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Autore: Queenofsockpuppets    29/04/2018    0 recensioni
Marceline non chiede altro dalla vita se non ottenere la casa su cui ha messo gli occhi da tanto tempo. Ma sarà abbastanza forte da sopportare la sua eredità?
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Muoviti Milan! Sono già arrivati, non possiamo permettere che ci portino via la casa!" Marceline si voltò spazientita verso la sua auto, dalla quale suo marito non aveva intenzione (per ora) di uscire, colpendo nervosamente il terreno con il tacco della scarpa. "Arrivo, non riesco a trovare le sigarette" rispose lui, serafico. La ragazza strinse forte le chiavi dell'auto, fino quasi a conficcarsele nella carne del palmo. Poco più in là, stava parcheggiando un minivan da cui sarebbero scesi i suoi rivali della giornata, padre, madre e figlio obesi che avevano messo gli occhi sulla stessa proprietà, e disponevano purtroppo di una maggiore quantità di denaro rispetto a lei. "Chi se ne importa delle sigarette! Se non ci muoviamo quella famigliola di vomitevoli ciccioni ci porterà via questa meraviglia, è questo che vuoi? Vuoi vedermi marcire in qualche appartamento puzzolente mentre queste palle di lardo motorizzate vivono nell'unica casa che voglio nella vita?" Sibiló. Tre mesi. Questo era il tempo che Marceline aveva dovuto attendere prima di riuscire ad avere un appuntamento per visitare quella meravigliosa casa su una scogliera, completamente libera su tutti i lati, isolata, e con una vista sul mare da togliere il fiato. Si era fatta prestare la metà della somma necessaria ad acquistarla da sua sorella, aveva risparmiato per l'altra metà sacrificando cene fuori, vestiti e persino il parrucchiere, e ora che era ad un passo dal realizzare il suo sogno ci si mette in mezzo una famiglia sovrappeso con notevoli problemi motori, tanto da essere costretti ad utilizzare dei motorini per poter deambulare, che guardacaso è interessata alla stessa casa. La solita sfiga. "Perché devi sempre essere così cattiva?" Le chiese il marito. "Così cattiva? Così cattiva?! Se quelli riescono a soffiarci questa casa sì che sarò cattiva! Ha quattro piani e questi nemmeno riescono a fare un gradino, quindi se riescono a prendercela vedrai quanto posso essere cattiva!" Ringhió lei, avvicinandosi all'auto. Milan, per tutta risposta, le sventoló davanti un pacchetto di sigarette: "fatto" disse, in tono canzonatorio. Marceline sbuffó, girando i tacchi e correndo verso l'agente immobiliare che li attendeva sorridendo davanti alla porta dell'abitazione. "Permesso…mi scusi" disse superando il capofamiglia, che aveva lanciato il suo penoso mezzo di trasporto sibilante a tutta velocità. "Signora Celik" la salutó l'agente, tendendole la mano. "Buongiorno signor Cerlington" Rispose lei, raggiante. "Signori" aggiunse lui con un cenno verso l'altra famiglia. "Incantevole vero?" Domandò il signor Cerlington, voltandosi verso il mare che lanciava bagliori quasi accecanti nel sole del primo mattino. "Un sogno, sì" concordó Marceline, impaziente: "entriamo?". "Beh, non scherzavi riguardo alla vista" intervenne Milan, raggiungendola. "È davvero favolosa." "Il signor Celik, suppongo" disse il signor Cerlington, tendendogli la mano. Milan gliela strinse, senza staccare gli occhi dal panorama. "Adesso capisco perché questa casa è diventata l'ossessione di mia moglie. Svegliarsi tutti i giorni e vedere questo fuori dalla finestra…" "Molto bene" rispose ridendo l'agente immobiliare. "Spero siate pronti." Si avvicinò alla porta, tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi, fece scattare la serratura e con aria enigmatica e divertita si voltò verso i suoi clienti. "Dopo di voi." Marceline entrò ovviamente per prima, trascinando con sé Milan. Il disimpegno all'entrata era enorme e luminosissimo grazie ad una finestra enorme che dava sulla scogliera e occupava praticamente l'intera parete: un buon aiuto lo dava anche il bianco ottico dei muri e delle piastrelle del pavimento, che riflettevano la luce in modo tale da far quasi bruciare gli occhi. "Io qui ci metterei un bel viola sulle pareti, che ne dici" sussurró Marceline. "Viola no, ma un altro colore di sicuro" rispose il marito. "Questo bianco mi da il mal di testa. Va bene la luminosità, ma così è troppo." La loro discussione venne interrotta dal signor Cerlington, che dopo essersi schiarito la gola disse: "come potrete notare gli spazi di questa casa sono molto…dilatati. Ogni stanza è grande almeno il triplo di una stanza normale. Questo perché la casa