ritrovarsi di fronte a dei miracoli della scienza non era facile. Il suo sguardo venne catturato dall’ingresso di Splinter, l’unico dotato di pieno autocontrollo in quella pazza famiglia. Seguendo la traiettoria, Julie si voltò a vedere a sua volta. Gli occhi le si riempirono di ammirazione nel vedere di chi si trattava. Scese dal divano per mettersi in ginocchio, quindi chinò il capo con rispetto: “Maestro Splinter.”
“Sono lieto di conoscerti, figliola. Benvenuta.” La voce tranquilla e rilassata di chi era solito affidarsi alla meditazione e all’equilibrio tra corpo e spirito. Un grande uomo dalle sembianze di un topo.
“Grazie, Maestro. E’ un onore essere qui.”
“Ti prego, mettiti comoda. Sei nostra ospite.” La invitò con un cenno della mano, mentre prendeva posto su un pouf color vinaccia. Attese che lei si accomodasse nuovamente sul divano e poi chiese diretto: “I miei figli sono stati irrispettosi nei tuoi confronti?”
“Oh no no no!” Julie si rianimò subito e cominciò a gesticolare con un certo impaccio: “Mi hanno accolta in modo fantastico, davvero! Avevo solo bisogno di un minuto per… Sì insomma, è successo tutto all’improvviso, dovevo incontrarne solo uno e invece ne sono arrivati tre e poi hanno cominciato a discutere e…e… C’era un po’ di baccano e io…”
Era deliziosa. In lei non c’era traccia di negatività, era come una bambina che viene portata per la prima volta al Luna Park e, di fronte a tante cose nuove, non sa da dove cominciare. Sarebbe stato meglio se avesse gestito lui la situazione invece di lasciarla in mano a Michelangelo, che, come previsto, aveva combinato un guaio.
Sfoggiò un sorriso comprensivo, paterno, e disse: “Non temere, figliola, è comprensibile la tua reazione.”
“Comunque sto bene, giuro. Anzi mi dispiace essermene andata in quel modo, forse è il caso di tornare di là con loro e…” Sentendo Splinter ridacchiare, s’interruppe, perplessa. Si sporse di lato per parlare con April: “Perché ride?”
“Perché non c’è bisogno di tornare di là. I ragazzi stanno origliando da dietro la porta.” Sfoggiando un sorriso divertito, si voltò verso la porta appena nominata: “Potete entrare!”
Questa si mosse leggermente, come mossa dal vento, il che era impossibile a quella profondità! Un istante e fecero capolino le teste lisce e le fasce colorate dei tre fratelli, gli sguardi intimiditi e colpevoli. Julie abbozzò uno scherzo: “Vi prego entrate! Non ho intenzione di usarvi per fare il brodo!”
Donatello si fece avanti, assumendo la posa da professore in procinto di tenere una lezione: “Il brodo di tartaruga e la zuppa di tartaruga sono piatti tipici del sud est americano, più difficili da trovare a New York.”
Leonardo gli diede una spallata, imbarazzato: “Ma ti pare il momento di fare il secchione?”
“A me non piace nessun tipo di brodo, preferisco la pizza.” S’intromise Michelangelo, rigirandosi i pollici come un bambino che aveva combinato una marachella.
Che fosse opportuno o no, Julie non riuscì a trattenere una risata. Quei tre erano fantastici!
La sua risata pulita e vivace arrivò anche ai piani alti, precisamente alla camera da letto di Raffaello. Nell’udirla provò forte sorpresa, ovviamente, convinto com’era che l’incontro fosse andato male. Ma se lei stava ridendo forse non tutto era perduto. Incuriosito oltre ogni limite, mise da parte il cattivo umore e scese a dare un’occhiata.
“Eddai ragazzi, non fate i timidi! Non è proprio il caso!” Nella sala, April incoraggiò gli amici, sorridendo.
Mikey si avvicinò a Julie: “Scusa per prima. Non volevamo stressarti.”
“Non è nulla! Casomai sono io a dovermi scusare per essermi comportata così. Nel trambusto mi sono sentita strana e ho preferito ritirami un momento.”
Il viso di Mikey si accese di contentezza: “Allora ti piacciamo! Wow ho sempre desiderato avere una sorellina!”
Leo lo rimbeccò: “Ah davvero? Questa non l’avevo mai sentita.” Gli diede un buffetto sulla testa mentre gli passava davanti, quindi prese posto sul divano, accanto a Julie. “Non dargli retta, dice un sacco di fesserie tanto per dare aria alla bocca.”
Ora Julie ne era certa, con loro non si sarebbe mai annoiata!
“Hey un momento!” Contò con il dito le tartarughe quasi a volersi accertare di non sbagliare, ma era evidente che mancava qualcuno, quindi chiese: “Dov’è quello rosso?”
Donnie fece per rispondere, incerto: “Ehm, lui…” Ma fu Leo a puntare il pollice alle proprie spalle e dare una risposta concreta: “Il fenomeno è troppo impegnato a tenere compagnia a se stesso per unirsi a noi.”
Neanche a farlo apposta, Raffaello era proprio dietro la porta e aveva sentito. Dopo una simile presentazione, come faceva a farsi vedere?
