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Autore: Ms Mary Santiago    29/04/2018    0 recensioni
[Spin off "The odds are never in our favor"]
[Per una maggior comprensione del quadro si consiglia la lettura della mia interattiva da cui è preso lo spin off (per l'appunto "The odds are never in our favor"]
Il primo incontro di Saraphen Snow e Johanna Mason, due mondi diversi eppure così simili pronti a entrare in contatto e influenzarsi reciprocamente la vita nel migliore dei modi possibili.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Johanna Mason, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I know you were trouble

 

 

 

Johanna Mason


&

Saraphen Snow


 

 

 

 

 

Johanna aprì gli occhi sentendo la gola che le doleva così come faceva in realtà quasi ogni parte del suo corpo.

Le ci volle qualche manciata di secondi per realizzare ciò che era successo.

Ricordava la copertura dell’Arena che saltava in aria, l’hovercraft che calava verso di loro e l’esultazione gioiosa di chi era convinto di essere prossimo alla libertà e allo scoppio della rivolta.

Quando la pedana dell’hovercraft si era sollevata però non c’erano stati Haymitch e Plutarch ad attenderli, bensì una decina di Pacificatori armati fino ai denti che li avevano ammanettati e caricati lì sopra come se fossero null’altro che bestie da mandare al macello.

Ricordava l’ago che le penetrava la carne morbida dell’incavo del gomito e la sensazione del sedativo che entrava rapidamente in circolo.

Poi aveva perso i sensi e null’altro.

Si guardò attorno, mettendo lentamente a fuoco l’ambiente in cui si trovava.

Era su un letto dal materasso alto e morbido, al centro di una stanza dalle pareti color dell’alabastro e dall’arredo sontuoso.

Ma quello che la colpì più di ogni altra cosa furono un paio di occhi blu cobalto che la fissavano con moderata curiosità.

Erano incastonati su di un volto dagli zigomi alti e la mascella volitiva, labbra sottili arricciate in un’espressione vagamente sardonica e corte e scomposte ciocche corvine a completare il tutto.

- Finalmente ti sei svegliata, gli altri sono in piedi da un pezzo. –

- Immagino che gli altri siano in condizioni migliori delle mie – lo rimbrottò per tutta risposta, mettendosi a sedere e avvertendo una sensazione di forte capogiro.

- Muoviti piano, potresti avere un trauma cranico. Il Pacificatore che ti aveva in consegna non ci è andato leggero. –

- Che novità. –

- A sua discolpa c’è da dire che hai provato a staccargli il braccio a colpi di accetta quando sono arrivati nell’Arena. –

Johanna sbuffò, folgorandolo con un’occhiataccia.

- E tu chi accidenti dovresti essere? –

- Saraphen Snow. –

- E il rampollo reale non ha nulla di meglio da fare che osservare una Vincitrice che ha perso i sensi e attendere il suo risveglio? –

Saraphen annuì, stringendosi nelle spalle, - Svariate decine di cose in realtà, ma volevo assicurarmi che non buttassi all’aria tutto il mio lavoro. Se siete vivi è merito mio e se volete continuare a vivere fareste meglio a fare quello che vi dico finchè siete a Capitol. –

Sorpresa e momentaneamente a corto di una replica pungente, Johanna rimase in silenzio a fissarlo come se non fosse certa di aver capito bene quello che intendeva.

- A quanto pare sono riuscito a zittire Johanna Mason, sembra che sia proprio la giornata del tutto può succedere se a volerlo sono io. –

- Ti accorgi di quanto suoni fastidioso quando parli? –

Saraphen abbozzò un sorriso divertito, portando una mano all’altezza del cuore e fingendo un’espressione sofferente.

- Oh, questa era cattiva signorina Mason. –

Johanna ingoiò la rispostaccia e l’istinto di afferrare la lampada sul comodino accanto a lei e tirarglielo contro solo perché era davvero curiosa di scoprire cosa il giovane e ribelle rampollo del Presidente Snow avesse proposto per convincere Coriolanus a non massacrare immediatamente i superstiti.