ha una storia particolare…fu costruita vent'anni fa da una coppia che si trasferì qui dall'Europa. Avevano difficoltà ad avere figli, ma quando ci riuscirono, nacquero ben quattro bambini. La madre fece costruire questa casa per ospitare tutta la famiglia, ma poi dovettero abbandonarla. Quando fu ultimata contava, pensate, ben sedici stanze, distribuite su quattro piani, ma la particolarità è che più si sale, più stranamente la luce si riduce. Le stanze all'ultimo piano non hanno finestre, ad esempio." "Ma come hanno fatto ad abbandonare uno splendore simile?" Chiese Marceline, genuinamente stupita. Il signor Cerlington fece spallucce. "A quanto sappiamo, la coppia si divise e ognuno andò per la sua strada. Immagino che la casa fosse diventato ormai un brutto ricordo di quello che doveva essere." "È così triste" disse la ragazza, stringendo il braccio di suo marito. "È possibile vedere la cucina?" Li interruppe quella che evidentemente era la matriarca della famiglia di obesi, ansimando sul suo motorino. "Mpf, figurarsi" sibiló Marceline. Milan le rifiló una pacca sul braccio: "ahia!" Si lamentó lei. "Piantala di fare la stronza" la rimbeccó, scherzosamente. "Potremo andare a vedere le altre stanze, tanto con quei cosi la famiglia Calorie non riuscirà a fare le scale" sussurró Marceline. "Ma anche io volevo vedere la cucina" si lamentó Milan. "Non fare lo stronzo" lo scimmiottó lei, salendo le scale che portavano al piano superiore. "Marci vieni qui" la richiamò Milan, inutilmente: l'ultima cosa che vide furono le gambe della moglie che sparivano nell'oscurità del piano superiore. Si voltò per vedere dove fossero andati il signor Cerlington e la famiglia di obesi, e sentì le loro voci lontane, come se fossero in un'altra dimensione. "Quanto può essere grande questa casa?" Fu l'ultima cosa che si chiese prima di seguire la moglie su per le scale. "Oh, cavoli!" Esclamò Marceline una volta raggiunto il primo piano. C'era una stanza immensa, anch'essa bianca, con divani semicircolari color rosso scuro, e tavoli lucidi di legno. Chissà che cene pantagrueliche, e che feste avrebbe potuto organizzare: sicuramente la festa di inaugurazione della casa avrebbe lasciato i loro ospiti a bocca aperta. In un angolo, quasi nascosta, la scala che conduceva al secondo piano: era più stretta, in termini di ampiezza dei gradini, e quasi più…grezza, come se la fattura della scala non fosse stato un dettaglio importante per i vecchi proprietari. Milan non era ancora arrivato...Ma che importava? La curiosità di vedere la casa era troppo forte, e poi, in quali pericoli sarebbe potuta incappare? Era una casa vuota, dopotutto. Si voltò ancora una volta, in attesa di veder spuntare la testa di suo marito, ma quando dopo alcuni secondi non lo vide imboccó la scala e salì al secondo piano. Quando arrivò sul pianerottolo rimase interdetta: una sala enorme, anch'essa bianca, scarsamente illuminata, con le pareti costellate da porte rosse. Ne aprì una, rivelando una stanza completamente buia. Niente finestre. Cercò a tentoni un interruttore sulla parete, finché non lo trovò e una luce flebile proveniente da una lampadina che penzolava in centro al soffitto rivelò un enorme bagno piastrellato di bianco e rosso. Marceline sentì un brivido correrle lungo la schiena: quel bagno aveva un che di inquietante, come se fosse troppo grande per una casa, come se appartenesse ad un altro tipo di struttura. Spense la luce e si chiuse la porta alle spalle, quando notò una bellissima farfalla, arancione, la più grande che avesse mai visto. La seguì con lo sguardo mentre svolazzava in giro per la stanza, e quasi si lasciò sfuggire un urlo di terrore quando si posò sulla spalla di una figura che stava in piedi, nella penombra. "Milan!" Esclamò, portandosi una mano alla bocca. "Mi hai quasi fatto prendere un colpo! Quando sei arrivato?" Ma Milan non le rispose: afferró con un solo gesto l'insetto e lo squarció in metà. Una sostanza giallo chiaro e viscosa uscì dal suo corpo, mentre Marceline si coprì gli occhi con le mani, urlando: "BASTA! Basta, smettila!". Ma quando tolse le mani, non vide nessuno. "Milan?" Chiamò. La sua voce eccheggió nella sala deserta. Nessuna risposta. Stava per scendere, quando udì dei rumori sopra la sua testa: c'era qualcuno al piano superiore. Senza nemmeno accorgersene ritrovò davanti alla scala che portava al terzo piano, ancora più stretta della prima, ancora più scarsa di fattura. Chiamò ancora una volta il nome del marito, prima di accingersi a salire. I rumori al piano superiore erano sordi, e