“Perché non ci racconti di te, Julie?” Saltò fuori Mikey, un attimo prima di buttarsi sull’altro divano e puntellare un gomito sul bracciolo come segno di volerle darle tutta la propria attenzione. Per lo meno Donnie fu più discreto nel sedersi, anche se gli occhi puntati su di lei dicevano la stessa cosa.
“Io…va bene! A patto che anche voi mi raccontiate qualcosa!”
Il consenso fu unanime.
Da dietro la porta, Raph non si perse una sola parola. Più lei parlava e si raccontava a cuore aperto, più lui sentiva un qualche tipo di affinità. Il che era strano visto com’erano diversi. Lui amava i cibi salati, lei quelli dolci; lui ascoltava molto Hip-hop, lei musica Pop; lui amava l’azione, lei il romanticismo; il suo idolo era Vin diesel, lei prendeva a modello Sarah Jessica Parker. E solo per citarne alcuni. Però c’era qualcosa in lei, nel suo modo di parlare, di esprimersi e soprattutto nel cercare di schivare le domande più complicate, che gli permetteva di ‘sentirla’. Riusciva a percepire nella sua voce quella nota di insoddisfazione della vita, quel bisogno di trovare qualcosa per sentirsi completa. Cose che lui conosceva molto bene perché le provava fin da piccolo. La differenza tra loro era che lei aveva conquistato tutti fin dal primo istante, lui invece era incompreso e mal voluto dai suoi stessi fratelli. Non che facesse qualcosa per migliorare, però… Chissà, se fosse riuscito a parlare con lei, a conoscerla, magari…
“Allora siamo d’accordo, torniamo qui domani appena finisco di lavorare!”
La voce di April gli entrò nella mente come un razzo, facendolo tornare al presente. Non solo, le frasi che seguirono erano chiaramente di congedo, quindi le ragazze stavano per andare via. Il che significava che lui doveva sparire da lì. Subito. Eppure… Se invece fosse rimasto lì e si fosse presentato? Meglio tardi che mai e al diavolo quello che avrebbero pensato tutti. Oppure era meglio andarsene e rintanarsi in camera, facendo finta di niente? Una lotta interiore che non sapeva spiegarsi. C’era una terza opzione? Forse non aveva il coraggio di esporsi, ma almeno voleva vederla. Voleva dare un volto a quella voce dolce e simpatica che gli aveva tenuto compagnia per tutto il tempo che era rimasto in piedi fuori dalla porta. La porta, accidenti! Balzò via appena in tempo prima che questa venisse aperta. Il sottoscala era un buon posto dove non dare nell’occhio, un punto costantemente in penombra da cui si poteva vedere senza essere visti. Vedere era tutto ciò che voleva, se solo la sfortuna non l’avesse assalito impedendogli di farlo. Era incredibile come il gruppo fosse rimasto compatto attorno a quella ragazza, nemmeno fosse stata una celebrità con le guardie del corpo! Riuscì ad intravederla appena, giusto per sapere che era bionda e piuttosto alta. Fine. Se non era sfortuna questa… In breve il gruppo raggiunse il tunnel per uscire dal rifugio e tutti si prodigarono in saluti e ringraziamenti. E a lui non rimase altro che l’amaro in bocca. Che poi era una delusione inutile, tanto lei sarebbe tornata il giorno dopo, quindi perché preoccuparsi?
“Tu! Che diamine ci fai lì?”
Maledizione. Invece di sfruttare il momento buono era rimasto lì come un idiota e si era fatto scoprire. Leo gli andò incontro, lo sguardo sospettoso.
“Prima spari a zero su chi non conosci e adesso ti metti a spiare? Ma che ti dice il cervello?”
“Ero solo sceso a vedere se era tutto a posto.”
“Quindi? Hai cambiato opinione? Ti sei convinto che lei è una brava ragazza?”
“Io…” Allungò lo sguardo sull’ingresso, dove erano appena rientrati Splinter, Mikey e Donnie, i quali ora lo stavano guardando curiosi in attesa di una risposta.
Leo lo canzonò: “Allora? Ti piace così tanto che non riesci più a parlare?”
No. Non poteva accettare di essere deriso. Anche se aveva detto il vero, non gliel’avrebbe data vinta così. Divenne più serio che mai e disse amaramente: “Non mi piacerà mai una ragazzina ricca e viziata che guarda Sex and the City.” Gli era uscito senza pensare, di getto, come uno sputo. E già mentre lo diceva si rese conto di essersi scavato la fossa con le proprie mani. Ciò che non aveva previsto era la reazione di Leo. Si ritrovò le sue dita attorno al collo, all’improvviso, ed i suoi occhi freddi e minacciosi puntati contro.
“Julie è meravigliosa. A me piace tantissimo. E non ti permetterò di offenderla o di metterla a disagio.”
Donnie fece per fermarlo, ma Raph glielo impedì: “No. Lascialo finire.”
“Stai lontano da lei, fratello, o te la vedrai con me.” Lo lasciò andare e gli voltò le spalle, furioso.
Oltre alla minaccia, Raph dovette subire anche gli sguardi delusi degli altri due fratelli e del padre. Si sentiva come se fosse appena precipitato nel vuoto. Che cosa aveva fatto?
  
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