- Perché siamo ancora vivi? –

- Perché io ho suggerito che rendervi dei martiri non fosse propriamente una scelta saggia. La cosa migliore è che i cittadini pensino a un atto di magnanimità del Presidente che ha deciso di tirarvi fuori dall’Arena e proclamarvi Vincitori ex equo. Ovviamente starà a voi recitare bene la parte ed essere convincenti oppure … -

Oppure Coriolanus se ne sarebbe infischiato delle implicazioni del renderli dei martiri e li avrebbe fatti fuori.

- Le esecuzioni tendono a diventare noiose e francamente ho di meglio da fare –, replicò noncurante, alzandosi dalla poltrona che aveva occupato e dirigendosi verso la porta, - Ti lascio il tempo di renderti presentabile, poi raggiungi il resto dei tuoi amici al piano di sotto. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Quando ci verrà permesso di tornare al nostro Distretto? –

Saraphen alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, voltandosi verso di lei con aria vagamente infastidita.

Non sopportava che interrompessero la sua concentrazione, era una cosa che Johanna aveva imparato a notare in quelle due settimane di convivenza forzata.

- Non ne ho idea, ma dopotutto qui non state certo troppo male. –

- Per quanto possa apparire dorata una prigione rimane sempre tale. –

- Molto saggia -, convenne Saraphen, - ma mi permetti di farti notare che quello non è affatto il tipo d’abbigliamento adatto alla serata che comincerà tra meno di un’ora? –

L’ennesima festa nella Capitale.

Sembrava che Saraphen avesse consigliato la strategia migliore quando aveva proposto di graziarli, perché la maggior parte degli abitanti di Panem appariva smaniosa di vederli partecipare agli eventi mondani e assicurare a tutti quanti che Snow fosse un uomo che sotto sotto era capace di compassione.

- Non indosserò quella roba che ha portato la stilista. Mi fa assomigliare a una specie di sgualdrina. –

- Sono sicuro che non sia poi così tremenda come dici. –

 

- Certo, infatti è anche peggio. –

Saraphen si alzò, avvicinandolesi e porgendole la mano.

Attese qualche secondo, poi visto che Johanna non dava cenno di afferrarla fu lui a prenderla e costringerla a seguirlo.

- Dove stiamo andando? –

- Nella tua stanza. Diamo un’occhiata a cos’altro puoi indossare. –

Provò a protestare, ma tenere il passo delle gambe lunghe del ragazzo era difficile già in condizioni normali e parlare di certo non l’avrebbe agevolata.

Così si rassegnò a seguirlo con un cupo sguardo omicida che mantenne anche quando lo vide aprire l’armadio e cominciare a scorrere gli abiti che le erano stati portati in quei giorni.

Ne estrasse uno color avorio, studiandolo per qualche secondo prima di scuotere il capo.

- No, troppo virginale. –

Poi soppesò quello rosso corallo, scuotendo nuovamente la testa.

- No, neanche questo … forse questo. –

Ne estrasse uno di un cupo verde bosco adornato d’intarsi color dell’oro puro e glielo porse.

- Prova questo, dovrebbe andare. –

Incrociò le braccia al petto, risoluta.

- Scordatelo. –

- Johanna o quello o l’abito della stilista, a te la scelta. –

Afferrò l’abito con uno sbuffo indignato, sparendo nel bagno privato e chiudendosi la porta dietro di sé con uno schianto.

Lo indossò continuando a sbuffare, per poi osservarsi davanti al grande specchio a figura intera.

Doveva riconoscere che le stava particolarmente bene.

Era aderente, ma non tanto da sembrarle dipinto addosso, e la combinazione di colori si sposava bene con i suoi capelli e metteva in risalto le pagliuzze dorate nei suoi occhi.

Appariva femminile, elegante e al contempo sensuale.