tanti, come se ci fossero più persone. Marceline raggiunse il pianerottolo quasi completamente buio del terzo piano, guardandosi attorno: nella semioscurità riuscì a scorgere dei letti, tanti letti. A castello, matrimoniali, a una piazza, a una piazza e mezza: un'altra stanza enorme, disseminata di letti. Nessun interruttore in vista, questa volta: ma riuscì comunque a intravedere dei gradini ancora più stretti, quasi dei pioli, che conducevano al quarto e ultimo piano della casa. I rumori cessarono. "Milan?" Chiamò ancora lei, con voce tremante. "Se è uno scherzo giuro che…" Salì i gradini, fino a ritrovarsi in una specie di mansarda: lì era talmente buio che non riusciva a vedere nulla. Fendette l'aria con le mani alla ricerca di una parete, ma non la trovò. Nell'oscurità sentì una voce chiamare: "mamma…". Si paralizzó all'istante dalla paura, tutta l'aria fuoriuscí dai suoi polmoni con un sibilo e le gambe le divennero molli. C'era un bambino lassù? Com'era possibile? Agitó ancora le mani, trovando una catena che penzolava dal soffitto, afferrandola, tirandola. Una minuscola lampadina si accese, illuminando una bambina che non poteva avere più di tre o quattro anni, il faccino contratto in una smorfia di dolore, che allungava le braccine verso di lei: indossava un pigiamino blu a pois bianchi. "Mamma" ripeté. Dietro di lei, come dal nulla, apparve un secondo bambino, chiaramente un neonato, che iniziò ad urlare con quanto fiato aveva in gola: Marceline si precipitò giù dalle scale, ripetendo il nome di suo marito, urlandolo. "Mamma aiutami!" Urlava la bambina. "AIUTAMI!" Incespicó in uno dei gradini, ruzzolando e trovandosi come per magia tra le braccia di Milan. "Chiama qualcuno, presto" lo supplicó, stringendosi a lui. "Ci sono dei bambini lassù, e…" "Di sicuro non sono i nostri" le rispose lui, in tono piatto. "Dato che li hai uccisi tu." "Cos..." fece per chiedere lei, ma si accorse che Milan era sparito. Era da sola. Corse a perdifiato fino al piano terra, chiamando il signor Cerlington con tutte le sue forze. Stava per raggiungere la porta d'ingresso, quando qualcuno la afferrò per un braccio, costringendola a voltarsi. "Signora Celik!" Esclamò il signor Cerlington. "Cosa succede?" "Mio marito, mio marito è scomparso!" Urlò lei, in maniera scomposta. "Al quarto piano…c'erano dei bambini...e Milan ha detto che li avevo uccisi io...che avevo ucciso i miei bambini…" "Signora Celik, si è dimenticata?" Le chiese Cerlington. "Si è dimenticata…ancora?" Prima che Marceline potesse fare qualsiasi altra domanda, l'uomo la trascinó davanti ad una fotografia appesa ad una parete, in cucina. Il posto in cui lei non era voluta andare. Era voluta andare verso i piani alti…perché? Nella foto c'era una donna…era lei? Ma certo che era lei…e quello era Milan…e c'erano anche quattro bambini. La bambina che aveva visto al quarto piano...altri due maschietti e, in braccio a lei, un neonato. La foto era scolorita, come se fosse stata scattata molti anni prima. "Non ricorda?" Ripeté il signor Cerlington. "Milan se ne andò…e lei…lei annegó tutti e quattro i suoi figli, Marceline." "Nel bagno…" continuò lei. "Esatto. Nel bagno del secondo piano. E poi ha nascosto i loro corpi nel solaio, al quarto piano. Adesso ricorda?" "Io devo trovare mio marito!" Urlò improvvisamente Marceline, strappandosi i capelli. "Non può essersene andato! Aveva detto che sarebbe rimasto per sempre con me! Ha detto…" Si accasció ad una parete, fissando il signor Cerlington, che la guardava con un'espressione infinitamente triste. "Lei non è un agente immobiliare" mormorò, dopo poco. "Temo di no, signora Celik" confermò lui. "Dopo che la polizia la arrestò, finì in un manicomio criminale. Per salvarsi dalla pazzia, rimosse l'omicidio dei suoi figli. Io ero lo psichiatra che la seguiva. Per farla tornare in sé, la portai nella sua vecchia casa, questa. Quando lei si ricordó che cosa aveva fatto, uccise anche me, gettandomi dalla scogliera." "Io devo ritrovare mio marito" lo supplicó Marceline. "L'unica speranza che ha è che un giorno ritorni in questa casa" sospirò il signor Cerlington. "Fino ad allora, temo che lei sia costretta a rivivere questo momento, ancora e ancora. Per sempre. È questa la sua punizione." Ancora quei rumori. Marceline salì le scale, fino a raggiungere il secondo piano. Lentamente, aprì la porta rossa. Vicino ad una grande vasca da bagno c'erano quattro piccole, piccolissime figure. "Ssssh, andrà tutto bene" sussurró. "Mamma non vi farà del male".
   
 
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