Un look al quale non era certo abituata.

Rimase a contemplare quell’immagine finchè il bussare contro la porta di Saraphen non la riportò alla realtà.

- Stai cercando di impiccarti con il vestito oppure ti decidi a uscire? –

Aprì la porta, spalancandola volontariamente con molto più impeto del necessario e sorrise compiaciuta quando la sentì urtare qualcosa e il gemito sommesso di Saraphen le giunse alle orecchie.

Il ragazzo le lanciò un’occhiataccia, tenendosi il braccio colpito, ma l’espressione nel suo sguardo cambiò non appena ebbe modo di osservarla dalla testa ai piedi.

Le iridi cobalto seguirono ogni singolo centimetro della sua figura e probabilmente se fosse stata una di quelle ragazze timide e dal rossore facile si sarebbe imbarazzata tanto era penetrante quello sguardo.

Lei però non era così, affrontava tutto con risolutezza e irriverenza.

E quella situazione non l’avrebbe certo spinta ad agire in modo differente.

- Vedi qualcosa che ti interessa? –

- Ho visto di meglio. –

Inarcò un sopracciglio, beffarda, - Sì, certo, come no. –

Poi lo oltrepassò con un ticchettare di unghie sul petto e uscì dalla stanza, voltandosi solo quando aveva oltrepassato la soglia.

- Beh, non vieni? –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Il rumore di colpi sordi che proveniva dal piano semi interrato la spinse a scendere la rampa di scale e andare a curiosare.

Arrivò davanti alla grande vetrata che affacciava sul corridoio, sbirciando con discrezione all’interno.

Si trattava di una palestra molto simile a quella che era al centro d’addestramento e che veniva messa a disposizione dei vari Tributi prima di entrare nell’Arena.

C’erano armi di ogni sorta e in quel momento Saraphen era a dorso nudo e impegnato a parare sistematicamente ogni colpo che il suo avversario cercava di mettere a segno con la spada da scherma.

Quando ebbero terminato l’incontro, il misterioso contendente dalla chioma blu accennò verso di lei e mormorò qualcosa che a quella distanza non riuscì a sentire.

Tuttavia Saraphen si voltò a sua volta nella sua direzione e le fece cenno di raggiungerli.

Camminando circospetta, acconsentì alla sua richiesta e si fermò a qualche passo da loro.

- Credevo che ti stessi preparando per tornare a casa, non partite dopo cena? –

- Sì, ma ho già finito e il rumore del combattimento mi ha incuriosita. –

- Quindi ha il tempo di scambiare un paio di stoccate? –

Meditabonda, alla fine decise di annuire e accettò la spada d’allenamento che gli porgeva il ragazzo dai capelli blu.

- Vi lascio duellare, per oggi ne ho abbastanza di attività fisica – asserì lo sconosciuto, scambiando una pacca con Saraphen prima di uscire dalla palestra a passi svelti.

Fu allora che si misero in posizione di guardia.

Contarono fino a tre, per poi incrociare le lame e scambiare parate e affondi con un impeto tale che li portò presto verso il margine nord della palestra, quello semi nascosto dagli sguardi di chi avrebbe potuto percorrere il corridoio.

Fu allora che Saraphen scostò la spada e la rimpiazzò con il suo corpo.

Vederlo così vicino a lei, e perdipiù seminudo, annullò la concentrazione di Johanna.

Non che non avesse sempre saputo che Saraphen fosse bellissimo, ma ignorare quel particolare aspetto era stato facile finchè tra loro c’era stata una certa distanza.

Adesso che invece era stata annullata diventava difficile non concentrarsi sui muscoli guizzanti, le iridi blu cobalto o il volto dai tratti perfetti.

Lo vide chinarsi a prendere d’assalto le sue labbra, catturandole in un bacio passionale che prestò si trasformò in una sorta di lotta di lingue e denti.

Con il fiato corto Johanna gli artigliò i fianchi, attirandolo verso di sé di scatto e sentendo la sua eccitazione premere contro di lei.

Sentì le mani di Saraphen strappare la camicia a quadri che indossava come se non fosse altro che un sottile velo di carta, gettandola a terra, e poi dedicarsi al bottone dei pantaloni e alla zip.

Lo aiutò a liberarla da quel fastidioso impedimento calciandoli via mentre al contempo agganciava il bordo della tuta indossata da Saraphen e la faceva scivolare giù. Fu allora che gli saltò in braccio, aggrappandosi con le mani al collo e stringendo le gambe attorno alla sua vita.

La bocca di Saraphen seguiva il profilo del suo collo leccando, mordendo e succhiando con voracità.

E doveva ammetterlo, mai in vita sua aveva provato una sensazione altrettanto totalizzante e piacevole.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Erano passati nove mesi da quando era tornata a vivere al Sette e dall’ultima volta che aveva visto Saraphen.

Nove mesi da quando aveva scoperto di essere incinta e appena poche ore da quando aveva dato alla luce la sua bambina.

Eppure lui era comparso nel salotto di casa sua come se fosse sempre stato lì e non fosse passata più di una manciata d’ore dal loro ultimo incontro.

Teneva tra le braccia Riley e la osserva proprio come aveva sempre guardato lei, con quello sguardo d’orgogliosa possessività che faceva sentire preziose e inestimabili ai suoi occhi.

- Ti assomiglia molto, mi chiedo se anche lei avrà un’indole impetuosa. –

- Di sicuro da noi due non potrebbe nascere un agnellino. –

Rise.

- Anche questo è vero. Mi piacerebbe rimanere qui, lo sai. –

- Ma non puoi -, concluse per lui, - Perché non sai come reagirebbe quello psicopatico con cui condividi metà DNA. –

- Purtroppo so che non la prenderebbe affatto bene e che nel migliore dei casi la vorrebbe a Capitol, lì dove potrebbe controllarla e servirsene a suo piacimento. E io non voglio che nessuna di voi due possa diventare un’arma di ricatto nelle sue mani. Perciò immagino dovrò accontentarmi di qualche momento rubato una volta ogni tanto. –

Johanna annuì, sospirando.

Tipico della sua vita, nulla andava mai completamente per il verso giusto.

Saraphen le porse Riley, per poi baciarla a fior di labbra.

- Vai già via? –

- Devo -, annuì contrariato, - ma prima o poi vivremo tutti e tre sotto lo stesso tetto, è solo questione di tempo, te lo prometto. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Te lo prometto.

Erano passati ventun’anni da quella promessa, ma alla fine Saraphen l’aveva mantenuta.

Quando aveva preso il potere durante la Quarta Edizione della Memoria, divenendo a tutti gli effetti il nuovo Presidente di Panem e inaugurando un regime democratico che aveva permesso a tutti gli abitanti di Panem di respirare un po’ di libertà, Saraphen era finalmente stato pronto a vivere con lei.

E si era rivelato pronto a essere non solo un padre tardivo, ma anche un buon nonno.

Lo si vedeva quando, come in quel momento, faceva saltellare da una parte all’altra il piccolo Blake spingendolo a ridere come un matto mentre Fox e Riley li osservavano dal divano.

Johanna sorrise a sua volta davanti a quella scena.

Finalmente la sua famiglia era riunita.

Nulla avrebbe potuto più farla soffrire in quella vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Un po’ più in ritardo di quanto avessi previsto inizialmente, ma alla fine eccomi qui con l’OS che vi avevo promesso su Johanna e Saraphen. Spero di essere riuscita a dare una risposta alle domande sul loro rapporto che “The odds are never in our favor” vi avevano fatto sorgere.

Detto ciò un happy ending amoroso ci voleva anche per la nostra Jo e spero che il personaggio di Saraphen vi sia piaciuto.

Alla prossima.

XO XO,

Mary

   
 
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